Quali sono i reati che rischia di commettere chi va a una manifestazione dopo il ddl Sicurezza del governo Meloni

Il ddl Sicurezza introduce un inasprimento delle pene per una serie di reati legati alle manifestazioni, con l’obiettivo di limitare comportamenti illeciti, ma colpendo anche forme di protesta come il blocco stradale o ferroviario

Quali sono i reati che rischia di commettere chi va a una manifestazione dopo il ddl Sicurezza del governo Meloni

Il ddl Sicurezza, approvato dalla Camera e in attesa del via libera definitivo al Senato, introduce nuove norme e sanzioni per chi partecipa a manifestazioni, con un’attenzione particolare a quelle che potrebbero sfociare in blocchi stradali o proteste violente. Alcuni reati esistenti vengono aggravati, mentre altri sono introdotti ex novo, con l’obiettivo di colpire sia atti illeciti durante manifestazioni sia proteste pacifiche che causano interruzioni.

Tra le novità più significative, il ddl prevede un aumento delle pene per chi danneggia beni mobili o immobili durante le manifestazioni, specie se accompagnati da violenze o minacce. In tal caso, le pene detentive possono arrivare fino a cinque anni, con multe che salgono a 15mila euro. Chi oppone resistenza, minaccia o aggredisce un pubblico ufficiale rischia pene più severe, specialmente se la vittima è un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza. Inoltre, in caso di lesioni a un pubblico ufficiale durante lo svolgimento delle sue funzioni, è previsto l’arresto in flagranza differita, il che significa che una persona può essere arrestata anche dopo il fatto, se ci sono prove come video o foto.

Un’altra misura discussa riguarda il blocco stradale, che con il ddl Sicurezza torna a essere un reato penale, punibile con il carcere fino a un mese e una multa fino a 300 euro. Se il blocco è realizzato da un gruppo di persone, la pena può arrivare fino a due anni di reclusione. Questo vale anche per il blocco delle ferrovie. La stretta colpisce particolarmente le proteste pacifiche che prevedono il blocco delle vie di comunicazione, una forma di protesta spesso utilizzata dagli attivisti per il clima o da studenti durante scioperi.

L’introduzione di aggravanti specifiche riguarda i reati commessi all’interno o nelle vicinanze di stazioni ferroviarie, metropolitane o a bordo dei convogli. In questi casi, i reati saranno considerati più gravi rispetto a quelli commessi in altre zone. Inoltre, chi viene condannato o denunciato per reati in questi luoghi potrà essere soggetto a Daspo urbano, una misura che impedisce l’accesso a determinate aree. Se il Daspo non viene rispettato, si perde il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Infine, il ddl prevede pene più dure per chi si oppone alla realizzazione di grandi opere pubbliche o infrastrutture strategiche, come il progetto della Tav o il Ponte sullo Stretto di Messina. In questi casi, resistere a un pubblico ufficiale comporterà pene aggravate, poiché la resistenza sarà vista come un tentativo di ostacolare progetti considerati di importanza nazionale.

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