Cos’è la Loggia Ungheria?

La “Loggia Ungheria” è un termine emerso in relazione a uno scandalo che ha coinvolto il Consiglio Superiore della Magistratura


Cos’è la Loggia Ungheria? La “Loggia Ungheria” è un termine che è emerso in relazione alla vicenda che coinvolge il Consiglio Superiore della Magistratura e uno scandalo che ha coinvolto magistrati sotto inchiesta e liste contenenti altri nomi.

Si sostiene che la “Loggia Ungheria” sia un’associazione segreta il cui obiettivo era influenzare le nomine e le decisioni all’interno del sistema giudiziario e politico italiano. Si ritiene che questa associazione segreta abbia cercato di influenzare e abbia avuto un impatto su alcune dinamiche nazionali di rilevanza politica.

Una figura chiave in questa vicenda è Piero Amara, un avvocato che è stato condannato e sotto inchiesta per presunte attività di depistaggio contro l’Eni e per casi di corruzione legati a questioni giudiziarie. Pietro Amara è stato anche accusato di essere coinvolto in un’associazione segreta, ed è stato iscritto nel registro degli indagati a Perugia, dove si sta conducendo un’indagine sull’intera questione legata alla “Loggia Ungheria“. La vicenda ha suscitato notevole interesse e dibattito in Italia, data la sua portata e le implicazioni potenziali sul sistema giudiziario e politico del paese.

Perché si chiama loggia Ungheria

La denominazione “loggia Ungheria” sembra essere legata a una serie di eventi storici collegati all’associazione segreta di cui fa parte. Inizialmente, all’origine di questa società segreta, le riunioni avevano luogo a Roma, precisamente nella piazza Ungheria, presso la residenza di un magistrato. Tuttavia, nonostante questa connessione iniziale, sembra che la loggia Ungheria abbia avuto origine in Sicilia.

La segretezza era un elemento chiave delle attività svolte all’interno della loggia Ungheria. Tra i membri, per identificarsi reciprocamente, venivano utilizzati codici e comportamenti codificati. Un esempio di ciò era la domanda: “Sei mai stato in Ungheria?” Questa domanda costituiva la parola d’ordine per riconoscersi come membri della loggia. Se qualcuno non rispondeva correttamente alla domanda, veniva immediatamente identificato come estraneo e non affiliato all’associazione.

Un altro gesto distintivo in codice utilizzato nella loggia Ungheria sembra essere stato il seguente: premere tre volte l’indice sul polso durante una stretta di mano. Il significato esatto di questo gesto rimane oscuro, ma il suo riconoscimento era riservato esclusivamente ai membri della loggia, contribuendo così a mantenere la segretezza delle loro attività.

Cos’è la loggia Ungheria

La vicenda nota come “loggia Ungheria” è stata descritta come una delle più gravi e sfacciate corruzioni sistemiche mai emerse. Essa ruota attorno all’arresto di Piero Amara, un avvocato siciliano, avvenuto nel febbraio 2018. Amara è stato accusato di aver creato una struttura composta da professionisti e magistrati, finalizzata a manipolare processi e influenzare le sentenze del Consiglio di Stato. Questa organizzazione aveva il sostegno di Giuseppe Calafiore e Giancarlo Longo, un procuratore presso la Procura di Siracusa. Importante notare che Amara aveva una solida relazione professionale con Eni, diventando uno dei loro principali consulenti legali. L’arresto di Amara è stato il risultato di un’operazione congiunta delle Procure di Roma e Messina, e le accuse comprendevano associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla corruzione in atti giudiziari. Ricordiamo che tra gli arrestati c’era anche il giudice Riccardo Virgilio, presidente di una sezione a Palazzo Spada.

La collaborazione di Amara con gli inquirenti

Amara ha intrapreso subito una collaborazione con gli inquirenti dopo il suo arresto, il che alla fine lo ha portato a negoziare una pena di meno di quattro anni, evitando il carcere. Tuttavia, non tutti erano convinti dell’autenticità della sua collaborazione. Ad esempio, il procuratore romano Stefano Rocco Fava, nei primi mesi del 2019, ha richiesto l’arresto di Amara. Secondo Fava, dai riscontri ottenuti sembrava che Amara avesse ricevuto 25 milioni di euro da Eni, una somma che sarebbe aumentata a 80 milioni. Questo pagamento consistente, secondo Fava, avrebbe reso ricattabili i dirigenti di Eni e sarebbe stato collegato alla corruzione di Giancarlo Longo in procedimenti a favore del CEO di Eni, Claudio Descalzi, presso le Procure di Trani e Siracusa. Fava ha anche sospettato che Amara non avesse rivelato tutto ciò che sapeva riguardo alle corruzioni.

