ANSA – LE DIAGNOSI DI TUMORI IN ITALIA RIMANGONO STABILI MA LA META’ DELLE PERSONE GUARISCE

Il nuovo rapporto “I numeri del cancro in Italia 2024” offre una fotografia dettagliata della situazione oncologica nel nostro Paese. Secondo i dati, rispetto agli anni precedenti, i numeri delle diagnosi sono rimasti sostanzialmente invariati, ma la mortalità per tumori è calata negli ultimi 15 anni, soprattutto tra i giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 49 anni

Il nuovo rapporto “I numeri del cancro in Italia 2024” offre una fotografia dettagliata della situazione oncologica nel nostro Paese. Si tratta della quattordicesima edizione di questa pubblicazione ufficiale, elaborata grazie al lavoro congiunto di diversi enti tra cui l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), l’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), la Fondazione AIOM, l’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), i programmi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, e la Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP). Il rapporto analizza dati raccolti su diagnosi e terapie oncologiche, mettendo in luce elementi importanti sia sulla frequenza dei tumori sia sulle possibilità di guarigione.

Secondo i dati raccolti da 35 Registri Tumori, che coprono circa l’80% della popolazione italiana (oltre 44 milioni di persone), nel 2024 sono state registrate 390.100 nuove diagnosi di tumore: 214.500 negli uomini e 175.600 nelle donne. Rispetto agli anni precedenti, i numeri sono rimasti sostanzialmente invariati (nel 2022 le diagnosi erano 391.700 e nel 2023 erano 395.900).

Un dato particolarmente positivo riguarda la mortalità per tumori, che è calata in modo marcato negli ultimi 15 anni, soprattutto tra i giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 49 anni. In questa fascia di età, il tasso di mortalità è diminuito del 21,4% nelle donne e del 28% negli uomini. Il tumore al polmone, in particolare, ha registrato una riduzione significativa della mortalità: del 46,4% tra le donne e del 35,5% tra gli uomini.

Un altro elemento importante è che circa 3,7 milioni di persone vivono attualmente dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore, e la metà di coloro che si ammalano oggi è destinata a guarire.

Il tumore più diagnosticato in Italia è quello della mammella, con 53.686 nuovi casi, seguito dal tumore del colon-retto (48.706 casi), del polmone (44.831 casi), della prostata (40.192 casi) e della vescica (31.016 casi).

Nel nostro Paese, i dati sulle morti oncologiche sono più incoraggianti rispetto ad altre parti del mondo. Secondo il rapporto, dal 2006 al 2021 si è registrato un calo generale della mortalità per tumori sia tra gli uomini che tra le donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni.

Massimo Di Maio, presidente eletto AIOM, ha dichiarato: “In 15 anni sono state salvate 786 vite tra le donne e 939 tra gli uomini in questa fascia d’età rispetto al numero di decessi attesi basati sui tassi del 2006”. Ha aggiunto che questi risultati sono particolarmente incoraggianti per il carcinoma polmonare, il quale è la prima causa di morte oncologica tra gli uomini giovani adulti e la seconda tra le donne, dopo il tumore alla mammella.

I dati confermano un costante aumento della prevalenza, ovvero del numero di persone che vivono dopo una diagnosi di tumore. Questo aumento è stato dell’1,5% all’anno nell’ultimo decennio (1,6% per le donne e 1,3% per gli uomini).

Diego Serraino, Direttore della Società di Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato: “Oggi quasi 3,7 milioni di cittadini, pari al 6,2% dell’intera popolazione, vivono dopo una diagnosi di tumore. E la metà delle persone che si ammalano di cancro nel 2024 è destinata a guarire”.

Nel dettaglio, le probabilità di guarigione variano a seconda del tipo di tumore e dello stadio della malattia al momento della diagnosi. Ad esempio:
Tumori ginecologici: il 69% di guarigione per il tumore del corpo dell’utero, il 58% per il tumore del collo dell’utero e il 32% per il tumore dell’ovaio.
Carcinoma della mammella: il tasso complessivo di guarigione è del 73%, ma varia dal 99% se diagnosticato allo stadio I all’81% allo stadio II, scendendo al 36% negli stadi III e IV.
Tumore del colon-retto: il tasso di guarigione è del 56% considerando tutti gli stadi, ma raggiunge il 92% se diagnosticato precocemente.

Uno dei punti critici evidenziati dal rapporto è legato alla prevenzione. Sebbene ci sia stato un aumento della copertura per i programmi di screening, rimangono differenze significative a livello territoriale. Nel Sud Italia, ad esempio, l’adesione agli screening è molto più bassa rispetto al resto del Paese. Attualmente, il 49% della popolazione partecipa allo screening mammografico, il 47% a quello cervicale e solo il 32% a quello per il tumore colorettale.

Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha dichiarato: “La sfida deve essere quella di investire in prevenzione, promuovendo stili di vita sani, a partire da un’alimentazione corretta associata all’attività fisica. Oggi sappiamo che una dieta errata incide per circa il 35% sull’insorgenza dei tumori e che la dieta mediterranea riduce del 10% la mortalità complessiva, prevenendo lo sviluppo di numerosi tipi di cancro”.

I dati evidenziano che una parte significativa della popolazione continua a mantenere abitudini che aumentano il rischio di sviluppare tumori.

Fumo: il 24% degli adulti fuma, con una prevalenza maggiore tra i giovani e nelle Regioni del Centro-Sud.
Sovrappeso e obesità: il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% è obeso.
Consumo di alcol: il 18% beve in quantità considerate rischiose per la salute.
Sedentarietà: il 28% della popolazione non svolge alcuna attività fisica.

Maria Masocco, responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, ha concluso: “L’abitudine al fumo e la sedentarietà sono più frequenti tra le persone con difficoltà economiche o bassa istruzione. Anche obesità e sovrappeso, che rappresentano importanti fattori di rischio oncologico, sono storicamente più diffusi al Sud, ma oggi il divario geografico si è annullato. La sedentarietà, invece, è aumentata dal 23% nel 2008 al 28% nel 2023”.

VAIOLO DELLE SCIMMIE

ILSOLE24ORE – IL TITOLO DI GEOVAX LABS, SOCIETA’ CHE STA LAVORANDO AL VACCINO CONTRO IL VAIOLO DELLE SCIMMIE, E’ SALITO DEL 239%

GeoVax Labs, una società di biotecnologie statunitense che sta sviluppando un vaccino contro il vaiolo delle scimmie, ha visto le sue azioni aumentare del 239% dall’inizio del mese. Questo incremento è avvenuto dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme a causa dell’aumento delle infezioni da vaiolo delle scimmie. Il forte rialzo delle azioni di GeoVax è stato favorito anche dal fallimento della concorrente Siga Technologies nello sviluppo di un trattamento contro il virus. Siga ha comunicato che il suo farmaco antivirale Tecovirimat non ha raggiunto risultati significativi nel trattamento delle lesioni causate dal virus. GeoVax Labs è una società in fase clinica che si occupa dello sviluppo di vaccini e immunoterapie per malattie infettive e tumori. Tra i suoi progetti principali ci sono un vaccino anti-Covid di nuova generazione e una terapia per il cancro avanzato della testa e del collo. La società è guidata da David A. Dodd, che ha portato GeoVax alla quotazione sul Nasdaq e ha acquisito i diritti esclusivi su due prodotti in fase avanzata di sviluppo. Tra i partner di GeoVax ci sono importanti istituzioni statunitensi come il Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA), il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e i National Institutes of Health (NIH). Dopo la dichiarazione dell’OMS, il titolo di GeoVax ha guidato un rally in Borsa insieme a quello di Tonix Pharmaceuticals, un’altra azienda che sta lavorando su trattamenti contro il vaiolo delle scimmie. Nonostante nessuna delle due società abbia ancora un prodotto pronto per il mercato, le loro azioni hanno registrato aumenti significativi. Anche altre aziende nel settore biotech stanno vedendo movimenti in Borsa legati al vaiolo delle scimmie. Bavarian Nordic, l’unica azienda con un vaccino approvato sia negli Stati Uniti che in Europa, ha registrato un aumento delle sue azioni del 43% nell’ultima settimana, anche se ieri il titolo era in lieve calo. Emergent BioSolutions, un’altra società con un vaccino utilizzato contro il vaiolo, ha visto un aumento del 5,4% delle sue azioni, nonostante il suo vaccino presenti maggiori effetti collaterali rispetto a quello di Bavarian Nordic. Infine, le azioni di Siga Technologies sono aumentate dell’1,3%, nonostante i risultati deludenti del loro farmaco.

DISFORIA DI GENERE

CORRIERE – ISTITUITA UNA COMMISSIONE SULLA DISFORIA DI GENERE IN ITALIA

Il governo italiano ha istituito una commissione composta da 29 esperti per rivedere le linee guida sul trattamento della disforia di genere. Questa iniziativa è stata promossa dai ministri della Salute, Orazio Schillaci, e della Famiglia, Eugenia Roccella, con l’obiettivo di valutare l’uso della triptorelina, un farmaco utilizzato per sospendere temporaneamente la pubertà nei giovani che considerano una transizione di genere. La decisione di istituire questa commissione è stata presa alla luce delle crescenti pressioni politiche, che hanno sollevato dubbi sull’uso della triptorelina. Recentemente, il centro fiorentino, unico luogo in Italia dove viene somministrato il farmaco a un numero limitato di pazienti l’anno, è stato soggetto a ispezioni ministeriali e indagini giudiziarie. Queste pressioni politiche hanno portato alla richiesta di sospensione dell’uso della triptorelina da parte di alcuni esponenti politici. La commissione governativa incaricata di questa revisione è composta da rappresentanti dei ministeri della Salute e della Famiglia, oltre a esperti di bioetica e professionisti del settore sanitario. Il suo obiettivo principale è uniformare le pratiche sull’intero territorio nazionale e fornire nuove linee guida in merito all’uso della triptorelina nel trattamento della disforia di genere. La triptorelina è stata autorizzata in Italia tramite una specifica nota dell’Aifa nel 2019 ed è inclusa nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, di recente, il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, Robert Giovanni Nisticò, ha annunciato la necessità di un aggiornamento scientifico sulla questione, sottolineando l’importanza di valutare attentamente il rapporto beneficio-rischio della triptorelina per gli adolescenti. La commissione ha quindi il compito di produrre linee guida aggiornate che proteggano e supportino adeguatamente i giovani con disforia di genere e le loro famiglie. Questo lavoro mira a garantire che le decisioni sull’uso della triptorelina siano basate su solide evidenze scientifiche e che rispondano alle esigenze cliniche e sociali delle persone coinvolte.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – ELEMENTI DI CRITICITA’ SU COME VENGONO UTILIZZATI I FARMACI PER LA DISFORIA DI GENERE AL CAREGGI

Una relazione della Commissione ispettiva del Ministero della Salute ha evidenziato “criticità molto significative” nella gestione dei pazienti con disforia o incongruenza di genere presso l’ospedale di Careggi a Firenze. Queste criticità, emerse durante un audit condotto il 23 e 24 gennaio scorsi, hanno sollevato serie preoccupazioni riguardo al percorso di assistenza offerto ai pazienti in età evolutiva. Uno dei principali nodi di questa indagine riguarda il percorso neuropsichiatrico e l’uso della terapia farmacologica con triptorelina, un farmaco che blocca lo sviluppo puberale riducendo la produzione di ormoni sessuali. Il Ministero della Salute ha reso noto che sono stati analizzati 85 casi trattati a Careggi negli ultimi anni, e ha esortato la Regione Toscana ad adottare misure correttive in risposta alle criticità individuate. La relazione ministeriale è stata presentata in risposta a un’interrogazione parlamentare del senatore Maurizio Gasparri. Tuttavia, la situazione ha assunto anche un aspetto legale, poiché la Procura di Firenze ha avviato un’indagine in seguito a un esposto presentato. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha inviato il rapporto degli ispettori alla Procura e ha richiesto l’autorizzazione per condividerne un estratto con la Regione Toscana. Gasparri ha dichiarato alla stampa che Careggi ha violato le regole, sottolineando la necessità di rivedere le linee guida riguardo alla triptorelina. La reazione della Regione Toscana è stata di attesa, poiché sostengono di non aver ancora ricevuto la relazione della Commissione. Tuttavia, il Ministero della Salute ha smentito questa affermazione, affermando che la relazione è stata trasmessa tramite raccomandata e protocollo riservato già la settimana precedente. La situazione ha generato tensioni politiche, con il Partito Democratico accusando Gasparri di fare campagna elettorale sulla pelle delle persone. Gasparri ha risposto duramente a queste accuse, mentre Forza Italia ha chiesto le dimissioni dell’assessore regionale alla sanità, Simone Bezzini. Nel frattempo, Pro Vita ha richiesto il divieto dell’uso della triptorelina per bloccare la pubertà. Cinzia, madre di una figlia transgender, ha dichiarato che la risposta del Ministro Schillaci è stata ambigua e che attende ulteriori dettagli sulla relazione su Careggi. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di continuare a fornire assistenza a questi pazienti, considerando Careggi un centro di eccellenza. Le criticità individuate nella relazione ministeriale riguardano principalmente il mancato rispetto delle norme riguardanti l’uso della triptorelina e la necessità di un adeguato supporto psichiatrico nei percorsi di cura. La situazione è destinata a suscitare ulteriori dibattiti e azioni correttive da parte delle autorità competenti.

ITALIA

ANSA – NEL 2023 IN ITALIA CIRCA 670 MILA CITTADINI SI SONO SPOSTATI DA UNA REGIONE ALL’ALTRA PER RICEVERE CURE MEDICHE

Nel 2023, un numero considerevole di cittadini italiani ha scelto di spostarsi dalla propria Regione di residenza per ricevere cure mediche. Sono stati circa 670 mila i ricoveri effettuati al di fuori della propria Regione, con un flusso economico di quasi 2,9 miliardi di euro in rimborsi. La maggior parte di questi rimborsi è stata registrata per i pazienti provenienti dalle Regioni del Sud, che si sono diretti verso quelle del Centro-Nord. Le malattie che spingono i cittadini a cercare cure in altre Regioni includono principalmente le patologie osteoarticolari, in particolare gli interventi per protesi, i tumori e gli interventi ad alta complessità. Questi dati emergono dall’analisi sulla mobilità sanitaria presentata oggi dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, conosciuta come Agenas. La scelta di strutture sanitarie di alta qualità e le lunghe liste d’attesa sono fattori che influenzano questa mobilità. Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas, ha dichiarato che due dati importanti emergono dall’analisi di quest’anno: il livello della mobilità è tornato ai livelli del 2018 ed è ancora in crescita. Ha aggiunto: “Anche se vediamo importanti segni di miglioramento in alcune Regioni come Lazio e Campania”. Un altro punto rilevante è che la Lombardia non è più la Regione con il maggior numero di pazienti attratti, essendo stata superata dall’Emilia-Romagna. L’analisi dei dati mostra un quadro complesso. Si osserva uno spostamento di risorse e cittadini dal Sud verso il Nord, ma esiste una grande variabilità tra le diverse Regioni. Ad esempio, circa la metà del saldo negativo della Sicilia, che ammonta a 142 milioni di euro, è diretta verso Lombardia ed Emilia-Romagna. La Lombardia ha un saldo negativo di circa 200 milioni, principalmente verso le Regioni limitrofe. I numeri assoluti nascondono una realtà più sfumata. La Campania ha migliorato le proprie performance e con 235 milioni di euro in rimborsi è la prima Regione per mobilità in uscita. Tuttavia, la spesa pro-capite per la Campania è poco più di 40 euro a cittadino, una cifra molto inferiore rispetto a quella del Molise, che presenta alti tassi di mobilità in uscita e una buona capacità di attrazione da fuori Regione. Secondo gli esperti di Agenas, è importante monitorare il caso dell’Umbria, che negli ultimi cinque anni ha visto un crollo dell’attrattività e un aumento della mobilità in uscita. Anche la Lombardia è sotto osservazione poiché i ricavi legati alla mobilità in entrata sono diminuiti di 50 milioni negli ultimi cinque anni. Per quanto riguarda le patologie per cui gli italiani cercano cure al di fuori della propria Regione, non sempre si tratta di interventi ad alta complessità; infatti, questi rappresentano meno del 16% del totale. La maggior parte dei ricoveri (53%) riguarda interventi a media complessità e l’11,7% è considerato a rischio inappropriatezza. Le malattie del sistema muscolo-scheletrico sono la principale causa della mobilità sanitaria. In questo ambito, l’Emilia-Romagna si distingue con un saldo positivo di 228 milioni di euro, il doppio rispetto alla Lombardia che occupa il secondo posto. Per entrambe le Regioni, molte prestazioni in questo settore sono fornite da strutture private convenzionate. L’analisi evidenzia anche una fragilità strutturale dei servizi sanitari nel Sud Italia. Mantoan ha affermato: “I dati mostrano che in queste Regioni spesso non c’è una sufficiente dotazione di posti letto per acuti e post-acuti e neanche di personale”. Ha aggiunto che per garantire ospedali d’eccellenza nelle Regioni del Sud è fondamentale potenziare le dotazioni organiche. Infine, dall’annuale rapporto sulla cronicità redatto da Cittadinanzattiva emerge un nuovo allerta: i pazienti con malattie croniche affrontano ritardi nella diagnosi e difficoltà nel conciliare le cure specialistiche con quelle primarie. Inoltre, ci sono lacune nelle cure a domicilio e problemi con le liste d’attesa. Questo porta a una situazione in cui 1 paziente su 3 è costretto a rinunciare ad alcune prestazioni sanitarie.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – CRESCE LA POVERTA’ SANITARIA IN ITALIA

