Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi: La storia, la mitologia, la leggenda, il Regno, i riti e le celebrazioni

Dioniso, Dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi
Dioniso è una divinità della religione greca. Originariamente associato alla vegetazione e alla linfa vitale delle piante, in seguito venne identificato come dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi. Rappresentava l’essenza del creato in un fluire selvaggio e perpetuo, incarnando lo spirito divino della vita in tutte le sue forme.

Dioniso è una divinità dalle molteplici nature, sia maschile che femminile, combinando aspetti animaleschi e divini, tragici e comici. Nel suo delirio mistico, simboleggia la scintilla primordiale e istintuale presente in ogni essere vivente, che persiste anche nell’uomo civilizzato come parte irrinunciabile della sua natura e che può emergere in modo esplosivo se repressa o non elaborata correttamente.

A Roma, Dioniso veniva identificato con il dio Bacco, simile a lui, e con divinità locali come Fufluns degli Etruschi e Liber Pater degli Italici. Era chiamato anche “colui che scioglie“, indicando la sua capacità di liberare l’individuo dai vincoli dell’identità personale per riconnetterlo all’essenza universale. Nei misteri eleusini, era associato a Iacco.

Dioniso ha un legame stretto con le origini del teatro e è forse la divinità della mitologia greca più influente nella cultura contemporanea, specialmente nel Novecento. Questo grazie al filosofo Friedrich Nietzsche, che ha introdotto la categoria estetica del “dionisiaco” come simbolo delle forze naturali, vitali e irrazionali, contrapponendolo all'”apollineo“.

Attributi ed epiteti di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

Dioniso, il dio del vino e della vendemmia, era spesso accompagnato da un gruppo chiamato “tiaso“, composto dalle sue sacerdotesse note come menadi o baccanti. Queste donne erano prese da una sorta di frenesia estatica indotta dal dio e facevano parte del suo seguito, insieme a bestie feroci, satiri e sileni. Dioniso aveva un forte legame con la vite, che rappresentava il vino e la vendemmia. Anche l’edera, specialmente alcune specie con sostanze psicotrope, era importante per lui e veniva spesso macerata nel vino.

Tra gli oggetti simbolo di Dioniso c’era il sacro tirso, un bastone nodoso avvolto da edera e foglie di vite, con una pigna in cima. Un altro simbolo era il kantharos, una coppa con due alte anse.

Alcuni dei nomi o epiteti con cui ci si riferiva a Dioniso:
  • Bromio: che significa “fragore” o “fremito”. Questo termine si riferisce al mito della nascita di Dioniso durante un fragoroso tuono, quando sua madre Semele fu colpita dal fulmine. Il vino e l’ebbrezza sono associati a questo fragore e furore.
  • Lysios o Lieo: entrambi significano “colui che scioglie”, riferendosi probabilmente agli effetti del vino sulle persone.
  • Bassareo: Questo nome potrebbe derivare da un villaggio chiamato Bassaro in Lidia, dove Dioniso aveva un tempio. Alcuni pensano che sia legato a una lunga veste chiamata “Bassara” o “Bassaris” fatta di pelli di volpe portata da Dioniso. Altri pensano che sia collegato a un tipo di calzare chiamato “Bassaro”. La sacerdotessa di Dioniso era chiamata Bassarida.
  • Cretogeno: Questo epiteto si riferisce al fatto che Dioniso era nato a Creta.
  • Ctonio: Questo termine indica che Dioniso era il figlio della regina del mondo sotterraneo, Persefone.
  • Zagreo: Questo epiteto evidenzia che Dioniso era il figlio di Zeus e Persefone.
Dioniso Zagreo e la tradizione orfica

Il mito di Dioniso Zagreo ha radici nell’antica tradizione orfica. In questa prospettiva antropologica, Dioniso simboleggia il mito della “resurrezione del Dio ucciso“. Nella versione religiosa orfica, Dioniso viene chiamato Zagreo. Si dice che Zagreo sia il figlio di Ade, che si era trasformato in serpente, e Persefone (oppure, secondo altre versioni, il figlio di Persefone e Zeus). Il nome Zagreo compare per la prima volta nel poema di Alcmenoide del VI secolo, dove si fa riferimento a “Potnia veneranda e Zagreo, tu che sei sopra tutti gli dei“.

