Fabio Ravasio, 52 anni, è stato travolto la sera del 9 agosto da un’auto pirata sulla provinciale 149 tra Parabiago e Casorezzo. La compagna Adilma Pereira Carneiro, una brasiliana di 49 anni, è sospettata di aver organizzato l’assassinio per impossessarsi delle sue proprietà
I carabinieri della Compagnia di Legnano hanno fermato un 45enne di origine marocchina, residente a Parabiago, nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Fabio Ravasio. Il fermo è avvenuto nella serata di giovedì 29 agosto su mandato del pm Ciro Caramore.
Secondo l’ipotesi della Procura di Busto Arsizio, l’uomo avrebbe simulato un malore in strada poco prima dell’incidente mortale, “al fine di indurre i passanti a soccorrerlo e bloccare quindi il traffico veicolare per permettere agli esecutori materiali di uccidere Ravasio”. In cambio, gli sarebbe stato promesso un appartamento nell’hinterland milanese.
Fabio Ravasio, 52 anni, è stato travolto la sera del 9 agosto da un’auto pirata sulla provinciale 149 tra Parabiago e Casorezzo. La compagna Adilma Pereira Carneiro, una brasiliana di 49 anni, è sospettata di aver organizzato l’assassinio per impossessarsi delle sue proprietà.
Stando alle indagini, il piano prevedeva che Ravasio fosse investito mentre tornava a casa in sella alla sua mountain bike. Alla guida della Opel Corsa killer c’era il figlio venticinquenne di Adilma, Igor Benedito, mentre sul lato passeggero era seduto Marcello Trifone, marito della donna. Il ruolo di “pali” sarebbe stato affidato al futuro genero di Adilma, Fabio Lavezzo, e all’amico Mirko Piazza, mentre l’amante della “mantide” Massimo Ferretti sarebbe stato il “regista” delle comunicazioni tra i quattro operativi.
Questo ottavo arresto rappresenta la terza svolta nelle indagini in appena sei giorni.
Il meccanico in manette
Dopo i primi sei fermi, le indagini sull’omicidio di Fabio Ravasio hanno portato all’arresto di un altro sospettato: “Fabio Oliva“, un meccanico di 40 anni residente a Parabiago. Secondo gli inquirenti, Oliva avrebbe partecipato al piano criminale sia nelle fasi preparatorie che in quelle successive all’investimento.
In particolare, il quarantenne avrebbe riparato la “Opel Corsa” scelta come “auto killer“, rimettendo a posto i fari anteriori che erano stati smontati. Dopo l’incidente in cui è rimasto ucciso Ravasio, Oliva si sarebbe recato nella villa di via delle Orchidee a Parabiago, dove vivevano Fabio Lavezzo, la fidanzata e figlia maggiore di “Adilma Pereira Carneiro“, nonché il marito di Adilma, “Marcello Trifone“. Lì, avrebbe controllato le condizioni della macchina incidentata, commentando: “Lo sapevo che si sarebbe sfondato il vetro”, e avrebbe aiutato il gruppo a disfarsi dell’utilitaria.
Intanto, venerdì 30 agosto è stato fermato anche un quarantacinquenne di origine marocchina, accusato di aver simulato un malore in strada il giorno dell’incidente, bloccando il traffico e permettendo così l’uccisione di Ravasio. In cambio della sua partecipazione al piano, all’uomo sarebbe stata promessa la casa di un appartamento nell’hinterland milanese.
Le “macumbe” di Adilma
Adilma Pereira Carneiro, considerata la mente del piano omicida, ha assunto un ruolo cruciale in questa complessa vicenda. Secondo le indagini, tutti gli altri coinvolti nell’omicidio sarebbero stati assoldati da lei. Adilma, che si è costruita un alibi per il momento del delitto, ha visto il suo stratagemma smontato dagli inquirenti. Il pubblico ministero Ciro Caramore ha commentato: «È sconcertante osservare come la Pereira sia riuscita a far realizzare l’omicidio ad altri, senza ‘sporcarsi le mani’».
La quarantanovenne avrebbe sfruttato la sua “attrazione magnetica” e le sue presunte doti stregonesche, legate al culto degli Orisha, per influenzare gli altri. Fabio Lavezzo, uno dei complici e suo genero, ha dichiarato che Adilma praticava riti magici e affermava di poter comunicare con i santi attraverso un gioco che prevedeva l’uso di conchiglie. Massimo Ferretti, amante di Adilma, ha confermato di aver assistito a rituali di “macumbe“, in cui la donna utilizzava pezzi di animali provenienti dal macellaio. Ferretti ha descritto scene in cui in casa si trovavano pentole con carne bollita e teste di coniglio, evidenziando l’aspetto rituale delle sue pratiche.
Adilma ha quindi utilizzato questi rituali come strumenti per esercitare un potere seduttivo sui suoi complici, coinvolgendo amanti, parenti e amici nel suo piano omicida. La sua figura emerge non solo come quella di una complice, ma come una leader carismatica che ha orchestrato un omicidio pianificato nei minimi dettagli. La sua abilità nel manipolare gli altri e nel mantenere il controllo sulla situazione ha reso possibile l’esecuzione di un delitto così brutale e calcolato.