Cresce la povertà sanitaria in Italia: nel 2024, sono state 463 mila le persone che hanno dovuto chiedere aiuto a enti assistenziali convenzionati con il Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Questi numeri rappresentano un aumento dell’8% rispetto al 2023. Il dato emerge dal libro sulla povertà sanitaria intitolato “Tra le crepe dell’universalismo – Disuguaglianze di salute, povertà sanitaria e Terzo settore in Italia”, curato dall’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria e presentato oggi alla Camera. Secondo il rapporto, il peso della spesa farmaceutica a carico delle famiglie italiane continua a crescere. Nel 2023, questa spesa è aumentata di 731 milioni di euro rispetto all’anno precedente, passando da 9,91 miliardi di euro nel 2022 a 10,65 miliardi nel 2023. Complessivamente, tra il 2017 e il 2023, le famiglie italiane hanno dovuto affrontare un incremento di 2,576 miliardi di euro, pari al 31,9%. Le categorie più colpite dalla povertà sanitaria sono gli uomini, che rappresentano il 54% del campione, e le persone in età adulta (18-64 anni), che costituiscono il 58%. Tuttavia, anche i minori sono coinvolti in modo significativo: circa un quarto di coloro che vivono in povertà sanitaria, ovvero 102 mila persone, sono bambini o ragazzi. Il fenomeno della rinuncia a visite mediche, accertamenti o cure per contenere i costi della sanità è in aumento. Nel 2023, questa scelta ha riguardato complessivamente 3 milioni 369 mila famiglie. Tra queste, una famiglia povera su quattro ha rinunciato almeno una volta a cure o visite mediche, mentre tra le famiglie non povere la percentuale è del 12,8%. “I dati e le analisi del nostro Osservatorio sulla Povertà Sanitaria raccontano di un Paese in cui le persone fragili faticano a prendersi cura della propria salute”, ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets.

ILSOLE24ORE – SPESO SOLO 1/3 DEI FONDI PER RIDURRE LE LISTE D’ATTESA NEGLI ULTIMI 4 ANNI

Negli ultimi quattro anni, i governi italiani hanno stanziato centinaia di milioni di euro per aiutare le regioni a ridurre i tempi di attesa per visite mediche ed esami diagnostici. Tuttavia, una recente indagine della Corte dei Conti ha rivelato che le regioni hanno utilizzato solo una minima parte di queste risorse, pari a meno del 30%. La Corte dei Conti, attraverso un complesso lavoro di analisi e raccolta dati, ha diffuso una relazione nella quale si legge: «Nonostante l’ammontare non indifferente di risorse messe a disposizione, il relativo utilizzo appare esiguo». I dati, richiesti alle regioni negli ultimi mesi, hanno mostrato un quadro di utilizzo parziale e spesso inefficiente dei fondi stanziati. Le liste d’attesa per prestazioni sanitarie rappresentano da anni una delle maggiori criticità del sistema sanitario italiano. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente peggiorato la situazione, aumentando i tempi di attesa, già molto lunghi in numerose strutture. Secondo l’associazione Cittadinanzattiva, tra i casi più gravi figurano i: 498 giorni di attesa per un’ecografia all’addome nell’azienda universitaria del Friuli. 427 giorni per una visita cardiologica nell’ASL 3 della Liguria. Nonostante le normative fissino limiti massimi per le tempistiche (72 ore per priorità urgenti, 10 giorni per quelle brevi, 30 giorni per visite differibili e 120 giorni per quelle programmate), in molte realtà sanitarie pubbliche tali standard non vengono rispettati, spingendo sempre più cittadini a rivolgersi al settore privato. Tra il 2020 e il 2024, i governi hanno destinato circa 2 miliardi di euro alle regioni per aumentare le prestazioni sanitarie. La Corte dei Conti ha concentrato l’analisi su due fondi principali: Il primo fondo, pari a 483 milioni di euro, ha visto l’utilizzo di soli 66,8 milioni, ossia il 29,2% delle risorse disponibili. Il secondo fondo, di poco superiore ai 365 milioni di euro, ha avuto un impiego del 47%, con 171 milioni spesi. Alcune regioni, come Abruzzo, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e la provincia autonoma di Trento, hanno speso meno della metà dei fondi del primo stanziamento, mentre Calabria, Puglia, Sardegna, Umbria e la provincia di Bolzano hanno superato il 50%. La Sicilia si distingue come l’unica regione ad aver speso più del previsto, con un surplus dell’11%. Un problema evidenziato dalla Corte dei Conti è l’approssimazione con cui molte regioni raccolgono e trasmettono i dati sull’utilizzo dei fondi. Ogni regione adotta sistemi di controllo diversi, rendendo difficile monitorare come vengano effettivamente impiegate le risorse. «Non è più accettabile che i fondi stanziati per le liste d’attesa non siano ancora stati spesi proprio per abbattere le liste d’attesa», ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci, annunciando misure di controllo più severe e incentivi per le regioni che otterranno buoni risultati. A luglio 2024, il governo ha approvato un nuovo decreto per ridurre le liste d’attesa, presentandolo come un piano straordinario e risolutivo. Tuttavia, molte delle misure introdotte erano già previste da anni, ma mai realmente attuate. La piattaforma nazionale delle liste d’attesa, pensata per monitorare i tempi di attesa in ogni regione. Annunciata già nel 2019, finora non ha avuto un impatto significativo. La norma “salta code”, che consente ai cittadini di rivolgersi al privato in caso di mancato rispetto dei tempi di attesa indicati nella ricetta, pagando solo il ticket. Anche questa misura, introdotta circa 20 anni fa, è stata raramente utilizzata dalle regioni.

ANSA – L’ANTIBIOTICORESISTENZA DIVENTERA’ LA PRIMA CAUSA DI MORTE IN ITALIA

L’Italia si conferma ai primi posti in Europa per decessi causati da infezioni resistenti agli antibiotici. Ogni anno, in Europa, oltre 670 mila persone contraggono infezioni da batteri resistenti, e queste provocano più di 35 mila morti. Di questi, un terzo – circa 12 mila – si registra in Italia. Un dossier dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) descrive una situazione critica per il nostro Paese sia per l’antibiotico-resistenza che per il consumo eccessivo di antibiotici. Tra il 2022 e il 2023, in Italia, circa 430 mila pazienti ricoverati in ospedale hanno contratto un’infezione durante la degenza: l’8,2% del totale, rispetto a una media europea del 6,5%. Solo il Portogallo registra una percentuale più alta (8,9%), ma con una popolazione mediamente più giovane e quindi meno vulnerabile. L’Italia spicca anche per l’alto utilizzo di antibiotici: vengono somministrati al 44,7% dei pazienti ricoverati, contro una media europea del 33,7%. Anche nella popolazione generale, l’abuso è evidente: il 35,5% degli italiani ha assunto almeno un antibiotico negli ultimi due anni, rispetto al 32,9% del biennio 2016-17. Secondo gli esperti dell’Aifa, l’uso intensivo di antibiotici alimenta il problema. “Così il cane si morde la coda – spiegano – perché l’uso così massiccio di antimicrobici fa nascere super-batteri resistenti agli stessi farmaci”. L’antibiotico-resistenza non ha solo un impatto sanitario ma anche economico. Il rapporto dell’Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie) stima che circa 2,7 milioni di posti letto negli ospedali europei siano occupati per infezioni resistenti, con un costo annuo di 2,4 miliardi di euro. Se non si interverrà in modo efficace, l’antibiotico-resistenza potrebbe diventare la prima causa di morte in Italia entro il 2050, superando malattie cardiovascolari e tumori. Gli esperti lanciano un appello per sensibilizzare la popolazione e i medici sull’uso appropriato degli antibiotici, al fine di invertire il trend e prevenire ulteriori emergenze sanitarie.

ANSA – 1 ANZIANO SU 4 RINUNCIA ALLE CURE NECESSARIE A CAUSA DI LISTE D’ATTESA LUNGHE E COSTI ELEVATI

Nel biennio 2022-2023, il 18% degli italiani ultra 65enni, pari a circa 2,6 milioni di persone, ha dichiarato di aver rinunciato, nei 12 mesi precedenti all’intervista, a una visita medica o a un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno. Se si escludono coloro che hanno affermato di non aver avuto necessità di visite o esami, la percentuale di chi ha rinunciato a cure necessarie sale al 23%. Il 61% degli intervistati ha dichiarato di non aver rinunciato a nessuna prestazione, mentre il 21% ha affermato di non aver avuto bisogno di cure. Tra le principali cause di rinuncia alle cure, spiccano le lunghe liste d’attesa, responsabili del 55% dei casi di rinuncia. Altri motivi includono le difficoltà logistiche per raggiungere le strutture sanitarie o gli orari scomodi (13%) e i costi troppo elevati delle prestazioni (10%). Questi dati emergono dall’analisi della sorveglianza “Passi d’Argento” dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), pubblicata oggi. Il rapporto evidenzia profonde disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari, influenzate dalle condizioni socio-economiche e dalla regione di residenza. Le persone socialmente più svantaggiate sono maggiormente inclini a rinunciare alle cure, spesso a causa di difficoltà economiche (39% tra coloro che faticano ad arrivare a fine mese rispetto al 20% di chi non ha problemi) o per bassa istruzione (24% tra chi ha solo la licenza elementare rispetto al 19% dei laureati). I residenti nel Centro e nel Sud Italia rinunciano più spesso alle cure rispetto a quelli del Nord (27% contro 16%), e le donne sono più colpite dal fenomeno rispetto agli uomini (25% contro 21%). Non si osservano differenze significative legate all’età. Anche chi soffre di malattie croniche è più incline a rinunciare alle cure necessarie. Il 25% delle persone con almeno una patologia cronica tra quelle investigate da “Passi d’Argento” (come insufficienza renale, bronchite cronica, enfisema, insufficienza respiratoria, ictus, diabete, malattie cardiache, tumori e malattie del fegato) ha riferito di aver dovuto rinunciare a una visita o a un esame di cui avrebbe avuto bisogno. Per quanto riguarda le spese sanitarie, oltre la metà degli intervistati che non hanno rinunciato alle cure ha fatto ricorso a prestazioni a pagamento. Il 10% di essi si è rivolto esclusivamente a strutture private, il 49% ha utilizzato sia servizi privati che pubblici, mentre solo il 41% ha usufruito esclusivamente del servizio pubblico. Le difficoltà di accesso non riguardano solo le visite mediche o gli esami diagnostici, ma anche i servizi di base, come la possibilità di raggiungere la ASL, il medico di famiglia o i negozi di beni di prima necessità. Nel biennio 2022-2023, il 32% degli anziani ha riportato difficoltà nell’accesso a questi servizi essenziali. Le difficoltà aumentano con l’età: il 68% degli ultra 85enni ha segnalato problemi in questo senso. Le donne (39%) e le persone socialmente più svantaggiate, con bassi livelli di istruzione o difficoltà economiche, sono risultate più esposte a queste problematiche rispetto agli uomini (23%).

LASTAMPA – IL DECRETO “SALTA-FILA” PER FAR SMALTIRE AI PRIVATI LE LISTE D’ATTESA NELLA SANITA’

Giorgia Meloni ha comunicato chiaramente al Ministro della Salute Schillaci che la riduzione delle liste di attesa è cruciale per il consenso elettorale. Pertanto, nel decreto legge del 3 giugno è stata inserita una disposizione chiara per garantire sempre le prestazioni nei tempi stabiliti. Il decreto prevede un rimborso “salta fila” che consentirà ai cittadini di ottenere dal settore privato ciò che il servizio pubblico non riesce a fornire nei tempi massimi previsti per legge. I tempi massimi previsti sono 72 ore per i casi urgenti, 10 giorni per le prestazioni a breve termine, 30 giorni per le visite, 60 giorni per gli accertamenti diagnostici differibili e 120 giorni per quelli differibili. Tuttavia, questi tempi non vengono spesso rispettati, costringendo i cittadini a pagare di tasca propria per rivolgersi al privato. Sebbene un decreto del 1998 stabilisse che, in caso di mancato rispetto dei tempi, l’assistito potesse richiedere la prestazione in regime di libera professione intramuraria presso la Asl, questa norma è rimasta inapplicata. Il nuovo decreto legge stabilisce che se i tempi di attesa superano le soglie, l’assistito potrà accedere automaticamente al privato convenzionato in regime di libera professione. Le modalità di rimborso per medici e strutture private saranno definite in un successivo decreto ministeriale. L’operazione potrebbe aumentare significativamente la spesa, poiché le tariffe per prestazioni private sono generalmente più alte rispetto a quelle rimborsate dalle regioni. Tuttavia, i tecnici del Ministero della Salute ritengono che questa misura spingerà le Asl a migliorare l’organizzazione e la programmazione, riducendo i tempi di attesa. Inoltre, il decreto prevede l’aumento del tetto di spesa per i privati convenzionati e l’incremento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive dei medici e degli operatori sanitari. Il Piano Schillaci non si limita a queste misure. Verrà avviato un monitoraggio per capire l’entità del problema, poiché finora è stato rilevato solo tramite inchieste giornalistiche e segnalazioni degli utenti. Le agende del pubblico e del privato saranno unificate, impedendo al privato di gestire autonomamente parte degli appuntamenti. Sarà vietato chiudere le agende rinviando gli appuntamenti a data indefinita. Inoltre, il Cup contatterà i pazienti due giorni prima dell’appuntamento per conferma, e se non si presenteranno, la Asl chiederà il rimborso integrale della prestazione.