Secondo Diodoro Siculo, i Cretesi consideravano Dioniso come figlio di Ade o Zeus e Persefone, e quindi come loro concittadino. A Creta, Dioniso veniva chiamato Cretogeno e Ctonio, essendo figlio della regina del mondo sotterraneo, ovvero Persefone, e appunto Zagreo.

Nel mito, Zeus aveva deciso di designare Zagreo come suo erede al dominio del mondo, suscitando l’ira di sua moglie Era. Zagreo venne affidato ai Cureti per essere allevato, ma Era si rivolse ai Titani, i quali attirarono il piccolo Zagreo con dei giochi, lo rapirono, lo smembrarono e si cibarono delle sue carni. Apollo raccolse le parti rimanenti del corpo di Zagreo e le seppellì sul monte Parnaso, mentre Atena trovò il cuore ancora palpitante del bambino e lo portò a Zeus.

Esistono diverse versioni del mito:

  • Zeus avrebbe mangiato il cuore di Zagreo, poi si sarebbe unito a Semele, che avrebbe partorito Dioniso.
  • Zeus avrebbe fatto mangiare il cuore di Zagreo a Semele, che avrebbe dato al dio divorato una seconda vita, generando così Dioniso.
  • Zeus punì i Titani fulminandoli e dagli spiriti che uscirono dai loro corpi in fiamme nacquero gli uomini. Questa versione è narrata anche da Nonno di Panopoli nelle Dionisiache.
  • Negli Inni Orfici, che presentano una teogonia differente rispetto a quella più nota di Esiodo, Dioniso è il sesto sovrano degli dei, dopo Fanes, Notte, Urano, Kronos e Zeus. Viene investito da Zeus come ultimo re degli dei, ricevendo lo scettro e diventando sovrano di tutti gli dei.
  • Sempre negli Inni Orfici, Dioniso viene fatto a pezzi dai Titani e poi ricomposto da Apollo. Riguardo alla sua nascita si dice: “La prima è dalla madre, un’altra è dalla coscia, la terza avviene quando, dopo che è stato straziato dai Titani, e dopo che Rea ha rimesso insieme le sue membra, egli ritorna in vita”.
  • Un’antica etimologia popolare associa il nome Zagreo a “di-agreus”, che significa “cacciatore perfetto”.
Dioniso e le origini del teatro

La tragedia, sebbene abbia origini nel mondo greco, ha una storia dalle fonti scarse e frammentarie. Tuttavia, tutti gli studiosi concordano sull’origine iniziale e religiosa del teatro greco, che può essere rintracciata nei riti dedicati a Dioniso, in cui la danza e la musica svolgevano un ruolo essenziale. Aristotele associa la tragedia al ditirambo, un canto corale in onore di Dioniso eseguito da un gruppo di satiri danzanti, guidato da un corifeo, durante le celebrazioni legate al culto del dio. Questo rituale conteneva elementi satireschi e, secondo Aristotele, il termine “tragedia” deriverebbe da “canto dei capri” (trágos, capro; ōdē, canto), riferendosi alle maschere dei partecipanti. Interpretazioni successive suggeriscono il significato di “canto in onore del capro” o “canto per guadagnare il premio di un capro“.

Secondo la tradizione, il ditirambo, originatosi nel VII secolo a.C. nella regione di Corinto, giunse ad Atene grazie a Tespi, figura quasi leggendaria. Tespi non solo avrebbe dato una forma letteraria al genere, ma avrebbe anche introdotto la figura dell’attore, creando un interlocutore (l’hypokrités) che dialogava con il corifeo. Questo aggiunta diede una dimensione drammatica al canto originario, dando così inizio alla rappresentazione teatrale propriamente detta. Questo nuovo sviluppo fu accolto come parte di un ciclo festivo che si svolgeva regolarmente due volte l’anno ad Atene. Analogamente, la commedia avrebbe avuto origine da una processione spontanea a carattere buffonesco in onore di Dioniso, concludendosi con un canto fallico.

Dioniso e la psicologia

James Hillman, uno dei principali successori di Jung nella scuola della psicologia analitica, ha approfondito la figura e l’archetipo di Dioniso. Nel suo saggio “Dioniso negli scritti di Jung“, Hillman sintetizza le riflessioni di Jung su Dioniso e fornisce una sua personale interpretazione.

