WIRED – L’UE HA SIGLATO UN CONTRATTO PER LA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA COSTELLAZIONE DI SATELLITI CHIAMATA “IRIS²”

L’Europa ha annunciato la firma di un importante contratto per la costruzione di una nuova costellazione di satelliti chiamata Iris². Questo progetto prevede uno stanziamento di 10,6 miliardi di euro e mira a garantire comunicazioni sicure e a rafforzare l’autonomia strategica del continente in ambito spaziale

L’Europa ha annunciato la firma di un importante contratto per la costruzione di una nuova costellazione di satelliti chiamata Iris². Questo progetto, considerato il più grande e ambizioso contratto spaziale europeo degli ultimi anni, prevede uno stanziamento di 10,6 miliardi di euro e mira a garantire comunicazioni sicure e a rafforzare l’autonomia strategica del continente in ambito spaziale. L’accordo è stato siglato oggi a Bruxelles dalla Commissione europea.

Il progetto prevede la realizzazione di una rete composta da 290 satelliti, che sarà operativa entro il 2030. A questo progetto parteciperanno alcune delle maggiori aziende del settore aerospaziale europeo, riunite nel consorzio SpaceRise. Tra i principali attori ci sono Eutelsat, colosso francese delle telecomunicazioni satellitari che ha recentemente acquisito OneWeb; Ses, azienda lussemburghese leader nei servizi satellitari globali; e Hispasat, il più grande operatore spagnolo nel settore delle telecomunicazioni satellitari. Al consorzio partecipano anche altre grandi aziende, come Airbus, Thales, Deutsche Telekom e l’italiana Telespazio, che fa parte del gruppo Leonardo.

Il progetto Iris², annunciato per la prima volta due anni fa, ha visto un aumento dei costi rispetto alle previsioni iniziali. All’inizio si era stimato un costo complessivo di 6 miliardi di euro, ma il budget finale è salito a 10,6 miliardi. Circa il 61% dei fondi sarà coperto da risorse pubbliche: l’Unione Europea contribuirà con 6 miliardi di euro e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con 550 milioni. Il resto del finanziamento verrà dal settore privato.

La costellazione di satelliti Iris² sarà il terzo grande progetto spaziale europeo, dopo il sistema di navigazione Galileo e la rete di osservazione terrestre Copernicus. L’obiettivo principale è fornire comunicazioni sicure e affidabili agli Stati membri dell’Unione Europea, con particolare attenzione alle applicazioni governative sensibili, come la gestione delle crisi e la sorveglianza. Una parte importante della capacità del sistema sarà dedicata anche a servizi commerciali a banda larga per aziende e famiglie.

La configurazione dei satelliti sarà distribuita su due livelli orbitali. Una parte della flotta sarà posizionata nell’orbita terrestre bassa (Low Earth Orbit, LEO), fino a 2.000 chilometri di altitudine, mentre altri satelliti saranno collocati nell’orbita terrestre media (Medium Earth Orbit, MEO), a circa 8.000 chilometri di altezza. Questa struttura permetterà una comunicazione stabile, veloce e sicura, con meno satelliti rispetto ad altri sistemi, come Starlink, che utilizza oltre 6.000 satelliti in orbita bassa. Josef Aschbacher, direttore generale dell’ESA, ha dichiarato: “In un mondo geopoliticamente sempre più complesso, garantire comunicazioni governative resilienti, sicure e veloci è essenziale”.

Il progetto Iris² si pone anche l’obiettivo di rilanciare l’industria spaziale europea, che negli ultimi anni ha incontrato diverse difficoltà. Un rapporto pubblicato a settembre, curato dall’ex premier italiano Mario Draghi, ha evidenziato come il sistema Starlink, creato da Elon Musk, stia trasformando il mercato delle telecomunicazioni globali. Con oltre 6.000 satelliti operativi in più di 100 paesi, Starlink ha modificato radicalmente le dinamiche del settore, mettendo sotto pressione gli operatori e i produttori europei. Negli ultimi anni, le vendite del settore spaziale europeo sono tornate ai livelli del 2009, con una crescente perdita di competitività rispetto agli Stati Uniti.

Anche i principali produttori europei di satelliti, come Thales e Airbus, hanno dovuto affrontare difficoltà. Entrambe le aziende hanno annunciato migliaia di tagli di posti di lavoro, a causa del calo della domanda per i tradizionali satelliti geostazionari, posizionati a 36.000 chilometri dalla Terra. Il mercato si sta spostando verso costellazioni di satelliti più piccoli, posizionati in orbita bassa, fino a 2.000 chilometri di altitudine.

Un aspetto particolare del progetto riguarda la modalità di assegnazione dei contratti di produzione. In passato, nei grandi progetti spaziali europei, ogni paese cercava di ottenere una quota di lavoro proporzionale al proprio investimento. Questa volta, però, il criterio sarà diverso: le aziende saranno selezionate in base alle loro capacità tecniche e alla competitività, senza tener conto del paese di appartenenza. Philippe Baptiste, presidente del Centro nazionale di studi spaziali francese (CNES), ha spiegato: “Sarei felice di avere un grande carico di lavoro in Francia, ma non c’è alcuna garanzia. Se Thales o Airbus vogliono una quota importante devono essere molto bravi e molto competitivi”.

Questa nuova modalità ha generato tensioni tra i paesi membri, in particolare con la Germania, che ha espresso preoccupazioni per i criteri di distribuzione e per l’aumento dei costi rispetto alle stime iniziali. Anche l’Italia, presente nel consorzio SpaceRise con Telespazio, sarà direttamente coinvolta in questa nuova organizzazione, che potrebbe modificare gli equilibri del settore spaziale europeo.

LE ALTRE NOTIZIE IN EVIDENZA SULLO “SPAZIO”:

ITALIA

WIRED – APPROVATA LA PRIMA LEGGE ITALIANA SULL’ECONOMIA DELLO SPAZIO

La legge sull’economia dello spazio, recentemente approvata dal consiglio dei ministri italiano, destina circa 300 milioni di euro di fondi pubblici distribuiti in tre anni, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del settore spaziale nel paese. Il provvedimento include anche agevolazioni per le startup interessate, incentivando l’innovazione e la crescita nel campo delle tecnologie spaziali. Il fondo per l’economia dello spazio prevede specificamente 85 milioni di euro nel 2024, 160 milioni nel 2025 e 50 milioni nel 2026. Questi fondi derivano da risorse già esistenti, provenienti da due fondi del dicastero per la crescita sostenibile e il sostegno alle piccole e medie imprese, rimodulati per supportare nuovi progetti spaziali. Il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) sarà responsabile di compilare un elenco di potenziali beneficiari, che potranno accedere a finanziamenti per la commercializzazione di prodotti innovativi, lo sviluppo di servizi e infrastrutture, e per collaborazioni internazionali nel settore spaziale. Le imprese interessate dovranno seguire un iter specifico: presentare una domanda, versare un contributo (con la possibilità di un aumento fino al 50% per richieste di autorizzazioni già ottenute in altri paesi), e superare un’approfondita valutazione da parte dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Questa valutazione includerà analisi di sicurezza del progetto, impatti ambientali come l’inquinamento luminoso derivante dai lanci satellitari, sicurezza informatica, e un’analisi delle capacità finanziarie e professionali del richiedente. La risposta dovrà essere fornita entro 60 giorni dall’Asi, che successivamente trasmetterà la documentazione a Palazzo Chigi. Qui, in collaborazione con il ministero della Difesa, i servizi segreti, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e il Comitato interministeriale per le politiche spaziali (Comint), si deciderà entro 4 mesi sull’approvazione definitiva dei progetti. La legge sull’economia dello spazio introduce una serie di regolamenti mirati a regolare le attività spaziali nel paese. Tra i punti salienti, sono delineati i criteri per l’autorizzazione delle attività spaziali, che può essere negata in casi di rischi per la sicurezza nazionale, le relazioni diplomatiche italiane, o le infrastrutture critiche. Non possono ottenere autorizzazione operatori legati a regimi dittatoriali, violatori dello stato di diritto o sostenitori del terrorismo. L’autorizzazione può essere anche revocata per vari motivi, tra cui la mancanza di minimizzazione dei rischi o l’assenza di garanzie assicurative. L’Agenzia spaziale italiana (Asi) è incaricata di stabilire le regole tecniche e di istituire registri per gli oggetti spaziali lanciati nello spazio sopra i 100 chilometri di altitudine. Questi registri pubblici includeranno informazioni dettagliate sullo Stato di lancio, un codice identificativo preceduto da “Ita”, i dati di lancio, i parametri orbitali, le funzioni e i dati relativi alla gestione dell’oggetto spaziale. Sarà inoltre istituito un registro supplementare per gli oggetti gestiti da operatori nazionali ma non immatricolati in Italia. La legge impone anche l’obbligo di assicurazione per i danni derivanti dalle attività spaziali, con un massimale di 100 milioni di euro per sinistro. Questo limite può essere ridotto del 50% per attività meno rischiose e a 20 milioni per startup e attività di ricerca. È previsto un capitolo specifico per la gestione dei danni causati dalle attività spaziali di nazioni straniere in Italia, con un termine di sei mesi per la denuncia di tali danni. Il governo sarà responsabile di emettere numerosi decreti attuativi per regolare vari aspetti della legge, come l’importo dei contributi per le autorizzazioni spaziali, i requisiti documentali, i limiti sull’uso dei dati di osservazione terrestre e le categorie di rischio per le assicurazioni. Ogni due anni sarà elaborato un Piano nazionale per l’economia dello spazio, con un orizzonte quinquennale, coordinato dall’Asi, dal Comitato interministeriale per le politiche spaziali (Comint) e dal ministero dell’Università e della ricerca, per guidare lo sviluppo del settore spaziale in Italia. Tra i punti principali, la legislazione prevede la creazione di una riserva nazionale di capacità trasmissiva per le telecomunicazioni satellitari, mirata a favorire le connessioni governative e offrire archiviazione via cloud per dati sensibili tramite satelliti. Un aspetto centrale della legge è l’apertura alla realizzazione di costellazioni satellitari per internet, con l’obiettivo esplicito di ridurre il divario digitale in Italia. Questo articolo, il numero 26, è stato accolto con favore da Elon Musk e SpaceX, che hanno già avviato la rete Starlink nel paese. Nonostante l’Unione Europea stia pianificando la propria costellazione, Iris2, per scopi simili con un budget significativo, il progetto di Musk sembra aver preso un vantaggio competitivo. La legge mira anche a risolvere le problematiche di interferenza tra segnali terrestri e satellitari, che hanno generato controversie come quella tra Starlink e Tim. Quest’ultima è stata accusata di non condividere i dati necessari per evitare interferenze tra i suoi satelliti e le antenne di Tim, un problema che ha impattato le operazioni di SpaceX. Inoltre, la legge include misure di sostegno per le startup attive nel settore spaziale, offrendo vantaggi significativi nelle gare d’appalto pubbliche. Le startup possono ricevere fino al 10% del subappalto e beneficiare di miglioramenti nei punteggi delle offerte. Inoltre, se una startup vince un appalto, può essere pagata direttamente senza dover passare per il capo cordata, con il 40% del pagamento anticipato entro 15 giorni dall’assegnazione. Il governo italiano ha stanziato circa 2,3 miliardi di euro tra il Piano nazionale di ripresa e resilienza e un fondo aggiuntivo dedicato allo spazio. Questi fondi finanzieranno una serie di progetti, tra cui la fabbricazione di piccoli satelliti per l’osservazione terrestre e l’implementazione di un sistema laser per la sorveglianza aerea. Complessivamente, il pacchetto di 9 progetti, supervisionato da Openpolis, è a metà del percorso programmato per essere completato entro il 2026. Per sostenere ulteriormente la filiera della space economy, il Fondo nazionale innovazione di Cassa depositi e prestiti ha creato il veicolo di investimento Galaxia, con l’obiettivo di mobilitare 30 milioni di euro in 4 anni.

SCIENZE

ANSA – SCOPERTA AL CERN LA PARTICELLA DI ANTIMATERIA PIU’ PESANTE MAI OSSERVATA

Una scoperta molto importante è stata fatta al CERN, il famoso centro di ricerca europeo situato a Ginevra. È stata osservata la particella di antimateria più pesante mai rilevata: si tratta dell’antiparticella dell’iperelio-4. Questa scoperta è stata resa possibile grazie all’esperimento ALICE, uno dei grandi progetti che si svolgono all’interno del Large Hadron Collider (LHC), il più grande acceleratore di particelle al mondo. L’antiparticella scoperta è molto particolare perché ha una vita brevissima e si forma solo in condizioni molto specifiche. Per questo motivo è estremamente rara. Le sue caratteristiche, cioè le proprietà fisiche che possiede, corrispondono esattamente a quelle che gli scienziati avevano previsto nei loro modelli teorici. Studiare questa particella aiuterà i fisici a capire meglio alcuni dei grandi misteri dell’universo, in particolare uno: perché, subito dopo il Big Bang, si è creata una situazione che ha fatto prevalere la materia sull’antimateria, permettendo la formazione dell’universo così come lo conosciamo oggi. Il CERN ha spiegato che, per ottenere scoperte di questo tipo, si utilizzano acceleratori di particelle come l’LHC. In questi macchinari, le particelle vengono fatte collidere tra loro a velocità altissime, vicine a quelle della luce. Questi scontri violentissimi producono una grande varietà di nuove particelle, molte delle quali sono quasi impossibili da trovare in natura perché esistono per un tempo brevissimo, a volte meno di un miliardesimo di secondo. Grazie a questo metodo, i ricercatori sono riusciti a catalogare tantissime particelle previste dai modelli teorici e a scoprirne anche di nuove. Tra queste particelle c’è una famiglia chiamata ipernuclei. Gli ipernuclei sono nuclei composti da una combinazione di protoni, neutroni e una terza particella instabile chiamata iperone. Gli iperoni contengono al loro interno un quark di tipo “strange”, che li rende diversi dalle particelle comuni come protoni e neutroni. Anche gli ipernuclei, come tutte le particelle, hanno una loro controparte di antimateria. Questo significa che esiste una versione speculare degli ipernuclei, chiamata anti-ipernuclei. Quando una particella incontra la sua antiparticella, entrambe si distruggono completamente, trasformandosi in pura energia. Trovare tracce dell’antimateria di un ipernucleo è una sfida molto complessa per gli scienziati. A settembre 2024, un altro grande acceleratore di particelle, chiamato RHIC e situato nei Laboratori Brookhaven di New York, era riuscito per la prima volta a identificare l’anti-ipernucleo più leggero, chiamato anti-ipertritone. Ora, l’LHC è riuscito a fare un passo avanti e a scoprire l’anti-ipernucleo più pesante mai osservato: si tratta dell’anti-iperelio-4. Questa particella è composta da due antiprotoni, un antineutrone e un antilambda, una configurazione che la rende unica e molto complessa.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – C’E’ UN TUNNEL INTERSTELLARE VICINO AL SISTEMA SOLARE

All’interno della bolla di gas caldo che circonda il Sistema Solare è stato individuato un tunnel interstellare che si estende verso la costellazione del Centauro. Si ritiene che questo cunicolo si colleghi a un’altra superbolla di gas nelle vicinanze. Il tunnel, probabilmente generato dalle esplosioni di giovani stelle, potrebbe essere parte di una rete più vasta di percorsi di gas caldo che attraversano il gas freddo del mezzo interstellare. La scoperta è stata resa possibile grazie alla mappa 3D del nostro “vicinato cosmico”, creata utilizzando i dati del telescopio spaziale a raggi X eROSITA, sviluppato dall’Istituto Max Planck per la fisica extraterrestre. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics. I dati di eROSITA sono fondamentali per studiare la “bolla locale” che ospita il Sistema Solare. Il telescopio raccoglie informazioni a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, offrendo una visione a raggi X molto chiara e libera dalle interferenze causate dall’interazione tra il vento solare e le particelle dello strato più esterno dell’atmosfera terrestre. Grazie a questa posizione privilegiata, il team guidato da Michael Yeung ha analizzato circa 2.000 sezioni del cielo, scoprendo che la bolla si espande perpendicolarmente al piano della Via Lattea. Inoltre, è emerso un marcato contrasto termico: il Nord galattico è più freddo rispetto al Sud galattico. Secondo gli scienziati, questo divario di temperatura potrebbe essere stato originato dall’esplosione di stelle massicce, trasformatesi in supernove, le cui onde d’urto avrebbero riscaldato e fatto espandere la bolla. Inaspettatamente, i ricercatori hanno individuato “un tunnel interstellare verso la costellazione del Centauro, che scava un varco nel mezzo interstellare più freddo”, come ha spiegato il fisico Michael Freyberg. L’ipotesi è che questo tunnel sia parte di una rete di cunicoli di gas caldo che si snoda nel mezzo interstellare. Questa rete sarebbe stata modellata da una combinazione di fenomeni: i venti stellari, le esplosioni di supernovae e i getti di materia emessi dalle protostelle. Questa scoperta apre nuove prospettive nello studio delle interazioni tra gas caldo e gas freddo nello spazio interstellare, contribuendo a comprendere meglio l’evoluzione delle strutture cosmiche su larga scala.

