Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh sta lavorando su una terapia innovativa basata sull’RNA messaggero (mRNA) per cercare di riparare organi gravemente danneggiati
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh sta lavorando su una terapia innovativa basata sull’RNA messaggero (mRNA) per cercare di riparare organi gravemente danneggiati, come il fegato, riducendo così la necessità di trapianti. L’équipe, guidata da Alejandro Soto-Gutiérrez, ha l’obiettivo di riprogrammare gli organi malati per farli tornare a funzionare correttamente. Questo approccio si basa sulla stessa tecnologia utilizzata per alcuni vaccini contro il Covid-19.
Il loro lavoro si concentra inizialmente sul fegato, poiché la disponibilità di donatori è limitata, e molti pazienti non riescono a ricevere un trapianto in tempo. L’anno prossimo, i ricercatori prevedono di iniziare una sperimentazione clinica su pazienti con malattie epatiche in fase terminale. Le malattie come l’abuso di alcol, le epatiti e l’accumulo di grasso possono causare danni significativi al fegato. In casi gravi, il fegato inizia a cedere e fino a poco tempo fa si pensava che questa condizione fosse irreversibile. Tuttavia, Soto-Gutiérrez afferma: “Attualmente una malattia epatica allo stadio terminale è considerata irreversibile. Ma noi abbiamo scoperto che non è vero. È reversibile”.
Il team di ricercatori ha condotto numerosi esperimenti su topi e su organi prelevati da persone che hanno ricevuto un trapianto al centro medico dell’Università di Pittsburgh, uno dei principali centri per i trapianti negli Stati Uniti. Per sviluppare farmaci a base di mRNA efficaci e mirati al fegato umano, i ricercatori hanno collaborato con Drew Weissman, premio Nobel per la Medicina 2023, noto per il suo lavoro pionieristico sull’RNA messaggero. Soto-Gutiérrez e Weissman dirigono insieme il Center for Transcriptional Medicine, fondato con l’obiettivo di rendere queste terapie accessibili ai pazienti.
Durante una visita al Centro, i ricercatori hanno mostrato il processo di trattamento di un fegato gravemente danneggiato, appena rimosso da un paziente durante un trapianto. L’organo è stato trattato con una terapia sperimentale a base di mRNA e poi immerso in una speciale soluzione a base di ossigeno per mantenerne la funzionalità per diversi giorni. Il fegato sano ha una consistenza liscia e spugnosa, e un colore marrone-rossastro. Invece, l’organo malato appariva duro, marmorizzato e ricoperto di protuberanze, segni caratteristici della cirrosi epatica allo stadio terminale. Nel tempo, le cellule sane del fegato erano state sostituite da tessuto cicatriziale, portando l’organo a smettere di funzionare, rendendo necessario il trapianto.
Il fegato è il secondo organo più richiesto per i trapianti. Nel 2023, negli Stati Uniti è stato registrato un record di 10.660 trapianti di fegato, grazie anche all’aumento del numero di donatori. Tuttavia, non tutti i pazienti riescono a ottenere un trapianto, e molti rischiano di morire mentre sono ancora in lista d’attesa. Nel 2022, secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, quasi 55.000 persone sono decedute a causa di malattie epatiche croniche.
I trapianti da donatori vivi sono possibili grazie alla straordinaria capacità del fegato di rigenerarsi, anche dopo la rimozione del 90% del suo volume. Tuttavia, alcune malattie e fattori legati allo stile di vita possono causare danni permanenti, impedendo al fegato di ripararsi da solo.
Lo studio
Quando Soto-Gutiérrez era uno studente di medicina all’Università di Guadalajara in Messico, la morte di suo zio a causa di una malattia epatica lo colpì profondamente, spingendolo a dedicarsi alla ricerca di un trattamento che potesse salvare persone nelle stesse condizioni. Notò che, mentre alcuni pazienti con gravi lesioni al fegato erano costretti a letto in attesa di un trapianto, altri, pur affetti da cirrosi, riuscivano a condurre una vita relativamente normale. Da questa osservazione, ipotizzò che ci fossero differenze a livello cellulare che influenzavano il funzionamento del fegato.
Successivamente, Soto-Gutiérrez ha collaborato con Ira Fox, un chirurgo specializzato in trapianti presso l’University of Pittsburgh Medical Center (UPMC), per identificare i fattori di trascrizione, ovvero le proteine che regolano la trascrizione dei geni contenuti nel DNA, che potrebbero essere collegati alla rigenerazione degli organi danneggiati. Insieme hanno analizzato oltre 400 fegati danneggiati provenienti da pazienti sottoposti a trapianto, confrontandoli con organi sani di donatori. Durante questa analisi, hanno individuato otto fattori di trascrizione essenziali per lo sviluppo e il funzionamento del fegato.