Secondo Hillman, Dioniso non è stato un tema centrale per Jung, in parte a causa degli studi originali di Erwin Rohde e Nietzsche, che lasciavano poco spazio per ulteriori esplorazioni, e in parte a causa dell’interesse predominante di Jung verso la schizofrenia e l’archetipo di Ermes-Mercurio, piuttosto che verso l’isteria e l’archetipo dionisiaco. Freud, che ha costruito la sua teoria partendo proprio dall’isteria, ha invece fatto uso di metafore dionisiache per parlare delle zone erogene e dell’infante come perverso polimorfo.

Hillman evidenzia che, sebbene Jung non abbia affrontato in profondità Dioniso, in diverse occasioni ha analizzato il dio classico e l’archetipo associato. Negli scritti alchemici di Jung, Dioniso è collegato alla scimmia e alla Messa nera, associata a “Sua Maestà il Diavolo“. Altri scritti di Jung mettono in luce le similitudini tra Dioniso e Wotan, analizzando la figura di Nietzsche e la pazzia che ha caratterizzato la sua vita, facendo riferimento allo smembramento di Zagreo.

Lo smembramento di Dioniso, secondo Hillman, rappresenta la sua divisibilità in parti. Da un lato, riflette la disgregazione del corpo individuale e della sua vita, correlata ai processi alla base dei sintomi psicosomatici e dell’isteria. Dall’altro lato, l’esperienza del controllo centrale smembrato rappresenta la “resurrezione della luce naturale della coscienza archetipica distribuita in ciascun organo del corpo”, come evidenziato dal simbolismo de “Ulisse” di Joyce.

Hillman sviluppa ulteriormente le riflessioni di Jung, affermando che la psicologia analitica è stata guidata da una struttura archetipica che privilegia i principi della luce, dell’ordine e del distanziamento rispetto al coinvolgimento emotivo, ossia il principio apollineo rispetto al dionisiaco. Questo avrebbe impedito alla psichiatria tradizionale e agli studi classici di comprendere appieno il dionisiaco, portando a una rimozione e distorsione dei fenomeni ad esso legati, etichettati come “isterici, femminei, incontrollabili e pericolosi“.

Hillman sottolinea l’importanza di comprendere correttamente Dioniso in psicoterapia, considerando il suo ruolo centrale nella tragedia, nei misteri trasformativi di Eleusi e nello sviluppo culturale legato al vino. Egli avverte che un fraintendimento di Dioniso potrebbe deviare seriamente i processi stessi della guarigione, sottolineando la necessità di pacificare il “fantasma di Nietzsche” per evitare interpretazioni errate dei fenomeni dionisiaci nella terapia.

Origini di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

L’origine del nome Dioniso ha diverse interpretazioni. Una teoria suggerisce che derivi da Διός, che significa di Zeus, e da νῦσος, che può essere tradotto come giovane figlio di Zeus. Alcuni studiosi propongono un legame con il monte Nisa, dove si dice che il dio sia stato allevato, portando all’interpretazione “dio di Nisa“. C’è anche chi ipotizza il significato di “dio notturno” (theos-nykios). Il poeta Apollonio Rodio suggerisce l’interpretazione di “nato due volte” (da di-genes) o “il fanciullo dalla doppia porta“.

Secondo Detienne, Dioniso è considerato il dio straniero per eccellenza perché proviene dalla Tracia. Ricerche recenti hanno evidenziato elementi comuni tra il culto greco di Dioniso e i culti della Tracia, suggerendo possibili influenze reciproche, forse anche dall’Asia Minore. Questa teoria è supportata dal fatto che il culto di Dioniso ha antiche radici in Grecia, come dimostrato dalla presenza del suo nome su tavolette micenee in lineare B e dalle caratteristiche orgiastiche dei culti vegetali della religione minoica.

Le informazioni sulla nascita di Dioniso sono complesse e talvolta contraddittorie. Sebbene sia universalmente accettato che suo padre sia Zeus, l’identità di sua madre è oggetto di varie interpretazioni da parte dei mitografi. Alcuni sostengono che il dio sia nato dall’unione con Demetra, sua sorella, oppure con Io o Lete. Altri lo considerano figlio di Dione o Perserfone.

L’ultima versione, benché non sia la più accettata tra i mitografi, ha comunque trovato spazio nella tradizione letteraria. Secondo alcune leggende orfiche, la madre di Dioniso è definita “la regina della morte“, che suggerisce l’associazione con Persefone. Zeus, innamoratosi di sua figlia che era stata nascosta in una grotta per volere di Demetra, si trasformò in serpente e la raggiunse mentre lei tesseva. La fecondò e la fanciulla diede alla luce due bambini, Zagreo e lo stesso Dioniso.

