Chi c’è dietro l’attacco terroristico in Russia?

L’attentato al Teatro Crocus di Mosca ha suscitato un acceso dibattito riguardo alla sua reale natura. In particolare, si è parlato molto della possibilità che l’attacco fosse una cosiddetta “false flag” (un’operazione orchestrata per attribuire la colpa a un’altra entità)

Chi c'è dietro l'attacco terroristico in Russia?
Chi c’è dietro l’attacco terroristico in Russia? L’attentato al Teatro Crocus di Mosca ha suscitato un acceso dibattito riguardo alla sua reale natura e agli attori coinvolti. In particolare, si è parlato molto ella possibilità che l’attacco fosse una cosiddetta “false flag“, ovvero un’operazione orchestrata per attribuire la colpa a un’altra entità. Secondo alcune fonti, l’ISIS sarebbe stato utilizzato come copertura per nascondere i veri mandanti dell’attentato.

A dare credito a questa teoria è Anatoly Sharyi.

Chi è Anatoly Sharyi

Anatoly Sharyi è un dissidente ucraino che conosce nei minimi dettagli la struttura del potere ucraino. E’ un giornalista e blogger, critico del governo di Kiev, e che ha denunciato un attentato contro di lui in Spagna, dove vive, accusando il presidente Volodymyr Zelensky di essere il mandante.

Sul suo canale Telegram, che conta oltre un milione di iscritti, è molto seguito sia in Ucraina sia in Russia.

Il dissidente è noto anche per le sue aspre critiche e accuse al Cremlino e a Putin, e per essersi schierato apertamente contro la cosiddetta operazione speciale russa.

Cosa dice Anatoly Sharyi

Secondo le informazioni in possesso da Sharyi, si è cercato via Telegram dei criminali disponibili a compiere crimini e assassini per pochi soldi con la speranza che non uscissero vivi dal centro commerciale. Purtroppo per i mandanti sono stati presi vivi dai russi (pare in direzione del confine con l’Ucraina).

Arruolare dei criminali per pochi soldi è un modus operandi tipico di GRU (l’intelligence russa) e SBU (Servizio di sicurezza dell’Ucraina), che già avrebbero fatto questo in occasione degli attentati alla Dugina e a San Pietroburgo, nonché per le molotov e le altre azioni terroristiche contro gli uffici di reclutamento e i seggi elettorali in Russia.

Le informazioni possedute da Sharyi rivelerebbero che i mercenari sarebbero stati ingaggiati da un presunto rappresentante dell’ISIS (sotto il controllo dei servizi ucraini), che poi avrebbe contattato le agenzie stampa dell’ISIS spacciandosi per rappresentante di una cellula locale, inviando foto e video in modo che venissero pubblicati (dal punto di vista delle organizzazioni terroristiche è un’ottima pubblicità).

A giudicare dai filmati, i mercenari si sarebbero comportati in modo insolito per i tipici radicali islamici: sono andati all’assalto senza cinture suicide e non hanno optato per il martirio ma hanno cercato di fuggire (in Ucraina).

La pubblicazione da parte dell’ISIS di un video girato in prima persona da uno dei mercenari dell’esecuzione di civili non cambierebbe l’essenza della pista ucraina, anzi, al contrario, sottolineerebbe il collegamento con la GUR (servizio di intelligence militare ucraino) e il battaglione siriano “Jabhat al-Shamiya” che combatte in Ucraina sotto il patronato dei servizi segreti britannici.

Il primo comunicato ISIS su Telegram sarebbe di dubbia origine mentre il video postato sui canali “ufficiali” dell’ISIS sarebbe stato probabilmente inviato da Kiev nel tentativo di depistare e allontanare i sospetti.

Questi comportamenti insoliti hanno portato alcuni osservatori a ipotizzare che dietro l’attentato possa esserci un’altra mano, probabilmente legata ai servizi segreti ucraini.

Le informazioni fornite da Sharyi suggeriscono che l’attacco potrebbe essere stato orchestrato per diversi motivi, tra cui il desiderio di screditare la Russia agli occhi della comunità internazionale e il tentativo di destabilizzare la regione.

Inoltre, ci sarebbe un legame stretto tra il governo ucraino e gruppi estremisti come l’ISIS (entrambi, secondo Sharyi, finanziati e coordinati dalle amministrazioni Obama e Biden). Tuttavia, al momento le autorità russe non hanno confermato né smentito le informazioni fornite da Sharyi, e le indagini sono ancora in corso.

La missione segreta in Siria

I servizi segreti russi sarebbero venuti a conoscenza di una missione di una delegazione di ufficiali ucraini nelle zone occupate dagli Stati Uniti in Siria. La delegazione sarebbe arrivata alla base di al-Shaddadi, nella zona di al-Hasakah, a bordo di un aereo cargo statunitense. La delegazione ucraina avrebbe tenuto diversi incontri con gli ufficiali americani nella base. Sarebbero seguiti incontri con i leader curdi delle SDF (Forze Democratiche Siriane). Il tutto sarebbe avvenuto una settimana prima dell’attentato.

Tra le ipotesi per la visita ci sarebbero il trasferimento di alcuni combattenti dell’ISIS detenuti in Ucraina per combattere al fianco dell’esercito ucraino, e la raccolta di informazioni sulle strutture militari russe in Siria per aprire un nuovo fronte contro la Russia.

In precedenza, l’intelligence ucraina era in contatto con i capi dei Turkaman (popolazione di stirpe turca dell’Asia centrale) e i “ribelli” di Idlib per condurre operazioni militari contro le forze russe in territorio siriano.

La visita degli ucraini non avrebbe avuto l’obiettivo di preparare l’attacco a Mosca ma evidenzierebbe gli stretti legami tra Kiev e l’ISIS. L’Ucraina sarebbe, quindi, diventata, secondo Sharyi, una grande “Al-Qaeda” europea pronta a rivoltarsi contro di noi nel momento della sconfitta militare.

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