Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo
Cos’è il salario minimo? Nella conferenza stampa del 12 luglio 2022, il Governo ha annunciato di voler adottare una nuova legge sul salario minimo, ma con la regolamentazione che resterà quella attuale (ovvero affidata alla contrattazione collettiva). L’idea del governo è di basarsi sul TEC (Trattamento economico complessivo).
Con questo meccanismo si usano come riferimento i contratti più diffusi (o firmati delle organizzazioni maggiormente rappresentative) e si estendono a tutti i lavoratori che non hanno una contrattazione di riferimento.
Previsti anche incentivi e premialità per il rinnovo dei CCNL di categoria. Ciò garantirebbe sia un aumento graduale medio degli stipendi nel tempo, sia un aiuto ai cosiddetti “lavoratori poveri“, non coperti da contrattazione collettiva.
Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. Non può essere in alcun modo ridotta da accordi collettivi o da contratti privati. Quindi, è una “soglia limite” di salario sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.
Come funziona il salario minimo?
Le legislazioni nei diversi Paesi Europei (e non), calcolano il salario minimo basandosi su una serie di parametri:
- Produttività;
- PIL;
- Indice dei prezzi al consumo;
- Andamento generale dell’economia.
Periodicamente, poi, viene fatta una rivalutazione in modo tale da mantenere il potere di acquisto dei salari stabile nel tempo.
Il salario minimo nei singoli paesi europei
Secondo le recenti statistiche di Eurostat (luglio 2020), queste sono le retribuzioni minime mensili lorde espresse in termini di standard di potere di acquisto (PPS) nei singoli Paesi Europei:
- Belgio: 1.652,72 euro;
- Bulgaria: 311,89 euro;
- Croazia: 536,6 euro;
- Repubblica Ceca: 546 euro;
- Estonia: 584 euro;
- Francia: 1.539,42 euro;
- Germania: 1.584 euro;
- Grecia: 758,33 euro;
- Irlanda: 1.706,9 euro;
- Lettonia: 430 euro;
- Lituania: 607 euro;
- Lussemburgo: 2.141,99 euro;
- Malta: 777,10 euro;
- Paesi Bassi: 1.680 euro;
- Polonia: 583,48 euro;
- Portogallo: 740,83 euro;
- Romania: 460,77 euro;
- Slovacchia: 580 euro;
- Slovenia: 940,58 euro;
- Spagna: 1.108,33 euro;
- Ungheria: 451,51 euro.
Per gli Stati membri dell’UE con salari minimi nazionali che non fanno parte dell’area dell’euro (Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania), il livello delle retribuzioni minime e la classifica espressa in euro è influenzata dai tassi di cambio utilizzati per convertire dalle valute nazionali in euro.
In quali paesi europei non c’è il salario minimo?
I Paesi Europei che non hanno introdotto il salario minimo nazionale sono:
- Italia;
- Danimarca;
- Cipro;
- Austria;
- Finlandia;
- Svezia.
Salario minimo in Italia
Vi sono numerose proposte di disciplina del salario minimo in Italia, ma per ora nessuna è stata approvata né ha trovato l’accordo tra le parti sociali.
Stando alla stima del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) attualmente sono in vigore circa 888 contratti collettivi nazionali. Inoltre, non è obbligatoria la stipula di contratti collettivi. Infatti, esistono imprese o tipologie di contratti di lavoro individuali in cui non è applicabile nessun contratto collettivo. Di conseguenza, è nato il fenomeno dei “working poors” (lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà relativa, pur essendo regolarmente occupati).
Secondo l’ultimo report di “In-work poverty in the EU” in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali. In assenza di una legge sul salario minimo nazionale tutto si basa sulla contrattazione collettiva su cui i sindacati hanno enorme potere, specie quelli con un maggior numero d’iscritti.
Secondo i dati forniti dall’INPS nel rapporto annuale 2021 e analizzati al Senato nella Commissione Lavoro, ecco alcuni CCNL (Contratto collettivo nazionale di lavoro) di settore con le relative retribuzioni:
- Turismo: il trattamento orario minimo è pari a 7,48 euro;
- Cooperative nei servizi socio-assistenziali: l’importo orario minimo ammonta a 7,18 euro;
- Aziende dei settori dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e commerciale e del turismo: minimo orario contrattuale pari a 7,28 euro;
- Settore tessile e dell’abbigliamento: retribuzione minima pari ad 7,09 euro;
- Servizi socio-assistenziali: il minimo retributivo è fissato in 6,68 euro;
- Imprese di pulizia e dei servizi integrati o dei multiservizi: minimo retributivo orario pari a 6,52 euro. Tale
- CCNL non viene rinnovato da oltre sette anni;
- Vigilanza e dei servizi fiduciari, non rinnovato dal 2015: il minimo salariale ammonta a 4,60 euro all’ora per il comparto dei servizi fiduciari e poco superiore a 6 euro per i servizi di vigilanza privata.
Il salario minimo in Europa
Il 12 luglio 2022 la commissione Lavoro del Parlamento europeo ha approvato l’accordo sul testo della direttiva UE sul salario minimo con 34 voti a favore, 8 contrari e 2 astenuti.
Dopo il prima nullaosta del 7 giugno 2022, manca solo il voto definitivo previsto per settembre. La Commissione Europea aveva presentato, il 28 ottobre 2020, una proposta di direttiva relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (COM(2020)682) al fine di stabilire prescrizioni minime a livello dell’Unione per garantire che i:
- Salari minimi siano fissati a un livello adeguato;
lavoratori abbiano accesso alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salario minimo legale o di
Salari determinati nell’ambito di contratti collettivi.
Obiettivo della Commissione non è uniformare i sistemi nazionali sui salari minimi per la definizione di un salario minimo unico per tutti gli Stati membri, ma di tendere a una convergenza verso l’alto delle retribuzioni minime. Il tutto, ovviamente, rispettando le specificità di ogni ordinamento interno e favorendo al contempo il dialogo tra le parti sociali.
L’UE interviene su 3 assi:
- Migliore adeguatezza dei salari minimi legali (ove esistenti), anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli (tra cui potere d’acquisto, tenendo conto anche delle imposte e delle prestazioni sociali, livello generale dei salari lordi e relativa distribuzione, tasso di crescita dei salari lordi e andamento della produttività del lavoro) e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione;
- Promozione della contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, in particolare in quelli in cui la copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70% dei lavoratori;
- Migliore applicazione e monitoraggio per tutti gli Stati membri, anche mediante relazioni annuali degli Stati membri alla Commissione, unitamente a un dialogo strutturato.
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