La natura di Dioniso

Dioniso è una divinità enigmatica e affascinante, che sfidava ogni forma di ordine e convenzione. Egli agitava le coscienze, distruggeva le regole e le restrizioni, riportando gli uomini, in un vortice di follia, al loro stato di pura essenza originaria. Secondo il filologo Walter Otto, Dioniso rappresenta “lo spirito divino di una realtà immensa” che si manifesta in un eterno conflitto tra forze opposte: estasi e terrore, vita e morte, creazione e distruzione, suono e silenzio. È una forza vitale irresistibile e selvaggia che affascina e inquieta: è la sinfonia inebriante della realtà universale del cosmo.

Per Karl Kerenyi, “dove Dioniso regna, la vita si mostra indomabile e senza limiti“. Secondo Roberto Calasso, il dio ubriaco è “intensità pura” che travolge nell’ebbrezza e usa il sarcasmo contro chiunque gli si opponga. Per Giorgio Colli, è “il dio delle contraddizioni, di tutte le contraddizioni […] è l’assurdo che si manifesta vero con la sua presenza“.

Inoltre, è il dio della potenza che può essere benevola o distruttiva, secondo Jeanne Roux; è “il dio dell’ambiguità“, “il diverso“, che unisce le polarità contraddittorie dell’umano, secondo H.S. Versnel; è il dio di una zona grigia in cui i contrasti tra saggezza e follia si fondono, secondo Claude Calame; rappresenta quell’elemento di diversità che ogni essere umano porta dentro di sé, secondo Jean-Pierre Vernant; non è una divinità greca come le altre, secondo Dabdab Trabulsi; è “un intreccio illimitato di dualità” secondo Charles Segal; è un paradosso, “la somma di innumerevoli contraddizioni”, tanto da presentarsi come “un abisso e un enigma“, secondo Albert Henrichs.

Il simbolo della maschera

Il simbolo della maschera rappresenta l’irruento arrivo di Dioniso e la sua presenza enigmatica, sottolineando la sua natura duplice e la sua frenesia. Durante la festa della vendemmia, Dioniso veniva raffigurato con una maschera, che in altri riti greci non aveva lo stesso significato. Queste maschere erano così imponenti che non venivano indossate, ma erano considerate come vere e proprie rappresentazioni del dio stesso. Anche se la questione del materiale delle maschere è ancora dibattuta, c’è un accordo sul fatto che la maschera rappresenti l’epifania e l’essenza del dio, non solo come un simbolo.

In un’antica rappresentazione su un vaso noto come vaso François, Dioniso si presenta in modo diverso dagli altri dei. Mentre gli altri sono raffigurati di profilo, Dioniso guarda direttamente l’osservatore con il suo enorme volto e i suoi occhi penetranti. Questa caratteristica viene spiegata dal fatto che sin dall’antichità Dioniso veniva rappresentato preferibilmente con la maschera, simboleggiando il “contemplativo“, il dio della presenza immediata. Nel vaso François, il suo sguardo penetrante è una rappresentazione efficace della sua capacità di apparire improvvisamente e con grande forza agli occhi degli uomini. La maschera, tipica delle divinità naturali e degli spiriti primordiali, simboleggia e personifica il culto di Dioniso.

Il volto con gli occhi scrutatori è stato a lungo considerato come una delle espressioni più distintive della natura umana o bestiale. La maschera di Dioniso enfatizza questa caratteristica, con i suoi occhi spalancati che fissano in modo irremovibile. Il suo volto è intenso, vibrante e ambiguo, simboleggiando la coesistenza di presenza e assenza, realtà e illusione, ragione e follia.

La maschera di Dioniso si distingue dalle altre perché è più penetrante e immediatamente impattante. Essa rappresenta l’enigma della duplicità e della contraddizione, mettendo l’essere umano di fronte alla sua dimensione più profonda. Questo spirito di duplicità che caratterizza Dioniso e il suo dominio si riflette in tutte le sue manifestazioni, portando a un sconvolgimento che è inevitabile, poiché rappresenta lo spirito di una natura selvaggia e universale.

Nascita di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

La storia della nascita di Dioniso presenta diverse versioni e interpretazioni. Secondo la versione più nota, Semele, figlia di Armonia e Cadmo, re di Tebe, è la madre di Dioniso. Il nome Semele può essere interpretato come “la sotterranea“, riferendosi alla concezione della Terra come un ventre oscuro ma fecondo che assorbe la luce per poi generarla nuovamente in un ciclo eterno di morte e rinascita.

