Quali Paesi hanno la pena di morte?

Gli Stati in cui esiste la pena di morte sono 53. I metodi più utilizzati sono l’iniezione letale e la fucilazione

Quali Paesi hanno la pena di morte?
Quali Paesi hanno la pena di morte? Gli Stati in cui esiste la pena di morte sono 53. I metodi più utilizzati sono l’iniezione letale e la fucilazione. Secondo Amnesty International, nel 2021 si è dato corso a 579 esecuzioni capitali, segnando un incremento del 20% rispetto all’anno precedente, in cui si è avuto un generale rallentamento a causa della pandemia.

Il numero di condanne a morte emesse è stato di 2.052. Il conteggio dei detenuti in attesa di essere giustiziati è di 28.760 (il 40% in più rispetto al 2020).

Il maggior numero di esecuzioni capitali avvengono in Iran, Arabia Saudita, Egitto, Iraq e Siria. L’Iran si aggiudica il triste primato con 314 esecuzioni, mentre l’Arabia Saudita ha raddoppiato il numero dei detenuti sottoposti alla pena di morte. Per quanto riguarda la pena di morte in Cina, invece, fornire dati esatti è impossibile, poiché si tratta di informazioni coperte da segreto di Stato. Lo stesso vale per Corea del Nord e Vietnam.

Cos’è la pena di morte

La pena di morte (detta anche “pena capitale”) è una sanzione penale la cui esecuzione consiste nel togliere la vita alla persona condannata.

Secondo un rapporto di Amnesty International, in alcuni ordinamenti giuridici (come Brasile, Burkina Faso, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele), in tempo di pace la pena capitale è prevista per le sole colpe più gravi (come omicidio, genocidio e alto tradimento). In altri ordinamenti giuridici si applica anche ad altri crimini violenti (come la rapina, stupro, o legati al traffico di droga). Infine, in alcuni paesi è prevista anche per reati d’opinione (come l’apostasia) o per orientamenti e comportamenti sessuali (come omosessualità o incesto).

Come avviene la pena di morte?
Nei Paesi che la prevedono, la pena di morte viene eseguita con metodi diversi:
  • Iniezione letale: il metodo in assoluto più diffuso;
  • Sedia elettrica: inventata a fine Ottocento da Harold P. Brown e Arthur Kennelly, brevettata da Alphonse David Rockwel, applicata in molti stati statunitensi fino agli anni ’70, sostituita poi con iniezione letale;
  • Camera a gas: utilizzo di acido cianidrico, introdotto nel secondo dopoguerra nel diritto penale dello Stato della California, poi abolito;
  • Impiccagione: comune nel Medioevo ma ancora oggi utilizzata (ad esempio in Iran);
  • Fucilazione: eseguita in Bielorussia e Utah (Stati Uniti). FIn Italia è stata la forma più comune.
Storicamente sono apparsi molti modi per applicare la pena di morte secondo le varie epoche e culture:
  • Annegamento (usato a volte nell’antico Egitto): il condannato viene chiuso dentro un sacco e buttato nel Nilo.
  • Bastonatura e fustigazione a morte: usate a volte presso alcuni popoli antichi.
  • Bollitura: praticata nell’antico oriente e nell’Inghilterra rinascimentale.
  • Caduta dall’alto: il condannato viene lanciato da una grande altezza, per esempio da una rupe.
  • Colpo di pistola alla nuca: usato ancora oggi in Cina.
  • Crocifissione: usata nell’antico medio oriente e nell’Impero romano.
  • Damnatio ad bestias: riservata nell’antica Roma ai criminali, condannati a essere mangiati vivi dalle bestie feroci nelle arene.
  • Decapitazione: molto diffusa nel mondo antico e medievale, sostituita alla fine del secolo XVIII dalla ghigliottina in Francia. Usata tutt’oggi in Arabia Saudita con l’utilizzo di una spada.
  • Garrota: usata in Spagna dal medioevo fino alla fine della dittatura di Francisco Franco.
  • Ghigliottina: introdotta in Francia a partire dalla rivoluzione francese e adottata poi in molti Paesi europei, dallo Stato della Chiesa alla Svezia.
  • Impalamento: molto usato nel Medioriente medievale.
  • Lapidazione: usata ampiamente nell’antichità, è ancora presente in alcuni stati islamici prevalentemente ai danni di donne adultere.
  • Rogo: consiste nel legare il condannato ad un palo sopra una catasta di legna per poi appiccare il fuoco. Applicato in Europa dal Medioevo e nelle Americhe fino al Secolo XVII.
  • Schiacciamento: è eseguito in diversi modi; ai tempi di Marco Polo, il popolo mongolo era solito eseguire la condanna a morte delle persone rispettabili coprendole con un telo e schiacciandole con i cavalli.
  • Squartamento: utilizzato nei paesi arabi nell’età moderna. Vi sono testimonianze filmate di squartamenti di prigionieri durante la guerra Iran-Iraq negli anni ’80, utilizzando automezzi invece che cavalli.
  • Supplizio della ruota: diffuso nel medioevo, consisteva nel legare per i polsi e le caviglie il condannato ad una ruota e con una mazza gli venivano rotte le ossa fino alla morte.
  • Supplizio dell’elefante: diffusa nel sud e sudest asiatico, particolarmente in India, durante quasi 4.000 anni.
  • Trafittura con frecce: usata in alcuni casi dagli antichi romani.
Origini della pena di morte

