La verità su “femminicidi” e “maschicidi” in Italia

I dati veri sulla violenza di genere (femminicidi e maschicidi) che smontano l’emergenza sociale e la teoria del “patriarcato”

La verità su femminicidi e maschicidi in Italia
La verità su “femminicidi” e “maschicidi” in Italia. Il femminicidio è l’omicidio di una donna perpetrato a causa del suo genere. Si tratta di un crimine violento e intenzionale in cui la vittima è uccisa perché è una donna. Questo tipo di violenza è spesso motivato da una combinazione di misoginia, disuguaglianza di genere, controllo e potere. Il femminicidio rappresenta l’apice di una serie di abusi e violenze che possono includere stalking, violenza domestica, coercizione, minacce e altro ancora.

L’Italia è un paese in cui la violenza contro le donne è un tema centrale nel dibattito pubblico. In particolare, il “femminicidio” è considerato una vera e propria emergenza sociale, tanto che il governo ha varato una serie di misure legislative a tutela delle donne. Tuttavia, un’analisi dei dati sulla violenza contro le donne mostra che la narrazione dominante sul tema è in realtà fuorviante.

I dati
“La violenza sulle donne è in aumento”?

Falso! Gli omicidi di donne sono in calo da decenni. Nel 1991, in Italia, si sono verificati 1.916 omicidi, di cui 1.000 di donne. Nel 2022, invece, gli omicidi sono stati 303, di cui 119 di donne.

“L’Italia è un paese insicuro per le donne”

Falso! L’Italia è un paese sicuro per le donne. Secondo i dati Eurostat, nel 2021 l’Italia ha avuto un tasso di omicidi di donne di 0,38 per 100.000 abitanti. Questo tasso è inferiore a quello di molti altri paesi europei, come la Spagna (1), la Danimarca (1,2), il Belgio (2) e la Lituania (4,9).

“Le donne sono le principali vittime di violenza”

Falso! Le donne non sono le principali vittime di violenza. In Italia, nel 2021, i maschi sono stati vittime di omicidio in misura superiore alle donne. Si tratta di un trend che si registra da decenni.

I dati in Italia:

  • nel 1992, per 1 donna uccisa erano stati uccisi 6 uomini;
  • nel 1995, il rapporto era di 1 a 4;
  • nel 2000, il rapporto era di 1 a 3;
  • nel 2006, il rapporto risale ad 1 donna ogni 4 uomini;
  • nel 2011, il rapporto cala ad 1 femmina contro 3 maschi;
  • nel 2018, il rapporto cala ad 1 donna uccisa ogni 2 uomini;
  • nel 2021 gli omicidi sono stati in Italia 303, di cui 184 uomini e 119 donne, dunque il 61% vittime maschili ed il 39% femminili.
“Le donne sono uccise per odio di genere e maschilismo”

Falso! La violenza sulle donne non è motivata da un odio di genere. Le cause degli omicidi di donne sono le stesse di quelle degli omicidi di uomini. Secondo l’Istat, nel 2021 il primo movente degli omicidi era dato da “lite, futili motivi, rancori personali“, che avevano portato alla morte il 47,3% degli uomini ed il 43,7% delle donne. Il “femminicidio” inteso come violenza su di una donna in quanto tale, ossia per misoginia, è quasi inesistente e confinato al comportamento di alcuni rarissimi maniaci omicidi.

Se si esaminano con cura i singoli casi si scopre che soltanto alcune donne sono state assassinate da compagni o ex compagni.

Si trovano:

  • bambine uccise dalle madri;
  • donne uccise per gelosia ma da altre donne;
  • donne uccise per rapina;
  • donne gravemente malate uccise dal marito che non sopportava più di vederle soffrire;
  • donne uccise da drogati;
  • donne uccise da squilibrati in cura psichiatrica;
  • donne uccise durante banali liti.

Tra i “femminicidi” inseriti nelle statistiche di questo 2023 vi sono anche una bambina lasciata morire di fame e di sete dalla madre ed un’anziana assassinata dalla badante.

“Soltanto gli uomini uccidono”

Falso! Non sono soltanto gli uomini a commettere violenza sulle donne. Anche le donne sono responsabili di violenza domestica. Nel 2021, in Italia, 39 uomini sono stati uccisi da compagne o ex compagne.

La violenza delle donne sugli uomini ha percentuali comparabili a quella degli uomini sulle donne, mediamente poco inferiori nel mondo e, secondo alcuni studiosi, persino superiori.

La voce Battered husbands (Mariti picchiati) presente nella Encyclopedia of Domestic Violence (a cura di Nicky Ali, New York 2007, pp. 53-59), scritta da una studiosa donna, Suzanne K. Steinmetz, calcola che la percentuale media di mogli vittime di violenza sia del 26%, contro una del 39% fra i mariti. Quindi, vi sarebbero più mariti percossi, minacciati, umiliati che mogli.

Vi è, poi, la violenza psicologica ed economica di moltissime donne verso gli ex mariti, che sono rovinati economicamente, spesso socialmente da false accuse, così indotti al suicidio. In Italia, nel 2009 vi sono stati 200 suicidi di padri separati.

Infine, alcune tipologie di violenza sono a prevalenza femminile, come quella sui bambini uccisi o maltrattati. Ad esempio, dal 1970 al 2008 si sono consumati 378 infanticidi, con la media di circa 10 all’anno e perpetrati nel 90% dalle madri.

1 “femminicidio” ogni 12.017 morti

Nel 2021 secondo l’Istat in Italia si sarebbero avuti 709.000 decessi, di cui 303 omicidi, dunque lo 0,04%. Fra questi, le donne uccise da compagni o ex compagni sono state 59: 1 “femminicidio” ogni 12.017 morti. Per fare un confronto, nel 2022 sono morti 205 ciclisti in incidenti stradali, mentre il totale di annegati all’anno si aggira attorno alle 400 persone.

Quindi, la narrazione dominante sul “femminicidio emergenza sociale” è una costruzione ideologica che non trova riscontro nei dati. Lo stesso vale per la narrazione sul cosiddetto “patriarcato“, che è fuorviante e non trova riscontro nei dati. La violenza contro le donne è un problema serio, ma non è un’emergenza sociale. È necessario, invece, promuovere una cultura della nonviolenza, che tuteli le vittime di violenza indipendentemente dal loro sesso.

La propaganda sui “femminicidi”

La propaganda sui “femminicidi” ha avuto come conseguenze:

  • misure legislative discriminatorie perché pensate unicamente per tutelare le donne;
  • false accuse (calunnie) con uomini arrestati, detenuti, processati anche per anni prima d’essere riconosciuti innocenti;
  • diffusione degli stereotipi “uomo violento e donna vittima”, ostacolando il riconoscimento d’una violenza anche femminile e di vittime maschili rimaste prive di tutela.

La normativa contro i reati violenti, invece, dovrebbe rispettare i principi del diritto, come l’uguaglianza dinanzi alla legge (a prescindere dal sesso), la presunzione d’innocenza, la responsabilità personale (non la criminalizzazione di tutti gli uomini). Il contrario è una legislazione misandrica e discriminatoria.

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