Le leggende variano anche sul modo in cui Dioniso è stato concepito. Alcuni raccontano che Zeus, dopo la morte di Zagreo (figlioccio di Zeus e Persefone, generato dal fratello Ade) e il recupero dei resti del suo corpo, cucinò il cuore del bambino e fece bere il brodo a Semele, sua amante. In un’altra versione, Zeus, innamorato di Semele, assunse forma umana per unirsi a lei, concependo così Dioniso.

La gelosia di Era, moglie di Zeus, non tardò a manifestarsi quando scopri l’ennesimo tradimento di suo marito con una mortale. Era ispirò invidia nelle tre sorelle di Semele, Agave, Ino e Autonoe, che criticarono la situazione di Semele, non solo per la gravidanza, ma anche perché Zeus non aveva ancora rivelato la sua vera identità.

Era, approfittando della situazione, si travestì da Beroe, la nutrice di Semele, per avvicinarsi alla giovane incinta. Semele, credendo di parlare con la sua nutrice, confidò i suoi timori e la vecchia consigliò di chiedere a Zeus di rivelare la sua vera identità, smettendo di nascondersi, o avrebbe potuto pensare che si trattasse di un mostro.

Quando Zeus tornò da Semele, lei seguì il consiglio della vecchia e gli chiese di rivelare la sua vera forma. Zeus, per timore della gelosia di Era, rifiutò. Semele, delusa, si rifiutò di condividere il suo letto con lui. Zeus, adirato, si manifestò in tutta la sua maestà, causando una luce così accecante che Semele venne incenerita.

In un’altra versione, Semele chiese a Zeus di esaudire qualsiasi suo desiderio. Lei gli chiese di mostrarsi nella sua vera potenza. Anche in questo caso, Zeus acconsentì e Semele fu uccisa dalla visione. Tuttavia, per proteggere il bambino, Gea fece crescere dell’edera fresca intorno a lui. Dioniso fu poi “rinato” dal ventre di Zeus, da cui il suo nome che significa “nato due volte” o “fanciullo dalla doppia porta“.

I Misteri Dionisiaci

I Misteri Dionisiaci erano riti misterici celebrati in onore di Dioniso, riservati agli iniziati, simili ai riti romani in onore di Bacco. Uno degli elementi distintivi di questo culto era la partecipazione prevalentemente femminile alle cerimonie, che si svolgevano in diverse zone della Grecia. Le partecipanti, chiamate baccanti o anche menadi, lene, tiadi o bassaridi, invocavano e cantavano la presenza sovrannaturale di Dioniso. Utilizzavano anche maschere, importanti nel culto di Dioniso che era legato alla nascita della tragedia greca, per rappresentare ritualmente il mitico corteo dionisiaco composto da sileni, satiri e ninfe. Durante il rito, le donne si identificavano con il dio, acquisendo il suo “furore“, ovvero uno stato di invasamento divino. L’obiettivo era quello di ricordare le vicende mitologiche di Dioniso. Le partecipanti erano coronate con frasche di alloro, tralci di vite e pampini, e indossavano pelli di animali selvatici. Tenevano in mano il tirso, una verga con una pigna all’estremità che rendeva i movimenti instabili. Gli uomini, invece, si mascheravano da satiri e partecipavano anche gli schiavi. Durante il corteo, chiamato tiaso, che avveniva sotto l’influenza del ditirambo, una forma di lirica corale e danza ritmica ossessiva ed estatica, tutti erano ebbri di vino.

Un rito particolarmente violento era lo Sparagmòs, che consisteva nel dilaniare animali a mani nude allo scopo di consumarne le carni crude. Questo rito è descritto anche ne “Le Baccanti” di Euripide.

I rituali dionisiaci comportavano una ribaltamento delle strutture logiche, morali e sociali del mondo ordinario. Secondo il filosofo Friedrich Nietzsche, nel suo libro “La nascita della tragedia“, la potenza dionisiaca portava a uno stato di estasi ed ebbrezza che infrangeva il cosiddetto “principio di individuazione“, cioè il senso di individualità di ciascun individuo. Questo stato riconciliava l’essere umano con la natura, creando un’armonia universale che superava le convenzioni e le divisioni sociali imposte dall’uomo. Nietzsche considerava la vita stessa come un principio che anima gli esseri viventi, fatto di istinto, sensualità, caos e irrazionalità, e vedeva in Dioniso la perfetta metafora dell’esistenza. Dioniso rappresentava la sorgente primordiale e misteriosa che scorre caoticamente nel corpo e nello spirito, la tempesta primordiale del cosmo in eterno mutamento.

