Mosca, che per quasi nove anni è stata determinante nel mantenere Bashar al-Assad al potere in Siria, sembra non aver reagito agli eventi che hanno portato al crollo del regime. Questo cambiamento, però, potrebbe essere il risultato di una strategia precisa da parte del Cremlino
Perché Putin non è intervenuto al fianco di Assad? La situazione in Siria è cambiata in modo drastico nel corso di pochi giorni. Mosca, che per quasi nove anni è stata determinante nel mantenere Bashar al-Assad al potere, sembra non aver reagito in modo evidente agli eventi che hanno portato al crollo del regime. Questo cambiamento, però, potrebbe essere il risultato di una strategia precisa da parte del Cremlino.
Per anni, l’intervento militare russo, iniziato nel 2015, è stato fondamentale per sostenere Assad. Ma negli ultimi dieci giorni, il partito Baath, che governava la Siria da più di sessant’anni, è stato rovesciato. Damasco è caduta, Assad è stato destituito ed è stato riportato che avrebbe trovato rifugio a Mosca con la sua famiglia. Da parte sua, il Cremlino non ha né confermato né smentito la notizia. L’ufficio stampa del presidente russo Vladimir Putin ha solo dichiarato che “non è previsto” un incontro tra Putin e Assad. Inoltre, è stato assicurato che il destino delle basi militari russe in Siria – quella aerea di Hmeimim e quella navale di Tartus – sarà discusso con le nuove autorità siriane.
Progetto del Cremlino in Siria
Questi sviluppi sembrano indicare che il progetto del Cremlino in Siria si sia dissolto. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha affermato che la Russia, come il resto del mondo, è rimasta “sorpresa” da ciò che è accaduto. Tuttavia, ci sono indizi che lasciano pensare che la scelta di abbandonare Assad e garantirgli una via d’uscita sicura verso Mosca sia stata una decisione pianificata. Questa mossa, più che dettata da ideologie, sembrerebbe basata su calcoli pragmatici.
Implicazioni della caduta di Assad
La caduta di un alleato storico rappresenta certamente una perdita di prestigio per la Russia in Medio Oriente, ma non sembra che ciò comporterà l’insediamento di un governo filo-occidentale a Damasco. Questo scenario, che Putin considera una minaccia, sembra scongiurato. Per Mosca, l’obiettivo principale rimane il mantenimento delle sue basi militari. Secondo alcune ipotesi, è possibile che la Russia abbia negoziato, o stia negoziando, con la coalizione di ribelli e jihadisti anti-regime per ottenere garanzie sulla sua presenza militare in cambio dell’uscita pacifica di Assad.
Difficoltà nel sostenere Assad
Le difficoltà nel sostenere Assad sono state aggravate da vari fattori. Le risorse della Russia erano limitate a causa della guerra in Ucraina, mentre le forze filo-iraniane in Siria e Libano avevano subito gravi perdite nei confronti con Israele. Inoltre, l’esercito siriano è collassato rapidamente, rendendo evidente che il regime baathista non poteva più garantire l’influenza russa nella regione.
Approccio pragmatico di Mosca
L’agenzia di stampa russa Ria Novosti ha lodato l’approccio pragmatico di Mosca, sottolineando che, di fronte all’impossibilità di difendere un alleato ormai indebolito, il Cremlino si è preparato a dialogare con le nuove autorità siriane. Queste sono rappresentate principalmente dal gruppo sunnita Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che, secondo alcune fonti, potrebbe essere disposto a considerare gli interessi russi, a patto che Mosca non si fosse ostinata a sostenere Assad.
Mantenimento dell’influenza russa
Per la Russia, mantenere un’influenza in Siria e nella regione è ancora possibile, anche se con modalità diverse rispetto al passato. Mosca dispone del diritto di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, un’arma diplomatica utile, soprattutto quando il nuovo governo siriano avrà bisogno di legittimazione e supporto umanitario. Inoltre, secondo l’analista russa Marianna Belenkaya, è improbabile che Hts o altre forze siriane si affidino completamente all’Occidente o alla Turchia per il loro sostegno.
Relazioni con i Paesi arabi
La Russia, inoltre, mantiene buoni rapporti con molti Paesi arabi, alcuni dei quali non vedono di buon occhio il rafforzamento della Turchia nella regione. Gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, sono vicini a Mosca. Anche la Turchia, pur avendo interessi propri in Siria, necessita di contatti con la Russia per gestire una situazione che potrebbe sfuggire al controllo.
Posizione degli Stati Uniti
Infine, resta da capire quale sarà la posizione degli Stati Uniti. Donald Trump, che ha dichiarato che “la Siria non è la nostra guerra”, potrebbe decidere di intervenire in futuro. Questo aspetto, come altri, contribuirà a determinare il futuro della regione.
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