WIRED – IL SOLE HA RAGGIUNTO IL MASSIMO DEL SUO CICLO DI ATTIVITA’

Il Sole ha raggiunto il massimo del suo ciclo di attività, anche se non si è ancora arrivati al picco. Questo è stato confermato in una conferenza stampa dagli esperti della NASA, della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e dell’International Solar Cycle Prediction Panel. L’attività solare intensa potrebbe continuare anche per il prossimo anno, portando con sé effetti come aurore spettacolari ma anche perturbazioni meteorologiche spaziali. Il Sole segue un ciclo naturale di attività magnetica che dura circa 11 anni, durante il quale l’attività passa da un minimo a un massimo fino a che i poli magnetici della stella si invertono. Gli scienziati monitorano questo ciclo studiando le macchie solari, che sono le regioni più attive e visibili del Sole, caratterizzate da campi magnetici intensi e complessi, e che spesso sono l’origine delle eruzioni solari. I cicli solari non sono tutti uguali: possono variare in durata e intensità. Per cercare di prevedere l’andamento di questi cicli, dal 1989 è attivo l’International Solar Cycle Prediction Panel. Attualmente, il Sole sta attraversando il 25° ciclo, contando a partire dal primo registrato nel 1755, quando si è cominciato a monitorare regolarmente l’attività solare. Questo ciclo ha superato le aspettative e potrebbe ancora riservare delle sorprese. Durante gran parte del 2024, l’attività solare è stata molto intensa. A maggio, per esempio, si è verificata una serie di brillamenti ed espulsioni di massa coronale così potenti da generare la più forte tempesta geomagnetica sulla Terra degli ultimi decenni. Questo fenomeno ha prodotto alcune delle aurore boreali più spettacolari degli ultimi 500 anni. Il 3 ottobre si è registrato il brillamento più potente del ciclo attuale: un X9.0. La classe “X” rappresenta i flare solari più intensi, e il numero indica la loro forza specifica. Gli scienziati concordano nel dire che il Sole si trova nel suo massimo, cioè in quel periodo del ciclo in cui le macchie solari e l’attività solare sono particolarmente intense. Negli ultimi due anni queste condizioni si sono manifestate, offrendo un’opportunità unica per approfondire la conoscenza del Sole. Tuttavia, il massimo solare può anche avere effetti negativi sulle attività umane. Le tempeste solari possono disturbare il funzionamento dei satelliti, influenzando i sistemi di comunicazione e navigazione, oltre a creare problemi alle reti elettriche sulla Terra. Elsayed Talaat, direttore delle operazioni meteorologiche spaziali della NOAA, ha precisato: “L’annuncio non significa che questo è il picco di attività solare che vedremo nell’attuale ciclo solare. Mentre il Sole ha raggiunto il periodo di massimo solare, il mese in cui l’attività solare raggiunge il picco non sarà identificato per mesi o anni”. Il picco, infatti, può essere identificato solo a posteriori, quando si osserva un declino costante dell’attività solare. Gli esperti prevedono comunque che il periodo di massimo non sia ancora concluso e che l’intensa attività solare possa continuare anche per tutto il prossimo anno, offrendo ancora la possibilità di ammirare cieli spettacolari.

ANSA – SCOPERTO UN PIANETA ATTORNO ALLA STELLA PIU’ VICINA ALLA TERRA

È stato scoperto un nuovo pianeta roccioso che orbita attorno alla stella di Barnard, la stella singola più vicina alla Terra, situata a sei anni luce dal nostro pianeta. Questo pianeta, chiamato Barnard b, non è abitabile, ma potrebbe far parte di un sistema planetario con almeno altri tre potenziali pianeti. I dati che hanno portato a questa scoperta sono stati raccolti dallo spettrografo Espresso, montato sul Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) in Cile. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista “Astronomy and Astrophysics” da un team internazionale che include anche astronomi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Torino, Trieste e Palermo. Barnard b si trova a venti volte la distanza della Terra da Mercurio rispetto al Sole. Completa un’orbita attorno alla stella in 3,15 giorni terrestri e presenta una temperatura superficiale di circa 125 gradi Celsius. Jonay González Hernández, ricercatore all’Istituto di Astrofisica delle Canarie e autore principale dello studio, ha spiegato: “Barnard b è uno degli esopianeti di massa più piccola trovati finora e uno dei pochi noti con una massa inferiore a quella della Terra. Tuttavia, il pianeta è troppo vicino alla stella ospite; anche se la stella è circa 2.500 gradi più fredda del Sole, in quella posizione fa troppo caldo perché si possa mantenere acqua liquida sulla superficie.” Per le osservazioni, il gruppo di ricerca ha utilizzato Espresso, uno strumento altamente preciso progettato per misurare l’oscillazione delle stelle causata dall’attrazione gravitazionale di uno o più pianeti in orbita. Serena Benatti dell’INAF di Palermo ha dichiarato: “La variazione della velocità radiale della stella Barnard indotta dal pianeta Barnard b è pari a 50 centimetri al secondo, un valore così piccolo che non poteva essere misurato neppure con spettrografi di alta precisione come Harps e Harps-N.” Per questo motivo è stato utilizzato Espresso, che offre una precisione fino a 10 centimetri al secondo. Dai dati ottenuti con Espresso emergono anche indizi della possibile presenza di altri tre candidati esopianeti in orbita attorno alla stella di Barnard. Tuttavia, per confermare questa scoperta saranno necessari ulteriori studi. Benatti ha aggiunto: “Se fosse vero, avremmo a che fare con un sistema planetario molto compatto con periodi orbitali molto simili a quello di Barnard b.” Continuare a scoprire e caratterizzare nuovi pianeti come questi sarà fondamentale “per capire l’evoluzione dei sistemi planetari, incluso il nostro.”

ASTROSPACE – LA TERRA AVRA’ TEMPORANEAMENTE UNA “SECONDA LUNA”

La Terra avrà temporaneamente una seconda luna, a partire dal 29 settembre fino al 25 novembre 2024. Questo fenomeno è dovuto all’asteroide chiamato 2024 PT5, che è stato scoperto all’inizio di agosto da due astronomi dell’Università Complutense di Madrid, Carlos e Raúl de la Fuente Marcos. La scoperta è stata possibile grazie al programma Asteroid Terrestrial-Impact Last Alert System (Atlas), un sistema utilizzato dalla NASA per monitorare oggetti potenzialmente pericolosi. L’asteroide 2024 PT5 ha un diametro di circa 10 metri e proviene dalla cintura di asteroidi Arjuna, un gruppo di rocce spaziali che seguono un percorso simile a quello della Terra intorno al Sole. Durante il suo avvicinamento, l’asteroide passerà a circa 2,8 milioni di miglia (4,5 milioni di chilometri) dalla Terra, muovendosi a una velocità relativamente bassa di circa 2.200 miglia orarie (3.540 km/h). Questa velocità gli permetterà di essere catturato dalla gravità terrestre e di rimanere in un’orbita temporanea. L’asteroide non sarà visibile a occhio nudo a causa della sua piccola dimensione e della bassa luminosità. La sua magnitudine apparente è di 27,6, un valore molto elevato rispetto alla stella meno luminosa visibile senza strumenti, che ha una magnitudine di 6. Per mettere in prospettiva le dimensioni, la Luna ha un diametro di circa 3.474 chilometri, rendendo 2024 PT5 troppo piccolo e debole per essere osservato senza telescopi professionali. Durante il periodo in cui orbiterà attorno alla Terra, l’asteroide seguirà una traiettoria a ferro di cavallo. Questo significa che non completerà un’orbita completa attorno al nostro pianeta ma rimarrà legato temporaneamente alla sua gravità. Dopo circa due mesi, l’asteroide riprenderà il suo viaggio nello spazio profondo e tornerà alla sua posizione originale. Il fenomeno delle mini-lune non è nuovo; la Terra ha già catturato altri asteroidi in passato. Ad esempio, l’asteroide 2006 RH120 è rimasto in orbita attorno alla Terra per quasi un anno tra il 2006 e il 2007. Altri asteroidi come il 2020 CD3 hanno orbitato attorno al nostro pianeta per periodi più brevi. La cattura temporanea di 2024 PT5 offre agli scienziati un’importante opportunità di ricerca per studiare il comportamento degli asteroidi e le interazioni gravitazionali con la Terra. Secondo i ricercatori, “gli oggetti vicini alla Terra (NEO) che seguono percorsi a ferro di cavallo possono subire eventi di mini-luna”, dove la loro energia geocentrica diventa negativa per ore o giorni. Infine, dopo il suo passaggio vicino alla Terra, l’asteroide tornerà a farsi vedere il 9 gennaio 2025, quando raggiungerà un punto di massimo avvicinamento a circa 1,8 milioni di chilometri dalla Terra, viaggiando a una velocità maggiore rispetto a quella della sua cattura. Durante questo periodo non ci sarà alcun rischio di collisione con il nostro pianeta.

SCENARIECONOMICI – GLI SCIENZIATI CINESI HANNO RESO PUBBLICI I RISULTATI DELLE ANALISI DEL SUOLO DEL LATO NASCOSTO DELLA LUNA

Gli scienziati cinesi hanno reso pubblici i risultati delle analisi del suolo lunare prelevato dalla sonda Chang’e-6, che ha raccolto 1,9 kg di materiale dal lato nascosto della Luna. Questo materiale è risultato essere molto diverso rispetto a quello precedentemente raccolto sul lato visibile della Luna, offrendo nuove possibilità per comprendere meglio la composizione e l’evoluzione del nostro satellite naturale. Secondo i ricercatori, i campioni raccolti dalla missione Chang’e-6 sono costituiti da una miscela di basalti e materiali estranei, e mostrano differenze significative rispetto ai precedenti campioni di rocce vulcaniche basaltiche raccolti sul lato visibile della Luna. In particolare, gli scienziati hanno affermato che questi campioni “potrebbero derivare dalla miscelazione di suolo lunare maturo con materiali appena espulsi”, evidenziando la presenza di crateri da impatto recenti nell’area di atterraggio della sonda. Nella prima analisi pubblicata sui campioni del lato nascosto della Luna, che è avvenuta solo tre mesi dopo il loro arrivo sulla Terra, gli studiosi hanno sottolineato che il materiale presenta “caratteristiche distinte rispetto ai precedenti campioni lunari”. Tra queste, vi è una maggiore quantità di particelle chiare come vetro e feldspato rispetto ai campioni raccolti dalla missione Chang’e-5 sul lato visibile della Luna. Inoltre, i nuovi campioni risultano avere una densità inferiore, il che li rende “più granulari e porosi” rispetto ai suoli lunari precedenti. “Il campione lunare è piuttosto morbido e sarebbe ancora più soffice nel suo stato ‘naturale’ sulla superficie lunare”, hanno scritto i ricercatori in un articolo pubblicato sulla rivista National Science Review, che è edita dall’Accademia cinese delle scienze (CAS). La missione Chang’e-6 ha permesso alla Cina di diventare il primo, e finora unico, Paese a recuperare campioni dal lato nascosto della Luna. In particolare, i 1,9 kg di campioni sono stati prelevati dal bacino South Pole-Aitken, il più grande e antico bacino d’impatto della Luna. Fino a questo momento, tutte le missioni che avevano recuperato campioni lunari, sia degli Stati Uniti, dell’ex Unione Sovietica che della Cina stessa, si erano concentrate esclusivamente sul lato visibile. Gli scienziati coinvolti nello studio provengono dal Laboratorio chiave di esplorazione lunare e dello spazio profondo del CAS, dal Centro di esplorazione lunare e ingegneria spaziale e dall’Istituto di ingegneria dei sistemi spaziali di Pechino. Il team ha dichiarato che questi nuovi campioni “sono altamente significativi per la ricerca scientifica”. Secondo quanto riportato dai ricercatori, “questi basalti marini locali documentano la storia del vulcanismo del lato nascosto della Luna”, mentre i frammenti non basaltici “possono offrire spunti critici sulla crosta dell’altopiano lunare, sulle fusioni da impatto del Polo Sud-Aitken e potenzialmente sul mantello lunare profondo”. Il sito di atterraggio scelto per la missione Chang’e-6, ossia il bacino Polo Sud-Aitken, è di grande interesse scientifico, in quanto potrebbe permettere di accedere a materiale proveniente da maggiori profondità rispetto a quelli precedentemente raccolti. Grazie a questi campioni, gli scienziati sperano di ottenere nuove informazioni sull’origine della Luna, sul suo campo magnetico e sulle differenze vulcaniche tra il lato visibile e il lato nascosto. Inoltre, questi studi potrebbero contribuire a una migliore comprensione dell’evoluzione del sistema solare interno.

ANSA – LE GALASSIE SONO MOLTO PIU’ GRANDI DI QUANTO SI PENSASSE IN PRECEDENZA

Le galassie si rivelano essere molto più grandi di quanto si pensasse in precedenza, come dimostrano le recenti misurazioni del vasto alone di gas che le circonda. Questo alone, chiamato mezzo circumgalattico, è stato studiato con grande dettaglio grazie a uno strumento avanzato montato sul telescopio Keck, situato alle Hawaii. La ricerca, condotta dall’Università Tecnologica australiana di Swinburne e pubblicata sulla rivista Nature Astronomy, contribuisce a una migliore comprensione di come si evolvono le galassie. Inoltre, suggerisce che le interazioni tra galassie vicine siano più intense di quanto si pensasse. Ad esempio, è molto probabile che la Via Lattea e la galassia di Andromeda si stiano già sovrapponendo. L’alone di gas che circonda le galassie rende difficile determinare i loro confini esatti. Tuttavia, grazie al nuovo strumento, i ricercatori, guidati da Nikole Nielsen, sono riusciti ad analizzare una galassia distante 270 milioni di anni luce. Hanno scoperto che il suo alone di gas si estende per oltre 100.000 anni luce, mentre il disco della galassia si estende solo per 7.800 anni luce dal suo centro. Questa è la prima volta che si riesce a fotografare il confine estremo di una galassia. Nielsen ha affermato: “Il mezzo circumgalattico svolge un ruolo enorme nella circolazione del gas”. Ha aggiunto che comprendere quanto sia grande e come vari tra galassie di tipi diversi, come quelle attive nella formazione di nuove stelle e quelle che hanno smesso di farlo, potrebbe aiutare a determinare se l’alone ha un ruolo in questi diversi stadi di attività. Inoltre, si chiede se i cambiamenti nell’alone possano influenzare i cambiamenti nella galassia stessa.

