L’antisemitismo è una forma di intolleranza nei confronti degli ebrei o di chiunque venga percepito come tale
Cos’è l’antisemitismo? L’antisemitismo è la percezione di odio verso gli ebrei. La Working Definition of Antisemitism dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali descrive l’antisemitismo come un sentimento di avversione nei confronti degli ebrei, che può manifestarsi in modo verbale o fisico nei confronti di singoli individui ebrei o non ebrei, delle loro proprietà, delle comunità ebraiche e delle loro strutture religiose.
L’antisemitismo spesso accusa gli ebrei di complotti contro l’umanità e li incolpa di problemi politici, sociali e economici. Esso si esprime in parole, scritti e stereotipi negativi.
Origine del termine
La parola “antisemitismo” fu coniata a Berlino, in Germania, nel settembre 1879, dal nazionalista Wilhelm Marr, nell’opera “La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo“. La parola fu utilizzata come eufemismo per l’espressione “Judenhass” (“odio per gli ebrei”).
Nonostante la sua etimologia, antisemitismo si riferisce esclusivamente all’odio e alla discriminazione nei confronti degli ebrei e non ai popoli semiti che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, come l’arabo, l’ebraico, l’aramaico e l’amarico.
La visione di Marr, che in seguito fu vista come un errore e ritrattata, nel secolo successivo ha assunto significati più ampi e spesso coincide con la definizione di atteggiamenti persecutorii, tra i più gravi nella storia contemporanea. Alcune persone rifiutano il termine e preferiscono usare altre denominazioni come giudeofobia, antigiudaismo o antiebraismo.
Origine dell’antisemitismo
Atti di ostilità nei confronti degli ebrei sono stati presenti in tutte le epoche storiche.
L’antisemitismo può essere identificato come religioso (antigiudaismo), espressosi nel paganesimo, nel cattolicesimo (nel Concilio Lateranense IV del 1213 riguardo ai decreti 67, 68, 69, 70, e alle bolle pontificie Cum Nimis Absurdum, Caeca et Obdurata, Hebraeorum Gens), nel luteranesimo (opera di Martin Lutero del 1543 intitolata “Degli ebrei e delle loro menzogne”) e nell’Islam, oltre che come razziale e culturale.
Nel Medioevo, la Crociata dei poveri del 1096 attaccò e saccheggiò numerosi villaggi composti principalmente da ebrei situati tra il Reno e il Danubio. Inoltre, gli ebrei furono ingiustamente accusati di avvelenare i pozzi in Franconia nel 1319, causando danni alle comunità locali. Anche in Francia l’odio verso gli ebrei era molto diffuso, tanto che centinaia di individui appartenenti a questa religione furono bruciati vivi senza motivi validi.
La storia europea è stata segnata da molteplici pregiudizi e miti riguardo agli ebrei, spesso alimentati da fonti pseudo-storiche come “Il libro del Kahal” di Jacob Brafman e dalle ovvie falsità dei Protocolli dei “Savi di Sion“. Gli ebrei sono stati criticati per il loro corporativismo, elitarismo religioso e per la pratica di concedere il diritto di partecipare al culto ebraico solo in base alla discendenza. Inoltre, sono stati accusati di essere chiusi alle altre culture e di essere ossessionati dal denaro.
In modo paradossale, gli ebrei sono stati accusati di separarsi dagli altri quando erano costretti per legge a vivere in quartieri separati; di praticare il prestito a interesse, che era ufficialmente proibito a cristiani e musulmani, ma incoraggiato dalla legge per gli ebrei; e di scoraggiare le conversioni, quando queste erano duramente sanzionate dalla legge (ad esempio, la persecuzione dei marrani in Spagna).
Nella Spagna del XV secolo, la comunità cristiana nutriva sospetto nei confronti dei “conversos“, ovvero coloro che avevano abbracciato il Cristianesimo provenendo dal giudaismo. Questo sospetto era dovuto alle persecuzioni contro i marranos, ovvero gli ebrei che avevano fatto solo una conversione superficiale al Cristianesimo per motivi politici ed economici. Questi vantaggi venivano revocati una volta scoperti i comportamenti giudaizzanti dei falsi convertiti. Inoltre, un grande pogrom ebbe luogo a Siviglia nel 1391, a causa delle orazioni di predicatori antisemiti e dell’odio popolare.
Nell’Europa dell’Ottocento, l’antisemitismo era molto diffuso e accettato da molte persone, tra cui nazionalisti come Richard Wagner e Adolf Stoecker, anarchici come Proudhon e Bakunin, progressisti come Charles Fourier, e scrittori apolitici come Thomas Eliot. Ciò ha portato a questioni pubbliche importanti come “l’Affare Dreyfus“.
In epoche più recenti, si è affermato che gli ebrei hanno avuto un ruolo nella preparazione teorica della Rivoluzione russa. Tra i teorici del socialismo scientifico, Karl Marx, con origini ebraiche (suo padre aveva abbandonato l’ebraismo per il luteranesimo), era una figura di rilievo; altri pensatori ebrei erano Emma Goldman, filosofa anarchica di origine lituana, Rosa Luxemburg, fondatrice del Partito Comunista Tedesco, e Lev Trockij, fondatore dell’Armata Rossa. Anche Lenin, principale artefice della Rivoluzione russa, aveva ascendenze ebraiche e, dei 12 membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Russo del 1918, 9 erano ebrei.
Gli ebrei occidentali ottennero i diritti di parità per legge (negli Stati Uniti nel 1787, in Francia nel 1791 e successivamente nei paesi conquistati da Napoleone, e in parte in Austria nel 1781), mentre in Russia solo a seguito della Rivoluzione d’Ottobre. Tuttavia, anche dopo l’instaurazione del comunismo, vi furono episodi di pogrom nei paesi sovietici, come a Kielce, in Polonia, il 4 luglio 1946.
L’antisemitismo in Italia
Si possono trovare segni di antisemitismo fin dall’epoca romana, come descritto nelle “Historiae” di Tacito, dove l’autore mostra disprezzo verso il popolo ebraico e la loro religione basata sul culto di un solo Dio, frainteso intenzionalmente dalla comprensione dei costumi pagani.
Anche in Italia, l’antisemitismo ha una storia secolare. Ad esempio, durante il Medioevo, i giudei furono espulsi più volte dal Regno di Napoli e, dove erano accettati, erano visti con diffidenza. Nel 1493, il governatore veneziano di Corfù, dopo l’arrivo di una nave carica di giudei scacciati dal Regno di Napoli che chiedevano di stabilirsi nell’isola, chiese istruzioni al Senato di Venezia e gli fu risposto che potesse accettarli solo se si impegnassero a rinunciare alla pratica dell’usura.
Il più antico documento italiano di cui ci sia rimasta notizia a proposito dell’obbligo per i giudei di mostrare un contrassegno giallo cucito sul petto, è il bando milanese del 31 agosto 1473:
“MCCCCLXXIII, DIE ULTIMO AUGUSTI, MEDIOLANI PROCLAMATUM EST UT INFRA. Per parte et comandamento de li spettabili e generosi Maestri dell’intrate del nostro ill. Principe, et excell. Signor Duca, Galeazzo Maria Sforza Vesconte ecc. – (la cui ill. Signoria el summo Iddio accreschi e mantenga longamente in stato felice). – In executione de lettere de sua Excellentia, date a Cropello a dì 27 del mese presente, et signate A. Iacobus, per le quale vuole sua Celsitudine, como convene al vero e christianissimo Principe, che nel dominio suo siano distincti et cognosciuti li Hebrey da li Christiani, como etiam è usato in altri paesi de’ Christiani; per la presente crida, la quale habeat vim decreti ducalis, se ordina et se comanda ad caduno como se voglii Hebreo, che deba portare uno O gialdo nel pecto per segnale, et de tal forma e grandezza, ch’ello sia distintamente cognosciuto da Christiani, et se gli dà termine quindeci dì proximi a venire ad mettersi detto signale nel petto. Li quali quindeci giorni proximi passati che saranno, qualunque di essi Hebrei serà da può trovati senza dicto O gialdo nel pecto apertamente, come è predicto, debbia incorrere in la pena de tracti quattro di corda, e de pagare ducati mille d’oro da ser applicati alla camera ducale irremissibilmente. Signat. GABRIEL. (Carlo Sgorbio, Codice visconteo-sforzesco ecc. P. 418. Milano, 1846.)”
