Déjà Vu: cos’è, come funziona, sensazione di avere già visto o vissuto una situazione, studi scientifici, perché capita questo fenomeno
Cos’è il Déjà Vu. Ti è mai capitata quella sensazione per cui ti sembra di aver già visto o vissuto una certa situazione?
Ad esempio, hai incontrato una persona per la prima volta ma hai l’impressione di averla già conosciuta. Oppure, ti trovi in un luogo mai visto ma hai la sensazione di averlo già visitato. Per alcune persone, poi, si aggiunge anche il presagio di un esito certo: cioè, si ha la convinzione di sapere come andrà a finire.
La risposta è sì? Bene, questo fenomeno si chiama déjà-vu.
Déjà Vu: Cos’è
Cos’è il Déjà Vu: è un termine francese che vuol dire “già visto“. Indica la sensazione di avere già visto o vissuto la situazione in cui ci si trova in quel momento.
Déjà Vu: gli studi
Perché capita questo fenomeno psichico?
Nel tempo sono state date molte interpretazioni non scientifiche (profezie, memorie di vite passate, ecc.) ma il déjà vu è stato ampiamente spiegato dalla scienza. Gli studi, però, sono tanti e non esiste ancora una spiegazione certa.
Secondo i primi studi, il déja-vu era un fenomeno psichico riguardante i casi di alterazione dei ricordi. Quando dei fatti casuali (che riguardano cose, animali o persone) entrano in contatto con la memoria, provocano la sensazione di aver già vissuto prima quell’esperienza: come se i ricordi si confondessero.
Secondo altri studi, invece, il déja-vu era la conseguenza di sogni dimenticati prima del risveglio ma che lasciavano delle tracce pronte a emergere al momento opportuno. E’ stato, però, dimostrato che questa connessione non può avere un fondamento scientifico perché le aree del cervello predisposte a tali fenomeni sono differenti. L’area cerebrale dove avvengono gli impulsi elettrici che stanno all’origine dei sogni si trova alla base del tronco encefalico. Invece, la parte del cervello dove avvengono i déjà vu è quella legata alle attività cognitive, ovvero la corteccia cerebrale.
Altri studi, quindi, sono stati di tipo psicanalitico. Infatti, già Freud aveva parlato dei déjà vu, considerandoli come il fenomeno che riconduceva nella realtà a desideri e impulsi repressi o ricordi rimossi.
Anne Cleary, psicologa cognitiva della Colorado State University, ha, poi, definito il déjà-vu come un fenomeno legato alla memoria. Questo fenomeno si verifica quando il cervello riconosce in una scena una somiglianza con qualcosa di già vissuto, ma non si riesce a rievocare correttamente l’episodio in questione.
Nell’esperimento (descritto su Psychological Science) Cleary e i colleghi hanno ricreato scenari di realtà virtuale usando le ambientazioni del videogioco The Sims. Hanno, cioè, allestito scene simili dal punto di vista spaziale, utilizzando però situazioni diverse. 300 volontari si sono, poi, addentrati in questi scenari virtuali. In alcuni, la familiarità dei luoghi ha indotto un déjà-vu e più della metà di questi ha anche avvertito il senso di premonizione (cioè, era convinta di sapere in quale direzione avrebbe dovuto muoversi in seguito).
Poi, nel 2016, un team di scienziati dell’università scozzese di Sant’Andrews, coordinati dal Dott. Akira O’Connor ha esposto una teoria che, secondo molti esperti, svelerebbe definitivamente l’arcano. Secondo questa ricerca (ripresa dalla rivista New Scientist), il déjà-vu sarebbe l’effetto provocato dal cervello intento a “verificare” lo stato della nostra memoria.
La sensazione di aver già vissuto un momento non sarebbe il segnale del fatto che il cervello ha trovato un errore (un contrasto tra ciò che si è realmente verificato e ciò che invece pensiamo che si sia verificato) ma di una sorta di verifica dei ricordi che abbiamo già immagazzinato.
Siccome lo studio del déjà vu non è facile (a causa della natura imprevedibile e che risulta di breve durata), i ricercatori hanno utilizzato un modo per far vivere questa sensazione in laboratorio. Sono stati coinvolti 21 volontari che hanno ascoltato un elenco di parole in relazione fra loro (letto, cuscino, notte, ecc.), ma non il termine chiave che serviva a collegarle tutte insieme (sonno).
In seguito, è stato chiesto se avessero sentito una parola con l’iniziale “s“, ma la risposta è stata negativa. Il termine sonno, però, risultava familiare ai volontari, creando una sorta di surrogato di déjà vu.
Per chiarire, quindi, il mistero è stata usata la risonanza magnetica funzionale (RMF), grazie alla quale si è scoperto che durante l’esperimento erano attive le zone cerebrali legate al processo decisionale e non quelle coinvolte nella memoria. La conclusione dei ricercatori è stata che le regioni frontali del cervello stavano verificando i ricordi in memoria inviando un segnale proprio per effettuare un “check“, a causa di una sorta di divergenza tra quello che si è realmente vissuto e il ricordo presente.
Infine, lo studio sull’epilessia cerebrale. I déjà vu sarebbero il risultato della sovrapposizione tra la memoria a lungo termine e quella a breve termine. Quando questo avviene, si scaturisce una breve “epilessia cerebrale” che grava sul sistema nervoso. Così, per pochi attimi, si danneggia il meccanismo di recupero della memoria. Sarebbe, quindi, una breve “epilessia a livello cerebrale” a causare il déjà vu.
Quindi, sì, quel momento lo si è già vissuto, quel luogo lo si è già visitato, ma esattamente un attimo prima del déjà vu. È un ricordo recente che per un black out del cervello è stato inconsapevolmente rimosso e poi ripresentato.
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