GEOPOP – LA LUNA SI STA ALLONTANANDO DALLA TERRA

La Luna, contrariamente a quanto possa sembrare, non è immobile. Si sta lentamente allontanando dalla Terra, un fenomeno che è in corso da milioni di anni. Anche se questo allontanamento avviene in modo graduale, le conseguenze a lungo termine potrebbero avere un impatto significativo sulla Terra, influenzando aspetti come la durata dei giorni e, in certa misura, la vita sul pianeta. Ogni anno, la Luna si allontana dalla Terra di circa 3,8 centimetri. Anche se questa distanza può sembrare minima, il processo ha iniziato a manifestarsi già milioni di anni fa e ha delle ripercussioni. Secondo uno studio condotto dal geologo He Huang dell’Università di Tecnologia di Chengdu, questo fenomeno ha avuto un ruolo chiave nella regolazione del movimento rotatorio della Terra, influenzando direttamente la durata dei giorni. Gli scienziati sono riusciti a determinare con precisione l’allontanamento della Luna e le sue conseguenze grazie allo studio delle marélites, rocce antiche che conservano tracce delle maree registrate milioni di anni fa. Queste rocce forniscono informazioni preziose su come il livello delle maree e la rotazione terrestre siano cambiati nel corso del tempo. Inoltre, i ricercatori hanno utilizzato modelli matematici per simulare le interazioni gravitazionali tra la Terra e la Luna. Questi modelli hanno permesso di identificare due momenti cruciali in cui la rotazione terrestre ha subito cambiamenti significativi: uno durante l’esplosione cambriana e un altro tra 340 e 280 milioni di anni fa, quando vaste aree del pianeta erano coperte da grandi calotte di ghiaccio. Una delle conseguenze più evidenti dell’allontanamento della Luna è il rallentamento della rotazione terrestre. Milioni di anni fa, un giorno sulla Terra era molto più breve rispetto a oggi. Grazie a questo allontanamento, i giorni si sono allungati di circa 2,2 ore nel corso di milioni di anni. Questo processo, sebbene lento, continuerà anche nei millenni futuri. Il rallentamento della rotazione terrestre ha avuto ripercussioni su vari fenomeni naturali, tra cui l’ossigenazione dell’atmosfera. Questo cambiamento ha creato condizioni più favorevoli per lo sviluppo di forme di vita complesse. Uno dei periodi chiave nella storia della Terra è l’esplosione cambriana, avvenuta circa 541 milioni di anni fa. Durante questo periodo, la vita sulla Terra ha subito una rapida diversificazione, portando all’emergere di nuove forme di vita più grandi e complesse. Gli scienziati ritengono che l’allungamento dei giorni, dovuto all’allontanamento della Luna, abbia avuto un ruolo cruciale in questo processo. Con più tempo di luce solare disponibile durante il giorno, l’ambiente terrestre è diventato più stabile e favorevole alla vita, favorendo l’aumento dell’ossigeno atmosferico e lo sviluppo di ecosistemi più complessi. L’allontanamento della Luna continuerà nei millenni a venire e, con esso, la rotazione terrestre rallenterà ulteriormente. Nel corso di milioni di anni, questo potrebbe portare a giorni significativamente più lunghi rispetto a quelli attuali. Tuttavia, questi cambiamenti avverranno in modo così graduale che non saranno percepibili nell’arco della vita umana o di intere civiltà.

TGCOM24 – SCOPERTA UNA NUOVA VIA PER LA FORMAZIONE DEI PIANETI

I pianeti possono formarsi non solo attraverso la lenta aggregazione di polvere interstellare, ma anche mediante un processo più rapido di disgregazione e ricondensazione del materiale presente nei dischi di gas e polvere che circondano le giovani stelle. Questa scoperta è stata realizzata grazie all’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), il radiotelescopio più potente al mondo, situato in Cile. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature e sono frutto del lavoro di un team internazionale di astronomi, guidato dall’Università di Victoria in Canada, che include anche ricercatori dell’Università Statale di Milano. I ricercatori hanno individuato diversi protopianeti in fase di formazione nel disco attorno alla giovane stella AB Aurigae, tra cui uno con una massa nove volte quella di Giove. Questi protopianeti si presentano come ammassi all’interno di una struttura a spirale che ruota attorno alla stella. Utilizzando il radiotelescopio Alma, gli astronomi hanno studiato il movimento del gas nei bracci a spirale del sistema e hanno osservato oscillazioni nella velocità del disco, che indicano un’instabilità gravitazionale. Giuseppe Lodato, coautore della ricerca e membro del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, spiega che “i bracci si formano nel disco quando il rapporto di massa disco-stella è sufficientemente alto”. Cristiano Longarini, ricercatore associato presso l’Università di Cambridge, ha sviluppato un modello teorico durante il suo dottorato all’Università Statale di Milano, che collega queste oscillazioni alle proprietà del disco. Le variazioni di densità all’interno dei bracci portano a cambiamenti nella gravità, che a loro volta influenzano la velocità del gas nelle aree circostanti. L’entità di queste oscillazioni può essere utilizzata per determinare quanto un disco sia predisposto a frammentarsi e quindi a formare oggetti di massa planetaria. Il rilevamento di instabilità gravitazionali nel disco attorno ad AB Aurigae fornisce una conferma osservativa diretta della formazione dei pianeti “dall’alto verso il basso”. In questo processo, il materiale presente nei dischi di gas e polvere si frammenta in strutture a spirale a causa dell’instabilità gravitazionale, e questi frammenti si condensano poi in nuovi pianeti. Questa scoperta rappresenta un passo importante nella comprensione di come nascono i pianeti e offre nuove prospettive sulle dinamiche dei dischi protoplanetari.

AGI – NASA: TERRA CIRCONDATA DA UN CAMPO ELETTRICO “INVISIBILE”

Gli scienziati della NASA hanno recentemente scoperto l’esistenza di un campo elettrico sottile e quasi impercettibile che circonda la Terra. Questa scoperta rappresenta una novità importante, aggiungendo un terzo campo fondamentale accanto a quelli già noti, come l’attrazione gravitazionale e il campo magnetico terrestre. Il campo elettrico in questione, chiamato “campo elettrico ambipolare”, potrebbe essere la chiave per comprendere alcuni fenomeni finora misteriosi, come i venti di particelle supersoniche che si sprigionano costantemente dai poli del pianeta. Già negli anni ’60, quando le prime navicelle spaziali iniziarono a orbitare intorno alla Terra, furono osservati strani fenomeni sopra i poli, dove le navicelle venivano colpite da un vento supersonico di particelle cariche provenienti dall’atmosfera. Sebbene questi “venti polari” fossero noti da più di 50 anni, nessuno era riuscito a spiegare con precisione cosa li causasse. Alcuni scienziati ipotizzarono che le particelle fossero semplicemente riscaldate dalla luce solare non filtrata, ma altre osservazioni rilevarono la presenza di ioni di idrogeno completamente freddi che viaggiavano a velocità supersonica. Glyn Collinson, ricercatore del Goddard Space Flight Center della NASA, ha spiegato che queste particelle potrebbero essere attratte fuori dall’atmosfera da una carica elettrica presente a livello planetario, situata a circa 250 km dalla superficie terrestre. A questa altitudine, gli atomi dell’atmosfera iniziano a dividersi in elettroni con carica negativa e ioni con carica positiva. Normalmente, gli ioni, essendo molto più pesanti degli elettroni, dovrebbero cadere verso la Terra a causa della gravità. Tuttavia, poiché hanno cariche opposte, gli elettroni e gli ioni sono legati insieme da un campo elettrico che li tira in direzioni opposte, chiamato appunto campo elettrico ambipolare. Questo campo agisce come una forza che trascina gli ioni verso l’alto, contro la gravità, sollevandoli dall’atmosfera. Fino a poco tempo fa, non esisteva la tecnologia necessaria per misurare questo campo elettrico. A partire dal 2016, i ricercatori hanno sviluppato un razzo capace di rilevare una piccolissima differenza di tensione su centinaia di chilometri. Questo lavoro è culminato nella missione Endurance della NASA, lanciata l’11 maggio 2022 dall’isola norvegese di Svalbard, un luogo remoto situato a poche centinaia di chilometri a sud del Polo Nord, dove è possibile rilevare il campo elettrico ambipolare. I ricercatori hanno scelto questo luogo poiché qui il campo magnetico terrestre produce “linee di campo aperte” che si estendono nello spazio anziché formare anelli chiusi, come spiega Suzanne Imber, fisica spaziale dell’Università di Leicester nel Regno Unito. Imber ha sottolineato che il campo elettrico è generato dagli elettroni, che, avendo una certa pressione termica, riescono a raggiungere altitudini più elevate sulle linee di campo aperte. Poiché gli elettroni sono legati al campo magnetico, questo fenomeno è rilevabile solo sopra i poli, dove le alte latitudini magnetiche permettono alle linee di campo di estendersi dalla superficie terrestre allo spazio. Imber ha anche evidenziato la difficoltà di misurare questo campo, poiché le linee di campo non rimangono fisse ma si spostano continuamente, rendendo essenziale un tempismo perfetto nel lancio del razzo. Nonostante queste difficoltà, la missione Endurance è riuscita a lanciare con successo il razzo, che ha raggiunto un’altitudine di 768,03 km e si è schiantato nel Mare di Groenlandia dopo un volo suborbitale di 19 minuti. Durante il volo, Endurance ha rilevato un potenziale di carica elettrica di soli 0,55 volt su una distanza di 518 km di altitudine. Glyn Collinson ha spiegato che, sebbene questo valore sia molto basso, equivalente alla forza di una piccola batteria da orologio, è sufficiente per spiegare il fenomeno del vento polare e potrebbe anche essere responsabile dell’aumento dell’altitudine della ionosfera, uno strato dell’atmosfera, del 271%. Collinson ha descritto il campo elettrico ambipolare come “un nastro trasportatore che solleva l’atmosfera nello spazio”. Sebbene questa scoperta sia recente e gli scienziati non siano ancora certi delle sue implicazioni a lungo termine, i dati suggeriscono che questo campo potrebbe essere una delle ragioni per cui la Terra ha mantenuto la sua acqua, mentre pianeti come Venere e Marte si sono prosciugati. Collinson ha osservato che nel 2016 la missione Venus Express dell’Agenzia Spaziale Europea ha scoperto che la ionosfera di Venere genera un potenziale di 10 volt intorno all’intero pianeta. Questo campo potrebbe aver risucchiato l’acqua di Venere nello spazio, lasciando il pianeta privo di vita. Poiché il campo elettrico ambipolare della Terra è molto più debole, potrebbe rappresentare uno dei fattori che rendono il nostro pianeta abitabile nel lungo termine. Collinson ha concluso affermando che “qualsiasi pianeta con un’atmosfera dovrebbe avere un campo ambipolare” e che, ora che finalmente è stato misurato, gli scienziati possono iniziare a comprendere come questo campo abbia influenzato la Terra e altri pianeti nel corso del tempo.

ANSA – LA CINA E’ RIUSCITA A ESTRARRE ACQUA DALLA LUNA

Un team di scienziati cinesi ha annunciato di aver sviluppato un nuovo metodo per estrarre acqua dal suolo lunare. Questa scoperta è basata sugli studi effettuati sui campioni lunari riportati sulla Terra nel 2020 dalla missione Chang’e-5. I ricercatori hanno trovato che riscaldando questi campioni con una tecnica particolare, è possibile ottenere vapore acqueo. Secondo le stime, ogni tonnellata di sedimenti lunari potrebbe produrre fino a 76 chilogrammi di acqua, una quantità sufficiente a riempire oltre cento bottigliette da mezzo litro. I risultati sono stati pubblicati in uno studio accettato dalla rivista The Innovation, ma non ancora completamente revisionato. Il Ningbo Institute of Materials Technology and Engineering (NIMTE) della Chinese Academy of Sciences (CAS) ha comunicato che, sebbene le precedenti esplorazioni lunari abbiano confermato la presenza di acqua sulla Luna, i contenuti di acqua nei minerali lunari sono estremamente bassi, variando dallo 0,0001% allo 0,02%. Questo rende difficile estrarre e utilizzare l’acqua in loco. Tuttavia, il nuovo metodo proposto utilizza la regolite lunare, una miscela di polvere e frammenti che copre la superficie della Luna. I ricercatori hanno progettato un sistema di specchi concavi per concentrare i raggi solari e riscaldare la regolite a temperature superiori ai 900 gradi Celsius. Questo processo potrebbe produrre tra i 51 e i 76 milligrammi di acqua per ogni chilogrammo di regolite. In pratica, una tonnellata di regolite potrebbe fornire oltre 50 chili di acqua, sufficiente per soddisfare il fabbisogno giornaliero di 50 astronauti in missione lunare. Questa scoperta potrebbe stimolare numerosi dibattiti all’interno della comunità scientifica e tra le agenzie spaziali, poiché la colonizzazione lunare è un obiettivo ambito per ottenere risorse chiave. La NASA, in particolare, potrebbe essere preoccupata per il rapido progresso del programma spaziale cinese, che potrebbe portare Pechino a controllare le aree più ricche di risorse sulla Luna. Inoltre, gli scienziati cinesi stanno già studiando i campioni lunari riportati a Pechino a giugno dalla missione Chang’e-6, il che potrebbe ulteriormente complicare la situazione per le organizzazioni spaziali americane.

ANSA – CIRCA IL 60% DEI CORPI CELESTI CHE ORBITANO VICINO ALLA TERRA POTREBBERO ESSERE “COMETE OSCURE”

Uno studio dell’Università del Michigan rivela che fino al 60% dei piccoli corpi celesti che orbitano vicino alla Terra, noti come Near-Earth Objects (Neo), potrebbero essere comete oscure. Questi oggetti misteriosi, che combinano caratteristiche di asteroidi e comete, potrebbero contenere ghiaccio e potrebbero aver portato acqua sulla Terra in passato. La ricerca, guidata da Aster G. Taylor e a cui hanno partecipato anche gli italiani Davide Farnocchia e Marco Micheli, ha esaminato sette comete oscure, che non presentano la tipica chioma delle comete ma che talvolta mostrano accelerazioni non gravitazionali. Gli scienziati hanno stimato che queste comete oscure potrebbero rappresentare una significativa percentuale degli oggetti Neo. Secondo i modelli dinamici sviluppati, le comete oscure provengono dalla fascia degli asteroidi tra Giove e Marte. La loro accelerazione non gravitazionale suggerisce che potrebbero contenere ghiaccio, confermando un’ipotesi degli anni Ottanta secondo cui gli asteroidi nella fascia principale potrebbero avere ghiaccio sotto la superficie. Tra le sette comete oscure analizzate, la più grande, chiamata 2003 RM, potrebbe derivare da un grosso oggetto espulso dalla parte esterna della fascia principale, mentre le altre sei potrebbero provenire dalla porzione interna e sarebbero il risultato di un impatto che ha frantumato un oggetto più grande.

AGI – NASA: C’ERA VITA SU MARTE

Il rover Perseverance della NASA ha scoperto una roccia “intrigante” sulla superficie di Marte, che potrebbe aver ospitato vita microbica miliardi di anni fa. Questa roccia è stata raccolta il 21 luglio nell’area settentrionale della Neretva Vallis, un’antica valle fluviale larga circa 400 metri. Le prime analisi effettuate con gli strumenti del rover indicano che la roccia presenta caratteristiche che potrebbero essere segni di vita antica, con strutture chimiche che potrebbero essersi formate quando l’area conteneva acqua corrente. La NASA ha sottolineato che sono necessarie ulteriori indagini per confermare se ci siano prove di vita microscopica sulla roccia, che misura circa 1 metro per 0,6 metri e ha una venatura a forma di punta di freccia. Le impronte sulla roccia potrebbero anche derivare da processi non biologici. Ken Farley, del team scientifico del rover, ha descritto la roccia, soprannominata “Cheyava Falls”, come “la più sconcertante, complessa e potenzialmente importante finora indagata da Perseverance”. La roccia presenta grandi vene bianche di solfato di calcio e materiale rossastro che suggerisce la presenza di ematite. Il rover ha osservato macchie biancastre di dimensioni millimetriche circondate da materiale nero, contenente ferro e fosfato. David Flannery, astrobiologo del team, ha notato che caratteristiche simili sulla Terra sono spesso associate a fossili di microbi. Per una comprensione più completa, è necessario riportare i campioni sulla Terra. La NASA sta pianificando una missione per il rientro dei campioni raccolti da Perseverance, con un costo stimato di 11 miliardi di dollari. Questo studio potrebbe fornire informazioni cruciali sul cratere Jezero, dove si stima ci fosse acqua milioni di anni fa.

WIRED – ANCHE LA LUNA AVRA’ UN SUO FUSO ORARIO

La NASA ha ricevuto un nuovo incarico: sviluppare un piano per stabilire un fuso orario lunare, noto come Coordinated Lunar Time (Ltc). Questa iniziativa è stata avviata dal capo dell’Ufficio per le politiche scientifiche e tecnologiche (Ostp) della Casa Bianca, che ha chiesto all’agenzia spaziale di collaborare con altre istituzioni governative per presentare il piano entro la fine del 2026. L’obiettivo è creare un punto di riferimento standard per coordinare tutte le attività durante le missioni lunari future. Il tempo sulla Luna è soggetto a diverse influenze rispetto a quello sulla Terra, a causa di fattori come la gravità e altri fenomeni. Ad esempio, un orologio terrestre sulla Luna perderebbe in media 58,7 microsecondi ogni 24 ore, con variazioni periodiche che lo allontanerebbero ulteriormente dall’ora terrestre. L’istituzione di un fuso orario lunare standard consentirebbe di sincronizzare le operazioni di veicoli spaziali e satelliti lunari durante le missioni esplorative. Questo progetto assume particolare importanza nel contesto del programma Artemis della NASA, che mira a inviare missioni con equipaggio sulla Luna e a stabilire una base lunare scientifica. Senza uno standard unificato per il tempo lunare, sarebbe difficile coordinare le comunicazioni tra Terra, satelliti, basi lunari e astronauti, così come garantire la sicurezza dei trasferimenti di dati spaziali. Inoltre, discrepanze nel cronometraggio potrebbero portare a errori nella mappatura e nella localizzazione delle posizioni lunari. Attualmente, sulla Terra la maggior parte degli orologi e dei fusi orari è impostata sul Tempo Coordinato Universale (UTC), uno standard internazionale basato su orologi atomici collocati in diverse parti del mondo. Tuttavia, l’implementazione dell’Ltc richiederà accordi internazionali tra le nazioni coinvolte nello spazio, comprese quelle che hanno firmato gli Artemis Accords, un accordo che regola l’attività spaziale sulla Luna. La NASA ha già pianificato il suo primo atterraggio lunare con astronauti entro il 2025, mentre la Cina ha progetti simili entro il 2030. Altri paesi come il Giappone e l’India stanno anche avanzando nella loro esplorazione lunare. La definizione di uno standard per il tempo lunare rappresenta un passo importante per garantire la precisione e la resilienza delle operazioni spaziali nel difficile ambiente lunare.