Hegel, nel suo libro “Fenomenologia dello spirito“, raffigurava l’acquisizione della conoscenza del Vero come un’immagine dionisiaca, paragonandola al “vacillare della baccante, in cui non v’è membro che non sia ebbro“.

Secondo Mircea Eliade, il Mistero consisteva nella partecipazione delle baccanti all’epifania totale di Dioniso.

I riti si svolgevano di notte, lontano dalle città, sulle montagne e nelle foreste. Attraverso il sacrificio degli animali e il consumo delle loro carni crude, si realizzava la comunione con il dio, poiché gli animali smembrati e mangiati erano considerati manifestazioni o incarnazioni di Dioniso. Le altre esperienze, come la straordinaria forza fisica, l’invulnerabilità al fuoco e alle armi, i “prodigi” come l’acqua, il vino e il latte che sgorgavano dal suolo, e la familiarità con serpenti e piccoli animali feroci, erano rese possibili dall’entusiasmo e dall’identificazione con il dio. L’estasi dionisiaca rappresentava soprattutto il superamento della condizione umana, la scoperta di una liberazione totale, il raggiungimento di una libertà e spontaneità che erano inaccessibili ai mortali.

Le Dionisie urbane e campestri

Il culto di Dioniso era diffuso in tutta la Grecia. In Attica, in particolare, erano celebrate due feste principali in suo onore: le Dionisie rurali e le Dionisie urbane.

Le Dionisie rurali, o Piccole Dionisie, si svolgevano nei vari borghi dell’Attica durante il mese di Antesteria (gennaio-febbraio). Erano caratterizzate dalla falloforia, una processione in cui gli uomini portavano in processione un fallo di legno, simbolo della fertilità e della virilità del dio.

Le Dionisie urbane, o Grandi Dionisie, si svolgevano ad Atene durante il mese di Elaphebolion (marzo-aprile). Erano la più importante festività dionisiaca dell’Attica e duravano cinque giorni. I primi tre giorni erano dedicati alle gare atletiche, ai sacrifici e ai banchetti. Il quarto giorno, chiamato Agorà, si svolgevano le rappresentazioni teatrali. Il quinto giorno, chiamato Exagorà, si concludeva la festa con un corteo che attraversava la città.

Le Dionisie urbane erano anche un’occasione importante per la nascita del teatro greco. Le rappresentazioni teatrali, infatti, erano un elemento centrale della festa e attiravano un pubblico numeroso. I testi rappresentati erano per lo più tragedie e commedie, che trattavano temi mitologici, storici o sociali.

Il culto di Dioniso fu introdotto in Italia dalle colonie greche. In particolare, a Roma fu celebrata la Festa dionisíaca, che si svolgeva durante il mese di marzo. La festa era caratterizzata da processioni, sacrifici, banchetti e rappresentazioni teatrali.

Il culto di Dioniso fu oggetto anche di provvedimenti repressivi. Nel 186 a.C. il Senato romano promulgò il Senatoconsulto de Bacchanalibus, che vietava i baccanali, i rituali dionisiaci che si svolgevano in segreto.

Tuttavia, il culto di Dioniso ebbe sempre grande importanza nella religione mistica, fino all’età imperiale. Nella tarda antichità, il culto di Dioniso assurse a religione cosmica e si diffuse capillarmente in maniera del tutto spontanea. Solo le vicende storiche posero fine alla sua influenza.

Infanzia e giovinezza di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

Quando il piccolo Dioniso nacque dalla coscia di Zeus, suo padre lo affidò alle cure di Ino, la sorella di Semele, e di suo marito Atamante. Tuttavia, questo non sfuggì all’occhio vigile di Era. La gelosa dea fece impazzire i due coniugi: Atamante, credendo che il figlio Learco fosse un cervo, lo uccise con le sue frecce. Nel frattempo, Ino gettò il piccolo Melicerte in una tinozza d’acqua bollente, causandone la morte. Quando ripresero la ragione e compresero l’orrore del loro gesto, entrambi si uccisero: Atamante si gettò in mare e Ino si lanciò in acqua con il figlio morto.

