Cos’è il patteggiamento?

Il patteggiamento è un procedimento alternativo al rito ordinario che consente all’imputato di trovare un accordo preliminare con la Procura sull’entità della pena da scontare

Cos'è il patteggiamento

Cos’è il patteggiamento? Il patteggiamento, noto anche come “applicazione della pena su richiesta delle parti”, è una procedura speciale prevista dal sistema giuridico italiano come alternativa al processo ordinario. Questo meccanismo consente all’imputato di raggiungere un accordo con la Procura riguardo alla pena da scontare, in cambio della rinuncia a contestare l’accusa in tribunale. In cambio di questa rinuncia, l’imputato può ottenere uno sconto sulla pena fino a un terzo della pena stessa. Il patteggiamento è regolato dagli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale.

Possono ricorrere al patteggiamento gli imputati accusati di reati che prevedono sanzioni pecuniarie o pene detentive non superiori a cinque anni. Queste pene possono essere combinate, includendo sia multe sia reclusione, e si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dalla legge. In questo modo, anche reati con pene teoricamente superiori ai cinque anni possono rientrare nella procedura se, concretamente, la pena applicata è inferiore. Tuttavia, ci sono eccezioni. Il patteggiamento non è ammesso per alcuni reati particolarmente gravi, come quelli elencati al comma 1 bis dell’articolo 444 del codice di procedura penale, né per i recidivi o per chi è stato dichiarato deliquente abituale, professionale o per tendenza.

Un’ulteriore condizione per alcuni reati è la restituzione completa del profitto o del prezzo del reato, come indicato dal comma 1 ter dell’articolo 444 del codice.

La procedura per avviare il patteggiamento prevede che l’imputato o il Pubblico Ministero facciano richiesta al giudice, che può essere presentata oralmente durante un’udienza o in forma scritta in altri casi. La richiesta può essere avanzata fino alla fase preliminare del processo, o fino all’apertura del dibattimento nei casi di rito direttissimo o procedimento immediato. Se viene emesso un decreto di giudizio immediato, l’imputato ha quindici giorni di tempo per presentare la richiesta. Nel caso di un decreto penale di condanna, la richiesta deve essere effettuata contestualmente all’opposizione al decreto, sempre entro quindici giorni.

Il fulcro del patteggiamento è l’accordo tra l’imputato e il Pubblico Ministero sulla pena. Tuttavia, il giudice ha il compito di verificare che l’accordo sia legalmente valido. Deve accertarsi che il reato rientri tra quelli per cui è ammesso il patteggiamento, che la qualificazione giuridica del reato sia corretta e che la pena concordata sia adeguata. Se il giudice approva l’accordo, emette una sentenza che conferma la pena concordata. Tuttavia, le parti possono fare ricorso in Cassazione solo per alcuni motivi specifici, come la violazione della volontà dell’imputato o un errore nella qualificazione giuridica del reato.

Nel 2017, con la legge n. 103, è stato reintrodotto il patteggiamento di secondo grado, che permette di concordare una pena anche in appello, rinunciando ai motivi di impugnazione.

Il patteggiamento comporta diversi effetti per l’imputato. Tra questi, la rinuncia a esercitare il diritto alla prova e a contestare il fatto e la sua qualificazione giuridica. Tuttavia, offre anche vantaggi significativi: una riduzione della pena, l’esclusione della possibilità per la vittima di chiedere risarcimenti civili e la mancanza di effetti pregiudizievoli della sentenza nei confronti dell’imputato, che non viene considerata in giudizi civili o amministrativi. Inoltre, la procedura non viene resa pubblica, il che può rappresentare un incentivo per persone di spicco che desiderano evitare l’attenzione mediatica.

Se la pena concordata non supera i due anni, l’imputato è esentato dal pagamento delle spese processuali e dalle pene accessorie, eccetto la confisca dei beni in alcuni casi specifici. La sentenza di patteggiamento non viene menzionata nel certificato del casellario giudiziale richiesto dai privati. Inoltre, se l’imputato non commette nuovi reati nei cinque anni successivi, il reato per cui ha patteggiato può essere dichiarato estinto.

Come funziona il patteggiamento

Il patteggiamento è una procedura disciplinata dall’articolo 444 del codice di procedura penale, che consente all’imputato e al Pubblico Ministero di chiedere al giudice l’applicazione di una pena ridotta, senza passare per il processo ordinario. Questo meccanismo prevede che la pena possa essere ridotta fino a un terzo, sia che si tratti di una sanzione sostitutiva o pecuniaria, sia che si tratti di una pena detentiva, a patto che la pena complessiva, ridotta di un terzo, non superi i cinque anni. La pena detentiva può essere combinata con una pena pecuniaria.

