Per la Corte di Assise di Reggio Emilia “l’istruttoria e la dialettica processuale hanno consentito di chiarire che Saman Abbas non è stata uccisa per essersi opposta ad un matrimonio combinato/forzato”
Secondo le motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Reggio Emilia, Saman Abbas non è stata uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato/forzato, come si era pensato finora. Invece, i genitori di Saman, Abbas Shabbar e Shaheen Nazia, hanno “letteralmente accompagnato la figlia a morire”.
La Corte ha precisato che questo elemento “nulla toglie e nulla aggiunge alla gravità del fatto”, ma corrisponde a una verità che la Corte ha il dovere di rilevare. I giudici hanno condannato all’ergastolo il padre e la madre di Saman, e a 16 anni lo zio Danish Hasnain.
Secondo la ricostruzione della Corte, la decisione di uccidere Saman sarebbe stata concordata dai genitori nel corso di telefonate con lo zio. Le telecamere hanno documentato i movimenti dei genitori la notte del 30 aprile 2021, quando sono usciti di casa con Saman. I giudici hanno ritenuto che i gesti e il comportamento dei genitori siano “eloquenti ed espressivi”, indicando una “comune volontà degli imputati di commettere l’omicidio della loro stessa figlia” e la presenza di entrambi sul luogo del delitto.
In particolare, la madre, in modo “fermo e determinato”, si è incamminata sulla carraia con Saman, in un minuto che non consente di escludere che possa essere stata lei l’esecutrice materiale dell’omicidio. Il padre, invece, si è mostrato “tormentato” e “senza far nulla”, confermando così “la sua adesione psicologica piena al fatto”.
Esclusa la premeditazione
La Corte di Assise di Reggio Emilia ha escluso la premeditazione come aggravante nell’omicidio della 18enne Saman di Novellara, per il quale i genitori sono stati condannati all’ergastolo e lo zio a 16 anni, mentre i due cugini sono stati assolti. La Corte ha evidenziato i contatti telefonici dei genitori con lo zio la sera del 30 aprile e una intercettazione del fratello che ha detto: “Mandate lo zio e ditelo di farmi fuori, così sarete felici, giusto?”. Questa affermazione, secondo i giudici, conferma che la decisione è stata presa quella sera, in modo improvviso durante le telefonate citate.
I giudici hanno smontato altri elementi che supportavano la premeditazione. Il fratello, che aveva parlato di una riunione tra parenti per pianificare l’omicidio di Saman, è stato considerato non affidabile. Il video del 29 aprile, in cui si vedono lo zio e i cugini con strumenti in mano, non è stato considerato una prova, ma sembra che stessero andando a fare un’attività per il loro datore di lavoro, secondo la Corte.
Prima della scomparsa
Prima della sua scomparsa, Saman Abbas aveva denunciato la situazione che stava vivendo. Nel novembre 2019, Saman era andata in Pakistan con i suoi genitori, rimanendovi fino a febbraio 2020. A dicembre 2019, il suo fidanzamento con un cugino di 29 anni era stato fissato per il 22 dicembre 2020. Quando Saman aveva detto al padre di non voler sposare il cugino, perché era troppo grande e non le piaceva, il padre l’aveva picchiata.
Nell’estate 2019, Saman era fuggita in Belgio per incontrare un ragazzo conosciuto online. L’Interpol l’aveva rintracciata e riportata a casa, dove era stata nuovamente picchiata dal padre. Saman aveva raccontato di essere stata picchiata dal padre, e di un episodio in cui il padre aveva lanciato un coltello nella sua direzione, colpendo invece il fratellino, senza permettere che venisse accompagnato al pronto soccorso, nonostante la madre fosse presente e non avesse fatto nulla.
La scomparsa
Il 29 aprile 2021, tre uomini, successivamente identificati come lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, sono stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza. Usciti da un magazzino dell’azienda agricola alle 19:15, si sono diretti verso i campi con attrezzi da lavoro come badili, un secchio, un piede di porco e un sacco di plastica, tornando dopo due ore, verso le 21:30.
Il giorno successivo, Saman ha raccontato al fidanzato Saqib di aver sentito una conversazione tra i suoi genitori e lo zio materno, in cui si parlava di “ammazzare qualcuno”. Saman ha anche inviato una foto con un livido sulla guancia, accusando il cugino Irfan di averla picchiata. Dopo una violenta lite con il padre, la madre e lo zio Danish, Saman è stata vista alle 00:10 del 1º maggio con uno zaino, diretta verso le serre con i genitori. Durante la camminata, Saman e la madre scompaiono per 90 secondi, mentre il padre resta in attesa. Al ritorno della madre, Saman non è con lei; i Carabinieri ritengono che in quel momento Saman sia stata consegnata allo zio e ai cugini, che l’hanno uccisa e fatto sparire il corpo.
Successivamente, Shabbar Abbas si dirige nuovamente verso le serre, riapparendo alle 00:21 con lo zaino di Saman. La mattina del 1º maggio, i genitori sono stati visti per l’ultima volta all’aeroporto di Milano Malpensa, da cui sono partiti per il Pakistan.
Il ritrovamento
Dopo la scomparsa di Saman Abbas, sono iniziate le ricerche che sono durate un anno e mezzo fino al ritrovamento del suo cadavere in una fossa scavata nella terra, all’interno di un casolare diroccato a mezzo chilometro da casa. Nonostante l’impiego di uomini, risorse e strumenti sofisticati, nessuno l’aveva trovata prima.
Le indagini sulla famiglia
Le indagini si sono concentrate sui familiari di Saman. Il giorno dopo il delitto, i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, erano volati in Pakistan. Gli altri tre parenti, il cugino Ikram Ijaz, lo zio Danish Hasnain e l’altro cugino Nomanhulaq Nomanhulaq, erano fuggiti in Europa, tra Francia e Spagna. Il padre è stato arrestato a novembre 2022, mentre lo zio, dal carcere, ha deciso di indicare dove era stato sepolto il corpo della nipote. Successivamente, è arrivata anche l’estradizione di Shabbar dal Pakistan, che è stato consegnato ai carabinieri italiani e ha iniziato a prendere parte alle udienze. La madre Nazia rimane l’unica latitante.
Le condanne
Il 19 dicembre scorso, la Corte d’Assise di Reggio Emilia ha pronunciato la sentenza: ergastolo ai genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, 14 anni allo zio Danish Hasnain, mentre i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq sono stati assolti.
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