Dioniso, che era stato trasformato prontamente in una capra da Zeus o forse da Ermes, aveva assistito a tutto. Questo evento gli fece comprendere quanto potesse essere pericolosa la pazzia e la confusione mentale, e decise di farne uno dei suoi poteri divini. Da quel momento, la capra divenne uno dei suoi animali sacri.

Dioniso si ritrovò solo nella casa ormai abbandonata e chissà cosa gli sarebbe potuto accadere se Ermes non avesse deciso di prendersi cura di lui. Lo portò in una lontana montagna dell’Asia Minore dove risiedevano le Iadi, ninfe dei boschi. Queste amarono e crebbero con affetto il piccolo Dioniso, finché non fu il momento di cercargli un precettore. A questo punto, decisero di rivolgersi a Sileno, un saggio anziano figlio di Pan e di una ninfa, noto per la sua straordinaria saggezza e il dono della divinazione.

La divinità errante Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

Raggiunta la maturità, Era riconobbe Dioniso come figlio di Zeus, ma lo punì con la pazzia. Così, Dioniso iniziò a viaggiare con il suo tutore Sileno, accompagnato da satiri e baccanti, fino in Egitto, dove affrontò i Titani.

Poi si diresse verso l’Oriente, arrivando fino all’India, sconfiggendo avversari lungo la strada, come il re di Damasco, che addirittura scuoiò vivo. Durante il suo percorso, fondò numerose città. Dopo aver sconfitto il re indiano Deriade, Dioniso guadagnò l’immortalità. Tornato in Grecia, le Amazzoni, un popolo di donne guerriere che aveva già respinto in precedenza fino a Efeso, si opposero a lui. Ma Dioniso, con il suo seguito, le sconfisse di nuovo.

Decise quindi di ritornare in Grecia, mostrando la sua vera natura divina come figlio di Zeus. Dopo aver chiesto perdono alla nonna Rea per i delitti commessi durante la pazzia, sbarcò in Tracia, governata dal re Licurgo. Quando Licurgo seppe dell’arrivo di Dioniso nei suoi territori, imprigionò tutti i seguaci del dio. Tuttavia, Dioniso riuscì a fuggire rifugiandosi da Teti.

Molto arrabbiato con il re di Tracia, Dioniso mandò una terribile siccità che scatenò una rivolta tra il popolo. Inoltre, maledisse Licurgo, facendolo impazzire. Il re, reso folle dal dio, uccise suo figlio credendo fosse un ramo d’edera. Nel frattempo, un oracolo aveva predetto che il regno sarebbe rimasto arido e sterile fintanto che Licurgo fosse rimasto in vita. Così, il popolo trascinò il re fuori dal palazzo e lo linciò in pubblica piazza.

Con la morte di Licurgo, Dioniso liberò la Tracia dalla maledizione. In un’altra versione della storia, Licurgo aveva tentato di uccidere un seguace del dio, ma Dioniso lo trasformò immediatamente in un vitigno che si attorcigliò strettamente intorno al re infuriato, strangolandolo.

Successivamente, Dioniso tolse la ragione anche al fratellastro di Licurgo, il pirata Bute, che aveva violentato una delle Menadi.

Il ritorno in Grecia

Dopo aver sottomesso la regione della Tracia, Dioniso viaggiò attraverso la Beozia e raggiunse le isole dell’Egeo. Qui, affittò una nave da giovani marinai diretti a Nasso, ma scoprendo in seguito che erano in realtà pirati che volevano venderlo come schiavo in Asia. Per proteggersi, Dioniso trasformò l’albero maestro della nave in una vite e se stesso in un leone. Riempì la nave di spettri di animali feroci che danzavano al suono di flauti.

I marinai, terrorizzati, si gettarono in mare. Tuttavia, Dioniso li trasformò in delfini per salvarli. Anche se sapevano di non poter mai più tornare umani, compresero che il dio aveva dato loro l’opportunità di redimersi. Così, dedicarono il resto della loro vita a soccorrere i naufraghi. Acete, il timoniere, non subì la metamorfosi perché aveva dimostrato di essere meno malvagio degli altri pirati. Divenne invece sacerdote del dio.

Quando Dioniso ritornò a Tebe, la sua città natale, suo cugino Penteo, il re, si oppose ai nuovi riti introdotti dal dio. Fece arrestare Acete e alcune Menadi. La vendetta di Dioniso su Tebe e sulla sua famiglia è narrata da Euripide nella tragedia chiamata “Le Baccanti“.