Tra questi, hanno isolato un fattore di trascrizione in particolare, chiamato Hnf4a, che sembra svolgere un ruolo di “controllo”, regolando una grande parte dell’espressione genica nelle cellule epatiche. Nei fegati sani, i livelli di Hnf4a erano elevati, mentre nei fegati cirrotici la proteina risultava quasi inesistente. A questo punto, l’obiettivo dei ricercatori era trovare un modo per reintrodurre Hnf4a nelle cellule dei fegati danneggiati utilizzando l’RNA messaggero (mRNA).
L’mRNA è una molecola che trasporta le istruzioni necessarie per la produzione di proteine, inclusi i fattori di trascrizione. Nei vaccini anti-Covid, l’mRNA codifica per una parte del virus nota come proteina spike. Una volta iniettato, l’mRNA entra nelle cellule e le istruisce a produrre la proteina spike, che il sistema immunitario riconosce come estranea, producendo così gli anticorpi necessari per combattere il virus. I ricercatori dell’Università di Pittsburgh stanno tentando di utilizzare l’mRNA in modo diverso, ovvero per “riportare indietro il tempo” negli organi danneggiati.
Weissman, uno dei principali ricercatori del team, spiega: “Vogliamo utilizzare l’mRNA per formare proteine in grado di riparare le cellule epatiche danneggiate. La nostra speranza è riuscire a trattare le malattie epatiche in fase terminale, ripristinando il corretto funzionamento del fegato a tempo indeterminato, o almeno fino a quando i pazienti non potranno sottoporsi a un trapianto.” In pratica, lo scopo è fornire all’organismo le istruzioni necessarie per produrre Hnf4a.
In uno studio del 2021, è stato dimostrato che l’uso della tecnologia mRNA ha ripristinato le funzionalità di alcune cellule epatiche umane in vitro. Successivamente, la terapia è stata testata su topi con cirrosi e insufficienza epatica. Gli animali che hanno ricevuto l’iniezione di Hnf4a hanno presto riacquistato energia, mentre quelli non trattati hanno continuato a indebolirsi fino alla morte. Alcuni topi sottoposti al trattamento erano ancora vivi sei settimane dopo aver ricevuto il farmaco. Tuttavia, i risultati dello studio non sono ancora stati pubblicati su una rivista scientifica.
Il team sta ora testando l’efficacia della terapia mRNA anche su fegati umani destinati al trapianto. A differenza dei topi vivi, i fegati umani espiantati possono essere osservati solo per un breve periodo. Gli organi devono essere trattati con il farmaco a base di mRNA subito dopo la rimozione dal donatore e possono essere conservati per un massimo di quattro giorni in un liquido di conservazione. Sei ore dopo la somministrazione dell’mRNA, i livelli di Hnf4a cominciano a salire e rimangono elevati per due o tre giorni. Quando Hnf4a raggiunge il suo picco, anche altre proteine epatiche essenziali, come l’albumina, aumentano. Soto-Gutiérrez sottolinea che questo è un risultato significativo, poiché il mantenimento di questi livelli proteici può fare la differenza tra un paziente che ha bisogno di un trapianto e uno che può sopravvivere senza.
Per il futuro, Soto-Gutiérrez prevede che la terapia a base di mRNA potrebbe essere somministrata ai pazienti una volta alla settimana o ogni due settimane in regime ambulatoriale, senza necessità di ricovero. Tuttavia, inizialmente il trattamento sarà riservato ai pazienti più gravi già ricoverati in ospedale, per garantire la sicurezza del metodo. L’équipe sta raccogliendo i dati degli esperimenti sui fegati, sia umani che animali, per presentare nei prossimi mesi una richiesta alla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti per avviare la sperimentazione clinica.
Anche se gli sforzi principali sono concentrati sul ripristino delle funzionalità epatiche, Fox crede che il trattamento potrebbe essere efficace anche per altri organi danneggiati. “Ci siamo chiesti se sia possibile innescare lo stesso processo in altri organi”, spiega Fox. Il team sta attualmente cercando fattori di trascrizione simili per trattare polmoni danneggiati da broncopneumopatia cronica ostruttiva e malattie renali croniche.
Secondo Josh Levitsky, specialista in trapianti di fegato della Northwestern University, la ricerca di nuovi trattamenti per le malattie epatiche croniche è cruciale. Le terapie attualmente disponibili possono rallentare l’accumulo di tessuto cicatriziale e alleviare i sintomi, ma non risolvono il problema. “La prospettiva di riprogrammare l’organo per ripristinare la funzionalità epatica potrebbe davvero cambiare le cose, sempre che gli studi clinici diano risultati promettenti”, afferma.
Tuttavia, rimangono ancora molte domande senza risposta. Fino a che punto è possibile rigenerare un tessuto? I pazienti dovranno assumere il farmaco per sempre o i loro organi potrebbero riprendersi completamente senza necessità di una terapia continua? Sarà mai possibile ripristinare completamente un fegato? Levitsky conclude: “Si tratta di una tecnologia molto promettente, ma lo sviluppo clinico richiederà molto tempo”.