In Spagna, a partire dal 20 giugno, le ragazze di 16 e 17 anni potranno ricorrere all’aborto in modo legale senza il consenso dei genitori. La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del partito Vox e ha approvato la riforma della legge sull’interruzione di gravidanza per le minorenni. In Spagna, infatti, la maggiore età si raggiunge a 18 anni. Gli ospedali pubblici saranno quindi responsabili di fornire questo servizio, considerato un “diritto fondamentale per la salute riproduttiva”.
Il testo della legge prevede anche la creazione e il mantenimento di un registro dei medici obiettori di coscienza. La riforma ha avuto un lungo iter: introdotta dal governo socialista di José Luis Rodriguez Zapatero nel 2010, l’obbligo del consenso genitoriale era stato reintrodotto nel 2015 dal governo di centrodestra di Mariano Rajoy.
In Spagna, l’aborto è legale fino alla quattordicesima settimana di gravidanza ed è permesso fino alla ventiduesima settimana in caso di patologia fetale o gravi rischi per la salute della madre. Inoltre, nel paese governato dal socialista Pedro Sánchez, è possibile cambiare genere a partire dai 16 anni.
La decisione ha acceso un intenso dibattito bioetico, inserendosi in un contesto più ampio riguardante la sessualità dei giovani, che oggi hanno un accesso sempre più precoce alla pornografia, anche grazie alla complicità delle industrie del sesso sui social. Mentre i giovani europei, compresi quelli italiani, sono spesso molto informati sull’anatomia e la biologia sessuale, manca spesso una parallela consapevolezza della dignità della persona e un’educazione all’emotività propria e altrui.
Questo porta a chiedersi se stiamo davvero offrendo maggiore libertà di autodeterminazione ai giovani o se li stiamo lasciando soli in un approccio alle relazioni sempre meno consapevole delle proprie emozioni.