Gli sforzi di depistaggio di Amara

Amara ha orchestrato un complotto per depistare i pubblici ministeri di Milano che stavano indagando i vertici di Eni per corruzione internazionale. Questo piano coinvolgeva l’amministratore delegato di Saipem, Umberto Vergine, e il consigliere indipendente di Eni, Luigi Zingales. Questo fascicolo è stato inviato a Milano e assegnato ai pubblici ministeri Paolo Storari e Laura Pedio. Nel frattempo, a Roma, il pubblico ministero Paolo Ielo ha respinto la richiesta di arresto di Amara presentata da Fava. Il procuratore Giuseppe Pignatone ha poi ritirato il fascicolo dalle mani di Fava. Di fronte a queste complesse dinamiche, Fava ha presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), segnalando mancate astensioni in alcuni procedimenti da parte di Ielo e Pignatone.

Il caso Palamaragate e il ritorno di Amara a Milano

A partire dall’estate del 2019, dopo lo scandalo noto come Palamaragate, Amara ha iniziato a collaborare con la Procura di Perugia, diventando uno dei principali accusatori dell’ex “zar delle nomine” al Csm, che è stato indagato per corruzione. Successivamente, nel 2019, Amara è tornato alla Procura di Milano, testimoniando in 4 interrogatori in meno di un mese davanti a Pedio e Storari, nel contesto delle indagini sui tentativi di depistaggio nel processo Eni-Nigeria. Pedio era conosciuto per la sua vicinanza al procuratore Francesco Greco. Nei verbali, è menzionata un’organizzazione segreta nota come “Ungheria“.

Il viaggio a Roma e le indagini

Storari, percependo un’apparente inerzia da parte dei suoi superiori nell’indagare sui soggetti coinvolti secondo le affermazioni di Amara, ha consegnato i verbali delle testimonianze di Amara a Piercamillo Davigo al Csm, a marzo del 2020. Questi documenti non erano firmati e stavano in formato word. Davigo, che ha trattenuto i verbali, sembra abbia informato i vertici del Csm, il Presidente Sergio Mattarella e il Vice Presidente David Ermini. Nel marzo del 2020, il Csm ha nominato Michele Prestipino nuovo procuratore di Roma. In questo periodo, Davigo ha cessato di avere rapporti con il giudice Sebastiano Ardita, un suo stretto collaboratore. L’inchiesta su Palamara si è conclusa nell’aprile dello stesso anno, con la pubblicazione di chat compromettenti. Nel giugno 2020, Raffaele Cantone è diventato procuratore di Perugia, nonostante l’opposizione di Davigo e Nino Di Matteo. Quest’ultimo è stato radiato il 9 ottobre 2020, e il 19 ottobre è stato l’ultimo giorno di servizio di Davigo.

L’invio dei verbali ai giornali

Alla fine di ottobre, Marcella Contrafatto, funzionaria del Csm legata al magistrato romano Fabio Gallo e segretaria dell’ex pm di Mani Pulite, ha inviato i verbali anonimi al Fatto Quotidiano e a Repubblica, dopo aver lavorato con l’ex magistrato Aldo Morgigni. I giornalisti che li hanno ricevuti hanno deciso di non pubblicarli per rispetto della giustizia e hanno denunciato l’accaduto alla Procura. Successivamente, i verbali sono giunti anche a Nino Di Matteo, che li ha inviati a Perugia e ha informato il Csm in una riunione plenaria. Nei documenti compare il nome di Ardita, suscitando accuse di calunnia da parte di Amara. Il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha negato di aver mai conosciuto il contenuto di questi verbali e ha espresso preoccupazione per la violazione del segreto. Ermini si è dissociato dai fatti, sottolineando che aveva sospeso Contrafatto dal servizio. Storari, infine, si è dichiarato pronto a testimoniare davanti al Csm.

Cosa emerge dai verbali?

I verbali suggeriscono l’esistenza di una loggia segreta composta da magistrati, alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza, professionisti ed imprenditori. Questa loggia aveva l’obiettivo di influenzare nomine in magistratura e incarichi pubblici. Il motivo del nome “Ungheria” è ancora da chiarire, ma potrebbe essere legato a una piazza importante, alle spalle del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, dove risiede un magistrato ora in pensione.