La pena di morte era presente in tutti gli ordinamenti antichi. Ad esempio, il diritto romano prevedeva la pena di morte ma concedeva una speciale garanzia per i cittadini romani: una condanna a morte emanata in base all’imperium del magistrato non poteva essere eseguita senza concedere al condannato la facoltà di fare appello ai comizi centuriati per il tramite dell’istituto della provocatio ad populum.

Nel corso della storia, però, alcuni imperatori limitarono la pena di morte:
  • L’imperatore romano Tito non emise personalmente condanne a morte durante il suo principato;
  • Il re indiano Ashoka;
  • L’imperatore giapponese Saga (primo abolizionista della storia);
  • Nel 1753 la zarina Elisabetta I l’abolì per un preve periodo in Russia.
I Paesi dove c’è la pena di morte
Ad oggi i Paesi dove è ancora in vigore la pena di morte sono 53:

Afghanistan, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Bahamas, Bahrein, Bangladesh, Barbados, Belize, Bielorussia, Botswana, Cina, Comore, Corea del Nord, Cuba, Dominica, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gambia, Giamaica, Giappone, Giordania, Guyana, India, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Lesotho, Libano, Libia, Malesia, Nigeria, Oman, Pakistan, Palestina, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Singapore, Siria, Somalia, Stati Uniti d’America, Sudan, Sudan del Sud, Taiwan, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam, Yemen e Zimbabwe.

La pena di morte negli Stati Uniti

Il Paese più noto per l’utilizzo della pena di morte sono gli Stati Uniti, dove però, non tutti gli Stati che ne fanno parte la prevedono o la applicano. Infatti, la pena capitale viene comminata in rarissime eccezioni oppure mai.

Gli Stati USA dove c’è ancora la pena di morte (secondo i dati raccolti da Amnesty International) sono:

Alabama, Arizona , Arkansas, California, Florida, Georgia, Idaho, Indiana, Kansas, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, Nevada, Carolina del Nord, Ohio, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, Carolina del Sud, Sud Dakota, Tennessee, Texas, Utah, Virginia, Wyoming.

In Pennsylvania, California e Oregon attualmente c’è una moratoria delle esecuzioni capitali imposta dai governatori.

Lo Stato di Washington, il New Hampshire e il Colorado l’hanno abolita rispettivamente nel 2018, 2019 e 2020.

