Il governo ha introdotto una maxi-deduzione del costo del lavoro per le aziende che assumono a tempo indeterminato
Il governo ha introdotto una maxi-deduzione del costo del lavoro per le aziende che assumono a tempo indeterminato. È stato pubblicato il decreto attuativo del Ministero dell’Economia e del Ministero del Lavoro, che prevede una maggiorazione del 120% del costo del lavoro ammesso in deduzione nel caso di incremento del numero di dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
Inoltre, è prevista un’ulteriore maggiorazione al 130% se le assunzioni riguardano lavoratori meritevoli di maggiore tutela, come persone con disabilità, donne con almeno 2 figli e giovani ammessi agli incentivi all’occupazione. Questa misura fa parte della riforma dell’Irpef e mira a incentivare le assunzioni a tempo indeterminato, in particolare di categorie più fragili.
LE ALTRE NOTIZIE IN EVIDENZA SU “ECONOMIA”:
DEBITO PUBBLICO
WIRED – L’ITALIA E’ “CAMPIONE D’EUROPA” PER DEBITO PUBBLICO?
L’Italia si conferma “campione d’Europa” per il debito pubblico nel 2024, con una previsione di emissioni di prestiti a lungo termine pari a 390 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da S&P Global. Questo ammontare supera quello degli altri paesi europei avanzati, con il Regno Unito che chiederà 352 miliardi di dollari e la Francia ferma a 311 miliardi di dollari. Tale stima è basata sull’analisi delle previsioni di bilancio di 31 economie avanzate europee. La situazione economica evidenzia la necessità di raccogliere fondi per sostenere il fabbisogno pubblico, tuttavia, l’incremento del debito pubblico comporta costi significativi per i contribuenti a causa degli interessi che dovranno essere pagati in seguito. Nonostante i rendimenti dei bond europei siano diminuiti nell’ultimo anno, il costo totale del servizio del debito pubblico è aumentato, soprattutto a causa della riduzione degli acquisti di titoli di Stato sovrani da parte della Banca centrale europea. La spesa per gli interessi sui bond italiani nel 2024 è stimata intorno al 4,2% del prodotto interno lordo, con un totale di circa 80 miliardi di dollari, un livello simile a quello del 2015. Questo aumento dei costi potrebbe mettere ulteriormente sotto pressione le finanze pubbliche italiane. Nonostante ciò, la domanda di debito pubblico rimane robusta, con un numero crescente di investitori, inclusi risparmiatori privati e istituzioni finanziarie, che cercano rendimenti più interessanti. La recente chiusura della terza tranche del Btp Valore, che ha superato i 18 miliardi di euro, evidenzia l’interesse degli investitori privati nei titoli di Stato italiani. Inoltre, la Banca centrale europea continua a svolgere un ruolo chiave come investitore, reinvestendo i rimborsi dei titoli acquistati nel contesto del programma di acquisto di emergenza legato alla pandemia (Pepp) lanciato nel 2020. Tuttavia, è probabile che la Bce riduca gradualmente la sua partecipazione al programma, il che potrebbe portare a un aumento medio del costo del debito pubblico e a una maggiore pressione per un consolidamento fiscale ulteriore da parte degli Stati membri dell’eurozona.