WIRED – L’INFLUENZA DI MARTE CREA GIGANTESCHI VORTICI NEL PROFONDO DEI MARI DELLA TERRA

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications ha sollevato l’attenzione sull’influenza sorprendente di Marte sulla Terra. Gli esperti dell’Università di Sidney e della Sorbona hanno esaminato i dati scientifici di oltre mezzo secolo, provenienti da centinaia di siti oceanici profondi in tutto il mondo, rivelando una connessione straordinaria tra il pianeta rosso e i vortici oceanici terrestri. Attraverso l’analisi dei sedimenti marini, i ricercatori hanno scoperto cicli di circa 2,4 milioni di anni nelle correnti marine profonde. Questi cicli di intensificazione e indebolimento delle correnti sono correlati all’interazione gravitazionale tra Marte e la Terra durante il loro percorso orbitale attorno al Sole, come ha spiegato la co-autrice dello studio, Adriana Dutkiewicz. La “risonanza”, un fenomeno gravitazionale in cui due corpi celesti si attraggono l’un l’altro durante le loro orbite, gioca un ruolo chiave in questa interazione. Dietmar Müller, un altro autore dello studio, ha sottolineato che questa interazione modifica l’eccentricità delle orbite planetarie, influenzando direttamente l’intensità della radiazione solare ricevuta dalla Terra e, di conseguenza, il clima. I vortici oceanici profondi, formatisi come risultato di questa interazione, sono stati identificati come elementi cruciali nel riscaldamento degli oceani in passato. Questi giganteschi vortici, che possono penetrare fino agli abissi marini, contribuiscono al rimescolamento delle acque profonde, mantenendo l’oceano ventilato e mitigando potenzialmente gli effetti della stagnazione oceanica. Questa scoperta ha implicazioni significative per la nostra comprensione del cambiamento climatico su scala geologica e per lo sviluppo di modelli climatici futuri. Sebbene non direttamente correlati al riscaldamento globale causato dalle attività umane, questi cicli forniscono preziose informazioni sulla circolazione oceanica e sulle possibili contromisure contro eventuali scenari di collasso climatico. Questo studio suggerisce che, nonostante il rallentamento o il collasso della circolazione oceanica globale, i vortici oceanici profondi potrebbero mantenere attiva la circolazione degli oceani, prevenendo la stagnazione e i suoi effetti negativi sull’ambiente marino.

ANSA – RITROVATI FRAMMENTI DI UN METEORITE DI ORIGINE SCONOSCIUITA A BERLINO

Sono stati ritrovati a Berlino frammenti di un meteorite dall’origine sconosciuta. I frammenti, chiari e “traslucidi”, non sono come i classici meteoriti neri e potrebbero essere di grande valore scientifico. Si tratta di Aubriti, una classe di meteoriti rarissimi (solo 80 su 70.000) che potrebbero provenire addirittura da Mercurio. La scoperta è stata effettuata da un team di ricercatori del SETI Institute in California. L’asteroide 2024 BX1 è stato scoperto solo tre ore prima di cadere a Berlino. Le sue dimensioni erano inferiori al metro, ma il suo impatto ha illuminato il cielo e ha fatto il giro del mondo in video. La composizione degli Aubriti è unica e non corrisponde ad altre fonti conosciute. Alcuni scienziati ipotizzano che questi meteoriti provengano da Mercurio, ma la teoria è ancora controversa. La traiettoria di 2024 BX1 non esclude l’ipotesi che l’asteroide sia stato in orbita tra Marte e Giove dopo l’ipotetica espulsione da Mercurio miliardi di anni fa. I frammenti di 2024 BX1 sono di grande valore scientifico e potrebbero aiutare a risolvere un dibattito astronomico che dura da decenni.

WIRED – LA NASA VUOLE PRODURRE ENERGIA NUCLEARE SULLA LUNA

La Nasa guarda all’energia nucleare per alimentare la sua presenza duratura sulla Luna. L’agenzia spaziale americana sta infatti valutando diverse proposte per la costruzione di un reattore a fissione nucleare in grado di fornire energia costante per 10 anni senza manutenzione umana. L’energia solare, principale fonte di energia sulla Terra, non è un’opzione praticabile sulla Luna. Il polo sud lunare, dove saranno stabiliti i centri di ricerca della missione Artemis, è in gran parte al buio e ogni punto del satellite sperimenta la “notte lunare”, un periodo di 14 giorni terrestri senza luce solare. L’assenza di atmosfera rende impossibile l’utilizzo di turbine eoliche, mentre la geotermia e i combustibili convenzionali non sono soluzioni affidabili o trasportabili. L’energia nucleare, con la sua capacità di generare energia dalla fissione degli atomi, si presenta come l’unica alternativa praticabile. La Nasa ha affidato a tre aziende lo studio di diverse soluzioni per la costruzione di un reattore nucleare lunare. L’obiettivo è quello di ottenere 40 kilowatt di energia, sufficienti per alimentare l’intero ecosistema scientifico e di esplorazione dell’agenzia sulla Luna. Le proposte in fase di valutazione sono riservate, ma la Nasa è fiduciosa che la competizione tra le aziende porterà a innovazioni e soluzioni creative. L’approccio ibrido pubblico-privato ha già dato buoni frutti in altri progetti spaziali, come le tute spaziali di Axiom Space e i lanci di SpaceX. La prima fase del progetto si concluderà nel 2025 con la selezione del miglior progetto di reattore nucleare. La costruzione del reattore inizierà subito dopo, con l’obiettivo di lanciarlo sulla Luna nei primi anni del prossimo decennio. Il reattore lunare sarà sottoposto a un test di 12 mesi, seguito da altri 9 anni di operatività. Se il progetto avrà successo, la Nasa avrà acquisito l’esperienza necessaria per portare la tecnologia nucleare su Marte entro il 2040.

LASTAMPA – NASA: LA LUNA SI STA RIMPICCIOLENDO

La Luna si sta rimpicciolendo: secondo la Nasa, il suo diametro si è ridotto di circa 50 metri negli ultimi anni. Un problema per l’agenzia aerospaziale americana, che sta lavorando al ritorno dell’uomo sulla Luna con la missione Artemis III. Il fenomeno è dovuto al progressivo raffreddamento del suo interno, che ha portato a una deformazione della superficie lunare e alla formazione di faglie. Le faglie sono spesso associate ad attività sismica, con terremoti lunari (lunamoti) che possono durare ore e avere effetti devastanti. La Nasa teme che i terremoti lunari possano mettere a rischio la sicurezza degli astronauti di Artemis III. Le faglie lunari sono infatti concentrate proprio in alcune delle aree candidate all’allunaggio. Per pianificare la missione Artemis III in modo sicuro, la Nasa ha bisogno di nuovi dati sismici sulla Luna. Questi dati saranno utilizzati per identificare le aree più stabili dove far atterrare gli astronauti e costruire gli avamposti permanenti. Lo studio della Nasa dimostra che la Luna è un corpo celeste dinamico e non statico come si pensava in passato. La sua superficie è in continua evoluzione e questo deve essere tenuto in considerazione per qualsiasi futura esplorazione umana del nostro satellite. La scoperta della Nasa apre nuovi interrogativi sul futuro dell’esplorazione spaziale. Se la Luna si sta rimpicciolendo e la sua superficie è instabile, sarà davvero possibile costruire insediamenti umani permanenti sul nostro satellite? La Nasa continuerà a studiare la Luna per comprenderne meglio i segreti e per trovare soluzioni ai problemi che potrebbero ostacolare l’esplorazione umana del nostro satellite.

WIRED – SCOPERTO IL BUCO NERO PIU’ ANTICO DI SEMPRE

Il James Webb Space Telescope (Jwst) ha appena scoperto il buco nero più antico di sempre, battendo così il suo stesso record. Il buco nero, che risale a 400 milioni di anni dopo il Big Bang, ovvero più di 13 miliardi di anni fa, ha una massa di circa un milione di volte quella del Sole. La scoperta è stata fatta da un team di ricerca internazionale, coordinato dall’Università di Cambridge, che ha utilizzato il telescopio spaziale per osservare la galassia GN-z11, una delle più antiche e distanti mai osservate. Grazie alla sensibilità del Jwst, gli astronomi sono stati in grado di rilevare la presenza di un buco nero supermassiccio al centro della galassia. La scoperta ha suscitato grande interesse tra gli astronomi, che stanno ancora cercando di capire come possa essersi formato un buco nero così massiccio in così poco tempo. Secondo i modelli standard, i buchi neri supermassicci si formano dai resti di stelle morte, che collassano e possono formare appunto un buco nero circa cento volte la massa della nostra stella. Tuttavia, le dimensioni di questo ultimo buco nero suggeriscono che potrebbero formarsi in altri modi: potrebbero nascere già “grandi” oppure crescere velocemente, divorando materia a una velocità cinque volte superiore a quanto ritenuto finora possibile.

LASTAMPA – SCOPERTO UN “GRANDE ANELLO” NELL’UNIVERSO

Un gruppo di ricerca dell’University of Central Lancashire nel Regno Unito ha rivelato la scoperta di una “struttura a grande scala dell’Universo” nota come Grande Anello, con un incredibile diametro di circa 1,3 miliardi di anni luce. Questa enorme entità cosmica, situata a circa 9 miliardi di anni luce dalla Terra, solleva interrogativi sulle attuali teorie dell’organizzazione dell’Universo. Tradizionalmente, l’Universo è concepito come un intreccio di galassie, ammassi e superammassi separati da vuoti. Tuttavia, scoperte come la Grande Muraglia di Sloan e l’Arco Gigante hanno già sfidato queste concezioni. Il Grande Anello, annunciato durante un convegno dell’American Astronomical Society, è ora in cima alla lista delle strutture cosmiche più imponenti. La sua identificazione è stata possibile grazie al Sloan Digital Sky Survey (SDSS), che ha permesso di analizzare la luce di quasar distanti, rivelando così la presenza di ammassi galattici in profondità. Questi dati, elaborati con algoritmi avanzati, hanno svelato la straordinaria portata del Grande Anello. Questa scoperta potrebbe sfidare il principio cosmologico, che sostiene che su larga scala l’Universo sia omogeneo e isotropo. Il Grande Anello e simili strutture potrebbero richiedere una revisione di queste teorie fondamentali, aprendo nuovi orizzonti nella comprensione dell’Universo. Mentre la ricerca cosmologica evolve, il Grande Anello ci invita a riconsiderare la vastità e la complessità dell’Universo che ci circonda.

L’INDIPENDENTE – LA STELLA “DIAVOLO DELLA TASMANIA” E’ TORNATA IN VITA

Una stella morta è tornata in vita, e gli scienziati non riescono a spiegarsi come sia possibile. La stella, situata in una galassia distante circa un miliardo di anni luce dalla Terra, è stata soprannominata “Diavolo della Tasmania”. La stella è esplosa in una supernova, ma è poi tornata a brillare, emettendo radiazioni per mesi dopo l’esplosione. Questo fenomeno è stato chiamato “transiente ottico blu veloce e luminoso”. La scoperta è stata fatta da un team di 15 osservatori, tra cui la professoressa assistente della Cornell University Anna Ho. Ho ha dichiarato: “Nessuno sapeva davvero cosa dire. Non avevamo mai visto nulla del genere prima: qualcosa di così veloce e la luminosità così forte come l’esplosione originale, mesi dopo”. Gli scienziati stanno ancora cercando di capire come sia potuto accadere. Una possibile spiegazione è che la stella sia stata colpita da un’altra stella o da un asteroide. Un’altra possibilità è che la stella abbia sviluppato una nuova fonte di energia.

WIRED – RADIO TELESCOPIO IDENTIFICA IL RAGGIO COSMICO “AMATERASU”

Un radio telescopio avanzato ha individuato un raggio cosmico ad altissima energia, che ha colpito la Terra il 27 maggio 2021. Il raggio cosmico, chiamato “Amaterasu” in onore della dea del sole nella mitologia giapponese, ha un’energia di 1019 elettronvolt, il secondo valore più alto mai registrato. La sua origine è un mistero per gli astronomi, che non sono ancora certi di come possa essere stato generato. Una possibile spiegazione è che il raggio cosmico provenga da una stella morente, che ha emesso una particella ad altissima energia durante una supernova. Un’altra possibilità è che il raggio cosmico provenga da un buco nero supermassiccio, che abbia accelerato una particella fino a raggiungere velocità prossime a quella della luce. Qualunque sia la sua origine, il raggio cosmico Amaterasu è un enigma per l’astrofisica.

LEGGO – L’ALLARME DEGLI SCIENZIATI SULL’INCROCRIO TRA TEMPESTA SOLARE E INTERNET

Gli esperti, guidati dal professor Peter Becker della George Mason University, lanciano l’allarme sull’incrocio imminente tra l’incremento dell’attività solare e la dipendenza crescente dalla tecnologia. Una tempesta solare potrebbe innescare una “apocalisse di Internet”, minacciando reti elettriche, satelliti, cavi in fibra ottica, sistemi Gps e comunicazioni. Becker, ricordando l’evento di Carrington del 1859, avverte che l’impatto attuale potrebbe superare i danni causati allora. Il professore, monitorando costantemente il Sole, stima al 10% la possibilità di danni a Internet, sottolineando l’importanza della prevenzione contro un evento che potrebbe mettere a rischio la civiltà.