Il patteggiamento, dunque, è una procedura alternativa che premia l’imputato con uno sconto di pena in cambio della rinuncia a difendersi nel corso di un processo completo. La convenienza per l’imputato risiede nella possibilità di chiudere la questione giudiziaria più velocemente, evitando un processo lungo e incerto, e beneficiando di una pena più leggera.

Tuttavia, esistono delle limitazioni per l’accesso al patteggiamento. Non possono avvalersi di questa procedura coloro che sono imputati di reati particolarmente gravi, come quelli legati alla criminalità organizzata o al terrorismo, così come i delitti che violano la libertà personale o sessuale. Inoltre, il patteggiamento è precluso ai deliquenti abituali, professionali o per tendenza, e ai plurirecidivi che devono rispondere di reati punibili con pene detentive superiori a due anni.

Il patteggiamento è anche escluso nei procedimenti che coinvolgono minori e non può essere utilizzato nei procedimenti davanti al giudice di pace, dove la giurisdizione ha una natura più conciliativa. Recentemente, il legislatore ha introdotto una distinzione tra due tipi di patteggiamento, in base alla gravità del reato: il “patteggiamento allargato“, che riguarda i reati più gravi, e il “patteggiamento ristretto“, riservato ai reati di minore entità. Questa distinzione ha lo scopo di limitare l’accesso al patteggiamento per i reati più gravi, riducendo i benefici che derivano dalla scelta di questa procedura.

Il cuore del patteggiamento è rappresentato dall’accordo tra l’imputato e il Pubblico Ministero. Questo accordo riguarda la quantità della pena da applicare per il reato imputato. Tuttavia, l’intesa tra le parti non è sufficiente da sola a definire la questione: il giudice ha il compito di verificare che l’accordo sia applicabile, controllando se il reato rientra tra quelli per cui è possibile il patteggiamento e se la pena concordata è congrua.

Quando l’accordo è approvato dal giudice, l’imputato rinuncia a determinati diritti, tra cui il diritto di portare avanti il processo e di contestare ulteriormente le accuse. Tuttavia, ottiene alcuni importanti vantaggi: oltre alla riduzione della pena, l’imputato evita la pubblicità del processo, che può essere particolarmente utile a coloro che desiderano sottrarsi ai riflettori.

Nell’ambito del patteggiamento, l’imputato accetta una serie di rinunce in cambio di vantaggi concreti. In particolare, l’imputato rinuncia al diritto alla prova, ossia alla possibilità di presentare o contestare prove durante un processo. Inoltre, accetta di non contestare i fatti imputati né la loro qualificazione giuridica, ovvero la classificazione legale del reato. Infine, l’imputato rinuncia a discutere la tipologia e la misura della pena che sarà applicata.

Dall’altra parte, ci sono diversi benefici significativi per l’imputato. Il primo vantaggio evidente è lo sconto di pena, che può arrivare fino a un terzo della pena inizialmente prevista. Questo sconto rappresenta una sorta di incentivo a optare per il patteggiamento, risparmiando all’imputato il rischio di una pena più severa in caso di condanna attraverso un processo ordinario. Inoltre, la sentenza emessa a seguito del patteggiamento non ha effetti pregiudizievoli in ambito civile o amministrativo. In pratica, la sentenza penale non vincola eventuali decisioni in altri contesti legali, come cause civili per risarcimento danni.

Un ulteriore vantaggio per l’imputato riguarda l’assenza di pubblicità. Questo aspetto è particolarmente rilevante per persone di una certa notorietà che vogliono evitare che le loro vicende giudiziarie diventino di dominio pubblico. La discrezione del patteggiamento offre quindi una forma di protezione dall’esposizione mediatica.

Nel caso del “patteggiamento ristretto“, riservato ai reati meno gravi, ci sono altri benefici aggiuntivi. L’imputato, in questa circostanza, non è tenuto a pagare le spese processuali. Inoltre, è esonerato dalle pene accessorie, come la sospensione di alcuni diritti e da eventuali misure di sicurezza, tranne nei casi previsti dalla legge, come la confisca dei beni. Un ulteriore aspetto positivo è che la sentenza non viene menzionata nel certificato generale del casellario giudiziale, se richiesto da privati.

Un altro aspetto interessante riguarda le pene che non superano i due anni. In questi casi, la pena può essere sospesa condizionatamente e se l’imputato non commette ulteriori reati nei cinque anni successivi, la condanna può essere cancellata e il reato considerato estinto. Questo stesso beneficio può essere applicato anche nel caso di contravvenzioni se l’imputato non ne commette altre dello stesso tipo nei due anni successivi.