Altre notizie:
MONDO
SCENARIECONOMICI – L’INDIA STA PER SUPERARE IL GIAPPONE E RAGGIUNGERE IL QUARTO POSTO PER PRODOTTO INTERNO LORDO (DOPO USA, CINA E GERMANIA)
Secondo una recente stima del Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’India è in procinto di sorpassare il Giappone per quanto riguarda il Prodotto Interno Lordo (PIL), aprendo le porte a una nuova epoca economica in Asia. Questo spostamento di posizione collocherebbe l’India al quarto posto mondiale per PIL, dietro solo agli Stati Uniti, alla Cina e alla Germania. Tuttavia, anche Berlino dovrà fare i conti con le conseguenze di questo cambiamento. Secondo le proiezioni del FMI, il PIL nominale dell’India dovrebbe raggiungere circa 4,3398 trilioni di dollari nel 2025, superando così il PIL giapponese stimato a 4,3103 trilioni di dollari nello stesso anno. Tale superamento avverrebbe con un anno di anticipo rispetto alle previsioni precedenti del FMI, che indicavano il 2026 come il momento del sorpasso. L’attuale deprezzamento dello yen giapponese sembra essere uno dei fattori che accelerano questo cambiamento, riducendo l’economia del Giappone in termini di dollari. Questo deprezzamento ha contribuito a eclissare il PIL giapponese rispetto a quello della Germania nel 2023, collocando il Giappone al quinto posto tra le economie mondiali. La rupia indiana, dal canto suo, è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al dollaro sin dall’inizio del 2023, mantenendo un tasso di cambio di circa 83 rupie per dollaro. Tuttavia, ci sono segnali che suggeriscono un intervento significativo della Reserve Bank of India nel mercato valutario, come osservato nel rapporto del FMI del dicembre 2023. La banca centrale indiana ha respinto le critiche del FMI riguardo a un possibile intervento eccessivo nel mercato valutario, sostenendo che le analisi si basavano su tendenze a breve termine e non riflettevano pienamente la situazione economica complessiva. L’ascesa economica dell’India è stata notevole negli ultimi anni, nonostante le sfide della pandemia COVID-19. Il Paese ha visto una crescita significativa, trainata in parte dall’espansione della sua popolazione. Le previsioni della Reserve Bank of India indicano una crescita reale del PIL del 7% nell’anno fiscale 2024. Nonostante questi successi, il PIL nominale pro capite dell’India si attesta ancora a circa 2.000 dollari, una frazione rispetto alla Cina e vicino al Bangladesh. Tuttavia, la classe media indiana è in espansione, e si prevede che l’India supererà la Germania per diventare la terza economia mondiale entro il 2027.
Altre notizie:
MERCATO TUTELATO E LIBERO
LEGGO – CRC: CHI PASSA AL MERCATO LIBERO SI RITROVERA’ A PAGARE 1.776 EURO ANNUI IN PIU’
Secondo quanto riportato dal Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc), chi attiverà oggi un servizio di fornitura sul mercato libero dell’energia elettrica potrebbe vedersi infliggere un aumento fino a 1.776 euro all’anno rispetto alla bolletta media del Servizio a Tutele Graduali, che entrerà in vigore il 1 luglio. Il confronto delle offerte dei 7 gestori vincitori delle aste dell’Acquirente Unico per il Servizio a Tutele Graduali, rappresentanti il 70,49% del mercato, ha rivelato che le tariffe del mercato libero sono significativamente più elevate. I clienti che non scelgono un operatore del mercato libero passeranno automaticamente dal Maggiore Tutela al Servizio a Tutele Graduali, godendo di un risparmio stimato di circa 131 euro all’anno a utenza rispetto alle attuali tariffe del mercato tutelato. Tuttavia, per coloro che optano per il mercato libero, le differenze di prezzo sono evidenti. Chi sceglie un’offerta a prezzo variabile può aspettarsi un aumento annuo che va da un minimo di 162 euro a un massimo di 573 euro rispetto alle tutele graduali. Nel caso di un contratto a prezzo fisso, le tariffe sono ancora più alte, con un aumento annuo che varia da un minimo di 204 euro a un massimo di 1.776 euro rispetto alla bolletta media del Servizio a Tutele Graduali. Secondo il presidente del comitato scientifico del Crc e presidente onorario di Assoutenti, Furio Truzzi, questa situazione rappresenta un “doppio assurdo paradosso”, con i clienti del mercato libero che pagheranno tariffe più elevate rispetto alle tutele graduali, anche scegliendo lo stesso gestore. Inoltre, gli utenti vulnerabili che rimangono nel mercato tutelato subiranno un aumento medio di 131 euro all’anno rispetto al Servizio a Tutele Graduali. Truzzi ha anche sottolineato che coloro che sono passati al mercato libero e desiderano beneficiare delle tutele graduali a partire dal 1 luglio dovranno rientrare nella Maggior Tutela entro il 30 giugno, poiché non è previsto un passaggio diretto dal libero al Servizio a Tutele Graduali.