Nell’opera teatrale, Dioniso viene rappresentato come una divinità terribile e distruttiva. Egli fa impazzire le donne della città, cominciando dalle sue zie (Agave, Ino, Autonoe) che un tempo non avevano creduto a Semele quando questa affermava di essere stata sedotta da Zeus.

Dioniso vuole anche punire l’intera città che rifiuta di riconoscerlo come dio e di adorarlo. Le donne di Tebe abbandonano la città per celebrare cerimonie sacre in onore di Dioniso nei boschi del monte Citerone.

Alla fine, Dioniso spinge re Penteo verso la pazzia, convincendolo a travestirsi da donna per spiare le Menadi mentre celebrano i rituali sacri del dio. Penteo viene attirato sul monte Citerone e ucciso dalle donne di Tebe, che, sotto l’influsso divino, lo scambiano per una bestia selvaggia. Il sovrano viene letteralmente smembrato.

La prima ad assalire Penteo è sua madre Agave, che lo guida insieme a un gruppo di Menadi. Tornata a Tebe con la testa del figlio su una picca, Agave non riconosce il proprio figlio fino a quando è troppo tardi, e versa amare lacrime. Infine, Dioniso condanna i suoi parenti all’esilio da Tebe, compiendo così la sua vendetta totale.

Riconosciuto come dio, secondo la volontà di Zeus, Dioniso prende il suo posto sull’Olimpo.

Relazioni amorose di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi

Chirone, il centauro saggio e famoso, fu uno dei maestri di Dioniso. Secondo Toloneo Chennus, Dioniso imparò da Chirone non solo le arti del canto e della danza, ma anche le regole segrete dei futuri riti bacchici.

Il primo amore di Dioniso fu per un giovane satiro di nome Ampelo. Purtroppo, Ampelo perse la vita in modo tragico, cadendo dalla groppa di un toro impazzito a causa di un morso di tafano mandato dalla dea Ate, simbolo della malizia. Dioniso pregò le Moire per un miracolo, e loro gli concessero di trasformare Ampelo in un tralcio di vite, dandogli una seconda possibilità di vita.

Una delle storie più conosciute su Dioniso narra della sua discesa nel regno dei morti per riportare sua madre, Semele, in vita. Durante questo viaggio, Dioniso ebbe un rapporto intimo con Prosimno, l’uomo che lo guidò fin verso le porte di Ade. In cambio dell’aiuto, Prosimno chiese a Dioniso di amarlo come una donna. Dioniso acconsentì, ma chiese a Prosimno di aspettare finché non avesse salvato Semele. Quando Dioniso tornò dagli inferi, purtroppo scoprì che Prosimno era già morto. Per onorare il suo impegno, creò una statua fallica di legno e la collocò sul tumulo di Prosimno, elevando l’amico tra le stelle del cielo. Questo racconto ci è pervenuto grazie a fonti cristiane, le quali avevano l’intenzione di criticare la religione pagana precedente. Tuttavia, ha anche fornito una spiegazione parziale per alcuni degli oggetti sacri svelati durante i misteri dionisiaci.

Dioniso successivamente giunse sull’isola di Nasso, dove incontrò Arianna, che era stata abbandonata da Teseo. I due si sposarono e, dopo un periodo, Dioniso riprese il mare verso la Grecia. Quando arrivò ad Argo, Perseo costruì un tempio in suo onore per placare le donne della città, che erano state fatte impazzire dal dio come punizione per l’uccisione dei suoi seguaci. Questo permise a Dioniso di accedere all’Olimpo come dio.

Amanti e figli di Dioniso, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi
Amante: Afrodite

Figli: Cariti
Priapo
Imene

Amante: Alessiroe

Figli: Carmanore

Amante: Alfesibea

Figli: Mede

Amante: Altea

Deianira

Amante: Arianna

Figli: Ceramo
Enieo
Enopione
Evante
Eurimedonte
Fano
Latramis
Marone
Pepareto
Stafilo
Tauropoli
Toante

Amante: Arianna, Ctonofila o Aretirea

Figli: Flias

Amante: Aura

Figli: Iacco

Amante: Circe

Figli: Comus

Amante: Fiscoa

Figli: Narceo

Amante: Nicea

Figli: Telete

Amante: da madre sconosciuta

Figli: Mete
Sabazio
Tisa

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