Il governo italiano sta lavorando a un progetto per creare una holding dei porti, un’iniziativa che potrebbe gestire un settore del valore di oltre 8 miliardi di euro
Il governo italiano sta lavorando a un progetto per creare una holding dei porti, un’iniziativa che potrebbe gestire un settore del valore di oltre 8 miliardi di euro. L’esecutivo sta preparando una legge delega per avviare la riforma del sistema portuale, con l’intenzione di mantenere la maggioranza della nuova società sotto il controllo pubblico. Il viceministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, è al centro di questo progetto e sta lavorando su quattro diverse bozze, ispirandosi al modello di Enav, l’ente che gestisce il traffico aereo in Italia.
L’intenzione è di dare il via a questo processo una volta che saranno nominati i nuovi presidenti delle Autorità di sistema portuale, gli enti che attualmente gestiscono i porti italiani. Molti di questi enti sono commissariati, come quelli di Genova, Trieste, Bari e lo Stretto di Messina, o sono guidati da presidenti prossimi alla scadenza del mandato, come nel caso del porto della Spezia. Solo dopo queste nomine, il governo ritiene che i tempi saranno maturi per avviare la riforma del settore, una riforma che Rixi aveva già annunciato due anni fa, ma che finora non è stata ancora realizzata.
Attualmente, si lavora per trovare una sintesi tra le varie proposte, che dovrà essere formalizzata con una legge delega. Per mesi si è ipotizzato che questa delega potesse trovare spazio nella prossima legge di bilancio, ma fonti del Ministero dell’Economia hanno smentito questa possibilità.
Secondo uno studio di Srm, il centro studi collegato a Intesa Sanpaolo, il valore economico generato dai porti italiani è stimato in circa 8 miliardi di euro. L’obiettivo del governo, in particolare del Ministero dei Trasporti, non è quello di apportare semplici modifiche alla legge portuale attuale, ma di introdurre una riforma che possa durare nel tempo. La pietra angolare di questa riforma, come dichiarato dallo stesso Rixi durante un recente forum organizzato dal gruppo Gedi, sarà la creazione di un “super-ente” con un coordinamento nazionale e una visione d’insieme del sistema portuale. Senza un tale coordinamento, secondo Rixi, si rischierebbe di costruire nuove infrastrutture inutili, come già successo in passato.
Il nuovo ente centrale dovrebbe essere in grado non solo di coordinare le attività portuali nazionali, ma anche di acquisire infrastrutture all’estero, per evitare errori di pianificazione fatti in passato, come nel caso della costruzione di tre mega-porti di trasbordo in Italia, di cui solo uno, Gioia Tauro, è sopravvissuto.
Inoltre, la creazione di un ente unico permetterebbe all’Italia di competere meglio con i grandi gruppi internazionali che oggi dominano il settore dello shipping. L’obiettivo è anche quello di effettuare investimenti all’estero, con partecipazioni strategiche in altre società di gestione portuale.
Le proposte attualmente in discussione includono il rafforzamento dell’attuale Conferenza dei presidenti delle Autorità portuali, che però finora non ha avuto un grande impatto, o la creazione di una vera e propria holding pubblica. Il modello che Rixi sta valutando con maggiore interesse è quello dell’Enav, una società pubblica con oltre il 53% delle quote controllate dal governo, ma quotata in Borsa, con una partecipazione anche di soci istituzionali, sia italiani che stranieri.
Un’altra possibilità è la creazione di una società pubblica che permetta la partecipazione degli enti locali e, in minoranza, anche di soggetti privati. A livello internazionale, ci sono già esempi di successo in questo ambito, come la Psa, la più grande società terminalistica al mondo, che gestisce il principale terminal di import-export in Italia ed è controllata dalla Temasek, la holding degli investimenti della città-stato di Singapore.
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