Il governo vuole sboccare le concessioni per estrarre più gas in Adriatico?

L’obiettivo sarebbe quello di portare al più presto il testo al Consiglio dei ministri. Il decreto “gas release” darebbe 2 miliardi di metri cubi di gas di produzione nazionale a prezzo calmierato

Il governo vuole sboccare le concessioni per estrarre più gas in Adriatico?
Il governo vuole sboccare le concessioni per estrarre più gas in Adriatico? Il governo starebbe lavorando ad un provvedimento per sboccare le concessioni ed estrarre più gas in Adriatico. L’obiettivo sarebbe quello di portare al più presto il testo al Consiglio dei ministri. Il decreto “gas release” darebbe 2 miliardi di metri cubi di gas di produzione nazionale a prezzo calmierato.

Il provvedimento, voluto dall’ex ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani (si parlava di una dote da 6 miliardi di metri cubi da offrire a sconto), è passato nelle mani dell’attuale ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, che potrebbe autorizzare nuove concessioni decennali tra le 9 e 12 miglia nel Sud e nel medio Adriatico. Una volta a regime, la produzione dovrebbe raddoppiare fino a 5-6 miliardi di metri cubi all’anno con i quantitativi da assegnare gestiti attraverso aste del Gse.

Pitesai

A queste si aggiungerebbe una deroga al Pitesai, per consentire la coltivazione per la durata di vita del giacimento, delle concessioni poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalla costa superiore a 9 miglia e con un potenziale di gas superiore a 150 milioni di metri cubi.

Riaggiornare la mappa delle zone idonee all’estrazione di idrocarburi consentirebbe di portare la produzione italiana di gas da 3,3 a circa 6 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2025 e oltre 7 negli anni successivi.

Attualmente le aree in cui è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi secondo il Pitesai, il cosiddetto “piano trivelle“, comprendono ampie zone della Pianura Padana, dell’Adriatico (esclusa l’area settentrionale dove il fenomeno della subsidenza ha portato a prevedere vincoli più stringenti), dello Jonio e del mare a ovest della Sicilia, dove in alcuni casi gli iter autorizzativi si sono arenati o i giacimenti non sono sfruttati a pieno.

Secondo Assorisorse, le trivelle attive sono una novantina fra terra e mare, in 15 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto.

Una revisione del piano da parte del governo Meloni potrebbe portare ad allargare le aree di estrazioni comprendendo anche zone dell’Adriatico in cui le estrazioni sono ferme. Il governo punta a raddoppiare la quantità di gas nazionale in tre anni, ma se non è escluso che si possa andare oltre.

Qual è la situazione attuale e quella del prossimo anno?

Al 31 ottobre il livello di riempimento degli stoccaggi della Stogit (società controllata al 100% da Snam) era al 95,2% per un totale di 11,2 miliardi di metri cubi di gas naturale, ai quali si sommano i 4,5 miliardi di metri cubi di stoccaggio strategico. A questi si possono aggiungere 1,1 miliardi di metri cubi accumulati negli stoccaggi degli altri operatori (che secondo Snam potrà essere erogato a gennaio, febbraio e marzo 2023).

Il superamento del 95% di riempimento rappresenta un incremento del 5% sulla media degli stoccaggi europei negli ultimi 5 anni. Con una spesa di almeno 6 miliardi di euro di soldi pubblici l’Italia supererà a fatica l’inverno (grazie agli stoccaggi raggiunti), ma con qualche incertezza a marzo 2023 e un’incognita per la restante parte dell’anno.

Il presidente di Arera, Stefano Besseghini, ha detto che nel 2023 “Ci sarà un aumento dei costi del gas a novembre e dicembre. Le previsioni di questo momento ci fanno vedere una evoluzione in crescita del 20 – 25% rispetto ai prezzi attuali per la fase di dicembre e gennaio. Poi ci sarà un andamento piatto per il 2023“.

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