Altre notizie:
SUPERBONUS
SKYTG24 – APPROVATO IN VIA DEFINITIVA IL DECRETO SUL SUPERBONUS: NIENTE SGRAVIO E RATE IN 10 ANNI
La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il decreto legge sul Superbonus, trasformandolo in legge. Con 150 voti favorevoli e 109 contrari, il governo ha ottenuto la fiducia necessaria per procedere con le modifiche. Il Superbonus, come voluto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è stato modificato principalmente per quanto riguarda la dilazione delle rate, che ora saranno spalmate su dieci anni invece di quattro, per tutte le spese sostenute a partire da gennaio 2024. Questa modifica, con effetto retroattivo, è stata oggetto di accese discussioni. Inoltre, a partire da gennaio 2025, sarà vietata la compensazione per banche e assicurazioni dei crediti da bonus edilizi con i contributi Inps e Inail. Virginio Merola del Partito Democratico ha criticato duramente il decreto, definendolo dannoso per famiglie e imprese, e accusando il governo di incompetenza e di favorire l’evasione fiscale con scelte inadeguate. Luigi Marattin di Italia Viva ha espresso la sua contrarietà, evidenziando come la stretta sul Superbonus danneggi cittadini, imprese e banche per un beneficio finanziario minimo. Ha inoltre criticato la gestione del governo riguardo alle previsioni di spesa del Superbonus per il 2023, definendole erronee di 40 miliardi di euro. Tommaso Foti di Fratelli d’Italia ha dichiarato che con l’approvazione del decreto si chiude la stagione dei bonus edilizi, che secondo lui hanno danneggiato i conti dello Stato togliendo risorse a settori cruciali come scuola, sanità e pensioni. Foti ha sostenuto che la misura consentirà di dare respiro alla finanza pubblica, arginando frodi e speculazioni. Laura Cavandoli della Lega ha affermato che il decreto ha messo fine a una misura fuori controllo e che ha costato molto in termini di deficit. Ha sottolineato che il bonus ha riguardato solo il 4% del patrimonio edilizio e generato appena l’1% del Pil, criticando la sua promozione da parte del Movimento 5 Stelle. Cavandoli ha inoltre espresso la sua opposizione alla direttiva europea sulle case green, considerandola insostenibile sia economicamente che ambientalmente.
Altre notizie:
LAVORO
CORRIERE – IN ITALIA CRESCE L’OCCUPAZIONE MA IL SALARIO REALE E’ PIU’ BASSO RISPETTO A 30 ANNI FA
L’Italia si trova di fronte a una realtà economica in cui l’occupazione può aumentare, ma i salari non seguono la stessa tendenza. Secondo i dati dell’Ocse, il nostro paese si distingue per la maggiore diminuzione dei salari reali rispetto ad altre grandi economie mondiali. Questa situazione rende sempre più difficile per le persone soddisfare le necessità primarie come casa, cibo e trasporti, nonostante abbiano un’occupazione. Il rapporto dell’Ocse evidenzia un declino costante nel salario reale in Italia. Nel periodo tra il 1990 e il 2020, i salari reali sono diminuiti del 2,9%. Tuttavia, la situazione è peggiorata significativamente dopo la pandemia, con un calo del 7,3% nel 2022 rispetto all’anno precedente. Questa tendenza negativa si è mantenuta nel corso degli anni, con un modesto aumento dell’1% dal 1991. Tale stagnazione ha posizionato l’Italia al 22º posto tra i Paesi Ocse per il livello dei salari medi annuali reali nel 2022, segnando un calo di 13 posizioni rispetto al 1992. Nell’Eurozona, l’Italia si distingue ulteriormente per il suo modesto aumento dei salari nominali. Nel 2022, il valore nominale dei salari è cresciuto solo dell’1,1%, mentre altri paesi hanno registrato incrementi più significativi. Ad esempio, in Germania è stato registrato un aumento del +2,7%, nella Repubblica Ceca del +4,4%, e in Francia approssimativamente del +5%. Questi paesi hanno adottato misure che hanno legato l’andamento dei salari all’inflazione, consentendo una rinegoziazione dei contratti collettivi e un conseguente aumento del loro valore nominale. Tuttavia, in Italia, questa pratica non è stata adottata. Più della metà dei contratti collettivi nel settore privato sono scaduti, e il tempo medio di attesa per il rinnovo è aumentato significativamente da 20,5 mesi nel gennaio 2023 a 32,2 mesi nel dicembre 2023. Il Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha sottolineato l’urgenza di affrontare la perdita del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e pensionati. Questo fenomeno non solo mette a rischio il benessere individuale, ma anche la stabilità dell’economia nazionale nel suo complesso.
