Si rischia la diffamazione per post offensivi senza nome?

Anche se un individuo non viene nominato direttamente, ma è reso riconoscibile attraverso commenti offensivi su piattaforme social ciò può configurare un reato di diffamazione

Si rischia la diffamazione per post offensivi senza nome?

Si rischia la diffamazione per post offensivi senza nome? La Corte di Cassazione ha stabilito che anche se un individuo non viene nominato direttamente, ma è reso riconoscibile attraverso commenti offensivi su piattaforme social come Facebook, TikTok e Instagram, ciò può configurare un reato di diffamazione.

Questo significa che gli autori di post denigratori, pur evitando di menzionare esplicitamente il nome della vittima, possono comunque essere ritenuti responsabili se l’identità della persona offesa è facilmente deducibile dalle circostanze, come allusioni, riferimenti indiretti o dettagli specifici.

La sentenza della Corte di Cassazione del 8 aprile 2024, n. 14345, ha delineato i limiti del diritto di critica nel contesto digitale, sottolineando che offendere qualcuno senza nominarlo direttamente non esonera dalla responsabilità penale se la persona offesa è chiaramente identificabile.

La sentenza della Cassazione si riferisce al caso di una donna che aveva pubblicato su Facebook dei post offensivi nei confronti di un intermediario immobiliare, definendolo “ladro” e allegando fotografie che ne permettevano il riconoscimento. Nonostante non ci fosse un’accusa esplicita nei confronti dell’uomo, gli elementi forniti erano stati considerati sufficienti per identificarlo come destinatario delle offese.

Cosa determina la diffamazione su Facebook?

Secondo la Corte, un post su Facebook può costituire diffamazione anche senza menzionare direttamente il nome e il cognome della persona offesa, a condizione che sia possibile identificarla dagli utenti. Anche un’immagine, un riferimento o qualsiasi altro elemento che possa portare all’identificazione della persona attaccata sono considerati sufficienti per configurare il reato di diffamazione aggravata.

Quali sono le conseguenze di un post diffamatorio?

La diffamazione compiuta tramite mezzi di comunicazione come la stampa, Internet o un post su Facebook è considerata “aggravata“, il che comporta pene più severe rispetto al reato di base. Le conseguenze legali possono includere una reclusione che va da sei mesi a tre anni o una multa di almeno 516 euro. Questo perché i post hanno la capacità di raggiungere un vasto pubblico, amplificando il danno alla reputazione della vittima.

Come viene interpretata l’offesa alla reputazione?

L’offesa alla reputazione può essere interpretata come un reato di diffamazione anche quando l’espressione offensiva supera i limiti della critica. La distinzione tra critica e diffamazione è sottile e talvolta difficile da discernere. In generale, la critica mira a danneggiare l’immagine personale o professionale di qualcuno e si traduce in una sorta di invettiva contro il soggetto, più che concentrarsi sulle azioni del soggetto stesso. La critica ha lo scopo di offrire una prospettiva differente e costruttiva.

La diffamazione può essere diretta verso una persona specifica o verso più persone, purché siano determinate o determinabili. Se l’offesa può essere associata a un individuo o a un gruppo limitato di persone identificabili, il reato può essere considerato valido.

Tuttavia, non sussiste un reato quando l’offesa è rivolta a un gruppo ampio e indeterminabile, come tutti i membri di una professione, i credenti di una religione o gli abitanti di una specifica nazione.

La Corte ha chiarito che non è necessario che il nome della persona offesa sia menzionato esplicitamente nel post, ma è sufficiente che vi siano elementi concreti che consentano di identificarla.

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