Grazie alla tele-medicina, è possibile creare una rete tra ospedali, medici e comunità per monitorare i pazienti, assisterli nelle malattie croniche e favorire la prevenzione
Grazie alla tele-medicina, è possibile creare una rete tra ospedali, medici e comunità per monitorare i pazienti, assisterli nelle malattie croniche e favorire la prevenzione. Attraverso la cooperazione internazionale, il servizio di tele-medicina italiano aiuta le popolazioni africane a salvaguardare la propria salute. Ad esempio, Salimu, un bambino di 5 anni affetto da HIV, è stato al centro di un programma ambizioso che collega 49 centri sanitari con oltre 200 medici volontari italiani, garantendo oltre 50.000 tele-consulti, come riportato dall’Osservatore Romano.
Il Ministero della Salute indica che l’uso della tele-medicina, attraverso l’assistenza e il monitoraggio dei pazienti a distanza, risponde alle esigenze di una popolazione in crescita e con un aumento delle malattie croniche. La tele-medicina comprende tutte le prestazioni sanitarie che, grazie a tecnologie innovative, permettono a medici e pazienti di effettuare visite da remoto. Questo approccio mira a migliorare l’efficienza del sistema sanitario internazionale e a ridurre i costi di gestione, affrontando problemi quotidiani come la mancanza di standard igienico-sanitari, migliorando la qualità e la disponibilità dei servizi sanitari.
Una delle sfide principali dei Paesi africani è organizzare e gestire i propri sistemi sanitari, spesso carenti di operatori, con accesso limitato ai servizi e opportunità di formazione insufficienti per i professionisti. La cooperazione tra Italia e Africa supporta queste cause fornendo assistenza sanitaria di qualità nelle regioni remote, grazie alla formazione continua del personale locale e all’innovazione tecnologica. I risultati sono tangibili, come nel caso di Salimu, che ha cambiato il suo destino grazie all’incontro con un medico italiano.
L’idea della sanità digitale è stata promossa dal dottor Michelangelo Bartolo, responsabile del Centro di tele-medicina dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma e coordinatore del Gruppo di lavoro di tele-medicina della Regione Lazio. Raccontando la sua esperienza alla Comunità di Sant’Egidio, Bartolo ricorda: “Nel 2008, ad Arusha in Tanzania, incontrai Salimu, un bambino di 5 anni sostenuto da una stampella. Con lui c’era la nonna, che aveva una tac senza referto. Anche se non ero un radiologo, inviai le immagini a un collega, che nel giro di poche ore mandò il referto e avviò il processo di guarigione del bambino”.