ASTRONAVI, SATELLITI, E ALTRO

WIRED – AIUBUS, THALES E LEONARDO INSIEME PER COMPENTERE CON STARLINK

Airbus, Thales e Leonardo, tre colossi europei del settore aerospaziale e della difesa, stanno pianificando la creazione di una nuova società comune per competere con Starlink, il sistema di satelliti per comunicazioni globali sviluppato da Elon Musk. Il progetto, denominato “Progetto Bromo”, rappresenta un’iniziativa ambiziosa per contrastare la supremazia americana nello spazio e per riorganizzare il settore spaziale europeo. “Progetto Bromo”, che prende il nome da un vulcano indonesiano, punta a creare un nuovo polo satellitare europeo, superando la frammentazione storica dell’industria continentale. Finora, il settore è stato dominato da collaborazioni bilaterali, come Thales Alenia Space (un’alleanza italo-francese), che non è riuscita a competere con la rapidità di innovazione e la forza dei nuovi attori americani. Le aziende coinvolte nel progetto sono: Airbus, leader aerospaziale franco-tedesco con un fatturato di 11,9 miliardi di euro, inclusi i comparti difesa e spazio.Thales, azienda francese specializzata in elettronica avanzata e comunicazioni satellitari, con un fatturato di 17 miliardi. Leonardo, il principale gruppo italiano del settore, che detiene tecnologie cruciali per i sistemi spaziali e la sicurezza. L’obiettivo è di creare una struttura comune che segua il modello di successo di MBDA, un consorzio missilistico europeo nato nel 2001 dall’integrazione di diverse aziende del settore della difesa. Il nuovo progetto satellitare adotterà una governance simile a quella di MBDA. A questo proposito, Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo ed ex ministro della Transizione ecologica, ha dichiarato: “Quello è il modello, è difficile che possa essere qualcosa di diverso.” Tuttavia, Cingolani ha sottolineato che il nuovo polo dovrà adattarsi a un mercato caratterizzato da cicli di investimento più rapidi e da una necessità continua di innovazione. A differenza di MBDA, che opera principalmente nel settore militare con contratti governativi stabili, il nuovo consorzio dovrà affrontare la competizione di Starlink, che ha rivoluzionato il settore con un modello verticalmente integrato, dalla produzione dei razzi al servizio diretto agli utenti finali. L’industria spaziale europea si è storicamente concentrata sui satelliti geostazionari, grandi e complessi, posizionati a 36.000 chilometri dalla Terra. Questi sistemi richiedono investimenti significativi e hanno un ciclo di vita di circa 15 anni. Starlink, invece, utilizza una costellazione di piccoli satelliti in orbita bassa, a 550 chilometri dalla superficie terrestre. Questa configurazione garantisce vantaggi come: Minore latenza di trasmissione, con un ritardo del segnale ridotto del 90% rispetto ai sistemi geostazionari. Maggiore efficienza grazie a una rete distribuita e ridondante. In soli cinque anni, Starlink ha lanciato oltre 5.000 satelliti, dimostrando la superiorità di questo modello rispetto ai sistemi tradizionali. Il consolidamento industriale europeo deve affrontare ostacoli complessi, soprattutto sul fronte regolatorio. In passato, Airbus e Thales hanno tentato integrazioni simili, ma le normative antitrust dell’Unione Europea hanno bloccato i progetti. Cingolani ha evidenziato le difficoltà legate alla frammentazione decisionale europea: “Se aspettiamo che i governi si mettano d’accordo su una strategia comune è molto difficile andare avanti.” Nonostante ciò, alcuni segnali politici incoraggianti sono emersi: Guillaume Faury, amministratore delegato di Airbus, ha ottenuto un primo via libera politico in Francia. Tuttavia, il successo dell’operazione dipenderà dalla capacità di bilanciare gli interessi nazionali, le normative antitrust e le esigenze industriali. La creazione del nuovo campione europeo dei satelliti deve anche fare i conti con una crisi strutturale che colpisce l’intero settore spaziale. Airbus ha annunciato tagli per 2.500 posti di lavoro nel comparto difesa e spazio entro il 2026 e ha accantonato 1,5 miliardi di euro per coprire le perdite. Thales sta negoziando con i sindacati la riduzione di 1.300 posizioni. La joint venture Thales Alenia Space mostra segnali di sofferenza nei segmenti tradizionali, sebbene la divisione italiana registri buoni risultati grazie alla diversificazione in progetti innovativi, come la costellazione Iride e i moduli per la stazione spaziale Axiom. L’associazione di categoria ASD Eurospace ha avvertito che, senza una strategia industriale coordinata, l’Europa rischia di perdere la propria autonomia nel settore spaziale. Questo potrebbe compromettere non solo l’economia dello spazio, ma anche la sicurezza e la difesa continentale.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
WIRED – ESA HA PUBBLICATO 3 IMMAGINI DEL SOLE CON LA RISOLUZIONE PIU’ ALTA MAI OTTENUTA

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha pubblicato quattro immagini eccezionali del Sole, tre delle quali rappresentano la superficie della nostra stella con la risoluzione più alta mai ottenuta. La quarta ritrae invece la corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole. Le immagini sono state realizzate grazie agli strumenti a bordo della missione Solar Orbiter. Le immagini sono state prodotte combinando 25 scatti ciascuna, acquisiti con il Polarimetric and Helioseismic Imager (PHI) e l’Extreme Ultraviolet Imager (EUI), due dei sei strumenti di imaging della sonda Solar Orbiter. Le tre immagini ad alta risoluzione della superficie sono state catturate dal PHI, mentre la visione della corona solare è stata realizzata grazie all’EUI. Daniel Müller, project scientist del Solar Orbiter, ha spiegato: “Queste nuove mappe ad alta risoluzione dello strumento PHI del Solar Orbiter mostrano con grande dettaglio la bellezza del campo magnetico superficiale del Sole e dei suoi flussi. Allo stesso tempo, sono fondamentali per dedurre il campo magnetico nella corona calda del Sole, che il nostro strumento EUI sta fotografando”. Müller ha aggiunto: “Il campo magnetico del Sole è fondamentale per comprendere la natura dinamica della nostra stella, dalle scale più piccole a quelle più grandi”. Le fotografie sono state scattate quando la sonda si trovava a una distanza di 74 milioni di chilometri dal Sole. Si tratta di una distanza relativamente ridotta, considerando che il raggio del Sole è di ben 696.000 chilometri, oltre 100 volte quello della Terra. A causa della vicinanza, ogni immagine cattura solo una piccola porzione della superficie solare. Per questo motivo, ciascuna delle immagini pubblicate è stata creata assemblando 25 scatti. Le tre immagini ottenute con il PHI mostrano: La superficie del Sole nello spettro visibile, in cui si distinguono le caratteristiche generali della fotosfera. Una mappa magnetica (o magnetogramma), che evidenzia come il campo magnetico sia più concentrato nelle regioni delle macchie solari. Una mappa di velocità, che mostra il movimento del materiale che compone la superficie del Sole. Nella mappa di velocità, i colori sono utilizzati per indicare il movimento: Il blu rappresenta il materiale che si sposta verso il Solar Orbiter. Il rosso indica invece il materiale che si allontana. Dall’analisi emerge che, in generale, il plasma superficiale segue la rotazione del Sole intorno al proprio asse. Tuttavia, nelle aree con macchie solari, il plasma tende a essere spinto verso l’esterno. La quarta immagine, acquisita con l’EUI, mostra la corona del Sole, dove sono visibili flussi di plasma e altre dinamiche che si estendono verso lo spazio. Questi fenomeni sono influenzati direttamente dal campo magnetico della stella, fornendo indizi fondamentali per comprendere l’attività solare.

WIRED – L’AGENZIA SPAZIALE EUROPEA HA PUBBLICATO LA PRIMA PARTE DELLA MAPPA DELL’UNIVERSO

Nel luglio del 2023, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha lanciato il telescopio spaziale Euclid con l’obiettivo di mappare in dettaglio miliardi di galassie, per creare una mappa tridimensionale dell’Universo fino a 10 miliardi di anni luce di distanza. Questo lavoro permetterà di osservare la distribuzione e l’evoluzione delle strutture galattiche negli ultimi miliardi di anni, aiutando così a comprendere fenomeni come la materia oscura, l’energia oscura e la gravità stessa. Euclid impiegherà circa 6 anni per completare la mappa. Oggi, al Congresso Astronautico Internazionale di Milano, il direttore generale dell’ESA, Josef Aschbacher, e la direttrice scientifica Carole Mundell hanno presentato la prima parte di questa mappa. Ecco una descrizione dettagliata. Il primo rilascio di Euclid consiste in un mosaico di immagini con un totale di 208 miliardi di pixel, derivati da 260 osservazioni effettuate tra il 25 marzo e l’8 aprile 2024. In sole due settimane, Euclid ha osservato una porzione di cielo australe pari a 500 volte l’area della Luna piena: si tratta solo dell’1% dell’intera mappa, ma le immagini mostrano già oltre 14 milioni di galassie, offrendo dettagli straordinari. Nella porzione del mosaico, con uno zoom di 3 volte rispetto all’immagine originale, si possono distinguere numerose stelle della Via Lattea in primo piano. Tuttavia, sullo sfondo sono visibili galassie lontane, e sulla destra appare l’ammasso di galassie Abell 3381. Con un ingrandimento 12x, Euclid ci mostra dettagli ancora più sorprendenti. Nella parte centrale, a sinistra, si distingue la galassia a spirale NGC 2188, visibile di taglio, situata a circa 25 milioni di anni luce dalla Terra. In alto a destra, si può osservare nuovamente l’ammasso Abell 3381, che si trova a una distanza di 678 milioni di anni luce. Con uno zoom a 36 volte, Euclid entra nel cuore dell’ammasso Abell 3381, sempre a 678 milioni di anni luce di distanza. In questa immagine si vedono diverse galassie di varie forme e dimensioni, tutte legate tra loro dalla forza di gravità, creando uno spettacolo cosmico di incredibile bellezza. Con un ingrandimento di 150 volte rispetto all’immagine complessiva del mosaico, nella parte sinistra dell’immagine si possono notare due galassie che stanno interagendo tra loro, mentre sulla destra è visibile, come in altre immagini, l’ammasso Abell 3381. Le due galassie in interazione sono più vicine a noi dell’ammasso, a una distanza di 420 milioni di anni luce. Con un ingrandimento di ben 600 volte, Euclid rivela dettagli estremamente precisi che rappresentano solo lo 0,0003% dell’intero mosaico iniziale. La galassia in primo piano è ESO 364-G036, situata a 420 milioni di anni luce di distanza, e i dettagli rimangono impressionanti nonostante il livello di ingrandimento estremo.

SCENARIECONOMICI – ITALIA E STATI UNITI SIGLANO ACCORDI PER COOPERARE NELLE POLITICHE DI DIFESA E SVILUPPO NEL SETTORE SPAZIALE

Dopo un incontro tra i responsabili di Italia e Stati Uniti, i due paesi hanno annunciato una nuova collaborazione per rafforzare le politiche di difesa e sviluppo nel settore spaziale. Tra i motivi della cooperazione, il fatto che l’Italia sia uno dei pochi paesi a gestire una propria flotta di satelliti per la ricognizione e la comunicazione. Durante il primo dialogo spaziale bilaterale, tenutosi a Roma l’11 e 12 ottobre, le delegazioni italiane e statunitensi hanno siglato un accordo il 15 ottobre per ampliare la collaborazione in ambito spaziale, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza nazionale e favorire l’integrazione commerciale. Nella dichiarazione congiunta rilasciata dopo l’incontro, è riportato: “Lo scopo del dialogo spaziale USA-Italia è rafforzare la cooperazione e far progredire la collaborazione bilaterale nelle questioni spaziali”. La dichiarazione aggiunge: “Entrambe le parti hanno ribadito la loro forte determinazione ad espandere la già solida cooperazione bilaterale in una serie di settori, tra cui affrontare la crisi climatica e l’uso sostenibile e sicuro dello spazio esterno, preservare il patrimonio spaziale esterno, promuovere la cooperazione spaziale in materia di sicurezza nazionale e la condivisione delle informazioni e rafforzare la cooperazione spaziale commerciale bilaterale”. Nel 2020, l’Italia ha istituito un nuovo Comando operativo spaziale e nel 2023 ha firmato un accordo per assegnare un ufficiale di collegamento al Comando spaziale statunitense. L’Italia è inoltre uno dei pochi paesi europei a gestire una propria flotta di satelliti militari per comunicazioni e rilevamento a distanza. Tra i progetti in corso del Ministero della Difesa italiano c’è una versione aggiornata dei satelliti Sicral per le telecomunicazioni riservate. Anche l’Agenzia Spaziale Italiana è coinvolta nel miglioramento della capacità spaziale nazionale: ha infatti firmato un accordo con le Forze Armate per sviluppare una nuova generazione di satelliti radar ad apertura sintetica (SAR) a doppio uso (civile/militare) che sostituiranno la costellazione COSMO-SkyMed con la nuova costellazione CSG, più avanzata e moderna. La dichiarazione congiunta tra Italia e Stati Uniti sottolinea la necessità di una collaborazione più stretta tra i due paesi, entrambi membri della NATO, data “la crescente portata delle minacce contro-spaziali e di quelle ad esse correlate e del crescente uso dello spazio da parte di potenziali avversari per tracciare e potenzialmente colpire” le forze alleate. In questo contesto, le due nazioni si impegnano a “rafforzare il coordinamento delle attività spaziali di sicurezza nazionale con altri alleati e partner in tutto il mondo, anche sfruttando le innovative capacità spaziali commerciali, per garantire l’accesso ai servizi critici basati sullo spazio e migliorare la consapevolezza del dominio spaziale” e la sicurezza informatica dei satelliti. Il comunicato spiega che Italia e Stati Uniti stanno discutendo un “accordo di salvaguardia tecnologica”, che fornirebbe una base giuridica e tecnica per consentire il lancio di sistemi spaziali commerciali statunitensi dall’Italia e per facilitare collaborazioni commerciali su sistemi satellitari e spaziali. Questo accordo permetterebbe al Pentagono e alla Forza Spaziale degli Stati Uniti di accedere a una più ampia base industriale, contribuendo a realizzare un’architettura spaziale “ibrida” che collega satelliti di governi e aziende private, creando una rete satellitare più vasta e flessibile, riducendo i costi. Le due nazioni si sono inoltre impegnate a sostenere la promozione di norme volontarie per le attività in orbita, incluso il supporto all’appello statunitense per una moratoria ONU sui test dei missili antisatellite che generano detriti spaziali. Inoltre, con riferimento alla Russia, accusata dagli Stati Uniti di sviluppare un’arma nucleare spaziale, la dichiarazione congiunta riafferma il sostegno di Italia e Stati Uniti al Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, che vieta il posizionamento in orbita di armi nucleari o di distruzione di massa.

ANSA – E’ PARTITA LA MISSIONE HERA DELL’AGENZIA SPAZIALE EUROPEA

Alle 16:52 di ieri, ora italiana, è partita da Cape Canaveral in Florida la missione Hera dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). La sonda ha il compito di verificare le condizioni dell’asteroide Dimorphos, che era stato deviato dalla sonda DART della NASA nell’autunno del 2022. Il lancio è stato effettuato grazie a un razzo Falcon 9 dell’azienda privata SpaceX, che è riuscito a partire nonostante le difficili condizioni meteo dovute alla stagione degli uragani. Hera impiegherà circa due anni per raggiungere il suo obiettivo, che si trova a circa 195 milioni di chilometri dalla Terra. La storia della missione Hera è legata a quella della missione DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA. Nel 2022, DART aveva come obiettivo deviare un asteroide innocuo, Dimorphos, per testare la possibilità di evitare future collisioni con la Terra in caso di corpi celesti sulla stessa traiettoria del nostro pianeta. Il test consisteva nello schiantare una sonda su Dimorphos, un asteroide largo circa 151 metri che orbita intorno a un corpo più grande, Didymos, del diametro di 780 metri. L’impatto aveva modificato il periodo orbitale di Dimorphos, ovvero il tempo impiegato per orbitare intorno a Didymos, confermando che l’asteroide si era avvicinato al suo compagno. Il cambiamento orbitale era stato superiore alle aspettative e misurato da vari telescopi, ma per ottenere dati più dettagliati sarebbe stato necessario osservare più da vicino. Lo scopo di Hera è appunto quello di raccogliere ulteriori informazioni sugli effetti dell’impatto e di studiare le caratteristiche dei due asteroidi. La sonda raggiungerà Dimorphos e Didymos nell’ottobre del 2026. Una volta lì, utilizzerà i suoi strumenti per analizzare la forma, la massa e i movimenti degli asteroidi, mantenendosi a una distanza iniziale di circa 20-30 chilometri dalla loro superficie. In una seconda fase, Hera si avvicinerà fino a 8-10 chilometri per misurare dettagliatamente la superficie. Infine, la sonda proverà a compiere passaggi ancora più ravvicinati per rilevare il punto esatto dell’impatto di DART e tentare un atterraggio su Didymos. Questa parte della missione è sperimentale, quindi potrebbe non riuscire nell’atterraggio, dato che Didymos è il più piccolo asteroide mai visitato da una sonda spaziale. Hera ha una massa di circa una tonnellata e una forma quasi cubica, con dimensioni di 1,6 x 1,6 x 1,7 metri. È alimentata da pannelli solari, che una volta aperti raggiungono un’area di 13 metri quadrati. Assieme alla sonda principale ci sono anche due piccoli satelliti chiamati CubeSat, grandi come una scatola da scarpe, che effettueranno misurazioni aggiuntive e testeranno nuovi sistemi di comunicazione. Il CubeSat chiamato Juventas è stato progettato per studiare la gravità esercitata dagli asteroidi, mentre Milani raccoglierà dati sulla composizione superficiale e verificherà la presenza di polveri residue dall’impatto di DART due anni fa. Milani, in particolare, è stato sviluppato in Italia con il contributo della Finlandia ed è dedicato alla memoria di Andrea Milani Comparetti, un noto astronomo e matematico italiano che ha dato importanti contributi allo studio degli asteroidi e delle comete, in particolare i NEO (Near-Earth Objects), ossia quei corpi celesti che rappresentano un rischio maggiore di avvicinamento alla Terra. Alla fine della missione, Juventas e Milani tenteranno di posarsi su Dimorphos e di trasmettere i dati raccolti a Hera. Il sistema di comunicazione tra i due piccoli satelliti e la sonda sarà fondamentale per il successo di queste operazioni. L’intera missione ha un costo di circa 350 milioni di euro e ha coinvolto 18 stati membri dell’ESA e oltre 100 aziende europee. Per l’Italia, hanno partecipato aziende come Avio, Leonardo, Tyvak International e TSD-Space. Nel nostro sistema solare, attorno al Sole, esistono miliardi di asteroidi e loro frammenti. Si ritiene che siano i resti del “disco protoplanetario”, una massa di polveri e gas da cui si sono formati i pianeti miliardi di anni fa. La maggior parte degli asteroidi si trova nella “fascia principale”, un anello di detriti situato tra Marte e Giove. Tuttavia, alcuni asteroidi possono essere deviati e avvicinarsi alla Terra, motivo per cui vengono costantemente monitorati. Finora sono stati catalogati quasi diecimila asteroidi con un diametro di almeno 140 metri, che potrebbero causare devastazioni regionali in caso di impatto. Per affrontare questo rischio, gli scienziati hanno sviluppato tecniche per “deviare” gli asteroidi, tra cui l’impattatore cinetico, che consiste nel colpire un asteroide con una sonda per modificare la sua orbita. DART ha dimostrato l’efficacia di questa tecnica su piccola scala, e Hera consentirà di capire meglio gli effetti dell’impatto, avvenuto a milioni di chilometri dalla Terra.