WIRED – IL PIANO DEL GOVERNO PER CONTRASTARE L’USO DEL FENTANYL

Il governo Meloni ha presentato un piano nazionale per contrastare l’uso improprio di fentanyl e altri oppioidi sintetici. Nonostante i recenti casi di cronaca legati alla presenza di fentanyl in Italia, il governo sottolinea che la situazione nel paese è ancora lontana da quella degli Stati Uniti. Tuttavia, l’attenzione sul monitoraggio del mercato degli stupefacenti e lo studio della sostanza stessa rimangono fondamentali. Alla conferenza stampa, che ha avuto luogo a Palazzo Chigi, hanno partecipato il ministro degli Affari esteri e vicepremier Antonio Tajani, il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano, Carlo Locatelli del Centro Antiveleni di Pavia e Sabina Strano Rossi, presidente del Gruppo Tossicologi Forensi Italiani. Il fentanyl è un potente oppioide sintetico utilizzato come anestetico in sala operatoria o per alleviare il dolore nei pazienti terminali. È significativamente più potente dell’eroina e della morfina, con una potenza 50 volte superiore alla prima e 100 volte superiore alla seconda. A causa della sua estrema potenza, l’abuso di fentanyl sta diventando sempre più diffuso, suscitando preoccupazione in numerosi paesi che stanno affrontando il problema. L’Italia ha avviato un dialogo in materia con gli Stati Uniti, dove il fentanyl ha causato migliaia di morti. Inoltre, il tema è stato oggetto di discussione anche con gli altri membri del G7. Nel comunicato finale del summit dei ministri degli esteri dei sette paesi più industrializzati, tenutosi ad aprile a Capri, è stata inclusa la lotta alla diffusione del fentanyl. Tajani, in particolare, si dichiara disponibile a collaborare con tutte le nazioni interessate a contrastare il fenomeno delle droghe sintetiche, incluso il coinvolgimento della Repubblica Popolare Cinese, da cui sembra provenire una parte del fentanyl che circola in Italia. Il governo sta affrontando il problema del fentanyl attraverso azioni concrete nel campo della polizia e dell’intelligence, come riportato dal sottosegretario Alfredo Mantovano, il cui ambito comprende anche il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. Le forze dell’ordine monitorano attivamente la diffusione della sostanza, analizzando i processi di vendita e acquisto che avvengono principalmente nel dark web, soprattutto su siti cinesi. La sostanza viene spedita tramite posta e i pagamenti avvengono tramite criptovalute, rendendo le indagini particolarmente complesse, come spiega Mantovano. La complessità delle dinamiche di compravendita di questo oppioide ha spinto il governo ad impegnarsi anche nella prevenzione. Il ministro Tajani ha annunciato una campagna informativa sulla sostanza, promossa dalla Farnesina, che si svolgerà nelle ambasciate, nei consolati e negli istituti di cultura italiani all’estero. L’obiettivo è sensibilizzare il personale diplomatico e la cittadinanza italiana residente all’estero riguardo alle caratteristiche e agli effetti del fentanyl. Il fentanyl rappresenta una minaccia non solo legata all’importazione, ma anche alla sua disponibilità nelle farmacie. Mantovano sottolinea l’importanza di controllare e contrastare i furti di questa sostanza per prevenirne la facile diffusione nelle strade. I ministeri della Salute e degli Interni stanno collaborando per fornire alle forze dell’ordine il Naloxone, noto anche come Narcan, un antidoto agli oppioidi che le pattuglie potranno utilizzare in caso di emergenza. Attualmente non prodotto in Italia e utilizzato solo in contesti clinici, il Naloxone è in grado di risolvere l’insufficienza respiratoria, una delle cause immediate di morte nell’assunzione di queste sostanze, come spiega Carlo Locatelli. Nonostante l’attenzione, il fenomeno del fentanyl non è ancora diffuso in Italia e rimane in fase di studio. Secondo Sabina Strano Rossi, nel 2023 sono stati registrati solo quattro casi di decessi correlati all’uso di fentanyl, ma solo in uno di essi l’oppioide è stato la causa principale della morte. Un gruppo di ricerca è attivamente coinvolto in uno studio che include anche l’analisi su larga scala dei capelli. Rossi assicura che presto saranno disponibili risultati più completi, che contribuiranno a una migliore comprensione della situazione nazionale riguardo all’uso di fentanyl.

LASTAMPA – COM’E’ RIDOTTA LA SANITA’ PUBBLICA IN ITALIA

Secondo un’analisi condotta da Facile.it, nel 2023 il valore dei prestiti personali erogati per far fronte alle spese mediche ha superato il miliardo di euro. Questo dato, in costante aumento negli anni, rappresenta un campanello d’allarme sulla situazione della sanità nel paese, con una particolare enfasi sul Sud Italia, dove i valori raddoppiano rispetto al resto del territorio nazionale. La richiesta di prestiti per spese mediche è solo uno degli indicatori che evidenziano la crescente “povertà sanitaria” nel paese. Un’indagine condotta dall’Associazione delle cliniche private (Aiop) ha rivelato che una percentuale significativa di persone con redditi bassi si è rivolta al settore privato per evitare lunghe liste di attesa nel sistema sanitario pubblico. Questo fenomeno è particolarmente diffuso tra coloro con un reddito annuo inferiore a 15.000 euro, rappresentando il 34,4% di questa fascia di reddito, mentre sale al 40,2% per coloro con redditi compresi tra 15.000 e 30.000 euro. Il numero di famiglie che accusano disagi economici a causa delle spese sanitarie è in costante aumento, passando dal 4,7% nel 2019 al 6,1% nel 2023, corrispondente a circa 1.580.000 nuclei familiari. Inoltre, si osserva un incremento delle “spese sanitarie catastrofiche”, che impoveriscono le famiglie quando superano del 40% le loro capacità economiche. Secondo il Crea Sanità, queste famiglie rappresentano il 2,8% del totale in Italia, mentre secondo l’Oms europea sono addirittura il 9,44%, uno dei dati peggiori in Europa. La somma di coloro che si impoveriscono a causa delle spese sanitarie e coloro che incontrano difficoltà economiche improvvisamente, porta a quasi il 15% delle famiglie italiane, corrispondente a circa 9 milioni di persone, che si trovano in difficoltà finanziarie a causa della sanità pubblica che non riesce a garantire assistenza a tutti, soprattutto i più vulnerabili. L’analisi di Facile.it ha evidenziato una duplice tendenza: se da un lato la percentuale di domande di prestiti per spese mediche è aumentata del 6,6%, dall’altro l’importo medio richiesto è leggermente diminuito (-4%), attestandosi intorno ai 6.152 euro. Questo può essere interpretato come un riflesso dei tempi di attesa sempre più lunghi nel sistema sanitario pubblico, che spingono le persone a rivolgersi al settore privato per visite o esami meno costosi. Un altro fattore che ha contribuito alla diminuzione dell’importo richiesto è l’incremento dei tassi di interesse sui finanziamenti per spese mediche. Nel 2023, il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) medio per i prestiti personali destinati alle cure mediche è salito al 10,86%, un aumento del 15,4% rispetto al 2022. Analizzando il profilo dei richiedenti prestiti per cure mediche, si osserva che l’età media è di 46 anni, più alta di 4 anni rispetto a coloro che richiedono finanziamenti per altri scopi. Tuttavia, sorprendentemente, le percentuali più basse si riscontrano tra gli anziani, nonostante abbiano redditi mediamente più bassi e maggiori necessità sanitarie. Questo suggerisce che le persone anziane, pur avendo maggiori bisogni, sono costrette a rinunciare più frequentemente alle cure a causa delle difficoltà economiche.

WIRED – IL PNRR METTERA’ FINE AL “PENDOLARISMO” DI CHI DEVE CURARSI?

Il futuro del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano si preannuncia radicalmente trasformato grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), secondo le previsioni di Andrea Costa, esperto del ministero della Salute. Costa, già sottosegretario di Stato alla Salute, condivide la sua visione durante il Wired Health 2024, che si terrà domani, 13 marzo, a Milano. Costa anticipa un SSN orientato non solo alla cura delle malattie, ma anche al benessere e alla cura integrale della persona. L’obiettivo è garantire omogeneità nelle cure in tutto il paese, riducendo il pendolarismo sanitario e assicurando parità di accesso alle prestazioni in ogni regione. Un passo cruciale in questa direzione è la digitalizzazione, con Agenas incaricata dal governo di sviluppare una piattaforma nazionale per il fascicolo sanitario elettronico. In merito alle tempistiche del Pnrr, Costa assicura che l’Italia è perfettamente in linea, nonostante alcune variazioni rispetto alle previsioni iniziali. Ad esempio, il numero di case della salute è stato ridotto da 1.350 a almeno 1.038, ma i progetti stanno per prendere il via. Alcune strutture saranno nuove, mentre altre saranno oggetto di ristrutturazione e finanziamento da fonti alternative. Recentemente, sono stati destinati altri 750 milioni di euro ai fondi per la telemedicina e l’assistenza domiciliare. La telemedicina è vista come una soluzione per colmare le disparità territoriali nell’accesso alle cure, mentre l’assistenza domiciliare mira a rendere la casa il primo luogo di cura, decongestionando così le strutture ospedaliere. Un altro aspetto chiave riguarda la prevenzione, con investimenti destinati a migliorare la qualità della vita e a ridurre i costi a lungo termine per il sistema sanitario. Ad esempio, combattere l’obesità è essenziale per prevenire patologie correlate come il diabete e le malattie cardiovascolari, promuovendo uno stile di vita sano e abitudini alimentari corrette. Il Pnrr prevede anche l’impiego delle tecnologie digitali per migliorare il SSN, tra cui l’interoperabilità dei dati sanitari. Questo consentirà ai cittadini di accedere alla propria storia clinica indipendentemente dalla struttura sanitaria, facilitando diagnosi e interventi rapidi e migliorando l’efficienza del personale medico.

CORRIERE – TOETVA: RIMOZIONE DELLA TIROIDE SENZA CICATRICI

Togliere la tiroide evitando cicatrici visibili non è impossibile grazie a una nuova procedura messa a punto in Tailandia ed “importata” dai medici del Policlinico Gemelli, che poche settimane fa hanno eseguito il primo intervento di questo tipo. Gli endocrinochirurghi del Gemelli hanno realizzato un intervento di asportazione della tiroide attraverso la bocca. Il nome tecnico è Toetva (tiroidectomia endoscopica trans-orale con approccio vestibolare). Si tratta di una tiroidectomia per via endoscopica disponibile in pochi centri italiani, che consente di asportare la tiroide dall’interno della bocca, il tutto attraverso piccole incisioni sotto il labbro inferiore.

ILSOLE24ORE – IL GRUPPO SAN DONATO STA PER QUOTARSI IN BORSA

Il Gruppo San Donato, il più grande gruppo di ospedali privati in Italia, si prepara a sbarcare in Borsa. L’operazione, che potrebbe portare a una raccolta di capitali tra i 3 e i 4 miliardi di euro, rappresenta una svolta significativa nel panorama della sanità italiana. Il gruppo, controllato dalla famiglia Rotelli e presieduto da Angelino Alfano, conta 56 strutture in tutta Italia, tra cui 21 ospedali, come il San Raffaele, il policlinico San Donato e l’istituto ortopedico Galeazzi. Ha oltre 5mila posti letto e più di 7700 medici alle proprie dipendenze. L’intenzione di quotarsi in Borsa era già nota da tempo, ma era stata rimandata a causa dell’emergenza Covid. Nelle ultime settimane, però, il processo è ripreso: a gennaio la famiglia Rotelli ha affidato a Morgan Stanley il mandato per valutare la cessione del 20% del gruppo. Secondo indiscrezioni di Rai Lombardia, il pacchetto azionario potrebbe invece essere del 40%, con manifestazioni di interesse da parte di fondi sovrani di Abu Dhabi e del Qatar. La firma dei contratti sarebbe prevista per aprile. L’obiettivo della quotazione è quello di raccogliere capitali per allargare gli investimenti del gruppo, che negli ultimi anni ha acquisito il 70% dell’American Heart of Poland e ha costruito ospedali in Iraq e in Egitto.

CORRIERE – ITALIA: IMPIANTATO IL PRIMO PACEMAKER CHE BLOCCA I SINTOMI DEL PARKINSON

Un nuovo dispositivo impiantato all’ospedale Bellaria di Bologna rappresenta una speranza per i pazienti affetti da Parkinson. Si tratta di un pacemaker che blocca o comunque contrasta i sintomi motori della malattia, come il tremore delle mani. Il primo paziente in Italia a ricevere questo dispositivo è Gabriele Selmi, 66 anni. L’intervento, durato nove ore e in parte eseguito con il paziente sveglio, ha avuto un successo immediato. “Il tremore della mano è quasi scomparso”, racconta Selmi. “Da lunedì torno a fare sport”. Il paziente, che in passato ha lavorato come direttore di banca, ha deciso di sottoporsi all’intervento per migliorare la sua qualità di vita e per non essere di peso alla famiglia. Il pacemaker è un dispositivo ricaricabile che ha una lunga durata. La sua particolarità è che è in grado di stimolare il nucleo target del cervello e di registrare in tempo reale la sua attività. Questo permette ai medici di ottimizzare la terapia in base alla risposta di ciascun paziente. L’intervento su Selmi è stato il primo in Italia e uno dei primi in Europa. L’equipe medica del Bellaria è fiduciosa che questo nuovo dispositivo possa migliorare significativamente la vita dei pazienti affetti da Parkinson.

REPUBBLICA – FDA APPROVA UN NUOVO FARMACO CONTRO LE ALLERGIE ALIMENTARI

La Food and Drug Administration (FDA), l’autorità regolatrice statunitense dei farmaci, ha recentemente approvato un nuovo farmaco per il trattamento delle allergie alimentari gravi mediata dalle immunoglobuline E (IgE). Questo medicinale, il cui principio attivo è l’omalizumab, è destinato agli adulti e ai bambini di età superiore a un anno che soffrono di queste condizioni allergiche. L’omalizumab è un anticorpo monoclonale già impiegato per trattare altre condizioni, come l’asma allergico moderato o grave e l’orticaria cronica spontanea. La nuova approvazione della FDA regolamenta l’uso dell’omalizumab specificamente per il trattamento delle allergie alimentari gravi, fornendo una nuova opzione terapeutica per ridurre il rischio di reazioni allergiche in pazienti affetti da queste condizioni. Tuttavia, è importante sottolineare che il farmaco non elimina l’allergia in sé e non consente ai pazienti di consumare liberamente gli alimenti ai quali sono allergici. Secondo Kelly Stone, direttrice associata della Division of Pulmunology, Allergy and Critical Care presso il Center for Drug Evaluation and Research della FDA, l’omalizumab offre una nuova opzione terapeutica per ridurre il rischio di reazioni allergiche gravi. Questo farmaco non elimina l’allergia, ma riduce le conseguenze di un’esposizione accidentale all’allergene. L’approvazione della FDA si basa sui risultati dello studio di fase III denominato OUtMATCH, condotto su 471 pazienti allergici a diverse sostanze alimentari. Dopo un trattamento con l’omalizumab, la maggior parte dei partecipanti è stata in grado di tollerare quantità significative di allergeni senza manifestare gravi reazioni allergiche.

L’INDIPENDENTE – IL GOVERNO MELONI PRESENTA IL NUOVO PIANO PANDEMICO

Il governo Meloni ha presentato il nuovo Piano Pandemico 2024-2028, che sarà valido per i prossimi cinque anni. Il documento, che è stato trasmesso alle Regioni, ha suscitato sorpresa per la sua somiglianza con il Piano Pandemico 2021-2023, varato dal governo Conte II. Il nuovo Piano conferma i vaccini come la misura preventiva più efficace per contrastare le pandemie, sottolineandone il “rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole” e lo “spiccato valore solidaristico”. Tra le altre misure preventive, il Piano prevede l’utilizzo di test diagnostici, la chiusura di attività lavorative non essenziali e delle scuole, il distanziamento fisico, l’isolamento e le mascherine. In caso di recrudescenza della pandemia, il Piano non esclude la possibilità di ricorrere a misure restrittive, come il lockdown, che però dovrebbero essere “proporzionate sia alla probabilità sia all’entità dell’evento”. La bozza del Piano ha suscitato le critiche del Movimento 5 Stelle, che ha accusato il governo Meloni di incoerenza. “Il ministero della Salute ha preso il piano del governo Conte contro l’emergenza Covid, ha fatto copia-incolla e l’ha trasformato nel nuovo piano pandemico del Paese”, hanno dichiarato i pentastellati. “Questa è l’ennesima dimostrazione dell’incoerenza di chi all’epoca si stracciava le vesti contro le misure del governo Conte, invitando anche apertamente la popolazione a violarle”.

LE RICETTE MEDICHE PER LE PERSONE DISABILI NON SCADRANNO PIU’

Il Governo ha presentato uno schema di disegno di legge delega che introduce importanti novità per la semplificazione dei procedimenti amministrativi in ambito sanitario e turistico. Per quanto riguarda la sanità, le novità più rilevanti riguardano le ricette mediche. Le ricette per farmaci, riabilitazioni, terapie e presidi medici per i pazienti affetti da patologie invalidanti e croniche non avranno più scadenza e potranno essere utilizzate in modo illimitato. Questo significa che le persone con disabilità non dovranno più preoccuparsi di rinnovare le ricette, ma potranno ritirare i farmaci e i presidi medici di cui hanno bisogno senza limiti di tempo. Un’altra novità riguarda le ricette elettroniche, che vengono prorogate fino al 31 dicembre 2024 e, successivamente, diventano strutturali. Le ricette elettroniche sono già in uso da diversi anni e permettono di semplificare la gestione delle prescrizioni mediche, sia per i medici che per i pazienti. Per quanto riguarda il turismo, le novità riguardano i procedimenti amministrativi richiesti per le attività di ricezione. I tempi e i procedimenti per concessioni, agevolazioni e autorizzazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche dovranno essere ridotti. Inoltre, gli oneri amministrativi per le persone con disabilità saranno ridotti. Altra novità riguarda le attività termali. Per il rinnovo delle licenze relative ad attività termali sarà sufficiente una auto certificazione da parte del legale rappresentante dell’impresa.

