Il petrolio russo sta evitando le sanzioni attraverso i porti turchi, secondo un recente rapporto del Centro di Ricerca sull’Energia e l’Aria Pulita (CREA) e del Centro per lo Studio della Democrazia (CSD). L’Unione Europea (UE) ha importato prodotti petroliferi per 3 miliardi di euro da porti turchi, principalmente gestori di petrolio russo, che non hanno strutture di raffinazione.
Da quando l’UE ha vietato i prodotti petroliferi russi il 5 febbraio 2023, fino alla fine di febbraio 2024, ha acquistato 5,16 milioni di tonnellate di petrolio dai porti turchi di Ceyhan, Marmara Ere?lisi e Mersin. Questi porti, senza capacità di raffinazione, hanno importato l’86% dei loro prodotti petroliferi dalla Russia durante questo periodo, trasformando la Turchia in un importante hub di ri-importazione.
Le importazioni di petrolio russo in Turchia sono cresciute di quasi cinque volte nell’ultimo decennio. Entro il 2023, la Turchia diventerà il più grande acquirente globale di prodotti petroliferi russi, importando il 18% delle esportazioni totali della Russia. Questa dipendenza è cresciuta dal 52% nel 2022 al 72% nel 2023, indicando una crescente dipendenza dai prodotti raffinati russi.
Indagini suggeriscono che le entità europee potrebbero aver importato prodotti petroliferi russi miscelati o riesportati dai terminali di stoccaggio turchi. Questo commercio, che sfrutta scappatoie legali, consente ai prodotti petroliferi russi miscelati di entrare nell’UE.
Questo dirottamento del petrolio russo attraverso la Turchia non solo ha aggirato le sanzioni, ma ha anche generato significative entrate fiscali per la Russia, sostenendo i suoi sforzi bellici in Ucraina. Per affrontare questo problema, CREA e CSD raccomandano un inasprimento della legislazione dell’UE, l’applicazione di regole di origine rigorose e indagini sulle spedizioni per prevenire ulteriori elusioni delle sanzioni.