WIRED – I DETRITI DELL’IMPATTO CON L’ASTEROIDE DELLA MISSIONE DART PRODURRANNO UNA PIOGGIA DI METEORE SULLA TERRA

La missione Dart (Double Asteroid Redirection Test) della NASA ha avuto un impatto significativo non solo per la difesa planetaria, ma anche per la possibilità di generare una pioggia di meteore sulla Terra. Lanciata il 24 novembre 2021, la sonda ha colpito l’asteroide Dimorphos il 26 settembre 2022, riuscendo a modificarne con successo l’orbita. Questo esperimento rappresenta il primo test di una strategia di difesa contro asteroidi potenzialmente pericolosi. I dati raccolti dalla missione saranno ulteriormente analizzati dalla missione Hera dell’Agenzia Spaziale Europea, prevista per il 2026. Secondo uno studio a cui ha partecipato il Politecnico di Milano, la missione Dart potrebbe aver creato una pioggia di meteore artificiali, visibili nei cieli della Terra nei prossimi dieci anni. La ricerca si è basata sui dati forniti dal LICIACube, un piccolo satellite che ha accompagnato la sonda Dart nel suo viaggio di undici milioni di chilometri. Analizzando le informazioni registrate durante l’impatto, i ricercatori hanno potuto calcolare le condizioni iniziali dei detriti generati e simulare le loro traiettorie. I supercomputer della NASA hanno tracciato la traiettoria di oltre tre milioni di particelle distaccatesi dall’asteroide al momento dell’impatto. Queste particelle variano in dimensione, dalle più grandi di 10 centimetri alle più piccole di 30 micrometri, che sono comunque capaci di produrre un effetto visibile all’ingresso nell’atmosfera terrestre. Le simulazioni indicano che alcune di queste particelle potrebbero raggiungere la Terra e Marte entro circa dieci anni. Sebbene i detriti più veloci, che viaggiano a 1,5 chilometri al secondo, possano arrivare in circa sette anni, è più probabile che le prime meteore artificiali siano osservabili in un arco di tempo di circa trenta anni. I ricercatori hanno rassicurato che i detriti generati dall’esperimento Dart sono di dimensioni e velocità insufficienti per causare danni sulla superficie terrestre, limitandosi a creare alcune stelle cadenti in più nel cielo. Inoltre, nel 2022, per la prima volta, l’aborto farmacologico, che utilizza la pillola Ru486, ha superato la tecnica chirurgica. Questo metodo può ora essere eseguito anche in regime ambulatoriale. Tuttavia, le regioni italiane stanno procedendo lentamente nell’adeguamento alle nuove disposizioni ministeriali, e sarebbe necessario migliorare l’accesso a questo servizio per tutte le donne. Nonostante una circolare del ministero della Salute del 2020 abbia modificato le modalità di esecuzione dell’aborto farmacologico, solo poche regioni hanno iniziato a offrire questo servizio in ambulatori o consultori. Infine, l’indagine ha rivelato che la presenza di consultori è insufficiente rispetto ai bisogni della popolazione. La legge prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti, ma a livello nazionale nel 2021 ce n’era uno ogni 30.000, con solo cinque regioni che rispettano lo standard raccomandato.

WIRED – EFFETTUATO IL PRIMO LANCIO DELLA COSTELLAZIONE QIANFAN (RIVALE CINESE DI STARLINK)

È stato effettuato il primo lancio della costellazione Qianfan, il rivale cinese di Starlink, presso il centro di lancio di Taiyuan. Questa nuova rete di satelliti è progettata per fornire connessione internet veloce a livello globale, anche in aree rurali e remote. La costellazione, supportata dalla società SpaceSail di Shanghai, prevede un totale di 15.000 satelliti una volta completata. Il lancio, avvenuto il 5 agosto, ha visto il posizionamento di 18 satelliti, utilizzando un vettore Long March 6A, interamente realizzato in Cina. Il programma prevede l’incremento delle unità satellitari, con l’obiettivo di lanciare 648 satelliti entro la fine del 2025 e 1.296 entro la fine del 2027. La costellazione Qianfan mira a raggiungere un totale di 15.000 satelliti entro la fine del 2030, posizionandoli a un’altitudine di 1.150 km per evitare conflitti con altri servizi satellitari, come Rivada. I satelliti sono stati realizzati dalla società Genesat, una joint venture tra la Chinese Academy of Sciences Shanghai Engineering Center for Microsatellites e Shanghai Aerospace Investment Limited. Attualmente, non sono stati resi noti i costi commerciali del servizio né la disponibilità effettiva in termini di copertura e tempistiche.

FOCUS – LA RUSSIA COSTRUIRA’ UNA SUA STAZIONE SPAZIALE A PARTIRE DAL 2027

La Russia ha annunciato la costruzione di una nuova stazione spaziale, prevista per iniziare nel 2027. Questo progetto, che utilizzerà nuove tecnologie, ospiterà astronauti solo quando strettamente necessario. La decisione arriva in un contesto di riflessione sull’utilità di una stazione spaziale di grandi dimensioni, dopo l’esperienza della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che verrà dismessa nel 2031. La nuova stazione, nota come Stazione di Servizio Orbitale Russa (ROSS), sarà costruita per affiancarsi alla stazione spaziale cinese già operativa e a future stazioni spaziali private. L’annuncio è stato fatto dai vertici dell’Agenzia Spaziale Russa, Roscosmos, il cui sito web è attualmente inaccessibile per gli utenti occidentali. Il primo modulo della ROSS, progettato per la ricerca scientifica e per fornire energia, sarà lanciato in un’orbita quasi polare nel 2027. Entro il 2030, la Russia prevede di completare quattro moduli principali, seguiti da altri due entro il 2033. Roscosmos ha comunicato che i primi cosmonauti arriveranno nella stazione nel 2028, ma la struttura potrà funzionare anche senza equipaggio, riducendo così i costi. Gli astronauti potrebbero essere inviati solo per avviare esperimenti, che poi potrebbero continuare senza la loro presenza, intervenendo solo in caso di necessità. La ROSS orbiterà a circa 400 km dalla superficie terrestre, nella stessa orbita della ISS, e sarà utile per osservare l’intera superficie del pianeta e aree di interesse per la Russia, come il Mare del Nord. Il costo stimato per la costruzione della ROSS è di circa 7 miliardi di dollari. Tuttavia, la realizzazione del progetto dipenderà anche dal successo del razzo pesante Angara A5, che ha già effettuato alcuni test di volo. Inoltre, la Russia sta considerando di collaborare con paesi come Brasile, India, Cina e Sudafrica per il progetto. Nel frattempo, continuerà a lavorare con le nazioni coinvolte nella ISS fino al 2028, anno in cui la stazione attuale inizierà il processo di smantellamento previsto per il 2031.

ASKANEWS – EFFETTUATO IL PRIMO LANCIO NELLO SPAZIO DEL RAZZO EUROPEO ARIANE 6

Mercoledì sera dalla Guyana francese è stato effettuato il lancio inaugurale del razzo Ariane 6, realizzato nell’ambito del programma spaziale “Ariane” dal consorzio europeo Arianespace per conto dell’Agenzia Spaziale Europea. L’Ariane 6 è il più potente razzo costruito finora dal consorzio e il suo lancio è importante perché dovrebbe consentire di gestire lanci spaziali a prezzi più economici e competitivi rispetto ai razzi Falcon 9 di SpaceX. Il programma “Ariane” consiste in una serie di razzi a uso civile, e l’Ariane 6 rappresenta un passo avanti in questa direzione . Il lancio inaugurale di mercoledì sera dalla Guyana francese è stato quindi un momento significativo per il programma spaziale europeo

SCENARIECONOMICI – LA NASA INVESTE SU UN MOTORE INNOVATIVO CHE POTREBBE PORTARE L’UOMO SU MARTE

La NASA sta investendo 725.000 dollari in un nuovo motore a plasma pulsante (PPR) che potrebbe ridurre drasticamente il tempo necessario per inviare esseri umani su Marte, permettendo anche la colonizzazione del sistema solare. Con le attuali tecnologie, un viaggio di andata e ritorno verso Marte richiederebbe quasi due anni, esponendo gli astronauti a rischi significativi come le radiazioni spaziali, la gravità zero e l’isolamento prolungato. Le radiazioni, in particolare, rappresentano una minaccia grave, con esposizioni paragonabili a 1.000 radiografie al torace in soli sei mesi, aumentando il rischio di cancro, danni al sistema nervoso, perdita di tessuto osseo e malattie cardiache. Il nuovo motore PPR, sviluppato da Troy Howe di Howe Industries, utilizza impulsi di plasma surriscaldato per generare una spinta molto efficiente, con l’obiettivo di ridurre il viaggio di andata e ritorno verso Marte a soli due mesi. Questo motore è attualmente nella fase due di sviluppo, finanziata dal Programma Innovative Advanced Concepts (NIAC) della NASA. Il PPR genera 10.000 newton di spinta con un impulso specifico di 5.000 secondi, permettendo a un veicolo spaziale di viaggiare a circa 150.000 km all’ora. L’energia necessaria è fornita da un reattore a fissione avanzato HALEU, che crea il plasma e fornisce l’energia per il suo riscaldamento. Lo studio di fase due, che inizia questo mese, si concentrerà sull’ottimizzazione del design del motore, sull’esecuzione di esperimenti di prova e sulla progettazione di un’astronave schermata con motore PPR per missioni umane su Marte. Nonostante i progressi, ci vorranno ancora alcuni decenni prima che il PPR sia pronto per l’uso. Tuttavia, una volta disponibile, questa tecnologia potrebbe espandere significativamente le possibilità di esplorazione spaziale umana, inclusa la possibilità di missioni su Plutone, aprendo nuove frontiere per l’esplorazione e la colonizzazione del sistema solare.

ASTROSPACE – SPACEX VINCE L’APPALTO PER “DISTRUGGERE” LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE

SpaceX di Elon Musk ha ottenuto un importante contratto dalla NASA, del valore di quasi un miliardo di dollari, per lo sviluppo di un “veicolo di de-orbita” destinato a guidare la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) fuori dall’orbita entro la fine del decennio. La NASA ha dichiarato che questo veicolo garantirà una discesa controllata della ISS, minimizzando i rischi per le aree popolate. La ISS, operativa dal 1998, ha recentemente esteso la sua vita utile fino al 2030. La Russia ha annunciato che nei prossimi anni si ritirerà dal progetto della ISS per concentrarsi sulla costruzione di una propria stazione spaziale. Il veicolo sviluppato da SpaceX dirigerà la ISS verso un rientro controllato nell’Oceano Pacifico. Secondo Ken Bowersox, amministratore associato per la Direzione di Missione Operazioni Spaziali della NASA, la scelta di un veicolo di rientro statunitense è cruciale per garantire una transizione sicura e responsabile al termine delle operazioni della stazione. Questo passo è in linea con i piani della NASA per future destinazioni commerciali e per l’uso continuativo dello spazio vicino alla Terra. Nel contesto dei lanci spaziali, SpaceX si distingue nettamente, avendo lanciato circa 429.125 kg di navicelle spaziali nel primo trimestre, molto più della China Aerospace Science and Technology Corporation, che ha lanciato solo 29.426 kg nello stesso periodo. SpaceX sta inoltre vendendo azioni degli amministratori a 112 dollari per azione, valutando l’azienda circa 201 miliardi di dollari. Nel frattempo, Elon Musk ha condiviso sui social media le immagini spettacolari degli atterraggi dei booster di SpaceX, evidenziando i continui progressi dell’azienda nel campo dei voli spaziali riutilizzabili.

EURONEWS – LA MISSIONE SPAZIALE CINESE CHANG’E 6 PORTA SULLA TERRA CAMPIONI DEL SUOLO LUNARE

La missione spaziale cinese Chang’e 6 ha riportato sulla Terra alcuni campioni di suolo lunare. Martedì 25 giugno, poco dopo le 8 del mattino, la capsula della missione lunare cinese senza equipaggio è atterrata nella Mongolia Interna, una regione autonoma della Cina, dopo essere stata rallentata nella sua discesa da un paracadute. I campioni, prelevati dall’emisfero nascosto della Luna, saranno recuperati e analizzati per studiare le caratteristiche del suolo di una zona raramente esplorata. È la prima volta che il suolo di questa parte della Luna viene trasportato sulla Terra. Chang’e 6 è la sesta missione del Programma cinese per l’esplorazione lunare, iniziato nel 2007 con Chang’e 1, la prima iniziativa per raggiungere l’orbita lunare. “Chang’e” è il nome della dea della Luna nelle mitologie cinesi e, missione dopo missione, questo programma ha permesso alla Cina di compiere notevoli progressi nelle complesse operazioni necessarie per raggiungere il suolo lunare. Il primo allunaggio controllato della Cina è stato realizzato da Chang’e 3 nel 2013, rendendo la Cina il terzo paese nella storia, dopo Stati Uniti e Russia (all’epoca Unione Sovietica), a compiere tale impresa.

ANSA – LANCIATO IL SATELLITE EARTHCARE CHE AIUTERA’ A CAPIRE IL CLIMA CHE CAMBIA

Il satellite EarthCare è stato lanciato con successo dalla base californiana di Vandenberg utilizzando un razzo Falcon 9. Questo satellite ha il compito di raccogliere dati su nuvole e aerosol per comprendere meglio i cambiamenti climatici. EarthCare rappresenta una delle missioni più ambiziose nella storia dell’osservazione terrestre. Frutto della collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’agenzia spaziale giapponese JAXA, la missione studierà le nubi e gli aerosol grazie ai suoi quattro strumenti all’avanguardia. Josef Aschbacher, direttore generale dell’ESA, ha dichiarato: “Nuvole, aerosol e radiazioni saranno presto compresi in modo molto più chiaro, poiché un mix unico di quattro strumenti a bordo di EarthCare lavorerà per risolvere alcuni degli aspetti più misteriosi della nostra atmosfera”. La missione è stata progettata e realizzata da un consorzio di oltre 75 aziende, con Airbus come appaltatore principale. L’Agenzia Spaziale Italiana e l’industria italiana, rappresentata da Leonardo, hanno fornito componenti chiave per due strumenti di bordo, pannelli solari e un sensore speciale per orientare il satellite. Dopo il lancio, EarthCare si è separato con successo dal razzo e ha raggiunto l’orbita prestabilita a circa 400 chilometri dalla Terra. La stazione di Hartebeesthoek in Sudafrica ha confermato l’entrata in orbita del satellite. Questa missione promette di fornire preziosi dati sul ruolo delle nuvole e degli aerosol nel riscaldamento e raffreddamento dell’atmosfera terrestre. JAXA ha soprannominato il satellite ‘Hakuryu’, che significa ‘Drago bianco’ a causa del suo aspetto. Simonetta Cheli, direttrice dei programmi di Osservazione della Terra dell’ESA, ha sottolineato l’importanza di questa missione per comprendere e affrontare i cambiamenti climatici. Eiichi Tomita, responsabile scientifico del radar di JAXA, ha evidenziato come EarthCare permetterà di migliorare l’accuratezza dei modelli climatici globali, aiutando a prevedere meglio il clima futuro e a adottare misure di mitigazione. Il satellite è dotato di strumenti avanzati: un radar capace di misurare il flusso ascendente e discendente all’interno delle nuvole, un lidar atmosferico che utilizza un laser per misurare i profili di nubi sottili e aerosol, un imager multispettrale per una panoramica in diverse lunghezze d’onda, e un radiometro a banda larga per misurare la radiazione solare riflessa e la radiazione infrarossa in uscita.