STUDI, DATI E RICERCHE

ANSA – L’UE AVVIA IL PIU’ GRANDE STUDIO SUL GENOMA DEGLI EUROPEI

L’Unione Europea ha avviato il progetto “Genome of Europe” (GoE), il più grande studio mai realizzato sul DNA delle persone che vivono in Europa. Lo scopo principale è ottenere un genoma di riferimento, cioè una mappa dettagliata del patrimonio genetico degli europei. Questo studio potrà servire a sviluppare nuove strategie di prevenzione, diagnosi e trattamenti personalizzati per molte malattie. L’Italia darà un contributo importante partecipando alla raccolta e al sequenziamento di circa 15.800 genomi, utilizzando le biobanche nazionali già esistenti. A occuparsi di questo lavoro saranno Human Technopole, Elixir Italia (che è il nodo nazionale dell’infrastruttura europea di ricerca per le scienze della vita, coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche) e il Centro Cardiologico Monzino IRCCS. Il progetto Genome of Europe coinvolge più di cento ricercatori ed esperti che lavorano in 49 istituzioni di 27 Paesi diversi. Per i primi tre anni e mezzo sarà sostenuto da un finanziamento di 45 milioni di euro, di cui 20 milioni arrivano direttamente dall’Unione Europea. Inizialmente, il progetto permetterà di costruire una banca dati che conterrà circa 100.000 genomi completamente sequenziati. Questi genomi saranno rappresentativi degli abitanti europei e delle loro 40 principali sottopopolazioni (gruppi etnici presenti nel continente). In una fase successiva, questa banca dati crescerà fino a contenere 500.000 genomi. Uno degli obiettivi principali del progetto sarà generare un genoma di riferimento europeo, cioè un modello unico che rappresenterà il DNA degli abitanti dell’Europa. Inoltre, verranno creati dei genomi nazionali, utili per la ricerca in ambito clinico e di laboratorio. Questo permetterà di sviluppare nuovi farmaci, nuove terapie più precise, e strategie di diagnosi e prevenzione molto più efficaci. Secondo Gualtiero Colombo, direttore del Laboratorio di Immunologia e Genomica Funzionale del Monzino e responsabile scientifico della parte italiana del progetto, il Genome of Europe potrà portare grandi miglioramenti per la salute pubblica in Europa. Colombo ha spiegato che “la ricaduta sarà immediata per la diagnosi e la cura di precisione delle malattie rare”, ossia quelle malattie che colpiscono un numero molto basso di persone ma che spesso sono difficili da individuare e curare. Colombo ha aggiunto che la vera innovazione arriverà con la genomica predittiva. Questo tipo di ricerca permetterà di creare una sorta di carta d’identità personale per valutare il rischio di sviluppare determinate malattie e per capire come ogni persona risponde ai farmaci, inclusi i possibili effetti collaterali. Dal punto di vista clinico, spiega Colombo, questo studio permetterà di intervenire solo sui pazienti che possono realmente trarre beneficio dai trattamenti, evitando cure inutili che potrebbero essere costose per i sistemi sanitari e poco utili per i pazienti.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
SIR – OGNI GIORNO 250 BAMBINI SOTTO I 14 ANNI MUOIONO A CAUSA DELL’AIDS

Nonostante i progressi compiuti nella lotta contro l’Aids, la malattia continua a colpire duramente, specialmente i più giovani. Ogni giorno, 250 bambini sotto i 14 anni muoiono a causa dell’Aids. Il fenomeno ha un impatto particolarmente grave sulle giovani donne, come sottolineato dall’Unicef nella Giornata Mondiale contro l’AIDS, celebrata oggi, 1° dicembre. La Giornata Mondiale contro l’Aids è stata istituita nel 1988 durante un Summit mondiale dei ministri della sanità, con l’obiettivo di promuovere la prevenzione dell’Aids. Dal 1987 al 2007, l’evento è stato gestito dall’Unaids, l’agenzia delle Nazioni Unite contro l’Aids, ed è considerata la prima giornata mondiale dedicata a una questione di salute pubblica. Nel 2023, si stima che ogni giorno 330 bambini di età compresa tra 0 e 14 anni abbiano contratto il virus dell’HIV. In totale, oltre 90.000 bambini e adolescenti sono morti per cause legate all’Aids; il 73% di queste vittime aveva meno di 10 anni. L’accesso alle terapie antiretrovirali (ART) rappresenta ancora un problema significativo. Mentre il 77% degli adulti sieropositivi ha accesso a questi trattamenti, solo il 57% dei bambini sotto i 14 anni e il 65% degli adolescenti tra 15 e 19 anni riesce a beneficiare delle cure. Tra gli adolescenti, il divario di genere è evidente: nel 2023, 96.000 ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno contratto l’HIV, rispetto a 41.000 ragazzi. In Africa subsahariana, la situazione è ancora più drammatica, con 9 contagi su 10 che coinvolgono ragazze adolescenti. Secondo l’UNAIDS, su 39,9 milioni di persone affette da HIV nel mondo, 9,3 milioni non hanno accesso alle cure salvavita. La discriminazione, la violenza di genere e la mancanza di educazione sanitaria continuano a rappresentare barriere insormontabili. Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di UNAIDS, ha dichiarato:
«Le violazioni dei diritti umani impediscono al mondo di porre fine all’Aids. La discriminazione, la violenza e l’arresto per identità o orientamento sessuale compromettono l’accesso ai servizi essenziali per salvare vite e fermare la pandemia». Nonostante il quadro globale resti preoccupante, ci sono progressi significativi. Diciannove Paesi e territori hanno ricevuto la certificazione per l’eliminazione della trasmissione madre-figlio dell’HIV e/o della sifilide. Tra questi, undici si trovano nelle Americhe, inclusi Belize e Giamaica, mentre in Africa spiccano Botswana e Namibia. Tuttavia, secondo l’Unicef, molte sfide restano irrisolte. Anurita Bains, Direttrice Associata per l’HIV/AIDS dell’organizzazione, ha commentato:
«Molti Paesi hanno fatto passi da gigante, ma i più giovani non raccolgono ancora i benefici dell’accesso su larga scala ai servizi». Per ridurre l’impatto dell’Aids, è fondamentale agire su più fronti: garantire l’accesso universale alle cure, combattere la discriminazione e promuovere l’educazione sessuale. Solo proteggendo i diritti fondamentali di ogni individuo sarà possibile porre fine a questa pandemia. La data del 1° dicembre fu proposta da James W. Bunn e Thomas Netter, funzionari del Programma Mondiale sull’AIDS dell’OMS, e approvata da Jonathan Mann, direttore del programma. La scelta mirava a ottenere la massima attenzione mediatica, collocandosi tra le elezioni statunitensi e le festività natalizie. Il simbolo della Giornata Mondiale contro l’Aids è il nastro rosso (Red Ribbon), ideato nel 1991 da dodici artisti come segno di consapevolezza e supporto per le persone affette da HIV. Un momento simbolico avvenne nel 1992, durante il tributo a Freddie Mercury al Wembley Stadium, dove ne furono distribuiti oltre 100.000.

ANSA – AIFA: IL CONSUMO DI ANTIBIOTICI E’ AUMENTATO DEL 6,4% NEL 2023

Il consumo di antibiotici in Italia ha registrato un aumento del 6,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, nonostante gli appelli e le campagne volte a promuovere un uso consapevole per contrastare l’antibiotico-resistenza. Secondo i dati, quasi il 40% della popolazione ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico nel 2023, con un consumo particolarmente elevato al Sud, dove il 44,8% delle persone ha assunto almeno un antibiotico durante l’anno. Al Centro questa percentuale è stata del 39,9%, mentre al Nord del 30,9%, con differenze che suggeriscono una riflessione sulla necessità di migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni. La preoccupazione sull’uso degli antibiotici è stata sollevata dal rapporto dell’Aifa Osmed 2023, intitolato L’uso dei farmaci in Italia. Da dieci anni, il consumo di antibiotici, in particolare di quelli utilizzati maggiormente in ambito ospedaliero, è in leggero aumento. Alcuni di questi antibiotici sono destinati al trattamento di infezioni provocate da microrganismi multi-resistenti ai farmaci. Come si legge nel rapporto: “Considerando che alcuni di questi antibiotici sono usati nel trattamento delle infezioni causate da microrganismi multi-resistenti ai farmaci, tali dati suggeriscono la necessità di migliorare la sorveglianza delle infezioni nosocomiali nelle strutture sanitarie, garantendo una risposta tempestiva e adeguata alle infezioni”. Da qui la necessità di implementare programmi di Antimicrobial Stewardship (uso prudente degli antibiotici) per ottimizzare il consumo di antibiotici, in particolare nelle popolazioni con un’alta prevalenza di uso, e ridurre così la resistenza antimicrobica. Nel 2023, il consumo medio di antibiotici in Italia è stato di 17,2 dosi giornaliere per 1000 abitanti. Anche in questo caso, si osservano differenze significative tra le aree geografiche: al Nord il consumo è stato di 14,5 dosi, al Sud di 20,3 e al Centro di 18,2. A livello regionale, i dati variano dalle 11,1 dosi di Bolzano alle 22,4 dell’Abruzzo, seguite dalle 21,7 della Campania e dalle 21,5 della Basilicata. Il consumo di farmaci generici in Italia è in crescita, ma il Paese resta al terzultimo posto in Europa per uso di questi farmaci. Dal 2011 al 2023, la quota di spesa per i generici è passata dal 9% al 22,8%, mentre quella in termini di consumi è aumentata al 31,2%. Negli ultimi cinque anni, il consumo di medicinali ‘no branded’ è cresciuto del 3%, occupando attualmente il 44,3% del mercato dei farmaci a brevetto scaduto, con notevoli differenze a livello regionale. La spesa per i farmaci di fascia C, a carico diretto dei cittadini, ha raggiunto i 7,1 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 9,8% rispetto all’anno precedente. Di questa spesa, il 54% (pari a 3,8 miliardi) è stato destinato a medicinali con obbligo di ricetta, mentre il restante 46% riguarda prodotti di automedicazione. Tra i farmaci di classe C con ricetta più acquistati dai cittadini nel 2023 figurano le benzodiazepine, i contraccettivi orali e i farmaci per la disfunzione erettile, che da soli hanno generato una spesa di 250 milioni di euro. La spesa farmaceutica totale in Italia ha raggiunto i 36,2 miliardi di euro nel 2023, di cui il 68,7% è stato coperto dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Complessivamente, ogni giorno sono state consumate 1.899 dosi di medicinali per 1000 abitanti, il 69,7% delle quali rimborsate dal SSN e il restante 30,3% acquistate direttamente dai cittadini. I farmaci per il sistema cardiovascolare sono stati i più consumati (513,9 dosi giornaliere per 1000 abitanti), seguiti dai farmaci per l’apparato gastrointestinale e il metabolismo (298,6 dosi) e dai farmaci del sangue e degli organi emopoietici (144,5 dosi). Nel 2023, la spesa pubblica per i farmaci territoriali, inclusi quelli in distribuzione convenzionata, diretta e “per conto”, ha raggiunto i 12,998 miliardi di euro, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. La spesa per la compartecipazione dei cittadini è stata di 1,481 miliardi di euro, circa 25 euro pro capite, in lieve calo dell’1,3% grazie a una riduzione del differenziale di prezzo (-2,5%) rispetto ai farmaci originatori a vantaggio dei generici. La spesa per i ticket è invece aumentata dell’1,7%. Infine, la spesa per i farmaci acquistati direttamente dalle strutture pubbliche è stata di 16,2 miliardi di euro, registrando una crescita dell’8,4% rispetto al 2022.

ANSA – L’AUMENTO DEI CONSUMI DI CIBI ULTRA-PROCESSATI SPINGONO ALL’OBESITA’

L’aumento dei consumi di cibi ultra-processati ha avuto un impatto significativo sull’obesità in Italia, che è cresciuta del 36% negli ultimi 20 anni. Secondo una ricerca della Fondazione Aletheia, il 14% delle calorie assunte dagli italiani proviene da alimenti ultra-processati. Questo studio è stato condotto in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione ed è guidato dal professor Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma e direttore del Centro Malattie Apparato Digerente del Policlinico Gemelli. Il consumo di cibi altamente trasformati sta aumentando soprattutto tra i giovani, in particolare nella fascia d’età compresa tra i 5 e i 30 anni. Questi alimenti includono merendine, bevande gassate e snack salati, che spesso contengono numerosi additivi chimici come coloranti e dolcificanti artificiali. Sebbene questi additivi siano considerati sicuri, non sono necessariamente salutari per il corpo umano, specialmente a causa del cosiddetto “effetto cocktail”, che si verifica quando vengono assimilati ripetutamente durante la giornata. Attualmente, il 46% della popolazione italiana è in sovrappeso o obesa, il che corrisponde a circa 23 milioni di adulti. Anche le statistiche riguardanti adolescenti e giovani non sono rassicuranti. Le stime suggeriscono che una riduzione del 20% delle calorie provenienti da cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi potrebbe prevenire fino a 688.000 casi di malattie croniche entro il 2050. Gli esperti della Fondazione Aletheia affermano che ciò porterebbe anche a un risparmio economico di 12 miliardi di euro per la cura di malattie evitabili. Esmeralda Capristo, professoressa di Scienza dell’Alimentazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sottolinea l’importanza di proteggere le future generazioni da abitudini alimentari dannose. “È fondamentale proteggere le future generazioni da abitudini alimentari dannose e continuare a investire in politiche che promuovano la Dieta Mediterranea, non solo come modello nutrizionale, ma anche come cultura della consapevolezza alimentare”, afferma la professoressa Capristo.

ANSA – NATURE: VICINI AL LIMITE SULL’ASPETTATIVA DI VITA

Dopo essere quasi raddoppiato nel corso del XX secolo, il ritmo al quale aumenta l’aspettativa di vita è notevolmente rallentato negli ultimi 30 anni. Questo è quanto evidenziato dallo studio pubblicato sulla rivista Nature Aging, guidato dall’Università dell’Illinois a Chicago. Nonostante i progressi sempre più rapidi nel campo della medicina e della sanità pubblica, dal 1990 l’aspettativa di vita nelle popolazioni più longeve del mondo, inclusa quella italiana, è aumentata in media solo di 6,5 anni. Questo dato suggerisce che siamo vicini a un “tetto” e che le persone che raggiungeranno e supereranno la soglia dei 100 anni continueranno a essere molto poche, smentendo teorie formulate nei decenni passati. I ricercatori, guidati da Jay Olshansky, hanno analizzato i dati provenienti dai nove Paesi con la più alta aspettativa di vita attuale, tra cui l’Italia, l’Australia, la Francia, il Giappone, Hong Kong, la Spagna, la Svezia e la Svizzera. I risultati dello studio mostrano un forte rallentamento nell’aspettativa di vita a partire dal 2010. I bambini nati negli ultimi anni hanno una probabilità di arrivare a 100 anni d’età che è del 5,3% per le femmine e dell’1,8% per i maschi. Hong Kong si distingue come il Paese con la maggiore percentuale di centenari: qui le probabilità salgono al 12,8% per le donne e al 4,4% per gli uomini. “Il nostro studio ribalta l’idea che l’orizzonte della longevità naturale della nostra specie sia da qualche parte davanti a noi: si trova, invece, alle nostre spalle”, commenta Olshansky. Secondo gli autori dell’analisi, estendere ulteriormente l’aspettativa di vita riducendo l’impatto delle malattie potrebbe risultare dannoso se quegli anni in più non sono accompagnati da una buona salute. “Ora dovremmo spostare la nostra attenzione sul rallentare l’invecchiamento – aggiunge il ricercatore – e prolungare non solo la vita in generale, ma anche quella in buona salute”. Questi risultati pongono interrogativi sul futuro della longevità umana e sull’importanza di garantire non solo una vita lunga ma anche sana. La ricerca continua a esplorare le variabili che influenzano l’invecchiamento e la salute nella popolazione globale.

ANSA – GENOMA UMANO SALVATO IN UNA MEMORIA DI CRISTALLO DA UTILIZZARE IN CASO DI ESTINZIONE

L’intero genoma umano è stato salvato in una memoria di cristallo, un dispositivo innovativo che ha il potenziale di resistere per miliardi di anni. Questa iniziativa è stata intrapresa con l’intento di preservare le informazioni genetiche dell’umanità, in modo che possano essere utilizzate in futuro per ripristinare la vita umana dopo un’eventuale estinzione. La memoria è stata sviluppata dai ricercatori dell’Università di Southampton nel Regno Unito e attualmente si trova nell’archivio chiamato Memory of Mankind, situato all’interno di una grotta di sale in Austria. Sulla superficie del dispositivo sono presenti disegni che illustrano il suo contenuto e il suo possibile utilizzo. Questi disegni rappresentano elementi fondamentali della vita, come idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto, oltre alle quattro basi del DNA: adenina, citosina, guanina e timina. Viene mostrata anche la loro struttura molecolare e la loro disposizione nella doppia elica del DNA, evidenziando come i geni siano organizzati all’interno dei cromosomi, i quali possono essere inseriti nelle cellule. Per sottolineare l’appartenenza del DNA al genere umano, gli scienziati hanno incluso l’immagine di un uomo e di una donna, richiamando le effigi presenti sulle placche lanciate nello spazio dalle sonde Pioneer della NASA. Il cristallo utilizzato per questa memoria ha caratteristiche straordinarie: è in grado di resistere a temperature estreme, da quelle molto basse fino a mille gradi Celsius. Inoltre, può sopportare pressioni elevate, fino a 10 tonnellate per centimetro quadrato, e non subisce danni nemmeno quando esposto a radiazioni cosmiche. Questo dispositivo può contenere fino a 360 terabyte di dati senza degradarsi. Il progetto è stato guidato da Peter Kazansky e dal suo team dell’Optoelectronics Research Centre dell’Università di Southampton. I ricercatori hanno utilizzato laser ultraveloci per incidere con precisione i dati del genoma in vuoti nanostrutturati all’interno della silice. Questo metodo innovativo sfrutta non solo la superficie del materiale ma anche due dimensioni ottiche e tre coordinate spaziali per scrivere i dati in tutta la massa del cristallo, motivo per cui viene definito cristallo di memoria 5D. Attualmente non è ancora possibile creare un organismo vivente partendo esclusivamente dalle informazioni genetiche. Tuttavia, i ricercatori non escludono che in futuro la biologia sintetica possa raggiungere questo obiettivo. Pertanto, prevedono l’utilizzo di questa tecnologia anche per conservare il DNA di piante e animali a rischio di estinzione.

CORRIERE – IN ITALIA LA STATURA MEDIA DI BAMBINI E ADOLESCENTI E RIMASTA INVARIATA DAGLI ANNI ’90

In Italia, la statura media di bambini e adolescenti è rimasta pressoché invariata dagli anni ’90. Questo dato riflette il benessere e la nutrizione dei giovani, ed evidenzia come il Paese non registri più un aumento significativo dell’altezza media delle nuove generazioni. Secondo un’analisi riportata dal Corriere della Sera, basata su una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Nature, dal 1985 al 2020 l’altezza media dei giovani italiani non ha subito variazioni rilevanti. Diverse cause possono spiegare questa tendenza. Uno dei fattori è legato alla residenza in città. Nel 1990, i bambini e gli adolescenti che vivevano nelle aree urbane erano più alti rispetto ai loro coetanei delle zone rurali. Tuttavia, entro il 2020 la situazione si è capovolta. Gli esperti ritengono che, se in passato vivere in città offriva maggiori opportunità sotto diversi aspetti, oggi l’ambiente urbano può favorire condizioni come la povertà, l’esclusione sociale e una cattiva alimentazione, tutti elementi che possono avere un impatto negativo sulla crescita fisica e mentale dei giovani. L’alimentazione è un altro aspetto cruciale. L’ambiente urbano contemporaneo è spesso associato a cattive abitudini alimentari. Ilaria Lazzareschi, pediatra presso il Dipartimento della Salute della donna e del bambino dell’IRCCS Policlinico Gemelli di Roma, ha sottolineato l’importanza di una dieta corretta nei primi anni di vita. Ha spiegato che una carenza nutrizionale o un malassorbimento possono influire negativamente sulla crescita fino alla fine dello sviluppo puberale, quando le cartilagini di accrescimento si consolidano, generalmente tra i 16 e i 20 anni. Secondo Lazzareschi, «nel primo anno di vita l’alimento migliore è il latte materno, e successivamente una cattiva alimentazione, come il consumo di cibi ricchi di grassi e zuccheri, il cosiddetto “cibo spazzatura”, può portare a un aumento di peso che è inversamente proporzionale alla crescita in altezza. I grassi presenti in alcuni alimenti stimolano la produzione ormonale, e se gli ormoni sessuali intervengono prima del tempo, le cartilagini di accrescimento si saldano prima, rendendo i ragazzi sovrappeso potenzialmente più bassi». Negli ultimi 35 anni, la statura media in Italia si è stabilizzata. Ilaria Lazzareschi ha fornito una spiegazione per questo fenomeno, affermando che «probabilmente stiamo raggiungendo il nostro target genetico, il che significa che più di così non possiamo crescere. Dall’inizio del 1900 fino agli anni ’80, i ragazzi italiani erano aumentati mediamente di circa 10-12 cm, grazie alle migliorate condizioni sociali che ci hanno permesso di raggiungere il nostro potenziale genetico». Il “target genetico” rappresenta, infatti, la possibilità di crescita determinata dalla genetica dei genitori: i figli di genitori alti hanno maggiori probabilità di essere alti, mentre i figli di genitori bassi ne hanno meno. Questo potenziale genetico può realizzarsi pienamente solo se tutti gli altri fattori, come nutrizione, benessere psicosociale, ormoni e farmaci, sono favorevoli. Inoltre, Lazzareschi ha spiegato che il “target” dipende anche dalla popolazione, e in Italia, attualmente, c’è un’influenza di molte altre etnie. Al Policlinico Gemelli, per esempio, si osservano molti bambini con un genitore asiatico o dell’Europa dell’Est. Questo potrebbe portare a un cambiamento dell’andamento della statura nei prossimi anni, rendendo difficile fare previsioni precise sull’altezza futura dei bambini.

ADNKRONOS – IN 10 ANNI +30% DI BAMBINI NATI DA FECONDAZIONE ASSISTITA

Uno studio italiano presentato al 40esimo congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) ad Amsterdam, ha rilevato un aumento significativo dei bambini nati da fecondazione assistita negli ultimi 10 anni. Secondo i dati dello studio, condotto su 6.600 coppie presso il centro Genera di Roma, la percentuale di bambini nati da fecondazione assistita è passata in media dal 32% nel 2010 al 42% nel 2020, con un aumento di circa il 30%. Questo incremento è stato favorito da 5 strategie che hanno migliorato i tassi di successo della fecondazione assistita nel corso degli anni. In particolare, si è registrato un picco di successo, compreso tra il 70% e l’80%, nelle donne di età inferiore ai 38 anni. Lo studio ha confrontato 11 gruppi di coppie in base all’anno del loro primo trattamento di fecondazione assistita, dal 2010 al 2020, analizzando diversi parametri come la nascita di un bambino entro 3 anni, la prevalenza di aborto spontaneo e di parto gemellare, nonché la prevalenza di parti singoli di più di 2 bambini entro 6 anni.

LEGGO – ITALIA AI MINIMI STORICI TRA I PAESI OCSE PER FECONDITA’ CON UNA MEDIA DI 1,2 FIGLI PER DONNA

In Italia, la fecondità è ai minimi storici tra i Paesi dell’OCSE, con una media di 1,2 figli per donna, pari merito con la Spagna e superata solo dalla Corea del Sud che registra un tasso ancora più basso di 0,7 figli per donna nel 2023. L’OCSE spiega che la diminuzione del tasso di fecondità è legata all’aumento dell’età in cui le donne hanno il primo figlio, passata da 26,5 anni nel 2000 a 29,5 anni nel 2022. In Italia, l’età media al primo parto è di 32,4 anni secondo l’Istat. Questo calo della fecondità, dimezzato nell’ultimo mezzo secolo (era di 3,3 figli per donna nel 1960), potrebbe compromettere la prosperità delle generazioni future, con possibili “gravi difficoltà economiche e sociali”. Contemporaneamente, l’indice di vecchiaia continua a salire, raggiungendo 193,1 anziani ogni 100 giovani al primo gennaio 2023, un aumento di 5,5 punti rispetto all’anno precedente. La Liguria e la Sardegna sono le regioni più anziane, mentre la Campania e Bolzano sono le più giovani. In ambito europeo, l’Italia ha l’indice di vecchiaia più alto e anche la speranza di vita alla nascita più elevata: 81,1 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. La longevità è maggiore nel Centro-Nord, soprattutto a Trento, e minore in Campania. Sul fronte dei matrimoni e delle separazioni, nel 2022 in Italia sono stati celebrati 189.140 matrimoni, segnalando una ripresa dopo la pandemia. La maggior parte dei matrimoni si è svolta nel Centro-Nord, con un calo nel Mezzogiorno rispetto al 2021. Le separazioni sono state 89.907, con una diminuzione dell’8,2% rispetto al 2021, mentre i divorzi sono stati 82.596, stabili rispetto all’anno precedente (-0,7%). Il tasso di separazione più alto si registra in Sicilia (19,2 per 10.000 abitanti) e il più basso nella Provincia autonoma di Bolzano (10,3). I divorzi sono più frequenti in Liguria e Sicilia, mentre Bolzano ha il tasso più basso.

ANSA – UN TERZO DEGLI ANZIANI SUBISCE ABUSI NELLE RSA

Un terzo degli anziani subisce abusi nelle RSA e case di riposo. Violenze fisiche e psicologiche sono comuni, con la percentuale che sale a circa due su tre in queste strutture. I maltrattamenti da parte del personale includono la mancanza di rispetto per la dignità e la privacy dell’anziano, l’uso inappropriato di mezzi di contenzione, la rigidità negli orari serali e mattutini, l’uso improprio di farmaci, la mancata fornitura di occhiali, apparecchi acustici o protesi dentali, oltre alla carenza di cibo, bevande adeguate e assistenza nel mangiare. La Giornata Mondiale contro gli abusi agli anziani, promossa dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), ha evidenziato questi problemi. Il presidente della SIGG, Andrea Ungar, ha dichiarato che segnali come scarsa igiene, abiti sporchi, malnutrizione, disidratazione, lesioni inspiegabili, cadute, fratture, ustioni e lividi possono indicare maltrattamenti. Anna Castaldo, coordinatrice del gruppo di studio SIGG sulla prevenzione del maltrattamento, ha sottolineato che l’assistenza a un anziano, specialmente con deterioramento cognitivo, può essere estremamente impegnativa per i familiari, portando a situazioni di stress che peggiorano la qualità delle cure e, nei casi peggiori, sfociano in abusi, specialmente durante il difficile periodo estivo. Ungar e Castaldo evidenziano che la gentilezza è fondamentale nel prendersi cura degli anziani. Una persona fragile ha bisogno di essere ascoltata attentamente, di mantenere un contatto fisico e visivo, e di condividere momenti di relax. La gentilezza non solo migliora la salute mentale, ma può anche avere effetti benefici sulla memoria, aiutare a combattere la depressione e contribuire a ridurre la pressione sanguigna.

LEGGO – ISS: 100MILA MINORENNI A RISCHIO PER ABUSO DI ALCOL

L’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato un aumento preoccupante nel consumo di alcol in Italia, con un’attenzione particolare verso i minorenni. Nel 2022, sono stati registrati 39.590 accessi al Pronto Soccorso correlati all’alcol, di cui circa 4.000 riguardavano ragazzi sotto i 18 anni. La situazione è allarmante, poiché l’alcol può causare danni irreversibili nei giovani, come deficit cognitivo precoce. Nonostante ciò, circa 650.000 minorenni hanno consumato bevande alcoliche e 104.000 hanno praticato binge drinking, bevendo più di 6 unità alcoliche in breve tempo. Questi dati riflettono un quadro più ampio di consumo di alcol in Italia, coinvolgendo complessivamente 36 milioni di persone. Tra questi, circa 10,2 milioni bevono quotidianamente, mentre 770.000 superano le linee guida di consumo sicuro e necessiterebbero di interventi specifici. L’analisi dell’Istituto evidenzia che solo una piccola percentuale degli alcolisti riceve trattamento sanitario, indicando che il problema potrebbe essere più diffuso di quanto registrato. Anche gli anziani sono una categoria a rischio, con circa 2,5 milioni di persone sopra i 65 anni che bevono in modo rischioso, con un aumento del consumo al di fuori dei pasti.

L’INDIPENDENTE – TRA I BAMBINI DI TUTTO IL MONDO AUMENTA LA MIOPIA

L’epidemia di miopia infantile sta colpendo bambini in tutto il mondo, accelerata dall’adozione della didattica a distanza durante la pandemia di Covid-19. La maggior parte dei bambini ha trascorso molto più tempo al chiuso, concentrandosi sui dispositivi digitali, il che ha portato a una trasformazione della forma dei loro bulbi oculari. Questo cambiamento ha migliorato la visione da vicino ma ha peggiorato la visione da lontano, causando una maggiore sfocatura e una minore distinzione degli oggetti. Gli esperti sostengono che la soluzione sia semplice: aumentare il tempo trascorso all’aperto durante l’infanzia, poiché è in questo periodo che si verificano i principali cambiamenti nella struttura degli occhi. Tuttavia, questa soluzione è difficile da attuare in società che favoriscono lavori al chiuso o che hanno accesso limitato a spazi verdi sicuri. Gli scienziati stanno studiando nuove tecnologie innovative per “portare l’esterno all’interno”, come aule di vetro, illuminazione speciale e carte da parati a tema naturale. Tuttavia, c’è ancora incertezza su quali fattori specifici dell’esposizione all’aperto aiutino effettivamente a prevenire la miopia. Alcune teorie suggeriscono che l’occhio si adatti alla sua forma in base a segnali visivi specifici, mentre altre ipotizzano che i benefici dell’esposizione all’aperto siano legati alla struttura del paesaggio. Gli studi dimostrano che aumentare la luce naturale negli ambienti didattici può ridurre l’incidenza di miopia, ma ci sono anche preoccupazioni riguardo ai costi e alla sicurezza. Altri approcci, come l’erogazione di luce diretta nel bulbo oculare o l’uso di dispositivi laser a bassa intensità, stanno guadagnando popolarità, anche se ci sono ancora dubbi sulla loro efficacia e sicurezza. Inoltre, l’introduzione di carte da parati personalizzate nelle aule scolastiche ha mostrato risultati promettenti nel ridurre l’allungamento degli occhi. È necessario considerare una serie di strategie diverse per sviluppare un metodo efficace per affrontare l’epidemia di miopia infantile in corso. La salute della vista dei bambini è una questione cruciale che richiede un’attenzione urgente e un impegno sociale significativo.

L’INDIPENDENTE – L’ITALIA HA IL SECONDO DATO PEGGIORE IN EUROPA PER NUMERO DI INFEZIONI CONTRATTE IN OSPEDALE

In Italia, nel periodo 2022-2023, circa 430 mila persone hanno contratto un’infezione durante un ricovero ospedaliero, rappresentando l’8,2% del totale, un dato significativamente superiore alla media europea di circa il 6,5%. Questo dato pone l’Italia al secondo posto per numero di infezioni ospedaliere in Europa, dopo il Portogallo, che ha registrato un tasso del 8,9%. Inoltre, l’Italia presenta una percentuale di utilizzo di antibiotici in ambiente ospedaliero pari al 44,7%, ben al di sopra della media comunitaria del 33,7%. La gravità della situazione è ulteriormente evidenziata dal fatto che un microrganismo su tre, tra quelli rilevati nelle infezioni ospedaliere contratte nel periodo considerato, era resistente agli antibiotici, riducendo così le possibilità di trattamento efficace dei pazienti. Secondo le stime, il 20% delle infezioni potrebbe essere prevenuto mediante l’attuazione di interventi relativamente semplici, come il lavaggio delle mani, ma anche interventi più complessi, come garantire un numero adeguato di camere singole e personale specializzato. Secondo Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), le infezioni associate all’assistenza sanitaria rappresentano una sfida significativa per la sicurezza dei pazienti negli ospedali di tutta Europa. I recenti dati evidenziano l’urgente necessità di ulteriori azioni per mitigare questa minaccia. Il rapporto dell’ECDC indica che ogni anno, 4,3 milioni di pazienti ricoverati negli ospedali dell’UE/SEE contraggono almeno un’infezione associata all’assistenza sanitaria durante la loro permanenza in ospedale. In questo contesto, l’Italia registra uno dei peggiori dati dopo il Portogallo. La situazione è ulteriormente peggiorata dopo il periodo pandemico, con un aumento sia delle infezioni ospedaliere che dell’uso di antibiotici. Le infezioni più comuni sono state quelle del tratto respiratorio, seguite dalle infezioni del tratto urinario, del sito chirurgico, del flusso sanguigno e gastrointestinali. Riguardo agli antibiotici, si è registrato un aumento del loro utilizzo nel periodo 2022-2023 rispetto al periodo precedente. Nonostante ciò, almeno il 20% delle infezioni è considerato prevenibile attraverso l’adozione di misure igieniche adeguate e l’assicurazione di spazi adeguati per i pazienti ricoverati. L’implementazione di pratiche standardizzate negli ospedali europei è fondamentale per migliorare la conformità alle misure di prevenzione, specialmente per le infezioni virali respiratorie.

ADNKRONOS – IN EUROPA OGNI ANNO SI REGISTRANO 35 MILA MORTI PER ANTIBIOTICO RESISTENZA

Roberto Romizi, presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia), ha evidenziato che in Europa ogni anno si registrano 35.000 morti a causa dell’antimicrobico resistenza (AMR), corrispondenti a tre decessi al minuto. L’Italia, con circa 10.000 decessi all’anno, detiene il primato negativo in questo ambito. Nel 2019, quasi 5 milioni di morti nel mondo sono stati attribuiti all’AMR. Romizi ha sottolineato che l’AMR è fortemente correlata alla crisi climatica, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento e allo spreco, tutti fenomeni guidati dall’attività umana e dai modelli di produzione insostenibili. L’OMS classifica l’AMR tra le principali minacce alla salute globale. Parlando durante un evento promosso da ISDE Italia in occasione delle Giornate Italiane Mediche dell’Ambiente, Romizi ha evidenziato l’urgente necessità di affrontare questa sfida. In Italia, su 100.000 abitanti, si registrano 1,7 morti evitabili per alcol, 6,2 per incidenti stradali, 32 per malattie cerebrovascolari e 18 per AMR. Questi dati sottolineano l’importanza di intervenire tempestivamente per contrastare questa minaccia alla salute pubblica.

ANSA – OGNI ANNO 2 MILIONI DI RICOVERI IMPROPRI: 6 MILIARDI DI EURO DI SPRECO

Ogni anno, nel Servizio Sanitario Nazionale, si registrano circa 2 milioni di ricoveri impropri, rappresentando uno spreco economico stimato intorno ai 6 miliardi di euro. Questo emerge da un’indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), presentata nel corso del 29° congresso nazionale a Rimini. La comunicazione tra ospedali e servizi territoriali, come i medici di famiglia, è compromessa: solo nel 15% dei casi i medici territoriali vengono consultati quando un paziente viene ricoverato, mentre in oltre l’80% dei casi i pazienti arrivano in reparto senza che vi sia alcuna informazione sui loro trascorsi di salute. Questo blackout comunicativo ha delle pesanti conseguenze: circa il 30% dei ricoveri potrebbe essere evitato con una migliore presa in carico dei pazienti a livello territoriale. In termini numerici, si parla di 2 milioni e 250 mila ricoveri evitabili l’anno, con un costo medio di circa 3.000 euro per ricovero. Un altro dato significativo evidenziato dall’indagine della Fadoi riguarda la natura dei ricoveri impropri: circa il 20% di essi è di natura “sociale”, ovvero i pazienti potrebbero essere assistiti a casa se esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli. Inoltre, la mancanza di comunicazione tra ospedali e territorio contribuisce a una situazione in cui il 40% dei ricoveri in alcuni ospedali è causato dalla mancata presa in carico del territorio. Ciò indica che una migliore organizzazione dei servizi territoriali potrebbe ridurre significativamente la necessità di ricoveri ospedalieri. Un aspetto critico rilevato dall’indagine è l’aggiornamento del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei medici di famiglia: solo il 20% di loro lo aggiorna regolarmente, il che compromette la comunicazione e la continuità delle cure tra ospedale e territorio. La riforma della sanità territoriale, con l’introduzione di ospedali e case di comunità, potrebbe rappresentare una soluzione, ma solo se accompagnata da regole chiare e precise sulle modalità di collaborazione tra queste strutture e gli ospedali. Tuttavia, secondo l’indagine, le disposizioni attuali non forniscono indicazioni sufficienti su questo aspetto, rendendo incerto il ruolo delle nuove strutture nel ridurre i ricoveri impropri.

ANSA – UNICEF: 11 MILIONI DI GIOVANI NELL’UE SOFFRONO DI DISTURBI MENTALI

Secondo l’Unicef, circa 11,2 milioni di bambini e giovani sotto i 19 anni nell’Unione Europea soffrono di disturbi mentali, rappresentando il 13% di questa fascia di età. Questa cifra comprende 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine. Tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni, l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Un dato preoccupante è che il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di 15-19 anni nell’UE, dopo gli incidenti stradali. Nel 2020, circa 931 giovani si sono suicidati in Europa, equivalente alla perdita di circa 18 vite a settimana. Sebbene la prevalenza del suicidio sia diminuita nel tempo nell’UE, con il 20% in meno nel 2020 rispetto al 2011, il problema rimane significativo. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni che si suicidano sono maschi. In Italia, tra il 2011 e il 2020, il 43% dei giovani tra i 15 e i 19 anni che hanno perso la vita per suicidio erano ragazzi e circa il 36% ragazze. È stato osservato che circa la metà di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, ma molti casi rimangono non diagnosticati e non trattati. L’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini nell’UE è limitato, con evidenze che indicano che nel 2022 quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 29 anni non ha avuto i propri bisogni di assistenza per la salute mentale soddisfatti. Gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono modesti rispetto a quelli per la salute fisica. L’Unicef Italia ha consegnato al Ministro della Salute Orazio Schillaci oltre 21.000 adesioni raccolte per la petizione Unicef ‘Salute per la mente di bambini e adolescenti’, chiedendo azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale degli adolescenti. Secondo le presidenti della Società Italiana di Psichiatria, Liliana Dell’Osso ed Emi Bondi, in Italia oltre 700.000 ragazzi soffrono di malattie mentali, con la depressione che è la principale causa di suicidio. Esprimono preoccupazione per il fatto che molti giovani, pur vivendo in un mondo iperconnesso, soffrono di solitudine e timore del giudizio riguardo alle malattie mentali. Incoraggiano i giovani a non sottovalutare i sintomi della depressione e a chiedere aiuto quando necessario.

PAGELLAPOLITICA – LA SPESA SANITARIA E’ SCESA NEL 2023

La spesa sanitaria in Italia ha subito una diminuzione nel 2023, a differenza delle previsioni del governo Meloni. Il nuovo Documento di economia e finanza (Def) ha rivelato che la spesa sanitaria è scesa a 131,1 miliardi di euro, in calo dello 0,4% rispetto ai 131,7 miliardi del 2022. Questo dato contrasta con la previsione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef) dello scorso anno, che prevedeva una spesa sanitaria di 134,7 miliardi di euro per il 2023, con un aumento del +2,8% rispetto al 2022. Il calo della spesa sanitaria è dovuto principalmente a due fattori. Il primo è il mancato imputazione degli oneri per il rinnovo dei contratti del personale dirigente e degli accordi per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per il triennio compreso tra il 2019 e il 2021. Questi oneri, non ancora perfezionati, sono stati spostati al 2024. Il secondo fattore riguarda una minore quantificazione delle spese sostenute dall’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia, un organismo soppresso a luglio 2023, la cui sigla è “Uccv”. Nonostante il calo della spesa sanitaria nel 2023, il governo prevede un aumento per gli anni successivi. Nel 2024, la spesa sanitaria dovrebbe raggiungere i 138,7 miliardi di euro, pari al 6,4% del Pil. Nel 2025, la spesa dovrebbe aumentare a 141,8 miliardi, nel 2026 a 144,7 miliardi e nel 2027 a 147,4 miliardi, con un rapporto al Pil tra il 6,3 e il 6,2%. Il Def è un documento fondamentale per la politica economica del Paese, che fissa gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo. Tuttavia, il documento approvato dal governo Meloni contiene solo le stime tendenziali, calcolate sulle norme attualmente in vigore, e non le stime programmatiche, che dovrebbero tenere conto delle nuove misure economiche che il governo intende adottare nei prossimi mesi. Questa scelta è stata motivata dal fatto che non sono ancora entrate in vigore le novità contenute nel nuovo Patto di stabilità, l’insieme delle regole fiscali che tutti gli Stati membri dell’Unione europea devono rispettare per mantenere in ordine i conti pubblici.

CORRIERE – TERAPIE ORMONALI SU MINORI TRANSGENDER SENZA FONDAMENTA SCIENTIFICHE

La dott.ssa Hilary Cass, ex presidente del Royal College of Pediatrics e autrice di quella che è stata definita la più grande revisione mai intrapresa nel campo dell’assistenza sanitaria per le persone transgender, non usa mezzi termini. La ricerca, pubblicata il 9 aprile scorso e prodotta dalla Commissione d’indagine Cass, ha rivisto la somministrazione delle terapie ormonali ai minori britannici che vogliono accedere ai servizi della gender clinic. “Possibile solo in circostanze eccezionali”, si sentenzia all’interno della “Cass Review”. A conclusione di un rapporto di 388 pagine, Cass mette in crisi la metodologia di assistenza fin qui adottata, che consiste nel fornire ormoni ai minori di 18 anni per arrestare la pubertà o per la transizione al sesso opposto. A partire dal 2011, migliaia di adolescenti hanno ricevuto “bloccanti” della pubertà, e le richieste dei giovani ai servizi per l’identità di genere britannici sono aumentate di cento volte in poco più di un decennio. L’età minima per essere sottoposti a questa terapia è intorno ai 16 anni e riguarda al momento poco meno di un centinaio di adolescenti. Le conclusioni sono importanti: si deve tendere a normalizzare la concezione del gender fluid, tenendo però a mente che la sessualità è mutevole e si definisce “definitivamente” solo nel tempo. Va bene superare gli stereotipi, ma bisogna anche valutare oculatamente gli effetti prolungati delle terapie ormonali, soprattutto sui giovani. “La mia revisione indipendente sui servizi di identità di genere per bambini e giovani adolescenti è pubblica. Nel condurre la revisione, ho scoperto che nella medicina di genere i pilastri scientifici sono costruiti su fondamenta traballanti”, spiega la dott.ssa Cass. Il rapporto raccomanda una transizione che “dia priorità alla terapia e consideri la possibilità che siano coinvolti altri problemi di salute mentale”. La dott.ssa Cass conclude che “per la maggior parte dei giovani, un percorso medico non è il modo migliore per gestire il proprio disagio legato al genere”. “Ho intrapreso questa revisione nella piena consapevolezza della natura controversa dell’argomento, della polarizzazione e tossicità del dibattito e della debolezza delle evidenze alla base della discussione scientifica”, si difende Cass, spiegando: “La cura di genere per i bambini e i giovani adolescenti è passata da un approccio di “vigile attesa” al trattamento con bloccanti della pubertà dallo stadio Tanner 2 per coloro che presentano incongruenze di genere a esordio precoce, seguiti da ormoni mascolinizzanti o femminilizzanti a partire dai 16 anni”. La revisione è stata lanciata mentre la Divisional Court stava prendendo in considerazione il caso Bell v Tavistock e quindi il tema se i giovani sotto i 18 anni avessero o meno la capacità di dare il consenso ai trattamenti endocrinologici. L’esperta, come riportato dal Daily Telegraph, ha criticato gli operatori del servizio sanitario nazionale inglese, in risposta a una revisione fondamentale sulle pratiche di cura di genere. La revisione afferma che i giovani sono “delusi” dalla mancanza di ricerche sull’uso dei bloccanti della pubertà. Ha chiesto, poi, che i servizi di genere corrispondano agli standard di altre cure del sistema sanitario nazionale britannico. “Ci sono poche altre aree dell’assistenza sanitaria in cui i professionisti hanno così tanta paura di discutere apertamente le loro opinioni, dove le persone vengono diffamate sui social media e dove gli insulti fanno eco a un comportamento simile al bullismo. Tutto ciò deve finire”, ha detto Cass, che nel suo rapporto rivela di essere “delusa dalla mancanza di prove sull’impatto a lungo termine dell’assunzione di ormoni fin dalla tenera età”. Il primo ministro Rishi Sunak ha risposto allo studio, affermando che i risultati “accendono i riflettori” sulla necessità di “esercitare estrema cautela” quando si tratta di cure simili per i bambini.

ANSA – VIA LIBERA ALLA CARTELLA SANITARIA ELETTRONICA ACCESSIBILE NELL’UE

Il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo alla creazione della cartella sanitaria elettronica accessibile in tutta l’Unione Europea (UE), con l’obiettivo di migliorare l’efficienza delle cure e contribuire alla ricerca clinica. La normativa, che deve ancora essere approvata dal Consiglio dell’UE, entrerà in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE. Tuttavia, la piena applicazione del regolamento avverrà due anni dopo, con alcune eccezioni per l’uso primario e secondario dei dati, che si applicheranno rispettivamente 4 o 6 anni dopo, a seconda della categoria. Le nuove norme consentiranno ai cittadini di accedere ai propri dati sanitari in formato elettronico anche da altri Stati membri dell’UE e permetteranno agli operatori sanitari di consultare i fascicoli dei pazienti, previo consenso, da altri paesi dell’UE. Le cartelle cliniche elettroniche includeranno resoconti sui pazienti, prescrizioni elettroniche, immagini mediche e risultati di laboratorio. Uno degli obiettivi principali del regolamento è garantire una maggiore tutela della privacy. I cittadini potranno scaricare gratuitamente la propria cartella sanitaria, mentre i dati sanitari anonimizzati potranno essere condivisi per la ricerca, ad esempio sulle malattie rare. Tuttavia, l’uso commerciale dei dati sanitari non sarà consentito, e le decisioni sull’accesso ai dati saranno prese dagli organismi nazionali. La normativa prevede anche il coinvolgimento dei cittadini nell’utilizzo e nella consultazione dei propri dati sanitari. I pazienti avranno il diritto di rifiutare l’accesso da parte dei professionisti, tranne nei casi in cui ciò sia necessario per proteggere gli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona, e di richiedere la correzione di dati errati. Secondo i correlatori del Parlamento Europeo, lo Spazio europeo dei dati sanitari migliorerà l’accesso alle cure sanitarie per tutti i cittadini dell’UE. I medici potranno accedere alle cartelle cliniche dei loro pazienti in altri Stati membri, migliorando la qualità delle cure e risparmiando risorse. Nonostante l’approvazione del Parlamento Europeo, l’accordo deve ancora essere formalmente approvato dal Consiglio dell’UE. Una volta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, il regolamento entrerà in vigore venti giorni dopo, mentre la piena applicazione avverrà due anni dopo, con alcune eccezioni per l’uso primario e secondario dei dati.

ANSA – ISTAT: 4,5 MILIONI DI PERSONE RINUNCIANO A VISITE E ESAME MEDICI

L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha pubblicato il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile, evidenziando un aumento significativo nel numero di persone che rinunciano a visite mediche ed esami diagnostici in Italia. Nel 2023, circa 4,5 milioni di cittadini hanno dovuto rinunciare a queste prestazioni per motivi economici, liste d’attesa o difficoltà di accesso. Questo rappresenta il 7,6% della popolazione, in crescita rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019. Il rapporto evidenzia un raddoppio della quota di coloro che rinunciano alle cure a causa delle liste d’attesa, passando dal 2,8% nel 2019 al 4,5% nel 2023. Sebbene la rinuncia per motivi economici sia rimasta stabile rispetto al 2019 (4,3%), si è registrato un aumento rispetto al 2022 (+1,3 punti percentuali). Inoltre, il rapporto rivela che l’emigrazione ospedaliera extra regionale è tornata ai livelli pre-Covid nel 2022, con l’8,3% dei ricoveri in regime ordinario per acuti. Le regioni come Basilicata, Calabria, Campania e Puglia registrano i maggiori flussi in uscita, non compensati da flussi in entrata. In Sicilia e Sardegna, l’indice di emigrazione ospedaliera è significativamente superiore all’indice di immigrazione ospedaliera. L’Istat sottolinea anche un aumento nella quota di anziani assistiti nell’Assistenza Domiciliare Integrata (Adi), passando dal 2,9% nel 2019 al 3,3% nel 2022. Tuttavia, vi è una forte variabilità territoriale, con il Nord-est che presenta la maggiore presa in carico di anziani fragili (6,2% nel 2021) e il Sud con la percentuale più bassa (2,8% nel 2021).

ANSA – IN 2 ANNI 32.500 POSTI IN MENO NEGLI OSPEDALI

Il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) italiano sta affrontando una crisi senza precedenti, con conseguenze gravi sulla capacità di assistenza e cura della popolazione. Secondo il Forum delle 75 Società Scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (Fossc), i dati degli ultimi anni evidenziano una diminuzione significativa dei posti letto negli ospedali pubblici. Dal 2020 al 2022, sono stati tagliati ben 32.500 posti letto, lasciando un vuoto critico nella capacità di degenza ordinaria e in terapia intensiva. La situazione è ulteriormente aggravata dal massiccio esodo di personale medico dal sistema pubblico. Tra il 2019 e il 2022, oltre 11.000 medici hanno abbandonato le strutture pubbliche, mettendo a rischio ulteriormente la qualità e la disponibilità delle cure. Inoltre, la chiusura di 95 ospedali in Italia negli ultimi dieci anni ha ulteriormente limitato l’accesso ai servizi sanitari. Il Forum Fossc ha lanciato un appello urgente al governo per una riforma strutturale del Ssn e misure immediate per salvare il sistema sanitario universale. La situazione è resa ancora più critica dalla prevista pensionamento di migliaia di medici e infermieri entro il 2025, senza un adeguato rimpiazzo di nuovi professionisti. Molti giovani, formati a spese dello Stato, scelgono di emigrare all’estero in cerca di migliori opportunità e retribuzioni. La mancanza di risorse finanziarie è un altro ostacolo significativo. Sebbene il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale sia aumentato in termini assoluti rispetto al 2021, è diminuito rispetto al PIL e non è stato sufficiente a coprire l’inflazione. Le risorse aggiuntive sono state in larga parte destinate a incrementi contrattuali minimi per il personale, trascurando l’urgente necessità di ampliare le strutture e assumere nuovo personale. La carenza di posti letto è particolarmente allarmante, con l’Italia che occupa il 22º posto nella graduatoria europea per il numero di posti letto disponibili. La media italiana è di soli 314 posti letto di degenza ordinaria per 100.000 abitanti, molto al di sotto della media europea di 550. Anche il numero di posti letto in terapia intensiva è nettamente inferiore rispetto ad altri paesi europei. Questa situazione critica ha gravi conseguenze sull’accesso alle cure e sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Pazienti con condizioni gravi rischiano di non ricevere cure adeguate a causa della mancanza di posti letto in terapia intensiva o semintensiva. Il rischio di “desertificazione sanitaria” in alcune aree del Paese è diventato sempre più reale, mettendo a repentaglio la coesione sociale e la salute pubblica. In questo contesto, il dibattito sull’Autonomia Differenziata, che potrebbe ulteriormente dividere il Paese in due, con sistemi sanitari e livelli di assistenza diversificati tra Nord e Sud, è diventato ancora più urgente e controverso. Organizzazioni sindacali e società scientifiche chiedono azioni concrete e una maggiore attenzione alla salvaguardia e al potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale per garantire cure e assistenza di qualità a tutti i cittadini.

ANSA – UN GIOVANE SU TRE AFFETTO DA MIOPIA

L’Ordinario di Oculistica all’Università Statale di Milano, Paolo Nucci, ha sollevato una preoccupante situazione riguardante l’aumento dei casi di miopia tra i giovani, specialmente quelli al di sotto dei 14 anni. Secondo quanto dichiarato durante il Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmiche (Siso), il numero di ragazzi affetti da miopia è più che raddoppiato rispetto a dieci anni fa, con una stima attuale che indica che circa il 35% dei giovani di questa fascia d’età presenta questo problema. Nucci ha evidenziato che l’aumento repentino dei casi di miopia è stato osservato soprattutto negli ultimi due anni, il che ha portato a definire questa situazione come una “miopidemia” tra i giovani. Questo trend preoccupante è stato associato all’istruzione, poiché sembra che la miopia sia diventata un effetto collaterale dell’eccessiva esposizione a schermi e libri. Per contrastare questo problema, gli esperti raccomandano una sorveglianza epidemiologica accurata e interventi preventivi mirati. Si sottolinea l’importanza di trascorrere più tempo all’aria aperta, dove l’esposizione al sole può stimolare la produzione di dopamina, riducendo così il rischio di sviluppare la miopia. Le visite di screening dovrebbero diventare obbligatorie a partire dai tre anni di età, con l’obiettivo di identificare precocemente i casi di miopia e intervenire tempestivamente con terapie ottiche e farmacologiche per rallentarne l’evoluzione. Scipione Rossi, Segretario Siso e direttore dell’Unità Complessa di Oculistica dell’Ospedale S.Carlo di Nancy di Roma, ha sottolineato l’importanza di agire prontamente per evitare che la miopia si sviluppi ulteriormente. L’uso di lenti speciali per occhiali e colliri a base di atropina diluita può essere efficace nel bloccare la progressione della miopia, ma è fondamentale agire tempestivamente per evitare che questo problema si trasformi in una condizione permanente con conseguenze sociali significative.

GREENREPORT – SALUTE A RISCHIO: 8 MILIONI DI ITALIANI DI ETA’ SUPERIORE A 11 ANNI HANNO CONSUMATO ALCOLICI

Secondo l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni hanno consumato alcolici in quantità che mettono a rischio la propria salute. Questo rappresenta il 21,2% degli uomini e il 9,1% delle donne. In particolare, tre milioni e 700 mila persone hanno bevuto al punto da ubriacarsi, mentre 770.000 hanno causato danni alla propria salute a causa del consumo di alcol, sia a livello fisico che mentale. I dati, elaborati dall’ONA-ISS attraverso il Sistema di Monitoraggio Alcol (SISMA) utilizzando le informazioni della Multiscopo ISTAT, evidenziano un aumento dei consumatori a rischio, soprattutto tra gli uomini. Questa tendenza rappresenta una sfida nel raggiungimento degli Obiettivi di Salute Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Secondo Emanuele Scafato, Direttore dell’ONA-ISS, la situazione richiede una rinnovata prevenzione nazionale e regionale per intercettare precocemente i consumatori a rischio e garantire cure a coloro che hanno subito danni a causa dell’alcol o che sono dipendenti da esso. Il quadro complessivo dei consumatori di alcol in Italia è significativo: 36 milioni di persone, corrispondenti al 77,4% degli uomini e al 57,5% delle donne, hanno consumato alcol. Di questi, 10 milioni e 200 mila italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente. Preoccupano soprattutto i giovani, con circa 1,3 milioni tra gli 11 e i 24 anni, di cui 650.000 sono minorenni, e le donne, con circa 2,5 milioni di consumatrici a rischio tra le minorenni 11-17enni. Tra i dati preoccupanti, si evidenziano i 3,7 milioni di binge drinker, soprattutto uomini di tutte le età, e i 770.000 consumatori dannosi di bevande alcoliche. Solo l’8,2% di questi consumatori dannosi è stato intercettato clinicamente per il trattamento. I dati del sistema EMUR del Ministero della Salute mostrano un aumento del 12,1% negli accessi al Pronto Soccorso nel 2022, con 39.590 accessi registrati, di cui il 10,4% richiesto da minori.

QUIFINANZA – MANCANO MIGLIAIA DI MEDICI DI BASE IN TUTTA ITALIA

Un rapporto recente della Fondazione Gimbe ha rivelato una grave carenza di medici di base in Italia, con oltre 3100 professionisti mancanti rispetto al necessario. Questi dati, relativi a gennaio 2023, sollevano serie preoccupazioni sulla qualità dei servizi sanitari nel paese. Secondo l’Accordo Collettivo Nazionale, il numero massimo di assistiti per medico di base dovrebbe essere di 1500, ma nel 2022 ben il 47,7% dei medici ha superato questa soglia. L’imminente pensionamento di circa 11.400 medici aggiunge ulteriori preoccupazioni, poiché potrebbe portare a un vero e proprio esodo dalla professione. Questa situazione, se non affrontata adeguatamente, potrebbe avere gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, con conseguenze nefaste sulla qualità e l’accessibilità delle cure mediche. Le regioni del Nord Italia sono particolarmente colpite da questa carenza di medici di base. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono tra le più colpite, con numeri che evidenziano una situazione critica. La situazione è altrettanto preoccupante nel resto del paese, con la maggior parte delle regioni che registra una carenza di medici di base. La Fondazione Gimbe ha anche fornito dati sul numero medio di assistiti per medico di base nelle varie regioni italiane. La Provincia autonoma di Bolzano ha il numero più alto di assistiti per medico, con una media di 1646 pazienti per ogni professionista. Al contrario, la Basilicata presenta la situazione migliore, con una media di 1090 assistiti per medico. La questione dei pensionamenti dei medici di base è un’altra sfida che il sistema sanitario italiano deve affrontare. Il governo ha aumentato l’età pensionabile dei medici impiegati presso le strutture a 72 anni, ma per i medici di medicina generale il limite rimane a 70 anni. Questo potrebbe causare una significativa riduzione dei medici disponibili, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Inoltre, l’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari ha lanciato un allarme sulle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale, prevedendo un raddoppio delle tempistiche con l’introduzione delle nuove tariffe.

RAINEWS – AUTOTISMO: IN ITALIA NE SOFFRE 1 BAMBINO SU 77

In Italia, l’autismo è un disturbo che colpisce un bambino su 77, con un esordio precoce solitamente tra i 14 e i 28 mesi di vita e una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, con un rapporto che varia tra 4:1 e 5:1. Questi dati emergono dalle più recenti linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti. Il disturbo dello spettro autistico è caratterizzato da deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale, e la sua complessità deriva da una serie di cause ancora da chiarire completamente. Tuttavia, la letteratura scientifica recente suggerisce che vi sia una base genetica e/o l’associazione di fattori ambientali, tra cui infezioni contratte dalla madre in gravidanza, lo status immunologico materno-fetale, l’esposizione a farmaci o agenti tossici in gravidanza e l’età avanzata dei genitori al momento del concepimento. In occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) ribadisce l’importanza della diagnosi e del trattamento precoce del disturbo, nonché la necessità di fornire interventi abilitativi personalizzati per ogni bambino e ogni famiglia coinvolta. Secondo Elisa Fazzi, presidente della SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia, la diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono cruciali per migliorare la prognosi e la qualità della vita dei bambini con autismo e dei loro caregiver. È fondamentale un approccio personalizzato che tenga conto dei bisogni specifici di ogni individuo e della sua famiglia. Tuttavia, nonostante i progressi nella diagnosi precoce e nella sensibilizzazione al disturbo, l’autismo continua a rappresentare una sfida significativa sia dal punto di vista sanitario che sociale ed economico. Massimo Molteni, Direttore Sanitario Centrale e responsabile Area Psicopatologia dello Sviluppo età-specifici presso l’Associazione La Nostra Famiglia, Irccs Eugenio Medea, sottolinea che i disturbi dello spettro autistico comportano un elevato carico per la società e il sistema sanitario. Negli ultimi anni, si è registrato un sensibile aumento della prevalenza dei disturbi dello spettro autistico a livello mondiale, tanto che alcuni hanno parlato di un’epidemia di autismo. Tuttavia, le ragioni di questo aumento non sono completamente chiare e potrebbero includere una maggiore sensibilità al problema e il cambiamento dei criteri diagnostici.

CORRIERE – FUMARE CANABIS PUO’ AUMENTARE IL RISCHIO DI ICTUS E INFARTI

Uno studio americano su oltre 430.000 persone ha evidenziato un’associazione tra il consumo frequente di cannabis e un aumento del rischio di eventi cardiovascolari, come infarti e ictus. Fumare cannabis ogni giorno è associato a un rischio più alto del 25% di avere un attacco di cuore e a un rischio maggiore del 42% di avere un ictus rispetto a chi non la usa. Anche un consumo meno frequente, seppur in misura minore, aumenta il rischio di eventi cardiovascolari. Lo studio, finanziato dal National Heart, Lung, and Blood Institute statunitense, ha preso in esame dati relativi a persone di età compresa tra 18 e 74 anni tra il 2016 e il 2020. I risultati sono rimasti simili anche dopo aver escluso i fattori di rischio cardiovascolare come il fumo di sigarette o e-cig, il consumo di alcol, l’obesità, il diabete e la sedentarietà. Le possibili cause di questa associazione non sono state completamente chiarite, ma gli scienziati ipotizzano che le tossine rilasciate dalla combustione della cannabis e l’interazione del THC con i recettori endocannabinoidi nel sistema cardiovascolare possano giocare un ruolo chiave. L’aumento del consumo di cannabis e la diminuzione del consumo di tabacco convenzionale rendono questa scoperta particolarmente importante. La cannabis, infatti, non è priva di rischi per la salute cardiovascolare, come erroneamente si potrebbe pensare. Oltre ai rischi per il cuore, l’uso problematico di cannabis è associato a un maggiore rischio di disturbi mentali come schizofrenia e psicosi. Lo studio, pur non essendo esaustivo, fornisce importanti informazioni sui rischi associati al consumo di cannabis e invita a una maggiore cautela. Inoltre, è uno studio osservazionale, quindi non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto tra cannabis ed eventi cardiovascolari. Sono necessari ulteriori studi per approfondire questa associazione e comprenderne i meccanismi alla base.

BRITISH MEDICAL JOURNAL – 41% DEI FARMACI ANTITUMORALI E’ PRIVO DI PROVE DI BENEFICIO AGGIUNTO

Uno studio pubblicato sul British Medical Journal rivela che il 41% dei farmaci antitumorali approvati dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) tra il 1995 e il 2020 manca di prove di beneficio aggiunto. La percentuale sale addirittura al 69% per i farmaci approvati attraverso percorsi accelerati, le cosiddette “fast track”. Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università di Utrecht in Olanda. Hanno analizzato 458 farmaci antitumorali e hanno valutato il loro beneficio aggiunto in termini di sopravvivenza globale, di tempo libero da progressione di malattia e di qualità della vita. I risultati sono preoccupanti. Più di un terzo dei farmaci antitumorali in commercio non ha prove di reale efficacia nel migliorare la vita dei pazienti. E la situazione è ancora peggiore per i farmaci approvati con percorsi accelerati, che vengono immessi sul mercato sulla base di dati preliminari e spesso non confermati da studi successivi. Inoltre, lo studio evidenzia che i costi dei farmaci antitumorali sono in continua crescita. Si prevede che le spese globali per questi farmaci passeranno da 167 miliardi di dollari nel 2020 a 269 miliardi di dollari nel 2025. Alla luce di questi dati, gli autori dello studio chiedono di riconsiderare i criteri di approvazione dei farmaci antitumorali e di rafforzare i meccanismi di controllo. È necessario che i pazienti abbiano accesso solo a farmaci efficaci e sicuri, e che i costi non siano insostenibili per i sistemi sanitari

WIRED – IL PRIMO MODELLO DI CERVELLO UMANO FUNZIONANTE STAMPATO IN 3D

Un team di scienziati dell’Università del Wisconsin-Madison ha raggiunto un traguardo significativo: hanno stampato in 3D il primo modello di cervello umano funzionante. Utilizzando cellule staminali, i ricercatori sono riusciti a farle differenziare in neuroni e altre cellule del tessuto nervoso, creando una rete che si comporta come un vero tessuto cerebrale. Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sulla rivista Cell Stem Cell, questo nuovo modello offre l’opportunità di studiare le comunicazioni tra le cellule cerebrali e di approfondire la comprensione di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. In passato, tentativi simili avevano incontrato difficoltà nel creare una rete funzionante di cellule cerebrali. Tuttavia, il team ha superato questa sfida utilizzando un gel biocompatibile come base per la stampa, consentendo alle cellule staminali di svilupparsi e connettersi senza problemi. Stampando gli strati di tessuto in modo orizzontale anziché verticale, hanno garantito un migliore accesso agli ossigeno e ai nutrienti. Il nuovo modello non sostituisce altri approcci già esistenti, ma li integra in modo complementare. Rispetto agli organoidi, per esempio, offre una maggiore semplicità e un controllo più preciso sul tipo di cellule inserite nel tessuto, consentendo tempi di produzione più rapidi. Su-Chun Zhang, coordinatore del progetto, ha sottolineato l’importanza di questa tecnologia per comprendere le dinamiche della rete cerebrale umana e per sviluppare strategie terapeutiche innovative. Oltre a fornire un’opportunità senza precedenti per lo studio delle comunicazioni neuronali, questo approccio potrebbe aprire la strada a nuove ricerche sulle malattie del cervello e alla valutazione di nuove terapie.