L’ultimo rapporto elaborato dal Death Penalty Information Center rende noto che nel primo semestre del 2022 ci sono state 7 esecuzioni e altrettante nuove condanne alla pena capitale; nel biennio 2020-2021, erano stati giustiziati rispettivamente 17 e 11 detenuti.

La pena di morte in Cina

Quanto alla Cina, è impossibile determinare il numero esatto di condanne a morte ed esecuzioni, poiché i dati sulla pena capitale vengono occultati dal governo.

Secondo Amnesty International siamo “nell’ordine delle migliaia ogni anno“, il che rende la Cina “il maggiore esecutore al mondo“.

Il codice penale cinese prevede attualmente 46 reati che possono essere puniti con la morte (tra cui stupro, incendio doloso, droga e alcuni illeciti finanziari).

Nel 2013, davanti alle pressanti sollecitazioni di trasparenza avanzate delle Nazioni Unite, la Cina ha inaugurato un registro online in cui sono raccolte le sentenze emesse dalle varie corti.

Una delle motivazioni che contribuirebbe a circondare di mistero l’uso della pena di morte in Cina sarebbe la prassi di utilizzare gli organi dei prigionieri giustiziati per i trapianti, in palese violazione delle regole mediche della comunità internazionale.

Abolizione della pena di morte

Il primo Stato al mondo ad abolire legalmente la pena di morte fu il Granducato di Toscana il 30 novembre 1786 con l’emanazione del nuovo codice penale toscano: tale giornata è festa regionale in Toscana. Seguirono il Granducato la Repubblica Romana di ispirazione mazziniana nel 1849, la Repubblica di San Marino nel 1865 e altri.

La Francia dal 1981 non ricorre più alla ghigliottina.

Nel Regno Unito, pur non essendo mai stata abolita, a partire dagli anni ’60 la pena capitale è stata autonomamente disapplicata dalla magistratura, che in sua sostituzione commina l’ergastolo.

Il 18 dicembre 2007, grazie ad una campagna ventennale portata avanti dall’associazione Nessuno Tocchi Caino, dal Partito Radicale Transnazionale, da Amnesty International e dalla Comunità di Sant’Egidio, l’ONU (con 104 voti favorevoli, 54 contrari e 29 astenuti) ha approvato una storica risoluzione su iniziativa italiana per la moratoria universale della pena di morte, ossia per una sospensione internazionale delle pene capitali.

Abolizione della pena di morte in Italia

La pena di morte, prevista nel Codice penale di guerra, venne eliminata per la prima volta nel 1889. Venne, poi, ripristinata nel 1926. Venne nuovamente tolta dopo la seconda guerra mondiale, ad eccezione per i reati fascisti. Le ultime esecuzioni capitali nel nostro Paese ci furono tra il 26 aprile 1945 ed il 5 marzo 1947, quando vennero giustiziate 88 persone per aver collaborato con i militari tedeschi.

Con la Costituzione della Repubblica italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948, la pena capitale fu bandita sia per i reati comuni, sia per i reati militari commessi in tempo di pace. Tuttavia rimase all’interno del Codice penale militare di guerra fino all’emanazione della legge n. 589 del 13 ottobre 1994 che la sostituì con l’ergastolo (la pena massima attualmente prevista dal nostro ordinamento).