ANSA – LA NASA LAVORA ALLA PRIMA RETE FERROVIARIA SULLA LUNA

La NASA è attualmente impegnata nella progettazione della prima rete ferroviaria sulla Luna, un ambizioso progetto che prevede l’utilizzo di piste srotolabili e robot a levitazione magnetica per il trasporto di carichi pesanti nelle future basi lunari. Questo progetto, denominato Float (Flexible Levitation on a Track), è uno dei sei studi visionari che hanno superato la prima fase di selezione all’interno del programma Innovative Advanced Concepts (Niac) della NASA. Guidato dall’ingegnere meccanico Ethan Schaler presso il Jet Propulsion Laboratory in California, il progetto Float si propone di realizzare il primo sistema ferroviario lunare, offrendo un mezzo di trasporto affidabile, autonomo ed efficiente per le operazioni future sulla Luna. Secondo Schaler, un sistema di trasporto robotizzato durevole sarà cruciale per le attività quotidiane di una base lunare sostenibile nei prossimi anni Trenta. Il sistema Float si basa sull’impiego di robot magnetici non alimentati, in grado di levitare su una pista costituita da tre strati di pellicola flessibile. Questi strati includono uno strato di grafite che consente ai robot di levitare, uno strato flessibile che genera una spinta elettromagnetica per il movimento dei robot e, opzionalmente, uno strato di pannelli solari per generare energia per la base lunare. Una caratteristica fondamentale di questi robot Float è la mancanza di parti mobili, il che riduce al minimo l’usura dovuta alla polvere lunare. Le piste ferroviarie si srotolano direttamente sulla superficie lunare, evitando la necessità di importanti lavori di costruzione in loco. Inoltre, le piste possono essere arrotolate e riconfigurate per adattarsi alle diverse esigenze operative. I robot Float saranno in grado di trasportare carichi utili di varie forme e dimensioni, con una capacità di oltre 30 chili per metro quadro, e raggiungeranno velocità utili superiori a 0,5 metri al secondo. Un sistema ferroviario lunare su larga scala, come quello proposto dal progetto Float, potrebbe trasportare fino a 100.000 chili per più chilometri al giorno, facilitando il trasporto di regolite e di carichi utili tra la base lunare e altre zone di interesse. Oltre al progetto Float, il programma Niac della NASA ha selezionato altre tecnologie innovative, tra cui un telescopio spaziale basato su liquidi ionici e un razzo al plasma pulsato per accelerare i viaggi verso Marte. Questi progetti riceveranno finanziamenti fino a 600 mila dollari per ulteriori due anni di sviluppo, in vista di una possibile implementazione nelle future missioni spaziali.

PUNTOINFORMATICO – EFFETTUATA LA PRIMA CONNESSIONE VIA BLUETOOTH DALLO SPAZIO ALLA TERRA

La Hubble Network ha compiuto un importante passo avanti nel campo delle telecomunicazioni spaziali, effettuando la prima connessione Bluetooth verso la Terra da una distanza di oltre 600 km nello spazio. Questo risultato, ottenuto attraverso due satelliti lanciati come parte della missione Transporter-10 di SpaceX il 4 marzo dalla base spaziale Vandenberg in California, segna un punto di svolta significativo per l’industria delle comunicazioni spaziali. Fondata nel 2021 da Alex Haro, Ben Wild e John Kim, la Hubble Network si è posta l’arduo obiettivo di migliorare le connessioni Bluetooth, spesso soggette a interferenze e limitate nel raggio d’azione, anche a distanze terrestri molto limitate. La dimostrazione di poter stabilire una connessione Bluetooth affidabile e stabile da una distanza così considerevole rappresenta un notevole successo per l’azienda. Questo risultato è particolarmente significativo data la complessità delle connessioni Bluetooth, che tendono a essere instabili anche in ambienti ravvicinati. Ben Wild, uno dei fondatori dell’azienda, ha espresso il suo stupore iniziale quando ha sentito parlare per la prima volta di questa possibilità, ma le sue esperienze nel settore dell’Internet delle cose (IoT) lo hanno convinto della necessità di sviluppare soluzioni più efficienti e globali. La chiave per superare questa sfida è stata l’implementazione di connessioni Bluetooth a basso consumo energetico, come quelle sviluppate dalla Hubble Network. Questo successo ha ribaltato le aspettative di molti scettici, dimostrando che l’invio e la ricezione di segnali direttamente dai chip Bluetooth nello spazio sono fattibili e affidabili. Guardando al futuro, la Hubble Network ha ambiziosi piani di espansione. Entro la fine di quest’anno, prevede di lanciare un terzo satellite come parte della sua costellazione ‘beta’ e di continuare a implementare nuovi satelliti nei mesi successivi per completare la rete. Alla fine del 2025 o all’inizio del 2026, l’azienda mira a lanciare 32 satelliti contemporaneamente per creare una costellazione completa e funzionale. Una volta completata, la costellazione Hubble consentirà connessioni Bluetooth affidabili e regolari con un satellite almeno otto volte al giorno. Questa rete potrebbe essere utilizzata per una varietà di scopi, tra cui il monitoraggio del suolo e servizi che richiedono una copertura continua, come il monitoraggio delle cadute negli anziani. Hubble non ha inventato la tecnologia Bluetooth, ma l’ha migliorata. I suoi satelliti utilizzano chip Bluetooth standard già presenti nei telefoni e nei computer, aggiornati solo tramite software per comunicare su lunghe distanze a bassa potenza, incluso un satellite in orbita nello spazio. L’antenna phased array del satellite funziona come una sorta di lente d’ingrandimento, permettendo di rilevare i segnali a bassa potenza provenienti dai chip a terra. Il team ha risolto anche le sfide legate al cambiamento di frequenza nella comunicazione, poiché i dati vengono scambiati tra oggetti in movimento ad alta velocità. L’azienda afferma di aver affrontato con successo il problema della connettività globale, riducendo il consumo energetico del 20% e i costi operativi del 50%. Il suo obiettivo è connettere un miliardo di dispositivi in tutto il mondo e rivoluzionare vari settori con questa tecnologia. Haro, portavoce dell’azienda, ha dichiarato: “La nostra missione di creare la prima rete veramente globale, economica ed efficiente dal punto di vista energetico ha compiuto un significativo passo avanti con questa scoperta tecnologica”. L’azienda ha già avviato collaborazioni con clienti pilota in diversi settori, tra cui dispositivi di consumo, costruzioni, infrastrutture, catena di approvvigionamento, logistica, agricoltura, petrolio e gas e difesa.

SCENARIECONOMICI – LA STARTUP MAX SPACE VUOLE REALIZZARE STAZIONI SPAZIALI GONFIABILI PER LA COLONIZZAZIONE DELLO SPAZIO

Max Space, una startup emergente nel campo dell’esplorazione spaziale, ha recentemente annunciato un progetto ambizioso che potrebbe rivoluzionare la colonizzazione dello spazio: la realizzazione di stazioni spaziali gonfiabili. Questi moduli abitativi, simili a palloni, sono progettati per essere trasportati nello spazio tramite un singolo viaggio e potrebbero rappresentare un’alternativa economica e efficiente alle stazioni spaziali tradizionali. La tecnologia degli habitat gonfiabili offre numerosi vantaggi. In primo luogo, i moduli possono essere facilmente riposti e trasportati nello spazio, occupando meno spazio all’interno dei veicoli spaziali e riducendo i costi di lancio. Inoltre, sono progettati per essere altamente resistenti e sicuri, offrendo un ambiente abitativo robusto e affidabile per gli astronauti. La startup prevede di lanciare il primo modulo gonfiabile su un viaggio in condivisione di SpaceX nel 2026. Questo modulo sarà in grado di trasformarsi in una stazione spaziale grande quanto uno stadio sportivo, offrendo un ampio spazio abitativo e di stoccaggio. Uno dei principali vantaggi di questa tecnologia è la sua capacità di essere assemblata in un unico lancio. Questo riduce significativamente i costi e i tempi di costruzione rispetto alle stazioni spaziali tradizionali, che richiedono numerosi viaggi spaziali per essere completate. Inoltre, Max Space spera di offrire queste stazioni spaziali a un costo molto più basso rispetto alle alternative attuali. La tecnologia utilizzata da Max Space si basa sull’architettura isotensoide, che consente alle strutture di rimanere libere e di assumere una forma ideale per massimizzare la loro capacità di carico. Inoltre, la startup utilizza un sistema multistrato di schermatura balistica a base di fibre per garantire la sicurezza e la resistenza dei moduli. Max Space non è l’unica azienda a sviluppare stazioni spaziali gonfiabili. Sierra Space, un’altra importante azienda aerospaziale, sta lavorando a un progetto simile chiamato Large Integrated Flexible Environment (LIFE). Questa stazione spaziale a tre piani potrebbe diventare operativa entro il 2030 e offre una concorrenza significativa a Max Space nel campo degli habitat gonfiabili.

WIRED – LA NASA LANCIA UN PICCOLO SATELLITE PER STUDIARE LE ESPLOSIONI NELL’UNIVERSO

La NASA ha lanciato con successo un piccolo satellite chiamato BurstCube, destinato a studiare le esplosioni più potenti dell’Universo, in particolare i cosiddetti short gamma-ray burst. Il satellite è stato incluso nel carico della navicella Dragon di SpaceX, partita il 21 marzo verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). BurstCube, delle dimensioni approssimative di una scatola di scarpe, una volta giunto sull’ISS, verrà disimballato e rilasciato nell’orbita prestabilita per intercettare i lampi di raggi gamma di breve durata. Questi fenomeni, con energie luminose estreme e durate inferiori ai 2 secondi, sono solitamente generati da collisioni tra stelle di neutroni, che rappresentano il residuo di stelle massicce collassate. L’obiettivo principale di BurstCube è contribuire alla cosiddetta “astronomia multimessaggera”, che si basa sull’osservazione simultanea di diversi segnali provenienti dallo spazio, inclusi fotoni, onde gravitazionali e neutrini. Questa combinazione di dati permette una comprensione più approfondita dei fenomeni cosmici. Finora, l’osservazione congiunta di onde gravitazionali e onde luminose è stata limitata, ma il lancio di BurstCube mira ad ampliare tale possibilità. Il satellite è equipaggiato con quattro rilevatori sensibili a raggi gamma con energie comprese tra 50.000 e 1 milione di elettronvolt. Quando un raggio gamma viene rilevato, attraversa uno scintillatore che lo converte in luce visibile, la quale viene poi convertita in impulsi elettrici. Israel Martinez, ricercatore e membro del team BurstCube, ha sottolineato l’importanza del satellite nel migliorare la copertura del cielo osservabile, aumentando così le probabilità di catturare eventi cosmici correlati con le onde gravitazionali. Attualmente, le missioni di rilevamento dei raggi gamma coprono solo circa il 70% del cielo, ma BurstCube promette di estendere tale copertura e migliorare la comprensione dei fenomeni celesti più energetici.

ANSA – IL CARGO DRAGON DI SPACEX STA RIENTRANDO SULLA TERRA

Il cargo Dragon della SpaceX ha lasciato la Stazione Spaziale Internazionale per fare ritorno sulla Terra, trasportando un carico prezioso che include fibre ottiche prodotte nello spazio e minuscole navette per terapie anticancro. A bordo della navetta senza equipaggio vi sono circa 2 tonnellate di materiali scientifici provenienti dagli esperimenti condotti a bordo della ISS, destinati alla NASA e agli altri partner della stazione. Dopo essere giunta alla ISS il 23 marzo, la navetta si è sganciata in modo automatico dal modulo Harmony della stazione spaziale, ricevendo il comando dal centro di controllo della SpaceX in California. L’ammaraggio è previsto per il 30 aprile al largo delle coste della Florida. Tra gli esperimenti che faranno ritorno sulla Terra, vi sono oltre quattro chilometri di fibra ottica prodotti nello spazio nell’ambito dell’esperimento Flawless Space Fibers-1, che ha permesso di aumentare significativamente il ritmo di produzione in orbita. Tornano anche i batteri dell’esperimento Gears (Genomic Enumeration of Antibiotic Resistance in Space) per studiare l’adattamento dei microrganismi allo spazio, con l’obiettivo di proteggere gli astronauti nelle future missioni di lunga durata. Inoltre, i materiali dell’esperimento Misse-18 (Materials International Space Station Experiment-18-NASA) che hanno affrontato le condizioni estreme dello spazio faranno ritorno sulla Terra. A bordo della Dragon sono presenti anche campioni dell’esperimento Immune Cell Activation dell’Agenzia Spaziale Europea, finalizzato a comprendere se la microgravità faciliti il trasferimento di farmaci incapsulati in nanoparticelle magnetiche nelle cellule umane, con potenziali implicazioni per futuri trattamenti contro i tumori.

REUTERS – SPACEX DI ELON MUSK STA COSTRUENDO SATELLITI SPIA PER GLI STATI UNITI

Secondo quanto riportato in esclusiva da Reuters, la SpaceX di Elon Musk sta attualmente costruendo una rete di centinaia di satelliti spia per conto degli Stati Uniti. La notizia è stata confermata da cinque fonti anonime e si riferisce a un contratto stipulato con il National Reconnaissance Office (NRO), un’agenzia di intelligence affiliata al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, responsabile della gestione dei satelliti spia. L’unità aziendale Starshield di SpaceX è incaricata della costruzione di questa rete di satelliti, nell’ambito di un contratto del valore di 1,8 miliardi di dollari. Secondo le fonti citate, il programma avrebbe lo scopo di migliorare notevolmente la capacità del governo e delle forze armate statunitensi nell’individuare rapidamente potenziali obiettivi in tutto il mondo. I satelliti consentirebbero agli Stati Uniti di acquisire immagini dettagliate delle attività a terra in tempo quasi reale, contribuendo alle operazioni di intelligence e militari. Questa notizia giunge dopo che il Wall Street Journal aveva riportato a febbraio l’esistenza di un contratto segreto del medesimo valore tra Starshield e un’agenzia di intelligence non specificata. Tuttavia, il Wall Street Journal non aveva chiarito gli obiettivi precisi del programma. Reuters ha tentato di contattare SpaceX per un commento sulla questione, ma la società non ha fornito alcuna risposta. D’altra parte, il National Reconnaissance Office ha riconosciuto il proprio impegno nello sviluppo di un sistema satellitare sofisticato, ma ha declinato il commento sull’esclusiva di Reuters, affermando che il loro obiettivo è quello di sviluppare il sistema di intelligence, sorveglianza e ricognizione spaziale più avanzato e resistente mai visto fino ad ora.

WIRED – RUSSIA E CINA VOGLIONO COSTRUIRE UNA CENTRALE NUCLEARE SULLA LUNA

La Russia, in collaborazione con la Cina, sta valutando seriamente la possibilità di costruire una centrale nucleare sulla Luna entro il 2035. Yuri Borisov, capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, ha annunciato che l’energia nucleare potrebbe essere utilizzata per fornire elettricità alle future colonie lunari. Secondo Borisov, l’installazione di una centrale nucleare sulla superficie lunare potrebbe avvenire tra il 2033 e il 2035, in collaborazione con la Cina. Questo progetto è considerato fondamentale dato che i pannelli solari non sarebbero sufficienti per soddisfare il fabbisogno energetico delle future strutture sulla Luna. L’obiettivo sarebbe quello di realizzare un sistema automatizzato per la costruzione e il funzionamento della centrale nucleare, senza la necessità di presenza umana diretta. Borisov ha anche accennato alla possibilità di sviluppare un’astronave cargo a propulsione nucleare per trasportare grandi carichi da un’orbita all’altra, oltre ad affrontare altre sfide nello spazio, come la raccolta di detriti spaziali. Si prevede di lanciare ulteriori missioni lunari e di esplorare la possibilità di una missione congiunta russo-cinese con equipaggio, mentre la Cina mira a inviare il suo primo astronauta sulla Luna entro il 2030.

WIRED – LA NASA CERCA VOLONTARI PER SIMULARE UN ANNO DI VITA SU MARTE

La NASA ha aperto un bando per reclutare quattro volontari disposti a vivere per un anno in un habitat simulato di Marte, in vista della futura esplorazione umana del pianeta rosso. La simulazione, chiamata Chapea 2 (Crew Health and Performance Exploration Analog), durerà circa 12 mesi e inizierà nella primavera del 2025. I dati raccolti sulla salute, le prestazioni fisiche e il comportamento dei partecipanti saranno utili a definire i piani dell’agenzia spaziale per le missioni su Marte. L’habitat di 15 metri quadrati, chiamato Mars Dune Alpha, si trova presso il Johnson Space Center della NASA a Houston, in Texas. Ricrea le condizioni di vita su Marte, con scarsità di risorse, guasti alle apparecchiature, ritardi nelle comunicazioni e altri fattori di stress. La loro dieta sarà a base di cibo disidratato con scorte limitate di cibo fresco. La NASA monitorerà l’equipaggio con telecamere e videochiamate con medici. I volontari avranno un contatto limitato con le loro famiglie. Le candidature possono essere inviate dal 16 febbraio al 2 aprile. I volontari saranno retribuiti, ma la NASA non ha fornito dettagli sull’ammontare. La prima missione Chapea è ancora in corso. L’equipaggio è entrato nell’habitat il 25 giugno 2023 e la simulazione terminerà il 6 luglio. I partecipanti hanno già coltivato pomodori, peperoni e verdure a foglia. L’obiettivo di Chapea è di far avanzare la conoscenza della NASA su come gli esseri umani possono vivere e lavorare in un ambiente marziano. I dati raccolti aiuteranno l’agenzia a sviluppare tecnologie e procedure per le future missioni su Marte.

