Le indagini sulla strage di Mestre si sono concentrate sullo stato di manutenzione del guardrail e del cavalcavia, su un eventuale guasto meccanico dell’autobus, e su un possibile malore dell’autista
Le indagini sulla strage di Mestre, avvenuta il 3 ottobre 2023, sono ancora in corso. La procura di Venezia ha disposto una serie di approfondimenti sulle prime ricostruzioni delle cause dell’incidente, che ha provocato la morte di 21 persone e il ferimento di altre 15.
Le indagini si sono concentrate su tre elementi in particolare:
- Lo stato di manutenzione del guardrail e del cavalcavia;
- Un eventuale guasto meccanico dell’autobus;
- Un possibile malore dell’autista.
L’inchiesta è più complicata del previsto perché i risultati ottenuti finora sono piuttosto incerti.
L’autobus elettrico, che collegava Venezia al campeggio Hu di Marghera, aveva sbandato verso destra dopo la rampa di ingresso al cavalcavia “della Vempa”. Dopo aver strisciato per una cinquantina di metri sul guardrail, il mezzo aveva continuato a mantenersi verso destra colpendo la barriera del cavalcavia a una velocità molto ridotta, di circa 5-6 chilometri orari. L’autobus aveva infine sfondato la barriera per via del peso notevole ed era precipitato, ribaltandosi prima di finire sulla strada.
Nello schianto erano morti nove turisti ucraini, quattro romeni, tre tedeschi, un croato, due portoghesi, un sudafricano e un italiano, l’autista Alberto Rizzotto.
Lo stato di manutenzione del guardrail
La procura ha nominato come consulente Placido Migliorino, ispettore del ministero dei Trasporti. Migliorino ha fatto due sopralluoghi molto approfonditi per capire lo stato di manutenzione del guardrail. Il cavalcavia è stato scannerizzato con un laser per essere ricostruito in 3D. Sono state misurate le altezze di tutti i componenti, sono stati fatti carotaggi nell’asfalto e sono stati tagliati pezzi di marciapiede e di barriera da analizzare in laboratorio. Infine è stata esaminata a fondo anche la carcassa dell’autobus.
I risultati degli accertamenti di Migliorino non sono ancora stati resi noti. Tuttavia, è stato reso noto che il guardrail era stato realizzato nel 1979 e che non era stato oggetto di interventi di manutenzione significativi negli ultimi anni.
Un possibile malore dell’autista
A metà ottobre è stata fatta una prima autopsia sul corpo dell’autista Alberto Rizzotto. I medici Guido Viel e Roberto Rondolini non avevano trovato segni evidenti di anomalie, ma avevano chiesto di fare nuovi esami, in particolare sul cuore.
Durante la seconda autopsia i medici hanno trovato segnali di una possibile compromissione del tessuto cardiaco, anche se non così evidenti. Per questo è stato programmato un ulteriore esame a cui parteciperanno anatomopatologi esperti di morti improvvise. Il terzo esame si terrà il 21 dicembre.
Un eventuale guasto meccanico dell’autobus
I tecnici informatici incaricati dalla procura hanno analizzato le cosiddette scatole nere dell’autobus, cioè i dispositivi elettronici che registrano dati come la velocità, l’utilizzo dei freni, la geolocalizzazione.
Una delle due scatole nere dovrebbe contenere i video delle tre telecamere a bordo, che però non riprendono l’autista. I periti sono al lavoro per recuperare le immagini.
L’altra scatola nera ha trasmesso i dati attraverso una sim a un server di Francoforte gestito da Amazon per conto della società produttrice degli autobus, la cinese Yutong. La procura dovrà quindi fare una rogatoria internazionale, ovvero una procedura per chiedere alle forze dell’ordine tedesche di acquisire i dati.
Gli indagati
Pochi giorni dopo l’incidente la procura di Venezia aveva cominciato a indagare su Roberto Di Bussolo, dirigente del settore Mobilità e viabilità della terraferma del comune di Venezia, Alberto Cesaro, funzionario del settore Manutenzione, e Massimo Fiorese, l’amministratore delegato di La Linea, la società che gestisce il servizio di navetta di cui faceva parte l’autobus. I tre sono accusati dei reati di omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose.
La scorsa settimana la procura ha coinvolto nell’indagine anche Simone Agrondi, dirigente dei Lavori pubblici del comune di Venezia. Agrondi è uno dei progettisti del cantiere per il rinnovo del cavalcavia, che erano iniziati soltanto il mese prima dell’incidente nonostante l’evidente scarso stato di conservazione.
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