Motivazioni favorevoli alla pena di morte
Chi sostiene la necessità di mantenere (0 introdurre) la pena di morte avanza i seguenti argomenti:
  • E’ inscritta nel codice della natura, in quanto è stata in uso presso tutti i popoli antichi e moderni, barbari e civili, e dunque l’esperienza e la storia dell’uomo sono contrarie alla soppressione della pena di morte.
  • E’ un deterrente, attraverso il suo carattere di esemplarità.
  • Costituisce giustizia retributiva verso chi si macchia volontariamente del crimine di omicidio. Secondo la teoria retributiva sulla funzione della pena (in opposizione alla teoria preventiva), essa è un male che interviene come reazione morale e giuridica al male che è stato commesso con il reato, alla cui gravità è proporzionato, in modo da configurarsi come contrappeso morale e non come vendetta.
  • Elimina ogni eventualità di recidiva da parte del reo, evitando ulteriori costi e ulteriori rischi per la società.
  • Garantisce un’assoluta certezza della pena e assicura un risarcimento morale ai parenti delle vittime di omicidio, eliminando la tentazione di vendette private, nonché scongiurando potenziali eccessi di legittima difesa e ulteriori reati a danno di terzi cittadini.
  • Evita allo Stato e alla comunità tutte le spese derivanti dal mantenimento improduttivo dei criminali condannati all’ergastolo.
  • Può rivelare una natura meno punitiva, meno umiliante, e più rispettosa della dignità individuale del condannato, in particolare nei casi in cui il condannato non si riconosca pentito, e/o non riconosca l’eticità assoluta delle leggi e delle norme morali, e/o privilegi egli stesso la pena di morte rispetto all’ergastolo, e/o non accetti l’idea secondo cui la pena avrebbe una funzione mirata al pentimento, alla rieducazione morale e al reinserimento sociale. Chi sostiene la maggiore dignità della pena di morte ricorda come ai carcerati non sia consentito di commettere suicidio eppure, nonostante ciò, siano ogni anno numerosi i casi di suicidio all’interno delle carceri.
  • L’istituto della pena di morte tutela il diritto particolare di ogni società di dotarsi degli strumenti giuridici che, in un determinato contesto storico, sono ritenuti utili e necessari per la propria salvaguardia, in implicito accordo globale con il diritto naturale.
Motivazioni contrarie alla pena di morte
Chi è contrario alla pena di morte avanza i seguenti argomenti:
  • Viola il diritto alla vita riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e altri trattati internazionali (quali la Convenzione europea sui diritti dell’uomo).
  • E’ una punizione crudele e disumana. La sofferenza fisica causata dall’azione di uccidere un essere umano non può essere quantificata, né può esserlo la sofferenza mentale causata dalla previsione della morte che verrà.
  • Non è dissuasivo. Omicidi vengono commessi in momenti in cui la valutazione razionale dell’assassino è spesso modificata da fattori esterni, pertanto la previsione della pena di morte non ne modificherebbe le scelte.
  • E’ un omicidio premeditato da parte di uno Stato, che non potrà essere punito come prevede la legge dello Stato stesso. La pena di morte è sintomo di una cultura di violenza, e lo Stato che la esegue dimostra la stessa prontezza nell’uso della violenza fisica.
  • E’ sinonimo di discriminazione e repressione. La pena di morte è eseguita sproporzionatamente contro le persone e classi più svantaggiate, che non hanno accesso alle risorse necessarie per affrontare in maniera efficace un processo. Inoltre, essa è spesso utilizzata contro minorenni (al tempo dei fatti), persone soggette a disturbi mentali, o oppositori politici nel caso di regimi autoritari.
  • Può uccidere un innocente in caso di errore giudiziario. Una difesa legale inadeguata, le false testimonianze e le irregolarità commesse da polizia e accusa sono tra i principali fattori che determinano la condanna a morte di un innocente.
  • Nega qualsiasi possibilità di riabilitazione del condannato. Bisogna piuttosto dare al reo la possibilità di redimersi e di rendersi utile alla comunità cui ha arrecato danno. Al fine di evitare casi di recidiva, vanno eventualmente riviste le procedure per la libertà condizionata ed avviato un serio monitoraggio psicologico durante la detenzione.
  • Non rispetta i valori di tutta l’umanità. Diverse tradizioni, religioni e culture hanno dato vita agli standard internazionali di diritti umani, oggi riconosciuti da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite come standard verso i quali tendere.
  • E’ inutilmente costosa. Secondo uno studio dello Urban Institute su 1.227 omicidi commessi nel Maryland dal 1978 al 1999, una condanna alla pena di morte costa allo Stato circa 3 volte una condanna detentiva, in termini di processi, ricorsi, e sorveglianza in carcere.

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