Loggia Ungheria: la cronologia dei fatti

Per comprendere meglio la vicenda legata alla “loggia Ungheria,” è importante esaminarne la cronologia degli eventi, dalle prime testimonianze di Piero Amara a Milano nel dicembre 2019 fino alla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Perugia:

Dicembre 2019: Piero Amara, ex legale esterno di Eni, viene interrogato dai magistrati milanesi Ilaria Pedio e Paolo Storari nell’ambito dell’inchiesta Eni, specificamente il filone denominato “Falso complotto Eni.” Durante questi interrogatori, Amara inizia a parlare dell’esistenza della “loggia Ungheria,” un’associazione segreta composta da magistrati, politici, funzionari delle forze dell’ordine e persone influenti che avrebbe operato per influenzare l’esito dei processi e altre attività occulte.

Aprile 2020: Paolo Storari, uno degli investigatori, preoccupato per la mancanza di progressi nella sua procura e contrario all’inazione che, secondo lui, sarebbe stata imposta dal procuratore capo Francesco Greco, si consulta con Piercamillo Davigo, consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm). In questo periodo, i verbali di Amara non sono ancora stati utilizzati per avviare un’indagine ufficiale.

4 maggio 2020: La procura di Milano apre un’inchiesta iscrivendo nel registro delle notizie di reato Piero Amara, il suo collaboratore Alessandro Ferraro e l’avvocato Giuseppe Calafiore, con l’ipotesi di reato di associazione segreta.

Giugno 2020: A questo punto, sorgono alcune divergenze riguardo agli eventi. Giovanni Salvi afferma di aver chiamato Francesco Greco, procuratore di Milano, per esortarlo a procedere con l’inchiesta basata sui verbali della “loggia Ungheria.” Greco, al contrario, sostiene di non aver subito alcuna pressione esterna e di aver agito secondo i tempi che riteneva appropriati.

Ottobre 2020: Il Csm vota per l’esclusione di Piercamillo Davigo dal plenum in quanto pensionato.

Dicembre 2020: I verbali della “loggia Ungheria,” lasciati nello studio di Davigo, vengono rubati e inviati in plichi anonimi ai giornali Il Fatto Quotidiano e Repubblica, che denunciano il furto alle procure di Roma e Milano.

Gennaio 2021: Dopo un interrogatorio congiunto tra le procure di Milano e Perugia, la procura di Milano trasmette l’intero procedimento alla procura di Perugia, con l’ipotesi di reato di associazione segreta. Gli indagati dovrebbero essere magistrati romani, ma i loro nomi non sono ancora noti.

27 aprile 2021: Il quotidiano pubblica un articolo che menziona i verbali di Amara, inclusi quelli riguardanti la “loggia Ungheria.”

28 aprile 2021: Durante una seduta del Csm, Nino Di Matteo rende pubblica l’esistenza dei verbali e della presunta “loggia Ungheria,” sostenendo che tali documenti contengano calunnie nei confronti del collega Sebastiano Ardita.

Aprile 2021: Vengono aperti altri due procedimenti penali: uno a Roma per calunnia a carico di Marcella Contraffatto, ex segretaria di Davigo, e uno a Brescia, con l’ipotesi di rivelazione di segreto d’ufficio a carico di Storari.

Settembre 2021: Francesco Greco va in pensione da procuratore capo di Milano e, in un’intervista, difende il suo operato e critica Storari e Davigo per l’uso dei verbali.

Ottobre 2021: Greco viene indagato dalla procura di Brescia e rinviato a giudizio con l’accusa di omissione d’atti d’ufficio per la gestione del processo Eni-Nigeria.

Febbraio 2022: Il procedimento contro Greco viene archiviato dal tribunale di Brescia.

Marzo 2022: Il tribunale di Brescia assolve Storari con un procedimento abbreviato per rivelazione di segreto d’ufficio. Rimane in corso un procedimento simile nei confronti di Davigo.

Aprile 2022: Inizia a Brescia il processo contro Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio, nel quale verranno sentiti tutti i vertici coinvolti.

Luglio 2022: La procura di Perugia chiede l’archiviazione dell’inchiesta per associazione segreta sulla presunta “loggia Ungheria,” sostenendo che le dichiarazioni di Amara non abbiano sufficienti riscontri. Tuttavia, alcune delle sue dichiarazioni vengono stralciate e inviate ad altre procure per ulteriori indagini.

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