Perché si sta parlando di Vittorio Emanuele di Savoia

Notizia dell’ultima ora: Perché si sta parlando di Vittorio Emanuele di Savoia

Perché si sta parlando di Vittorio Emanuele di Savoia
11 LUGLIO 2023FONTEUFFICIALEBREAKING NEWS – E’ stata lanciata il 4 luglio su Netflix “Il principe”, una miniserie investigativa composta da tre puntate, che ripercorre la storia di Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia, e il celebre caso giudiziario che lo coinvolse a partire dal 1978. La serie si concentra sull’incidente avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 agosto, al largo dell’isola di Cavallo, in Corsica, durante il quale Vittorio Emanuele fu coinvolto in una lite con un gruppo di ragazzi, principalmente italiani, in cui furono sparati dei colpi d’arma da fuoco. Uno di questi colpì un ragazzo tedesco, Dirk Hamer, ferendolo gravemente all’arteria femorale. Nonostante le complesse operazioni chirurgiche a cui Hamer fu sottoposto, il giovane morì dopo circa quattro mesi.

La giustizia francese si occupò del caso, e inizialmente Vittorio Emanuele fu arrestato come unico sospettato. Quella notte, infastidito dalla presenza dei giovani in barca vicino alla sua abitazione estiva, Vittorio Emanuele li raggiunse armato di una carabina militare. Furono sparati due colpi dalla carabina, e durante quei momenti tragici Hamer fu colpito accidentalmente mentre dormiva su una delle imbarcazioni ormeggiate.

Nonostante le testimonianze e le circostanze indicassero Vittorio Emanuele come unico sospettato, nel corso dei mesi la vicenda si complicò al punto da prolungarsi fino al 1991. Fu in quell’anno che la Corte d’assise di Parigi, il più alto grado della giustizia francese, lo assolse parzialmente a causa dell’impossibilità di collegare in modo certo il proiettile che aveva colpito Hamer alla sua carabina. Fu tuttavia condannato a soli quattro mesi di reclusione per possesso illegale di un’arma da guerra, una pena che, tuttavia, non scontò mai in carcere a causa della sospensione condizionale e dell’amnistia accordata dalla giustizia francese.

Nonostante l’esito giudiziario, la sorella di Dirk Hamer, Birgit, presente quella notte al largo dell’isola di Cavallo, ha cercato a lungo di ottenere giustizia per la morte del fratello. Birgit ha tentato di evidenziare i numerosi dubbi emersi nel corso degli anni di processo, inclusi testimoni della difesa non presenti sul luogo ma in qualche modo informati sui fatti e altre armi citate ma mai ritrovate, senza però ottenere risultati concreti.

Tuttavia, molti anni dopo, nel 2006, Vittorio Emanuele fece una rivelazione che si tradì da solo. Mentre era detenuto a Potenza per il suo presunto coinvolgimento nel caso “Vallettopoli”, successivamente scagionato, disse ai suoi compagni di cella che nel processo di Parigi era stato assolto “anche se aveva torto”, riuscendo a manipolare la composizione della giuria con “una squadra di avvocati” e grazie a una ventina di testimoni con cui “ingannò i giudici”. Nonostante questa ammissione, registrata come parte delle nuove indagini a suo carico, l’esito della sentenza non cambiò, poiché il processo era già stato concluso. Tuttavia, Vittorio Emanuele fu condannato in Italia per calunnia nei confronti di Birgit Hamer.

La docuserie “Il principe” ricostruisce in dettaglio tutti questi eventi, presentando le testimonianze dirette di Vittorio Emanuele, di suo figlio Emanuele Filiberto e delle altre persone presenti quella notte nelle acque della Corsica. Il gruppo di cui faceva parte Hamer era composto principalmente da giovani benestanti romani in vacanza in Sardegna che avevano deciso di fare un’escursione in barca a Cavallo. Tra di loro c’erano Giovanni Malagò, attuale presidente del Comitato olimpico italiano, e Nicola Pende, noto chirurgo nell’ambiente mondano romano, citato anche nella canzone di Rino Gaetano del 1980 “Jet-set”. Fu proprio con Pende che Vittorio Emanuele ebbe lo scontro in barca durante il quale furono sparati i colpi.

Birgit Hamer, che viveva a Roma con la madre e il padre, il medico tedesco Ryke Geerd Hamer, fu invitata quasi casualmente a unirsi a quel gruppo e portò con sé suo fratello. Durante tutto il processo successivo, Birgit ricevette il sostegno di alcune persone appartenenti a quegli ambienti, tra cui Paola Marzotto, della nota famiglia imprenditoriale veneta e madre di Beatrice Borromeo, giornalista e regista del documentario “Il principe”. Borromeo ha raccontato una storia di cui era ben consapevole, avendo sostenuto negli anni le iniziative di Hamer, un’amica di famiglia. Nel 2011, seguì per Il Fatto Quotidiano la pubblicazione di una registrazione fatta qualche anno prima da Vittorio Emanuele mentre era in carcere.

In una recente intervista a Vogue, Borromeo ha commentato: “Credo che la grande colpa di Vittorio Emanuele sia legata al modo in cui ha gestito la situazione successiva. Si è fatto di tutto per evitare che assumesse le sue responsabilità, e questa scelta ha fatto soffrire molte persone ed è arrivata fino a oggi. Credo che, in fondo, abbia rovinato anche la sua vita”.

Il documentario si conclude con una registrazione in cui Vittorio Emanuele parla di un fatto poco conosciuto, non correlato alla morte di Hamer. Non è chiaro in quale contesto abbia rivelato questa informazione, ma Vittorio Emanuele racconta al team di produzione presente a casa sua di quando, nel 1956, fu testimone dell’omicidio di Alfonso di Spagna ad opera del fratello maggiore Juan Carlos, erede al tronodi Spagna. Secondo la versione ufficiale, Alfonso si suicidò accidentalmente mentre puliva una pistola. Tuttavia, secondo Vittorio Emanuele, fu Juan Carlos a ucciderlo per errore “da dietro un armadio”.

A proposito di questa rivelazione, inserita alla fine del documentario prima dei titoli di coda, Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele, ha dichiarato al Corriere della Sera: “Abbiamo avuto l’opportunità, io e mio padre, di esprimere la nostra opinione sulla sua vicenda personale. Voglio rimanere amico di Beatrice Borromeo, le ho dato fiducia per il documentario, ma non mi piace che adesso vengano tirate fuori storie come quella di Juan Carlos di Spagna per promuovere e pubblicizzare il lavoro su Netflix, storie che non hanno nulla a che fare con l’argomento”. Al momento, questa rivelazione sembra non aver attirato particolare attenzione in Spagna.

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