I curdi sono un popolo che appartiene ad uno dei gruppi etnici più numerosi del Medio Oriente, ma non hanno uno Stato riconosciuto e vivono sparsi tra nazione diverse
Chi sono i curdi? I curdi sono un popolo che appartiene ad uno dei gruppi etnici più numerosi del Medio Oriente, ma non hanno uno Stato riconosciuto e vivono sparsi tra nazione diverse. Sono circa 35 milioni di persone e vivono tra Iraq, Iran, Siria, Armenia, Turchia, Afghanistan e Azerbaigian. Circa 5 milioni vivono, invece, in Europa.
Siccome questo popolo vive da sempre suddiviso in contesti differenti, vi sono differenze tra i vari gruppi di curdi. Ad esempio, i curdi iracheni sono gli unici ad aver ottenuto una regione autonoma all’interno del Paese, mentre per i curdi siriani l’autonomia è ancora un sogno.
Anche la lingua curda non è la stessa per tutti. Infatti, dal medesimo ceppo linguistico si sono sviluppate varianti diverse. I “dialetti” più diffusi sono il Kurmanji, il Sorani, il Pehlewani e il Laki. Ovviamente i curdi parlano anche la lingua della nazione in cui vivono.
Anticamente il principale culto dei curdi era il mazdeismo (la religione basata sugli insegnamenti del profeta Zarathustra, i seguaci adorano il dio creatore denominato Ahura Mazdā). Oggi, invece, la maggioranza è musulmana sannita, ma ci sono curdi aderenti allo Zoroastrismo, all’Islam sciita e al Cristianesimo.
I curdi vorrebbero poter formare un unico Paese indipendente, ma questo “sogno” crea da sempre contrasti (spesso violenti) sia con i governi delle nazioni che li “ospitano” sia con le altre popolazioni con cui condividono il territorio.
La travagliata storia dei curdi
Per risalire alle origini del “problema curdo” bisogna risalire agli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale.
Dopo la sconfitta subita al fianco delle potenze alleate, l’Impero Ottomano (che per secoli era stata la potenza egemone dell’Asia Minore e dintorni) svani per sempre. Il “Trattato di Sèvres” del 1920 sancì sia la fine del dominio ottomano (che venne delimitato ai confini della moderna Turchia) sia la nascita di nuovi Stati (come la Siria).
Questo avvenne perché durante il conflitto, gli inglesi e i francesi si guadagnarono il sostegno delle popolazioni locali promettendo loro il riconoscimento di nazioni indipendenti una volta sconfitto il grande nemico turco. In realtà, però, il Medio Oriente venne spartito in zone d’influenza tra Francia e Gran Bretagna (la zona era ed è tuttora ricchissima di petrolio) e i nuovi Stati sorti dalle ceneri dell’Impero Ottomano videro ridursi di molto la loro indipendenza.
Anche ai curdi era stata promessa una nazione sovrana, il Kurdistan (o Curdistan), ma quando nella “nuova” Turchia prese definitivamente il potere il nazionalista Mustafa Kemal Pascià (filo-occidentale), l’ex potenza ottenne l’annullamento di alcuni punti del trattato di Sèvres e l’idea di creare uno stato interamente curdo venne messa da parte per sempre.
Quindi, attualmente i curdi sono una minoranza all’interno di nazioni che non li vedono di buon occhio (sono oggetto di persecuzioni e repressioni anche molto cruente). Ad esempio, in Iran e in Iraq, la popolazione curda divenne bersaglio di deportazioni, arresti, torture ed esecuzioni sommarie. Anche in Turchia (dove i curdi sono più del 18% della popolazione) e in Siria questa etnia è stata a più riprese colpita da provvedimenti duri e sanguinosi.
I curdi, però, ci hanno messo del loro organizzando nuclei di guerriglia armata, e scontrandosi con i vari eserciti governativi. Il più “celebre” è quello legato al PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan attivo in Turchia e Iraq (da loro considerati un vero gruppo terrorista).
Poi, in seguito al fallito colpo di stato che cercò di deporre l’attuale presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, l’oppressione nei confronti dei curdi si fece ancora più pesante. Erdoğan chiuse giornali e attività curde in tutto il Paese, arrestando migliaia di persone.
A complicare ulteriormente le cose ci pensò la guerra siriana dove allo scontro tra ribelli ed esercito del presidente Bashar al Assad si aggiunse anche la minaccia dell’ISIS. I curdi siriani furono i più agguerriti oppositori dell’ISIS e le violente battaglie portarono i terroristi islamici a dover arretrare di parecchi chilometri. Quella porzione di territorio siriano, la Rovaja, venne rivendicata dai leader curdi.
Ypg (l’Unità di Protezione Popolare) è la milizia presente nelle regioni a maggioranza curda nel nord della Siria. Nel corso della guerra civile siriana diventò una delle componenti delle forze armate del territorio autonomo de facto del Rojava. L’Ypg ricevettero anche il supporto degli Stati Uniti (che li individuarono come propri alleati sul terreno nella guerra contro l’Isis). Nel corso del 2015, i guerriglieri curdi, con il sostegno degli Stati Uniti, riuscirono a riconquistare i propri territori che erano stati occupati dall’Isis e riuscirono anche ad espandersi in aree abitate da popolazioni arabe. Poi, tra il 2016 e il 2017, i curdi-siriani rafforzarono il proprio controllo sul Rojava e contribuirono in modo determinante alla sconfitta finale dell’Isis.
Queste conquiste non fecero piacere alla Turchia, ed Erdoğan (nel 2019) scatenò una nuova offensiva contro la popolazione curda in Siria.
Nell’estate 2022, l’attenzione mediatica è tornata sulla “questione curda“. Infatti, nel corso delle trattative per allargare l’adesione alla Nato a Svezia e Finlandia, la Turchia ha imposto il “veto“, chiedendo prima l’estradizione di alcuni cittadini curdi vicini al PKK (che si erano rifugiati nei Paesi scandinavi per sfuggire alla cattura) e poi la fine di ogni aiuto alle formazioni combattenti curde in Siria. Tali richieste sono state accolte al termine di una serie di incontri diplomatici, facendo così cadere il veto del governo di Istanbul e avvicinando Svezia e Finlandia alla Nato.
Le simpatie occidentali per la “causa curda”
La “causa curda dell’Ypg” ha suscitato grandi simpatie presso l’opinione pubblica occidentale. Non solo per il contrasto all’ISIS, ma anche per l’ideologia espressa dal movimento. Ad esempio, alle donne vengono riconosciuti gli stessi diritti che agli uomini. Esistono, inoltre, milizie curdo-siriane composte da donne, come ad esempio l’Ypj (Unità di protezione delle donne), che combattono spesso a capo scoperto contro gli estremisti islamici dell’Isis.
Il Rojava, poi, è stato anche un esperimento politico-sociale, con l’adozione di una Costituzione di stampo democratico, pluralista e liberale, che enfatizza l’ambientalismo e il ruolo delle comunità locali nella gestione del potere.
Poi, però, attaccati dalla Turchia e abbandonati dagli Stati Uniti, i curdi siriani si sono sentiti traditi da quel mondo occidentale che aveva espresso sostegno e stima negli ultimi anni. Ilham Ahmed, presidente del Comitato esecutivo del Consiglio democratico siriano, da Bruxelles ha chiesto alle istituzioni europee di “non abbandonare i siriani” e di non chiudere gli occhi su Erdogan.
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