L’Italia spende più della media Ue per gli studenti ma i risultati sono modesti

Lo sostiene la Fondazione Agnelli nel dossier “Le risorse per l’istruzione: luoghi comuni e dati reali”

L’Italia spende più della media Ue per gli studenti ma i risultati sono modesti
L’Italia spende più della media Ue per gli studenti ma i risultati sono modesti. Lo sostiene la Fondazione Agnelli nel dossier “Le risorse per l’istruzione: luoghi comuni e dati reali“. Il direttore della Fondazione, Andrea Gavosto, ha detto: “Analizzando i programmi elettorali dei vari partiti emerge che la scuola non è un tema prioritario. Quasi tutti hanno proposte che non sono molto originali, tendono a considerare gli insegnanti innanzitutto come bacino elettorale e lanciano idee con costi che arrivano fino a 30 miliardi. Con questa analisi cerchiamo di dire al prossimo Parlamento che investire sulla scuola è necessario ma che bisogna investire meglio. I test Invalsi mostrano come, nonostante la spesa, quasi uno studente su due non arriva a un livello adeguato di competenze alla fine del ciclo scolastico“.

La percentuale di Pil dedicata alla scuola è rimasta stabile per molti anni. Poi, nel 2020 ha ripreso a salire ed è l’unico settore della pubblica amministrazione in cui il personale è cresciuto del 20% negli ultimi 10 anni. Le risorse sono, invece, calate per l’università.

Non è vero che l’Italia spende per la scuola meno del resto d’Europa

Se si considera la percentuale del Pil il dato è allineato alla media europea e a quella di Paesi come Germania e Spagna. Se, invece, si considera la spesa per ogni singolo studente fra i 6 e i 15 anni, l’Italia spende circa 75mila euro, a parità di potere d’acquisto, più della media europea. Un risultato dovuto anche al fatto che l’Italia non ha modificato la sua quota di spesa nonostante il calo della popolazione studentesca.

Nonostante il calo degli studenti gli insegnanti crescono

8 anni fa il rapporto era di 10,9 studenti per ogni insegnante, lo scorso anno era 8,6.

Crescono i precari. Quelli di ruolo sono in calo

I docenti a tempo determinato sono il 24% del totale. 6 anni fa erano il 14%. I precari sono soprattutto gli insegnanti di sostegno (i 2/3 di chi ha questo ruolo è a tempo determinato) senza preparazione specifica e con un tasso di mobilità che impedisce la continuità didattica.

Retribuzioni inferiori a quelle della maggioranza degli altri Paesi europei

È vero che le retribuzioni sono inferiori a quelle della maggioranza degli altri Paesi europei, ma, tra scuola e casa, gli insegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis 2018, relativi alla secondaria di I grado) 26 ore alla settimana contro una media europea di 33 ore.

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