L’antisemitismo ufficiale del regime fascista italiano iniziò il 14 luglio 1938 con la pubblicazione del Manifesto della Razza, dopo la visita di Hitler in Italia dal 3 al 9 maggio. Il Manifesto fu redatto principalmente da Mussolini e firmato da un gruppo di scienziati, tra cui Nicola Pende che venne successivamente assolto in un processo postbellico per non aver aderito alle posizioni razziste.
I giornali subito iniziarono una campagna antisemita, con La Difesa della Razza diretta da Telesio Interlandi e con Giorgio Almirante come segretario di redazione. La razza presa come riferimento era quella ariana.
A partire dal 5 settembre 1938, le leggi razziali introdussero pesanti discriminazioni nei confronti degli ebrei, che furono espulsi dalla pubblica amministrazione, incluso l’insegnamento nelle scuole e università, e non poterono accedere a professioni come quella di notaio e giornalista.
L’antisemitismo in Italia, a differenza di quello in Germania (basato su pregiudizi razziali, biologici e sessuali), aveva una forte componente religiosa e spirituale. Cercava, infatti, di discriminare principalmente gli ebrei non convertiti, almeno secondo le intenzioni iniziali di alcuni dei suoi sostenitori, tra cui diversi religiosi cattolici.
Mussolini elaborò la frase “Discriminare ma non perseguitare” per descrivere la filosofia che, secondo il regime, sarebbe stata adottata nell’applicazione delle leggi razziali. In un discorso tenuto a Trieste nel settembre del 1938, dichiarò esplicitamente che “gli ebrei che hanno innegabili meriti militari e civili troveranno comprensione nel Regime“. Questo tentativo di distinguersi dalla corrente antisemita “biologica” presente in Europa era probabilmente motivato, tra le altre cose, dalla necessità di tranquillizzare quella parte degli ebrei italiani, soprattutto tra le classi più agiate, che avevano sostenuto il movimento fascista e poi la dittatura.
Con l’avvento della Repubblica Sociale Italiana, questa distinzione tra antiebraismo spirituale e antiebraismo biologico scomparve, e gli ebrei italiani furono perseguitati allo stesso modo di quelli tedeschi.
Comportamenti antisemiti
Esempi di comportamenti antisemiti nella società contemporanea, inclusi ma non limitati ai seguenti, possono verificarsi nella vita pubblica, nei mezzi di comunicazione, nelle scuole, sul posto di lavoro e nella sfera religiosa.
- Incitare, appoggiare o giustificare la morte o i danni a ebrei in nome di un’ideologia estremista o religiosa.
- Diffondere falsità, dehumanizzare, demonizzare o stereotipare gli ebrei come individui o la loro potenza come gruppo, ad esempio il mito del complotto ebraico mondiale o della presunta controllo degli ebrei sui mezzi di comunicazione, economia, governo o altre istituzioni.
- Addossare la colpa degli ebrei come popolo per crimini commessi da un singolo ebreo o un gruppo di ebrei, o addirittura per azioni compiute da non ebrei.
- Negare l’esistenza, la portata, i meccanismi (ad esempio le camere a gas) o l’intenzione del genocidio del popolo ebraico da parte della Germania nazionalsocialista e dei suoi seguaci e complici durante la Seconda Guerra Mondiale (l’Olocausto).
- Accusare gli ebrei come popolo o Israele come stato di aver inventato o esagerato l’Olocausto.
- Accusare cittadini ebrei di essere più leali ad Israele o alle presunte priorità ebraiche che ai propri interessi nazionali.
- Negare agli ebrei il diritto all’autodeterminazione, ad esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è espressione di razzismo.
- Avere doppi standard nei confronti di Israele, richiedendo comportamenti non richiesti ad altri stati democratici.
- Utilizzare simboli e immagini associati all’antisemitismo classico (ad esempio l’accusa del deicidio o della calunnia del sangue) per descrivere Israele o gli israeliani.
- Fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti.
- Ritenere gli ebrei responsabili collettivamente per le azioni dello Stato di Israele.
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