Il rischio di malattie genetiche nei figli aumenta con l’età del padre. I ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Università di Oxford, hanno scoperto un nuovo meccanismo molecolare che spiega perché alcune malattie rare diventano più frequenti con l’invecchiamento paterno.
Le “nuove mutazioni” che causano molte malattie genetiche vengono trasmesse principalmente dal padre. Questo rischio cresce con l’età poiché le cellule che danno origine agli spermatozoi, chiamate spermatogoni, si replicano durante tutta la vita. Ogni nuova replicazione può aumentare il numero di mutazioni. Inoltre, le cellule che contengono il gene mutato possono replicarsi più velocemente rispetto a quelle sane, un fenomeno noto come “vantaggio clonale”. Questo fa sì che il rischio di trasmettere una malattia genetica rara ai figli diventi maggiore con il passare degli anni.
Questa scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica The American Journal of Human Genetics, rappresenta un passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base delle malattie genetiche legate all’età paterna.
La sindrome di Myhre e il ruolo paterno
Le malattie genetiche nascono da mutazioni che possono colpire uno o più geni. Queste mutazioni possono essere ereditate dai genitori o comparire spontaneamente durante la replicazione del DNA nelle cellule dell’embrione. Quando le mutazioni sono ereditate, possono provenire dal corredo genetico originale dei genitori o svilupparsi de novo nelle cellule staminali germinali che danno origine agli spermatozoi e agli ovociti. In questo caso, il gene mutato, spesso trasmesso dal padre, può causare la malattia nel nascituro, anche se la mutazione non era presente nel corredo genetico originario dei genitori.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Università di Oxford, ha esaminato la sindrome di Myhre, una malattia genetica rara causata da mutazioni nel gene SMAD4. Queste mutazioni si sviluppano spontaneamente negli spermatogoni, le cellule staminali che producono gli spermatozoi, durante il processo di replicazione del DNA. I ricercatori hanno dimostrato che le mutazioni responsabili della sindrome di Myhre hanno sempre origine paterna.
Il vantaggio selettivo dei geni mutati
I ricercatori del MRC Weatherall Institute of Molecular Medicine dell’Università di Oxford hanno scoperto che le mutazioni nel gene SMAD4 conferiscono un vantaggio proliferativo alle cellule staminali germinali, favorendo la loro espansione clonale. Questo significa che le cellule con la mutazione si dividono più frequentemente, aumentando le probabilità che uno spermatozoo porti una mutazione responsabile di una malattia genetica. Il rischio di trasmettere queste mutazioni aumenta con l’età del padre.
In aggiunta, gli studi condotti dai ricercatori dell’Ospedale Bambino Gesù hanno rivelato il possibile meccanismo molecolare che conferisce questo vantaggio proliferativo alle cellule staminali germinali con la mutazione del gene SMAD4. Le mutazioni sembrano causare l’iperattivazione della cascata di segnalazione MAPK, una via intracellulare che viene generalmente attivata in risposta ai fattori di crescita. Questo processo è simile a quello osservato in molte malattie oncologiche, dove la crescita cellulare è accelerata.
Lo studio
Lo studio, condotto su scala internazionale e multicentrica, ha analizzato campioni provenienti da 18 pazienti affetti dalla sindrome di Myhre, dai loro genitori e da donatori anonimi di età compresa tra 24 e 75 anni. Inoltre, sono stati esaminati i dati anagrafici di 35 famiglie americane con casi di sindrome di Myhre. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista The American Journal of Human Genetics.
Il dottor Marco Tartaglia, responsabile dell’Unità di Genetica Molecolare e Genomica Funzionale dell’Ospedale Bambino Gesù, ha sottolineato l’importanza di questi risultati sia per le implicazioni nella consulenza genetica e nel calcolo del rischio riproduttivo, sia per l’avanzamento delle conoscenze scientifiche. Lo studio ha evidenziato l’espansione clonale associata a mutazioni in una proteina che opera al di fuori delle vie di segnalazione finora legate a questo fenomeno. Questo suggerisce che, con l’aumentare dell’età paterna, possono intervenire diversi meccanismi molecolari che aumentano la probabilità di trasmettere al nascituro un gene mutato, potenzialmente causa di malattia.