Anche per l’accusa, ovvero il Pubblico Ministero, il patteggiamento implica delle rinunce. L’accusa perde la possibilità di contestare i fatti e le questioni legali connesse all’imputazione. Tuttavia, ci sono anche numerosi vantaggi per il Pubblico Ministero. Il principale beneficio è il risparmio di risorse: il patteggiamento permette di concludere un procedimento più rapidamente rispetto a un processo ordinario, risparmiando tempo e costi per l’apparato giudiziario.

Nonostante ciò, il Pubblico Ministero non è obbligato ad accettare il patteggiamento. La sua decisione non deve essere basata su criteri soggettivi o di opportunità ma su parametri oggettivi. Prima di concordare con l’imputato, il Pubblico Ministero deve verificare che le prove raccolte durante le indagini siano sufficienti per applicare la pena richiesta. Deve inoltre controllare che la qualificazione giuridica del reato proposta dall’imputato sia corretta e che non ci siano impedimenti legali all’accesso al patteggiamento.

Una caratteristica importante del sistema è che il Pubblico Ministero non deve giustificare la sua scelta di accettare il patteggiamento. Questa mancanza di obbligo di motivazione è giustificata dal fatto che in ogni caso il giudice dovrà esaminare l’accordo per verificare la sua correttezza e legittimità.

Il ruolo del giudice è centrale in questa procedura. Il giudice deve verificare che tutte le condizioni richieste per il patteggiamento siano soddisfatte. In particolare deve accertare che ci sia un accordo tra le parti e che la volontà dell’imputato sia espressa in maniera chiara e libera. Inoltre deve verificare che il reato rientri tra quelli per cui è possibile il patteggiamento e che non ci siano cause che impediscano la punibilità. Il giudice deve anche controllare che la qualificazione giuridica del reato sia corretta e che la pena concordata sia congrua rispetto alla gravità del fatto.

Infine, i costi di un procedimento di patteggiamento sono generalmente inferiori rispetto a quelli di un processo ordinario. In media i costi di un patteggiamento si aggirano tra i 1500 e i 2000 euro, a cui si aggiungono gli accessori di legge. Tuttavia i costi possono aumentare se le trattative con la procura si rivelano particolarmente complesse.

Richiesta

Nel sistema della pena patteggiata, sia il PM che l’imputato possono avanzare la richiesta. L’imputato può esprimere la sua volontà direttamente o attraverso un procuratore speciale. In udienza, la volontà è verbalizzata, mentre al di fuori dell’udienza è necessario un atto scritto autenticato se presentato dall’imputato. Il giudice può verificare personalmente la volontà effettiva dell’imputato richiedendo la sua presenza in udienza.

La richiesta può essere presentata fino alla presentazione delle conclusioni nell’udienza preliminare o fino all’inizio del dibattimento in caso di procedimenti speciali. Se viene emesso un decreto di giudizio immediato, l’imputato deve presentare la richiesta per iscritto alla cancelleria del GIP entro quindici giorni dalla notifica. Se viene emesso un decreto penale di condanna, la richiesta deve essere presentata entro quindici giorni dalla notifica del decreto, in caso di opposizione.

Il consenso può essere espresso anche dopo un precedente rifiuto, salvo le disposizioni specifiche del codice di procedura penale. Nel caso di richiesta durante le indagini preliminari, il GIP fissa un’udienza per valutare il patteggiamento solo se le parti sono d’accordo.

Solo il dissenso del PM deve essere motivato, poiché è l’unico soggetto alla valutazione del giudice in fase decisionale. Il patteggiamento e il giudizio abbreviato possono essere richiesti uno come subordinato all’altro. La richiesta di patteggiamento può essere subordinata all’applicazione della sospensione condizionale della pena.

Le sanzioni accessorie al reato e la confisca non fanno parte dell’accordo sulla pena e non vengono considerate dal giudice se oggetto di richiesta, a meno che non siano motivate. Non è compito della parte specificare in anticipo la modalità di espiazione, ma se lo fa, il giudice deve rispettarla. Lo stesso vale per la rateizzazione della pena pecuniaria.

Nel patteggiamento allargato può essere richiesta anche la non applicazione di misure di sicurezza e pene accessorie non automatiche.

3. Limiti ed esclusioni

Il patteggiamento può essere richiesto per reati e contravvenzioni quando la pena finale è pecuniaria o detentiva, purché non superi i due anni di reclusione o arresto nel caso del patteggiamento tradizionale, e i cinque anni di reclusione nel caso del patteggiamento allargato.

