Se sei preso di mira sui social da un’altra persona che non perde occasione per criticarti e attaccarti, per stabilire se si tratta di stalking, è importante esaminare il contenuto delle dichiarazioni pubblicate
Cosa fare se qualcuno ti perseguita sui social? Per stabilire se si tratta di stalking, è importante esaminare il contenuto delle dichiarazioni pubblicate. Il linguaggio utilizzato può indicare se è stato oltrepassato il diritto di critica. È possibile fornire alcuni punti generali per chiarire quando le critiche sui social diventano persecuzioni e quando queste persecuzioni si configurano come stalking.
Le critiche continue sui social sono reato?
La Costituzione italiana garantisce la libertà di espressione a tutti, permettendo a ciascuno di esprimere le proprie opinioni e di dissentire da quelle altrui, anche se sistematicamente o per ragioni di antipatia personale. Tuttavia, quando la critica diventa un attacco personale con l’obiettivo di danneggiare la reputazione morale, personale o professionale di qualcuno, si entra nel campo della diffamazione, che è aggravata se avviene sui social.
La critica deve rimanere entro i limiti della moderazione, nota come “continenza“, e deve mirare a evidenziare i punti di disaccordo senza trasformarsi in un attacco personale. Attaccare ripetutamente una persona non costituisce di per sé un reato, a meno che questo comportamento non porti a conseguenze più gravi, che verranno illustrate successivamente.
Le offese generiche sono reato?
Offendere una persona senza menzionarne il nome può comunque costituire diffamazione se l’identità della vittima è facilmente riconoscibile, anche da un numero limitato di persone. Il reato di diffamazione si configura quando l’offesa viene pronunciata o scritta in presenza di almeno due persone. Pertanto, se i lettori riescono a identificare la persona a cui è diretta l’offesa o a risalire alle sue generalità, si configura un illecito penale ed è possibile sporgere querela.
Quando l’accanimento sui social è reato?
Secondo la Cassazione, lo stalking può configurarsi anche senza contatti diretti con la vittima. Questo reato può verificarsi quando lo stalker si rivolge a terze persone affinché trasmettano il messaggio alla vittima, come parenti o amici, o quando pubblica messaggi sui social dove la vittima è facilmente identificabile.
Una sentenza rilevante in merito è la n. 19363/2021, in cui la Cassazione ha stabilito che lo stalking può essere commesso tramite messaggi e comunicazioni sui social media, come Facebook. Perché si configuri il reato, è necessario che il messaggio abbia un carattere petulante o intimidatorio, che la vittima possa effettivamente venirne a conoscenza (soprattutto se pubblicato su un profilo ampiamente accessibile), e che il messaggio produca effetti negativi sulla vittima, come un grave e perdurante stato di ansia o paura, un fondato timore di pericolo per sé o per un proprio caro, o un’alterazione delle abitudini quotidiane, come la sospensione di un account social o il cambio di nome.
La Suprema Corte ha chiarito che, per configurare il reato di stalking sui social network, occorre verificare sia il carattere intimidatorio dei messaggi postati, sia le modalità di diffusione degli stessi. Nel caso di Facebook o altre comunità virtuali simili, le comunicazioni possono avvenire inviandole direttamente al profilo del destinatario o pubblicandole sul proprio profilo. Nel primo caso, si tratta di un’invasione diretta della sfera privata della vittima, simile a quella che si verifica con telefonate, SMS o messaggi WhatsApp. Nel secondo caso, per ravvisare il reato, è necessario che il profilo sia accessibile a terzi, permettendo alla vittima di venirne a conoscenza attraverso altri.
L’articolo 612-bis del codice penale richiede la “reiterazione delle condotte” per configurare il reato di stalking. Tuttavia, la Suprema Corte ha specificato che anche due o tre episodi possono essere sufficienti, purché avvengano in un arco temporale relativamente breve.
Come può agire la vittima di stalking sui social?
La vittima di stalking sui social ha diverse opzioni per difendersi. Un primo passo è l’invio di una diffida, che può essere fatta anche tramite avvocato con raccomandata A/R. Questo atto formale avvisa il molestatore del disagio causato e della possibilità di intraprendere azioni legali se il comportamento non termina.
Inoltre, è possibile rivolgersi al Questore per richiedere un’ammonizione verbale nei confronti del responsabile. Sebbene questa misura non comporti sanzioni dirette, può evolversi in un procedimento penale se il comportamento persecutorio continua.
Se il molestatore persiste, la vittima può sporgere querela entro tre mesi. La querela può essere presentata alla polizia postale, ai carabinieri o direttamente alla Procura della Repubblica, avviando così un’azione penale contro il responsabile.
Potrebbero interessarti anche questi articoli:
FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].
Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.