Altre notizie:
TASSE
ILSOLE24ORE – GLI INCASSI DELLE MULTE STRADALI SONO AUMENTATI DEL 6,9% NEL 2023
Nel 2023, gli incassi derivanti dalle multe stradali nei principali Comuni italiani sono aumentati del 7%, raggiungendo un totale di 584,7 milioni di euro nelle 20 città più grandi del Paese. Roma ha registrato il maggior incremento, con oltre 172 milioni di euro, un aumento del 29,7% rispetto al 2022. Al secondo posto c’è Milano, con 147 milioni di euro, anche se in calo del 3% rispetto all’anno precedente. Firenze e Bologna seguono rispettivamente con 45 e 43 milioni di euro. L’analisi delle multe elevate tramite autovelox mostra che Firenze ha incassato di più con 18,7 milioni di euro, seguita da Milano (8,5 milioni), Roma (7,5 milioni) e Genova (5 milioni). In termini di multe pro capite, Potenza e Firenze registrano i valori più alti, con oltre 123 euro per residente, mentre Napoli si trova in fondo alla classifica con soli 8,2 euro pro capite. Potenza ha visto la crescita più significativa nei proventi da sanzioni stradali, con un incremento del 110% in un anno, passando da 3,7 milioni di euro nel 2022 a 7,9 milioni di euro nel 2023. Altri aumenti significativi sono stati registrati a Catanzaro (+41,8%), Venezia (+39,5%) e Pescara (+32,8%). Tuttavia, nove delle venti città principali hanno registrato un calo nei proventi, con Trieste che ha visto una diminuzione del 33%, seguita da Napoli (-15,5%) e Palermo (-10%). Nonostante l’incremento delle multe, sorgono domande sulla destinazione di questi fondi e sull’efficacia delle misure per la sicurezza stradale. Il Codacons sottolinea che l’Osservatorio sulle multe stradali, introdotto dal decreto legge P.a. bis del 2023, non è ancora operativo. Questo Osservatorio dovrebbe monitorare gli incidenti stradali, l’utilizzo dei proventi delle multe e l’uso dei dispositivi elettronici di controllo della velocità. Il mancato funzionamento dell’Osservatorio solleva dubbi sull’uso trasparente ed efficace dei fondi raccolti tramite le multe stradali.