Tuttavia, il patteggiamento allargato non si applica ai procedimenti per reati specificamente elencati nel comma 1 bis dell’articolo 444 del codice di procedura penale, né a quelli che coinvolgono soggetti recidivi o dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

La recidiva ex art. 99 comma 4 del codice di procedura penale non impedisce automaticamente il patteggiamento allargato, ma deve essere considerata e applicata. Inoltre, per alcuni reati, è necessario che il colpevole restituisca integralmente il prezzo o il profitto del reato prima di poter richiedere il patteggiamento.

Se il pubblico ministero si oppone alla richiesta di patteggiamento o se il giudice la rigetta, è possibile proporla nuovamente prima dell’inizio del dibattimento, purché in termini diversi se già presentata al medesimo giudice di fase. Tuttavia, se la richiesta è stata respinta, non è possibile fare opposizione a un decreto penale di condanna.

La decisione del giudice riguardo alla richiesta di patteggiamento non è appellabile come una decisione riguardante l’applicazione della pena ordinaria. Inoltre, nel caso di un rinvio a causa di un annullamento della Cassazione per illegalità della pena, è possibile proporre un nuovo patteggiamento, ma con termini diversi dal precedente.

4. Valutazione del giudice

Nel processo di patteggiamento, la decisione finale spetta al giudice procedente, identificabile come colui che, al momento della richiesta concorde, ha ancora in possesso il fascicolo del caso (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 3088 del 2006).

Il giudice valuta l’accordo di patteggiamento considerando solo l’opzione di accettarlo o respingerlo, escludendo qualsiasi altra valutazione al di fuori di questa alternativa (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 18 del 2000). Il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. si applica solo in presenza di evidenze chiare e oggettive di una causa di non punibilità, che possono essere determinate esclusivamente dagli atti del processo e dal fascicolo del pubblico ministero (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 3 del 1999). Questa decisione, per semplificare il processo, può essere presa anche dal GIP durante le indagini preliminari, se si ritiene impossibile ottenere prove di colpevolezza, ma è soggetta a verifica in caso di ricorso in Cassazione (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 18 del 1995).

La riduzione della pena, in seguito al patteggiamento, non può superare un terzo della pena risultante dal calcolo, e non si applica alle sanzioni sostitutive o alla sospensione condizionale della pena, che sono parte dell’accordo processuale (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 295 del 1994).

La sentenza di patteggiamento delinea una valutazione positiva e negativa: conferma l’accordo sulle condizioni della pena, la qualificazione legale del reato e l’applicazione delle circostanze attenuanti o aggravanti, ma esclude eventuali cause di non punibilità o estinzione del reato (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 5777 del 1992).

Il giudice deve anche disporre le confische ai sensi dell’articolo 240 c.p., motivando la sua decisione (Cfr. Cass. Pen., sent. n. 2703/2009).

Anche la sentenza di patteggiamento può essere soggetta a revisione, una volta passata in giudicato (Cfr. AltalexPedia).

5. Effetti

Nel caso di patteggiamento tradizionale, non si applicano il pagamento delle spese processuali, le pene accessorie e le misure di sicurezza, ad eccezione della confisca. Tali benefici non sono previsti nel caso di patteggiamento allargato.

Il patteggiamento tradizionale non porta all’iscrizione nel certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati. In caso di patteggiamento allargato, si veda CIMADOMO.

Il delitto oggetto di patteggiamento si estingue dopo cinque anni, mentre la contravvenzione si estingue dopo due anni, a condizione che l’imputato non commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole, cessando così ogni effetto penale. In caso di pena pecuniaria o sostitutiva, ciò non ha effetto sulla successiva sospensione condizionale della pena.

La sentenza di patteggiamento, considerata equiparabile a una sentenza di condanna, costituisce motivo di revoca ex art. 168 c.p.p. della sospensione condizionale della pena (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 17781 del 2006) e di esclusione dal beneficio della non menzione (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 31 del 2001).

In caso di rigetto del patteggiamento da parte del giudice per motivi “sostanziali”, salvo il caso di riproposizione di un altro patteggiamento in termini diversi, il giudice diviene incompatibile al prosieguo del giudizio, anche con rito abbreviato o messa alla prova, con obbligo di astensione (C. Cost., sent. n. 124 del 1992; C. Cost., sent. n. 186 del 1992; C. Cost., sent. n. 439 del 1993), indipendentemente dalla visione o meno del fascicolo del P.M. ai sensi dell’art. 135 disp. att. c.p.p.

La richiesta di applicazione pena dell’imputato non integra una rinuncia agli effetti di prescrizione del reato oggetto d’accordo (Cfr. Cass., Sez. Un. Pen., sent. n. 18953 del 2016).

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