ANSA – STARSHIP HA RAGGIUNTO LO SPAZIO

Dopo due tentativi non riusciti, l’astronave Starship di SpaceX ha finalmente raggiunto lo spazio in una storica giornata per l’azienda aerospaziale privata statunitense. Il test, avvenuto senza equipaggio a bordo, ha segnato un importante passo avanti nello sviluppo del sistema di lancio spaziale più potente mai costruito. Il lancio, inizialmente programmato per le 13:00 ora italiana, è stato avviato con successo alle 14:25. Il grande razzo Super Heavy, che propulsava Starship nelle prime fasi del volo, ha acceso i motori e ha portato l’astronave verso est. Dopo circa 3 minuti, Super Heavy si è separato da Starship, che ha continuato il suo viaggio nello spazio. Durante la missione, sono state sperimentate diverse innovazioni, tra cui un nuovo sistema di rifornimento rapido e potente per i serbatoi di metano liquido e ossigeno liquido a Boca Chica, la base di lancio di SpaceX in Texas. Inoltre, sono stati testati sistemi per l’apertura e la chiusura del portellone dell’astronave, nonché il rifornimento in orbita di Starship, fondamentale per le future missioni lunari e oltre. Tuttavia, non tutti i test pianificati sono stati completati. SpaceX avrebbe dovuto accendere nuovamente alcuni motori di Starship nello spazio per verificare il loro funzionamento, ma a causa di un imprevisto questo test non è stato eseguito. Dopo aver raccolto una vasta quantità di dati durante il volo, Starship ha iniziato il suo rientro controllato nell’atmosfera terrestre. La parte dell’astronave dotata di uno scudo termico è stata orientata verso la Terra per resistere alle alte temperature generate durante il rientro. Tuttavia, nonostante il successo complessivo del lancio, Starship si è disintegrata durante il turbolento rientro nell’atmosfera e non è stata recuperata.

ANSA – LANDER NOVA-C (SOPRANNOMINATO ODYSSEUS) ATTERRA SULLA LUNA

Il lander Odysseus della società privata statunitense Intuitive Machines ha compiuto con successo un allunaggio controllato sulla Luna, segnando un importante traguardo nella storia dell’esplorazione spaziale. Questo evento storico rappresenta il primo allunaggio controllato effettuato da un’azienda privata e il primo di un veicolo spaziale statunitense dal lontano 1972, durante la missione Apollo 17. Il lander Odysseus, senza equipaggio a bordo, ha raggiunto il suolo lunare utilizzando un sistema automatico di navigazione. L’allunaggio è stato preceduto da un periodo di attesa, durante il quale i tecnici di Intuitive Machines hanno monitorato attentamente il veicolo spaziale dal centro di controllo sulla Terra. Dopo alcuni minuti, è stato confermato il successo dell’allunaggio quando il lander ha iniziato a trasmettere segnali verso la Terra. Questo risultato è stato ottenuto grazie ai sofisticati sistemi di navigazione e alle tecnologie avanzate impiegate nel lander Odysseus. Il veicolo spaziale, parte della classe di veicoli Nova-C sviluppati da Intuitive Machines, ha una massa di quasi 2 tonnellate, un diametro di 2 metri e un’altezza di circa 3 metri. La missione IM-1, come è stata denominata, ha lo scopo principalmente di dimostrare le capacità di allunaggio automatico del sistema e di trasportare strumentazioni scientifiche e esperimenti sulla Luna. La missione di Odysseus fa parte del programma Commercial Lunar Payload Services (CLPS) della NASA, che mira a inviare sulla Luna piccoli robot automatici per esplorare il suolo lunare e raccogliere dati scientifici. Questo programma rappresenta un cambio di paradigma nell’esplorazione spaziale, coinvolgendo attivamente aziende private nella progettazione e nell’esecuzione di missioni spaziali. Intuitive Machines ha ricevuto un finanziamento di 118 milioni di dollari dalla NASA per la missione IM-1, che prevede il trasporto di sei strumenti scientifici sulla Luna. Tra questi strumenti vi è una speciale fotocamera progettata per riprendere la nube di polveri sollevata durante l’allunaggio, fornendo così importanti informazioni per le future missioni di esplorazione lunare. L’area scelta per l’allunaggio di Odysseus, nelle vicinanze del cratere Malapert A, è di grande interesse scientifico poiché si ritiene possa contenere risorse preziose come acqua ghiacciata. Queste risorse potrebbero essere cruciali per le future missioni spaziali con equipaggio umano o per la costruzione di basi lunari.

WIRED – SAMANTHA CRISTOFORETTI GUIDERA’ LO SVILUPPO DI NAVETTE CARGO EUROPEE PER LE STAZIONI SPAZIALI

L’astronauta italiana Samantha Cristoforetti guiderà la Low Earth Orbit (Leo) Cargo Return Initiative dell’Esa per la creazione di un servizio di consegna merci da e verso le stazioni spaziali in orbita bassa. Il progetto rappresenta un primo passo verso un futuro veicolo europeo per il trasporto di equipaggi. Il sogno di AstroSamantha: “Sogno che l’Europa abbia la propria astronave, come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e presto l’India”, ha dichiarato Cristoforetti. “Sogno equipaggi internazionali che volino nello spazio non solo su veicoli privati statunitensi, ma anche su veicoli europei”. Il progetto: L’iniziativa era stata annunciata a maggio 2023. La prima fase consisterà nella selezione di partner industriali europei per realizzare un primo volo dimostrativo verso la Stazione Spaziale Internazionale (Iss) entro il 2028. L’idea è di sviluppare veicoli di trasporto merci adattabili al trasporto di astronauti. Attualmente l’Europa dipende da partner internazionali per il trasporto di carichi e astronauti nello spazio. In passato l’Esa ha già fornito servizi di questo tipo, come l’Automated Transfer Vehicle, che ha trasportato oltre 30.000 kg di merci sulla Iss tra il 2008 e il 2015. L’Europa ha le capacità per le operazioni di docking e di rientro dalle stazioni in orbita bassa. “Ora è giunto il momento per la nostra industria di mettere insieme tutti gli elementi e sviluppare un servizio end-to-end competitivo e conveniente”, ha affermato Cristoforetti. Prospettive a breve e lungo termine: A breve termine, l’Europa potrebbe sviluppare rapporti vantaggiosi con i fornitori delle future stazioni spaziali commerciali, assicurando il trasporto di merci in cambio di opportunità di ricerca e voli di astronauti. “Perché vogliamo essere partner, non solo clienti”, ha sottolineato Cristoforetti. A lungo termine, il veicolo cargo potrebbe diventare un veicolo per equipaggi o arrivare a servire destinazioni cislunari. “Non vediamo l’ora di ricevere le proposte industriali entro la fine di febbraio e poi selezionare i partner industriali che si imbarcheranno con noi in questa avventura di squadra!” ha concluso Cristoforetti.

TGCOM24 – OLEG KONOMENKO STABILISCE IL RECORD DI PERMAMENZA NELLO SPAZIO TRASCORRENDO IN ORBITA 878 GIORNI

Il cosmonauta russo Oleg Kononenko, 59 anni, ha ufficialmente stabilito un nuovo record mondiale di permanenza nello spazio, trascorrendo più di 878 giorni in orbita durante varie missioni. L’annuncio è stato fatto dall’Agenzia spaziale russa (Roscosmos) domenica scorsa. Kononenko, attualmente in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dal settembre scorso, supera il precedente record detenuto dal cosmonauta russo Gennady Padalka. Il cosmonauta mira a raggiungere un totale di mille giorni nello spazio il 5 giugno, con la possibilità di accumulare un totale di 1.110 giorni entro la fine di settembre. Kononenko ha espresso il suo orgoglio per il successo e sottolineato l’importanza del record per la durata totale della permanenza umana nello spazio, sottolineando la tradizione russa nel campo. Attualmente, il record mondiale di permanenza ininterrotta nello spazio appartiene a un altro cosmonauta russo, Valeri Polyakov, che nel 1995 rimase a bordo della stazione spaziale russa Mir per 437 giorni.

WIRED – LA MISSIONE PER PRODURRE ENERGIA SOLARE NELLO SPAZIO

La prima missione per produrre energia solare nello spazio è stata un successo. Lo Space solar power demonstrator (Sspd-1), un prototipo spaziale sviluppato dal California Institute of Technology (Caltech), è tornato sulla Terra dopo un anno in orbita. Durante la sua missione, l’Sspd-1 ha condotto tre esperimenti per testare la tecnologia di produzione di energia. Uno degli esperimenti ha riguardato il dispiegamento di Dolce, una struttura di quasi due metri per due che è stata progettata per raccogliere energia solare. Dolce ha dovuto affrontare alcuni intoppi durante l’esperimento, ma gli ingegneri del Caltech sono riusciti a risolverli. Un altro esperimento ha riguardato la prova di 32 tipi diversi di celle fotovoltaiche. Gli ingegneri hanno scoperto che alcune celle sono più efficienti di altre, ma che tutte sono in grado di produrre energia solare in modo affidabile. Il terzo esperimento ha riguardato la trasmissione di energia solare dalla Terra. Il prototipo ha utilizzato una serie di trasmettitori di energia a microonde per trasmettere energia verso la Terra. I trasmettitori hanno funzionato correttamente, ma gli ingegneri stanno lavorando per migliorare le loro prestazioni. In generale, i risultati della missione Sspd-1 sono positivi. Dimostrano che la produzione di energia solare nello spazio è possibile e che questa tecnologia potrebbe essere un’importante fonte di energia pulita per il futuro. Il Caltech sta già pianificando la prossima missione, che sarà più grande e complessa dell’Sspd-1. Questa missione testerà nuove tecnologie e contribuirà a rendere la produzione di energia solare nello spazio più efficiente e conveniente.

ANSA – MISSIONE SPAZIALE SLIM DEL GIAPPONE RAGGIUNGE LA LUNA

Venerdì pomeriggio, la missione spaziale SLIM dell’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) ha compiuto un atterraggio controllato sulla Luna, rendendo il Giappone uno dei pochi paesi a tentare questa impresa. Tuttavia, si sono verificati imprevisti, in quanto i pannelli solari del lander non generano energia elettrica, impedendo il caricamento delle batterie. Il veicolo spaziale SLIM (Smart Lander for Investigating Moon) è stato lanciato il 6 settembre 2023 e ha raggiunto l’orbita lunare il 25 dicembre. I motori del lander sono stati attivati intorno alle 16 (ora italiana) di venerdì per iniziare la discesa controllata. Tuttavia, sono sorti dubbi sulla corretta orientazione del veicolo durante l’allunaggio, compromettendo i pannelli solari. La JAXA sta attualmente conducendo verifiche sulle condizioni degli strumenti del lander, che ha impiegato un sistema di navigazione automatica ad alta precisione. La sperimentazione di questo sistema era fondamentale per future missioni lunari. SLIM ha anche lanciato due lander più piccoli, LEV-1 e LEV-2, poco prima dell’allunaggio, i quali saranno oggetto di valutazioni simili nei prossimi giorni. Nonostante gli ostacoli tecnici, il successo di SLIM nel raggiungere la Luna rappresenta un importante passo avanti per il programma spaziale giapponese. La JAXA prevede ulteriori analisi e valutazioni per determinare le modalità d’uso del lander e risolvere le problematiche riscontrate durante questa missione cruciale per lo studio della Luna e lo sviluppo di tecnologie spaziali avanzate.

WIRED – LANCIATI I PRIMI SATELLITI STARLINK IN GRADO DI CONNETTERSI AI CELLULARI

SpaceX ha lanciato il primo stormo di satelliti Starlink per connettere direttamente i cellulari alla rete. Il servizio, che verrà testato nel corso dell’anno, è in collaborazione con la compagnia telefonica statunitense T-Mobile e altre società di telecomunicazioni di Australia, Canada e Giappone. In totale saranno coinvolti 840 satelliti, che trasmetteranno un segnale 4G a circa 2 mila smartphone non modificati. L’azienda ha spiegato che i satelliti funzioneranno come “torri telefoniche nello spazio”. Il test si svolgerà in tre fasi. Nella prima, che dovrebbe concludersi entro il mese di luglio, verrà verificata solo l’effettiva capacità di connessione diretta tra satelliti e smartphone e la stabilità del collegamento. Nella seconda fase, prevista entro la fine dell’anno, SpaceX punta a garantire l’attivazione dei servizi di messaggistica, mentre entro il 2025 potrebbero già arrivare anche le chiamate, la connessione dati e con l’internet delle cose. Se tutto dovesse funzionare come previsto, SpaceX potrà richiedere l’approvazione al governo degli Stati Uniti per lanciare il servizio commerciale. SpaceX è una delle diverse aziende che stanno lavorando a soluzioni per portare la connessione internet satellitare a banda larga su scala globale. Oltre a SpaceX, anche l’operatore telefonico Lynk e Amazon, con il suo Project Kupier, stanno tentando di accaparrarsi una quota di questo nuovo mercato.

SCENARIECONOMICI – L’UE INVESTE 6 MILIARDI IN IRIS², LA COSTELLAZIONE SATELLITARE EUROPEA

L’Unione Europea ha annunciato un investimento di 6 miliardi di euro per la creazione di una costellazione satellitare internet denominata IRIS². La nuova rete, che dovrebbe essere operativa entro il 2027, è stata concepita per rivaleggiare con i progetti di Elon Musk e Jeff Bezos, Starlink e Kuiper. Tuttavia, IRIS² rischia di nascere già superata. A differenza delle sue concorrenti commerciali, la costellazione europea sarà realizzata da un consorzio di aziende guidate da Airbus e sarà composta da un numero di satelliti molto inferiore. Questo potrebbe limitare l’uso di IRIS² a scopi governativi e militari. Inoltre, lo sviluppo del sistema è stato rimandato di due mesi, a fine febbraio. Questo potrebbe essere un segnale che le cose non stanno andando esattamente come dovrebbero. L’ESA ha dichiarato che il lavoro verrà affidato gradualmente ad aziende più piccole una volta aggiudicato il contratto principale di IRIS². Tuttavia, questo processo potrebbe richiedere del tempo e potrebbe non essere sufficiente per garantire la competitività della costellazione europea.

L’INDIPENDENTE – I DETRITI SPAZIALI ATTORNO ALLA TERRA SONO OLTRE 170 MILIONI

Il numero di detriti spaziali che ruotano intorno alla Terra è aumentato esponenzialmente negli ultimi decenni, raggiungendo oggi oltre 170 milioni. Questi detriti, che vanno da piccole macchie di vernice a vecchi satelliti abbandonati, rappresentano una minaccia per le attività spaziali, come le missioni orbitali e le passeggiate spaziali. L’ultimo detrito spaziale a entrare a far parte di questo numero è una borsa degli attrezzi, persa accidentalmente dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) questo mese. La borsa, del valore di circa 100.000 dollari, è ora in orbita attorno alla Terra e potrebbe rimanere lì per anni. La pulizia dello spazio intorno alla Terra è una sfida complessa, che richiede lo sviluppo di nuove tecnologie e la collaborazione tra agenzie spaziali e aziende private. Per ora, le agenzie spaziali stanno collaborando con alcune aziende per creare strumenti in grado di “afferrare” i detriti e trascinarli in orbita. Le istituzioni europee, invece, stanno progettando nuove regole per la gestione del traffico spaziale.

L'informazione è di parte! Ci sono giornali progressisti e giornali conservatori. La stessa notizia ti viene raccontata in modo diverso. Se cerchi un sito che ti spieghi le cose con semplicità, e soprattutto con imparzialità, allora questo è il posto giusto per te. Cerchiamo notizie e fatti social del momento e li rimettiamo in circolo, senza giri di parole e senza influenzarti con le nostre opinioni.

FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].

Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.
Potrebbero interessarti anche questi articoli: