Il numero di spermatozoi contenuti nel seme maschile è calato di oltre la metà in meno di 50 anni, fino a sfiorare la soglia di infertilità
L’inquinamento chimico sta riducendo la fertilità umana. Il danno che stiamo facendo all’ambiente (trattandolo come una discarica) non riguarda più soltanto la natura, ma anche noi stessi, perché le migliaia di sostanze sintetiche che riversiamo in aria e acqua rientrano nei nostri corpi, erodendo la capacità della specie umana di riprodursi, fino al punto di rischiare di farla estinguere. Infatti, il numero di spermatozoi contenuti nel seme maschile è calato di oltre la metà in meno di 50 anni, fino a sfiorare la soglia di infertilità.
È questa la tesi del saggio CountDown, scritto dalla ricercatrice Shanna H. Swan (docente di medicina ambientale alla Icahn School of Medicine dell’Ospedale Mount Sinai di New York e massima esperta mondiale di rapporti fra inquinamento e fertilità) insieme alla giornalista Stacey Colino.
“Ho scoperto l’effetto dei fattori ambientali sulla fertilità umana ormai 40 anni fa, studiando in California alcuni aborti spontanei che si rivelarono connessi all’inquinamento chimico. […] Da allora gran parte dei miei oltre 200 lavori scientifici ha riguardato le minacce alla salute riproduttiva“.
Swan, però, ha capitò la vera entità di questa minaccia solo nel 1992, leggendo uno studio della collega Elisabeth Carlsen su quanto, dal 1973 in poi, fosse calato il numero di spermatozoi vitali contenuti nel seme dei maschi americani.
“Era una diminuzione tanto grande e diffusa da sembrare impossibile, così ripetemmo più volte la stessa ricerca, finendo per confermare quanto aveva osservato Carlsen. L’ultima volta, nel 2017, la conclusione fu che il numero medio di spermatozoi nel seme dei maschi dei Paesi industriali era sceso a 45 milioni per millilitro, contro i 99 milioni del 1973. Un calo del 59 per cento, che li porta ormai vicini alla soglia di infertilità (40 milioni/ml). E non basta: una ricerca del 2019 condotta da Ashley Tiegs, della Thomas Jefferson University, ha mostrato come anche la motilità degli spermatozoi sia calata del 10% dal 2003, rendendoli meno capaci di fecondare l’ovocita. Il problema si è tanto aggravato che ormai la metà degli interventi di fecondazione assistita riguardano l’infertilità maschile, mentre le banche dello sperma cominciano ad avere difficoltà a trovare donatori con seme di qualità“.
“Non escludo che una piccola parte del problema sia legata a fattori che aumentano la temperatura dei genitali maschili, ma il vero nemico è tutto intorno a noi, nella plastica, la moquette, il cibo, le pentole e i prodotti per l’igiene e i cosmetici che ci circondano. Tutti contengono sostanze in grado di interferire con la funzione riproduttiva, come gli ‘ftalati’ nelle plastiche, il ‘bisfenolo A’ nelle bottiglie in Pet, i ‘pesticidi’ in frutta e verdura, i rivestimenti antiaderenti nelle pentole, i ritardanti di fiamma al bromo dei tessuti, e così via“.
Edc
Sono gli Edc (“estrogen disruptor chemicals”, in italiano “interferenti endocrini”), più di 800 molecole che abbiamo scoperto essere in grado, anche in quantità minime, di amplificare o ridurre l’azione degli ormoni sessuali, spesso agendo sui recettori cellulari degli estrogeni, gli ormoni femminili.
Nel 2008, gli ambientalisti canadesi Rick Smith e Bruce Lourie vissero per alcune settimane in una casa arredata con molta plastica, dove mangiarono cibi preconfezionati e si lavarono con saponi e shampoo commerciali. Dopo solo 4 giorni i livelli di Edc nel loro sangue erano schizzati in alto: tra questi lo “ftalato Mep” (comune in detergenti e cosmetici, passato da 64 a 1410 nanogrammi per millilitro).
“Mimando l’effetto di ormoni femminili, che contrastano il testosterone, gli Edc sono molto dannosi per il delicato processo di assemblaggio dei 250 milioni di spermatozoi prodotti ogni giorno nei testicoli di un maschio sano. Una ricerca del 2008 di Julia Wirth, della Università del Michigan, ha per esempio trovato in un campione di uomini una relazione diretta fra alti livelli di ftalati nelle urine e carenza di spermatozoi“.
La fertilità delle donne adulte subisce meno l’influenza degli Edc, anche se l’esposizione infantile può contribuire a pubertà precoce, irregolarità mestruale, maggiore rischio di aborto e accelerata perdita di ovociti.
Dag
“C’è una misura importante per capire l’appropriato sviluppo sessuale di un neonato: la distanza ano-genitale (Dag), che è maggiore nei maschi che nelle femmine. Un mio studio del 2005 ha dimostrato come le donne con più ‘ftalato Dhep’ nel sangue avevano più probabilità di far nascere maschi con una Dag inferiore al normale e un pene più piccolo. Una volta adulti i maschi con una Dag bassa hanno una conta spermatica minore e, secondo uno studio su topi fatto dalla Washington State University, sono anche più sensibili agli effetti degli Edc sulla fertilità“.
Nel marzo 2021, una ricerca svizzera diretta da Luc Multigner dell’Università di Ginevra, ha scoperto, fra 3000 soldati, che quelli con madri esposte per lavoro agli Edc avevano il doppio di possibilità di essere infertili. In Svizzera, solo il 38% dei maschi ha una conta spermatica sufficiente per la fertilità.
Un indizio delle conseguenze di questo attacco chimico alla riproduzione umana è la costante crescita nell’uso delle tecniche di fecondazione assistita. In Italia, per esempio, si è passati dai 26 mila tentativi del 2005 ai 99 mila del 2019, mentre negli Usa vi ricorre ormai 1 coppia su 8.
“Questa crescente difficoltà a procreare senza un aiuto medico giustifica l’allarme che vogliamo lanciare con questo libro. […] Stiamo rischiando un crollo della capacità riproduttiva della nostra specie, che potrebbe in futuro provocare gravi problemi sociali ed economici, scenari tipo la società distopica de Il racconto dell’ancella, dove la rarità dei bambini ha reso le donne schiave“.
Calo nel conto spermatico
“Il calo nel conto spermatico continua, avvicinandosi sempre più alla soglia della non fertilità. E che non si fermi pare probabile, visto che si immettono nell’ambiente circa 2000 nuove sostanze artificiali ogni anno, a cui si aggiungono le microplastiche da rifiuti che, penetrate ormai nelle catene alimentari, rilasciano Edc nel nostro corpo. Infine: l’esposizione agli inquinanti, agendo sui meccanismi di regolazione dei geni nei gameti, può alterare anche l’espressione del genoma nelle generazioni successive, riducendone la fertilità. È successo, per esempio, con le donne in gravidanza che hanno assunto il ‘dietilstilbestrolo’, un estrogeno sintetico oggi non più in uso: sono aumentate le malformazioni genitali maschili non solo nei figli, ma anche nei nipoti. Bisogna mettere al bando quanti più Edc possibile, prima che i loro effetti sulla fertilità diventino irreversibili“.
E’ possibile invertire il processo?
“Mentre i danni alla fertilità femminile dovuti all’inquinamento spesso sono permanenti, quelli maschili si possono invertire. Nel 1977, per esempio, si scoprì che contadini resi sterili dal pesticida Dbcp recuperavano la capacità di procreare dopo aver cessato di usarlo. Risulta utile anche condurre una vita sana: non fumate, mantenete il peso forma, nutritevi con cibi biologici, sostituite detergenti, cosmetici, tessuti di arredamento e pentolame con altri senza Edc e fate esercizio fisico. Tutto ciò eviterà anche al feto pericolose esposizioni e danni alla sua futura salute riproduttiva“.
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