Pubblicare o condividere sui social informazioni sbagliate costituisce reato?

Pubblicare o condividere informazioni sbagliate sui social costituisce reato? Quando c’è diffamazione per aver riportato una notizia inesatta?

Pubblicare o condividere sui social informazioni sbagliate costituisce reato?

Pubblicare o condividere sui social informazioni sbagliate costituisce reato? Quando si può parlare di diffamazione a causa di una notizia inesatta? L’uso intenso dei social network porta a una visibilità che non sempre si traduce in effetti positivi. Chi decide di pubblicare o condividere contenuti sul proprio profilo, infatti, si espone inevitabilmente alle critiche degli altri utenti, che possono essere molto dure, anche quando le informazioni condivise sono sbagliate ma diffuse in buona fede. In questo contesto, sorge una domanda importante: si può rischiare una querela per aver commesso errori sui social network?

Il quesito prende spunto da una domanda posta da un lettore, che ha spiegato di aver pubblicato un video in cui, per errore, ha descritto un veicolo come dotato di motori asincroni invece che sincroni. Dopo aver corretto l’errore nella descrizione, si chiede se rischia comunque una querela. Per comprendere meglio la situazione, è utile esaminare in che circostanze riportare informazioni sbagliate potrebbe costituire un reato.

In generale, diffondere informazioni errate online non rappresenta automaticamente un crimine. Tuttavia, in determinate circostanze, potrebbero sorgere delle conseguenze legali. Il codice penale italiano, all’articolo 656, stabilisce che chi pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose che possano turbare l’ordine pubblico rischia una pena che può arrivare fino a tre mesi di arresto o un’ammenda fino a 309 euro.

Perché le cosiddette “fake news” costituiscano reato, è necessario che alterino significativamente la realtà, distorcendo completamente i fatti, e che causino un turbamento dell’ordine pubblico, creando allarme, preoccupazione o agitazione tra la popolazione. È importante notare che, trattandosi di una contravvenzione, non è richiesto che l’autore abbia agito con dolo, ovvero con intenzione maliziosa. Anche un errore commesso in buona fede può quindi avere conseguenze legali se provoca gli effetti sopra descritti.

Il reato di procurato allarme

Il reato di procurato allarme, previsto dall’articolo 658 del codice penale, prevede sanzioni per chiunque, diffondendo notizie su disastri, infortuni o pericoli inesistenti, crei un allarme presso le autorità o enti pubblici. Questa fattispecie si distingue dalla semplice diffusione di notizie false, poiché, mentre quest’ultima mira a disinformare il pubblico in generale, il procurato allarme si verifica quando una notizia falsa provoca una reazione specifica da parte delle autorità competenti. Le forze dell’ordine o altri enti pubblici potrebbero essere indotti ad agire in risposta a questi falsi allarmi, distogliendo risorse da situazioni reali di emergenza.

Diffamazione per notizie false

Un altro aspetto da considerare è la possibilità che un’informazione errata possa portare a una querela per diffamazione. Questo può accadere anche quando l’errore è stato commesso in buona fede. Secondo la giurisprudenza italiana, riportare in modo scorretto informazioni che riguardano una persona può danneggiarne la reputazione e costituire reato di diffamazione. Ad esempio, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 maggio 2018, n. 12370, ha stabilito che definire erroneamente una persona come “imputato” invece che “indagato” può arrecare un grave danno alla sua reputazione, configurando così il reato di diffamazione.

Tuttavia, è importante sottolineare che per configurare il reato di diffamazione, è necessario dimostrare il dolo, cioè l’intenzione deliberata di diffondere un’informazione falsa con l’obiettivo di screditare la persona interessata. La Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 giugno 2021, n. 22777, ha chiarito che se manca la volontà offensiva o dispregiativa, non si può parlare di diffamazione. In altre parole, se l’errore è stato commesso senza l’intenzione di danneggiare la reputazione di qualcuno, non si potrà procedere con una condanna per diffamazione.

Errori sui social: si rischia una querela?

Considerando quanto esposto finora, è possibile affermare che un errore, inteso come la diffusione di un’informazione inesatta sui social network, di solito non costituisce reato. In generale, per configurare un reato penale, devono verificarsi circostanze particolarmente gravi e rare. Questo è ancor più vero quando l’errore riguarda un ambito tecnico specifico, come il settore giuridico, ingegneristico o matematico, e deriva da un’evidente disattenzione o da una mancanza di conoscenza da parte di chi lo commette.

In sostanza, se l’errore non è stato commesso con l’intenzione deliberata di arrecare danno (quindi senza dolo), è molto difficile che si possa essere querelati per un errore sui social. La stessa natura dell’errore, che per definizione implica involontarietà, tende a escludere la configurazione di un reato doloso, come la diffamazione.

Rimane comunque la possibilità di incorrere in reati che possono essere puniti anche per negligenza, come il procurato allarme o la pubblicazione di notizie false, esagerate o tendenziose, che siano capaci di turbare l’ordine pubblico. Riguardo a quest’ultimo reato, è teoricamente possibile immaginare una situazione in cui una persona, fraintendendo un evento, diffonda una notizia che provochi preoccupazione tra un ampio numero di persone.

Ad esempio, si potrebbe pensare al caso di Carlo, che osserva il passaggio di un convoglio militare. Non rendendosi conto che si tratta di una semplice esercitazione, Carlo decide di pubblicare su tutti i social network la notizia di una presunta imminente invasione da parte di un nemico. In questo caso, l’errore commesso è così grave da distorcere completamente la realtà, e potrebbe potenzialmente generare panico tra le persone. In una situazione del genere, si potrebbe configurare il reato di procurato allarme, ma solo se l’errore è tale da far credere a molti che la notizia sia vera, causando un allarme ingiustificato.

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