Il passato criminale e i mariti morti
Il passato di Adilma Pereira Carneiro è caratterizzato da eventi inquietanti che sollevano interrogativi sul suo comportamento e sulle sue relazioni. Secondo il pubblico ministero, non si può escludere che Adilma abbia vantato le sue connessioni e le sue “protezioni” nel mondo criminale. Questo porta a riflettere sulla sua storia personale, che include la morte di due mariti mentre erano con lei.
Il primo marito, padre di Igor Benedito, il figlio che Adilma ha scelto per guidare la Opel Corsa durante l’omicidio, sarebbe stato ucciso in Sudamerica, ma i dettagli di questa vicenda rimangono poco chiari. Il secondo marito, Michele Della Malva, un meccanico che apparteneva a una delle famiglie mafiose più potenti della zona di Foggia, è deceduto nel 2012 per un infarto mentre stava trascorrendo un periodo di semilibertà con Adilma. Lavezzo, il genero di Adilma, ha ricordato che Michele sarebbe morto tra le braccia di Adilma.
Queste morti, insieme al comportamento di Adilma, hanno sollevato sospetti e inquietudini. La Procura di Busto Arsizio sta indagando su queste due morti “sospette“, anche se non sono ancora ufficialmente parte dell’inchiesta. La motivazione alla base dell’omicidio di Ravasio sembra essere legata all’eredità, poiché Adilma avrebbe avuto un continuo bisogno di denaro. Le testimonianze raccolte durante le indagini hanno evidenziato come la cupidigia di Adilma fosse un tema ricorrente, e il giudice ha sottolineato che la donna è sempre stata vittima di questa sua brama di possesso.
L’omicidio di Fabio Ravasio, avvenuto il 9 agosto, è quindi visto come un atto calcolato, in cui Adilma ha orchestrato un piano per eliminare il compagno e ottenere i suoi beni, stimati intorno ai tre milioni di euro. La figura di Adilma emerge non solo come quella di una complice, ma come una leader che ha manipolato le persone a lei vicine per raggiungere i suoi scopi.
La cocaina a Malpensa
Oltre all’omicidio di Fabio Ravasio, le indagini hanno fatto emergere altri dettagli inquietanti sul passato di Adilma Pereira Carneiro. Dopo i primi accertamenti, sono spuntate altre due morti “sospette” riguardanti due ex mariti della 49enne brasiliana.
Il primo marito, anch’esso brasiliano da cui Adilma ha avuto due figli, risulta essere stato assassinato in patria. Il secondo marito, un 48enne di Sedriano nel Milanese, sarebbe deceduto ufficialmente per un infarto. Questo secondo uomo le ha lasciato in eredità una casa in Puglia che risulta ancora intestata ad Adilma Pereira Carneiro.
Questi due “gialli” non sono ancora entrati ufficialmente nell’inchiesta sull’omicidio di Ravasio, ma la Procura di Busto Arsizio e i carabinieri vogliono cercare di fare luce anche su queste morti sospette. Il movente della morte di Ravasio è infatti legato proprio all’eredità. Secondo le molte testimonianze raccolte, il continuo bisogno di soldi della donna è un leitmotiv ricorrente. Per il giudice che ha confermato il carcere nei confronti della 49enne e dei suoi complici, Adilma “è sempre stata vittima della sua cupidigia“.
L’omicidio di Fabio Ravasio, avvenuto il 9 agosto, è quindi visto come un atto calcolato, in cui Adilma ha orchestrato un piano per eliminare il compagno e ottenere i suoi beni, stimati intorno ai tre milioni di euro. La figura di Adilma emerge non solo come quella di una complice, ma come una leader che ha manipolato le persone a lei vicine per raggiungere i suoi scopi.
Il matrimonio con un killer della mafia foggiana
Tra i personaggi del passato di Adilma Pereira Carneiro spunta anche un membro della mafia foggiana, Michele Della Malva, condannato a 29 anni di reclusione per due omicidi, rapina, ricettazione e sequestro di persona. Adilma conobbe Della Malva nel 2006 tramite un’associazione per il reinserimento dei detenuti, dopo la sua condanna per detenzione di 13,7 chili di cocaina trasportati in un trolley all’aeroporto di Malpensa.
Nel 2011, mentre Della Malva stava scontando la sua pena, ottenne un permesso premio e decise di passare il tempo fuori dal carcere a casa di Adilma. Ma da quella casa uscirà in una bara di legno: Della Malva morì ufficialmente per un infarto, tra le braccia della figlia 17enne di Adilma. Da questo matrimonio, Adilma ereditò una casa a Vieste, nota località turistica del Gargano. Ora qualcuno si chiede se sia stato davvero un malore a mettere fine alla vita di Della Malva, e gli inquirenti vogliono vederci chiaro anche su questa vecchia storia.
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