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SOLDI
ANSA – L’ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA E’ TRA LE PIU’ CARE D’EUROPA
L’energia elettrica in Italia è tra le più costose d’Europa. Il Paese si colloca al sesto posto per il costo medio di un kilowattora, che negli ultimi due anni è aumentato del 42%, rispetto al 20% della media UE. Nel 2023, gli italiani hanno speso in media oltre 960 euro per la bolletta elettrica, il 23% in più rispetto alla media europea per gli stessi consumi. Questa cifra è stata calcolata da Facile.it considerando il consumo di una famiglia-tipo italiana (2.700 kWh) e le tariffe dell’energia elettrica rilevate da Eurostat nei vari Paesi dell’UE. Se in Italia si applicassero le tariffe medie europee, il costo delle bollette si ridurrebbe di oltre 180 euro all’anno. Nel 2023, l’Italia ha registrato una delle peggiori performance in Europa per il costo dell’energia elettrica. Analizzando il secondo semestre dello scorso anno, l’Italia è risultata il sesto paese più caro tra i 27 Stati UE, con una tariffa media di 0,3347 euro per kilowattora (tasse e oneri inclusi). Anche se c’è stato un calo dei prezzi del 12% rispetto al primo semestre, non è stato sufficiente per uscire dal gruppo dei paesi con le tariffe più elevate. Solo pochi Paesi hanno avuto costi superiori. In Germania, i consumatori hanno speso il 20% in più rispetto all’Italia, in Irlanda e Belgio il 13% in più, e in Danimarca il 6% in più. Molti altri Paesi hanno invece registrato tariffe più basse. In Francia, il prezzo medio è stato il 29% inferiore rispetto all’Italia, in Spagna il 43% inferiore, e in Svezia addirittura il 53% inferiore. Le tariffe italiane sono state più alte del 196% rispetto a quelle ungheresi.
Altre notizie:
POVERTA’
ILMANIFESTO – ISTAT: 5,7, MILIONI DI POVERI IN ITALIA. NEL 2014 ERANO 4 MILIONI
Secondo l’Istat, la situazione della povertà in Italia è peggiorata notevolmente negli ultimi anni. Nel 2024, 5,7 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta, un aumento rispetto ai 4 milioni del 2014. Questo aumento riflette gravi difficoltà economiche, sociali e personali, con 1,3 milioni di minorenni in condizioni di grave deprivazione. La restrizione dell’accesso all’assegno di inclusione e al supporto lavoro e formazione, che hanno sostituito il reddito di cittadinanza, potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione nel prossimo anno. Nonostante un aumento dell’occupazione dell’1,8% tra il 2022 e il 2023, è aumentato il numero di lavoratori poveri, specialmente nei settori della ristorazione, del turismo e dei servizi. La povertà assoluta tra gli occupati è cresciuta dal 4,9% del 2014 al 7,6% del 2023. I lavoratori, in particolare gli operai, hanno visto aumentare la loro percentuale di povertà dal 9% del 2014 al 14% del 2023. Questa crescita della povertà tra i lavoratori dimostra che i salari non sono sufficienti a proteggere le persone e le loro famiglie da gravi disagi economici e sociali. Inoltre, il lavoro part-time involontario è particolarmente diffuso tra le donne, specialmente al Sud, dove nel 2022 ha raggiunto il 57,9%, rispetto al 50,8% in Spagna, al 25,9% in Francia e al 6,1% in Germania. Le misure adottate dal governo Meloni contro l’inflazione, come il “carrello tricolore anti-inflazione”, non sono state sufficienti a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Nel biennio 2021-2023, le retribuzioni contrattuali orarie sono aumentate del 4,7%, mentre l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è aumentato del 17,3%. Questa discrepanza ha portato le famiglie più povere a intaccare i loro risparmi e a spendere di più per beni essenziali come casa, acqua, elettricità, gas e cibo. La produttività del lavoro in Italia è cresciuta solo dell’1,3% tra il 2007 e il 2023, molto meno rispetto ad altri Paesi europei. Questo ha contribuito alla stagnazione del PIL e all’allargamento del divario di crescita con altre economie dell’UE. Negli ultimi trent’anni, i salari reali in Italia sono rimasti fermi, con una crescita simbolica dell’1% rispetto al 32,5% registrato in media nell’area OCSE. Questo contesto economico-politico, caratterizzato da austerità e possibili sanzioni per deficit eccessivo, potrebbe influenzare le future politiche del governo.
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