Stupro a Palermo: la madre di uno del branco: “È una poco di buono”

La madre di uno degli indagati riteneva che fosse “più utile per la loro posizione, una descrizione della ragazza come una ‘poco di buono'”


21 AGOSTO 2023FONTEUFFICIALEBREAKING NEWS – I sette indagati per lo stupro di gruppo a Palermo avevano pianificato di punire la giovane che li aveva denunciati per violenza sessuale avvenuta la sera del 7 luglio. L’obiettivo era destabilizzarla emotivamente prima della chiusura delle indagini. Alcuni indagati, intercettati, hanno chiaramente espresso l’intenzione di punirla: “Mi giro tutta via Libertà. Mi porto la denuncia nella borsetta e le dico ‘Guarda cosa mi hai fatto’. Poi le do una testata sul naso”.

Anche la madre di uno degli indagati si è schierata contro la vittima. Quando ha saputo che suo figlio e un amico avevano mentito ai carabinieri, sembrava contrariata. La madre riteneva che fosse “più utile – come indicato dalla Procura – per la loro posizione, una descrizione della ragazza come una ‘poco di buono'”. Inoltre, la donna, anch’essa intercettata, ha discusso con suo figlio la decisione di nascondere i telefoni.

I giorni successivi alla violenza, gli indagati hanno rivelato i dettagli dello stupro avvenuto nella zona del Foro Italico di Palermo nelle chat di WhatsApp, tutte analizzate dai carabinieri. In una chat con gli amici, uno degli indagati ha scritto riferendosi a quella sera: “Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questo tipo l’avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco ma però che dovevo fare? La carne è carne”.

Questo ragazzo era l’unico conosciuto dalla ragazza. Mentre la vittima veniva violentata dagli altri, lui le puntava la torcia del cellulare addosso e riprendeva tutto in un video. I video sono stati recuperati dai carabinieri e sono stati cruciali per identificare gli arrestati. Tuttavia, l’indagato che aveva archiviato lo stupro aveva inviato i video ad altri prima di cancellarli. “Li sto mandando solo a chi li dovevo mandare e li elimino”, aveva scritto a un amico che gli consigliava di sbarazzarsi delle immagini.

Nelle intercettazioni, i ragazzi rivelano tra di loro le violenze subite dalla ragazza: “I pugni che le davano e pure gli schiaffi”, racconta uno degli indagati intercettati. Poi pianificavano la fuga: “Ora ci mettono tutti nella stessa cella!”. E un altro dice: “Ve lo immaginate se spuntiamo nel telegiornale?”, seguito da risate. “Io posso scappare, me ne posso andare in Messico”, aggiunge un altro. E un altro ancora dice: “Io in America, in Venezuela”. Alla fine, tutti e sette i ragazzi sono stati arrestati con l’accusa di violenza sessuale.

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