La strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969)

Il 12 dicembre del 1969 una bomba confezionata con 7 kg di tritolo esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, a Milano: una strage che costò 17 morti e 88 feriti

La strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969)
La strage di Piazza Fontana. Il 12 dicembre del 1969, alle 16.37, una bomba confezionata con 7 kg di tritolo esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano provocando 17 morti e 88 feriti. L’episodio passerà alla storia come “Strage di Piazza Fontana“. L’attentato diede inizio alla cosiddetta “Strategia della Tensione“, un periodo storico segnato da bombe nelle banche, di stragi di civili sui treni e nei comizi sindacali.

Dopo l’attentato di Piazza Fontana seguì il cosiddetto “periodo dello stragismo“, dove altre bombe piazzate in luoghi affollati colpirono civili innocenti. Vi fu un attentato nel 1974 in Piazza della Loggia a Brescia (8 morti). Poi, sul treno Italicus, nel 1980, alla stazione di Bologna (12 morti). Infine, nel 1984 sul Rapido 904, nota come Strage di Natale.

Cosa accadde il 12 dicembre del 1969?

Tutto ebbe inizio il 12 dicembre 1969 con le bombe all’Altare della Patria e nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro a Roma, con alcuni feriti. E, in contemporanea, con la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, a Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti.

7 kg di tritolo esplosero nel salone del grande tetto a cupola della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Contemporaneamente a Roma, altri 3 ordigni esplosero in diversi punti della città, ferendo 16 passanti. Una quinta bomba, rimasta inesplosa, venne rinvenuta in Piazza della Scala a Milano e fatta brillare dagli artificieri.

La contemporanea esplosione di 4 bombe tra Milano e Roma indicò chiaramente l’esistenza di una regia occulta volta a colpire il Paese nelle sue 2 città principali.

Le indagini

La storia della strage di Piazza Fontana è nota anche per i numerosi errori e depistaggi che subirono le inchieste per smascherare i colpevoli. Infatti, ancora oggi non si conosce tutta la verità su colpevoli e mandanti.

Sono stati celebrati 10 processi, con depistaggi, fughe all’estero di imputati, latitanze decennali, condanne, fino alla definitiva assoluzione dei presunti esecutori: Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi.

Ma non dell’area nazifascista che aveva organizzato la strage e di quella parte degli apparati dello Stato con loro collusa, per favorire, attraverso la paura, l’insediamento di un governo autoritario in Italia“, affermò il giudice milanese Guido Salvini, che condusse l’istruttoria 1989-97 su Piazza Fontana sulla base della quale si sono avute la condanna degli imputati in primo grado (30 giugno 2001) e la loro assoluzione in appello (12 marzo 2004) con conferma dell’assoluzione in Cassazione (3 maggio 2005).

Il primo errore fu l’accusa al ferroviere Giuseppe Pinelli. Questi apparteneva ad un gruppo di anarchici che inizialmente vennero indagati come sospetti responsabili della strage. Il giorno stesso dell’attentato Pinelli fu portato in Questura e lì vi rimase per i successivi 3 giorni di interrogatori. Il 15 dicembre, però, Pinelli morì cadendo dalla finestra dell’ufficio del commissario Luigi Calabresi, che stava seguendo il caso.

La prima versione fu che Pinelli si era suicidato, forse mosso dal rimorso per quanto compiuto. Gli accertamenti successivi, però, dimostrarono che il ferroviere anarchico non era coinvolto nell’esplosione della banca. Quando la verità sull’innocenza di Pinelli venne a galla, il commissario Luigi Calabresi subì una campagna denigratoria e di intimidazioni da parte di stampa, intellettuali e gruppi politici di sinistra (lo accusavano della morte dell’anarchico). Come accertarono gli inquirenti, però, Luigi Calabresi non era nel suo ufficio quando Pinelli volò dal quarto pianto.

Nel 1972 il commissario perse la vita per mano di alcuni militanti del gruppo estremista di Lotta Continua.

Dopo Pinelli, un altro anarchico, Pietro Valpreda, venne arrestato e accusato di essere il “mostro” dietro la Strage di Piazza Fontana. Anche in questo caso, però, nonostante pagine e pagine di giornali ne parlassero come il certo colpevole, si scoprì che l’uomo era estraneo ai fatti.

Negli anni successivi, nonostante il mare di menzogne e false piste disseminate sulla strada degli investigatori, si giunse a stabilire che la mano dietro alla strage fu quella di un gruppo di estrema destra, “Ordine Nuovo“. I leader Franco Freda e Giovanni Ventura, però, vennero assolti anni prima dalla Corte d’assise di Bari, quando le prove incriminanti non erano ancora state trovate.

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