TODAY – SVILUPPATA UNA VARIETA’ DI RISO CHE INTEGRA CARNE COLTIVATA

Un gruppo di ricercatori sudcoreani ha sviluppato una nuova varietà di riso che integra la carne coltivata, con l’obiettivo di fornire un’alternativa nutrizionale sostenibile e accessibile. Questa innovativa creazione alimentare, descritta in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Matter, è rivestita con nanomateriali composti da enzimi di pesce e cellule bovine, conferendogli un colore rosa e un sapore che richiama la frutta secca. Il riso arricchito con carne coltivata presenta un profilo nutrizionale completo, con livelli leggermente superiori di grassi e proteine rispetto alle varietà tradizionali. Questo rende il prodotto particolarmente interessante per fornire un apporto proteico supplementare, soprattutto in contesti in cui la malnutrizione è diffusa. L’aspetto cruciale di questa innovazione è il suo potenziale impatto sui costi di produzione e sulla disponibilità di proteine. Il team di ricerca ha scoperto che la produzione di un chilogrammo di riso arricchito con carne coltivata costa significativamente meno dell’equivalente di carne bovina. Ciò potrebbe rendere questo alimento ibrido più accessibile nei paesi in via di sviluppo, dove l’insicurezza alimentare è una sfida importante. Nonostante le potenzialità di questa nuova tecnologia, l’industria della carne coltivata è soggetta a controversie politiche che ne ostacolano l’adozione su larga scala. Tuttavia, i ricercatori rimangono ottimisti sul potenziale impatto positivo del loro lavoro nel fornire una fonte sostenibile di proteine e nel mitigare l’impatto ambientale dell’industria zootecnica.

ANSA – NEL MONDO OLTRE UN MILIARDO DI OBESI

Secondo un’analisi pubblicata su The Lancet in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità, sono oltre un miliardo le persone colpite da obesità nel mondo, con un aumento costante dei numeri. I dati del 2022 indicano che ci sono 159 milioni di bambini e adolescenti obesi, mentre gli adulti obesi sono 879 milioni. Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolinea l’importanza della prevenzione e del trattamento dell’obesità fin dalla prima infanzia. Egli enfatizza la necessità di interventi che includano dieta, attività fisica e cure adeguate, coinvolgendo governi, comunità e il settore privato. In Italia, l’obesità infantile è un problema rilevante, con il Paese al quarto posto in Europa per la prevalenza di sovrappeso e obesità tra i bambini. Questo dato è preoccupante anche perché l’obesità aumenta il rischio di diabete, con il 75%-80% dei bambini obesi che sviluppano un rischio elevato di diabete in età adulta. Il termine “diabesità” viene utilizzato per descrivere la stretta correlazione tra obesità e diabete. L’aumento dell’obesità tra bambini e adolescenti è particolarmente inquietante, soprattutto considerando che centinaia di milioni di persone nel mondo soffrono ancora di sottonutrizione. Tra il 1990 e il 2022, la percentuale di bambini e adolescenti obesi nel mondo è più che quadruplicata, con un aumento significativo sia tra le ragazze che tra i ragazzi. Questo trend si riscontra in quasi tutti i Paesi, evidenziando la necessità di migliorare l’accessibilità a cibi sani e nutrienti.

OPENPOLIS – L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E’ LA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE PREMATURA

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico provvisorio sul “Piano d’azione Zero Pollution”, volto a contrastare l’inquinamento atmosferico e garantire un ambiente più pulito e sano per i cittadini europei. L’inquinamento atmosferico rappresenta la principale causa ambientale di morte prematura nell’UE, con circa 300.000 decessi all’anno. Il piano proposto mira a raggiungere l’inquinamento zero entro il 2050, fissando obiettivi più ambiziosi per il 2030. Le nuove norme prevedono la riduzione dell’inquinamento atmosferico attraverso l’introduzione di criteri più severi per diversi inquinanti, come il particolato (PM2,5, PM10), il biossido di azoto (NO2) e il biossido di zolfo (SO2). Tra i principali cambiamenti, vi è la necessità di dimezzare i valori limite annuali per PM2,5 e NO2 entro il 2030. Inoltre, gli Stati membri dell’UE dovranno adottare piani per la qualità dell’aria entro il 2028 e implementare misure a breve e lungo termine per rispettare i nuovi valori limite proposti dal Parlamento. L’accordo include disposizioni per rendere gli indici di qualità dell’aria comparabili e accessibili al pubblico, nonché per garantire che i cittadini e le ONG ambientaliste possano adire le vie legali per contestare l’attuazione delle nuove norme a livello nazionale. L’Italia, con circa ottantamila morti prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico, è il primo paese in Europa per questo tipo di decessi, rendendo cruciale l’adozione di misure volte a migliorare la qualità dell’aria. L’accordo dovrà essere adottato sia dal Parlamento che dal Consiglio, dopodiché entrerà in vigore e i paesi dell’Unione avranno due anni di tempo per applicare le nuove regole.

ILPOST – ISTAT: MEDICI ITALIANI I PIU’ ANZIANI D’EUROPA

L’Italia si trova ad affrontare una situazione critica per quanto riguarda il personale medico: non solo i dottori italiani sono i più anziani d’Europa, ma nei prossimi due anni il problema è destinato ad aggravarsi. Secondo i dati ISTAT del 2021, il 55% dei medici italiani ha almeno 55 anni, contro una media europea del 44%. In specializzazioni chiave come cardiologia, ginecologia e chirurgia, la percentuale di over 54 supera addirittura il 50%. L’invecchiamento del corpo medico è il risultato di decenni di programmazione approssimativa da parte dei governi. Un “imbuto formativo” ha limitato l’accesso alle specializzazioni, mentre periodi di tagli alle risorse economiche hanno disincentivato la formazione di nuovi medici. La carenza di medici è aggravata dall’invecchiamento della popolazione, che richiederà un aumento di cure mediche. Per tamponare l’emergenza, il governo ha innalzato a 72 anni l’età pensionabile per i medici del SSN, ma questa soluzione non risolve il problema a lungo termine.

ADNKRONOS – SANITA’ E LISTE D’ATTESA: 2 ANNI PER UNA MAMMOGRAFIA E 3 MESI PER UNA VISITA URGENTE

Le liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale stanno diventando un incubo per i cittadini italiani, con tempi di attesa allarmanti per procedure diagnostiche e visite specialistiche. Secondo le segnalazioni raccolte da Cittadinanzattiva nel 2023, la situazione è critica: due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento urgente per tumore all’utero che avrebbe dovuto essere eseguito entro un mese, e due mesi per una visita ginecologica urgente, fissata entro 72 ore. Le prime visite specialistiche, che dovrebbero avvenire entro 10 giorni, presentano attese fino a 60 giorni, con segnalazioni di cittadini che denunciano ritardi anche per visite cardiologiche, oncologiche ed endocrinologiche. Le prestazioni diagnostiche non sono da meno, con pazienti costretti ad attendere 150 giorni per una mammografia e addirittura un anno per una gastroscopia con biopsia. Il problema delle liste d’attesa contribuisce alla crescita del numero di cittadini che rinunciano alle cure, fenomeno evidenziato dall’indagine Istat. Nel 2022, la quota di persone che hanno effettuato visite specialistiche è diminuita, e in alcune regioni, come nel Mezzogiorno, la riduzione raggiunge il 5%. L’indagine di Salutequità rivela un aumento del 7% nella rinuncia alle cure necessarie nel 2022 rispetto al 2019, con significative differenze regionali. La mancata utilizzazione di fondi stanziati per il recupero delle liste d’attesa aggravano ulteriormente la situazione.

ANSA – SCOPERTA PROTEINA CHE POTREBBE CURARE O ANCHE PREVENIRE IL TUMORE AL SENO

Un team di ricercatori dell’Università americana del North Carolina a Chapel Hill ha scoperto una proteina che potrebbe portare a nuove cure per il tumore al seno e perfino a prevenirlo. La proteina, chiamata Mre11, provoca la morte delle cellule malate prima che completino il processo di trasformazione in cellule tumorali. Ogni volta che una cellula tumorale si divide, subisce danni al proprio Dna. Queste cellule danneggiate sono solitamente percepite come minacce dall’organismo, che attiva un ‘sensore’ del Dna rovinato, chiamato cGAS. cGAS è in grado di chiamare a raccolta le cellule del sistema immunitario per scovare ed eliminare le cellule danneggiate. Tuttavia, cGAS viene solitamente tenuto ‘rinchiuso’, in uno stato sempre disattivato per impedirgli di scatenare risposte infiammatorie a meno che non sia assolutamente necessario. I ricercatori hanno scoperto che la proteina Mre11 è in grado di liberare cGAS dalla sua ‘prigione’. Quando questo accade, cGAS avvia una forma specializzata di morte cellulare chiamata necroptosi. La necroptosi è diversa da altre forme di morte cellulare perché innesca anche la risposta infiammatoria. Ciò significa che il sistema immunitario viene attivato e può così individuare e eliminare le cellule tumorali o quelle che stanno per diventare tali.

LIBEROQUOTIDIANO – OMS: DOLCIFICANTI ARTIFICIALI NON AIUTANO A DIMAGRIRE E AUMENTANO IL RISCHIO DI DIABETE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lancia un avvertimento contro l’uso dei dolcificanti non nutritivi, affermando che non offrono benefici a lungo termine nella riduzione del peso corporeo e potrebbero comportare effetti indesiderati come l’aumento del rischio di diabete di tipo II e malattie cardiovascolari. Basandosi su una revisione mondiale di studi, l’OMS sconsiglia l’uso di questi dolcificanti per dimagrire o prevenire l’aumento di peso, sottolineando la mancanza di valore nutrizionale e i potenziali rischi per la salute. L’Associazione Internazionale Dolcificanti ha contestato queste affermazioni, sostenendo che le aziende alimentari hanno già adottato misure per ridurre lo zucchero e che i dolcificanti sono utili contro l’obesità e per la prevenzione delle carie dentali. L’OMS ha ribadito che sostituire gli zuccheri con dolcificanti non zuccherini non aiuta a controllare il peso a lungo termine e invita a considerare alternative come il consumo di zuccheri naturali presenti nella frutta e alimenti senza aggiunta di zuccheri. L’attuale scontro tra OMS e l’Associazione mette in discussione l’uso di questi dolcificanti, lasciando la popolazione in sovrappeso o obesa a riflettere sulle loro scelte alimentari.

ILFATTOQUOTIDIANO – SCIENCE: FARMACO CONTRO L’OBESITA’ E’ SCOPERTA DELL’ANNO (2023)

È stata nominata la “Scoperta dell’Anno 2023” dalla rivista Science: una nuova classe di farmaci, gli agonisti del recettore GLP-1, ha rivoluzionato la lotta contro l’obesità. Inizialmente pensati per trattare il diabete, questi farmaci si rivelano una risorsa fondamentale per affrontare i problemi medici e sociali legati all’aumento di peso. L’obesità, una sfida globale in crescita, ha molteplici cause, tra cui fattori genetici, ambientali e sociali. Le conseguenze possono essere serie, portando a malattie cardiache, diabete, artrite e cancro. Molti trattamenti passati per l’obesità sono stati inefficaci o hanno generato critiche riguardo alla loro efficacia o al giudizio sociale sulla forza di volontà delle persone. Il 2023 segna una svolta, con gli agonisti del GLP-1 come nuova opzione terapeutica per la perdita di peso. Due importanti studi clinici hanno evidenziato che questi farmaci non solo aiutano a perdere peso ma hanno anche benefici significativi per la salute oltre alla riduzione di peso corporeo. Attualmente, due di questi farmaci, semaglutide e liraglutide, sono in circolazione, ma solo il secondo è approvato in Italia per il trattamento dell’obesità. Tuttavia, hanno costi elevati e effetti collaterali. Nuovi analoghi di GLP-1 potrebbero presto arrivare sul mercato. La giornalista Jennifer Couzin-Frankel, autrice dell’articolo su Science, sottolinea come questi farmaci stiano generando importanti conversazioni sulla percezione dell’obesità, mirando a ridurre il pregiudizio sociale e a cambiare il modo in cui viene affrontato il peso corporeo. Nonostante le promesse, gli agonisti del GLP-1 aprono nuove domande, mettendo in luce la complessità dell’obesità sia dal punto di vista medico che sociale.

ANSA – L’ABUSO DI ALCOL E’ RESPONSABILE DI 6MILA CASI DI CANCRO AL SENO ALL’ANNO IN ITALIA

Ogni anno in Italia, l’abuso di alcol è responsabile di 6000 casi di cancro al seno, costituendo l’11% delle nuove diagnosi. Il congresso dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) lancia l’allarme, sottolineando che l’etanolo è particolarmente dannoso per le donne. Il presidente Aiom, Saverio Cinieri, sottolinea la necessità di azioni mirate per aumentare la consapevolezza delle donne sui rischi. L’alcol stimola gli estrogeni, principali responsabili della crescita del 70% dei tumori al seno. Adottare uno stile di vita sano può ridurre del 37% il rischio di recidiva e del 58% il rischio di mortalità.

ANSA – IN ITALIA 11 MILA MORTI L’ANNO PER ANTIBIOTICO-RESISTENZA

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone, all’evento per la ‘Giornata Europea e Settimana Mondiale per l’uso prudente degli antibiotici’, ha sottolineato che in Italia si registrano oltre 11.000 morti l’anno a causa dell’antibioticoresistenza. Questo dato colloca il nostro Paese tra gli ultimi nella lotta a questo fenomeno. Bellantone ha evidenziato che l’allungamento della vita media, un positivo indicatore, contribuisce purtroppo ad aumentare tali numeri, poiché gli anziani con pluripatologie risultano essere più colpiti. Ha sottolineato la necessità di identificare nuove molecole, sottolineando l’importanza di una governance efficace e di risorse per attuare il piano per l’antibioticoresistenza 2022-25 del Ministero della Salute.

MALATTIE

ANSA – DIABETE: EMA APPROVA LA PRIMA INSULINA SETTIMANALE

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha approvato la prima insulina settimanale al mondo per il trattamento degli adulti con diabete. Questa innovazione permette di ridurre le somministrazioni da giornaliere a una sola volta a settimana, passando da 365 iniezioni annuali a 52. La notizia è stata annunciata dalla casa farmaceutica Novo Nordisk. Oltre a migliorare la qualità della vita dei pazienti, la nuova insulina settimanale avrà un impatto positivo anche sulla sostenibilità ambientale, contribuendo a ridurre le emissioni di CO2. Questa è una novità significativa, a centouno anni dalla scoperta dell’insulina, e potrà influenzare positivamente la gestione del diabete. Attualmente, la terapia insulinica richiede che il paziente si somministri l’insulina almeno una volta al giorno, con implicazioni sulla gestione della terapia stessa e sulla vita sociale, lavorativa e psicologica della persona e delle famiglie. Il numero elevato di iniezioni può rappresentare un ostacolo significativo per la qualità della vita e l’aderenza alla terapia. I dati indicano che il 50% delle persone con diabete che necessitano di terapia insulinica ritardano l’inizio del trattamento di oltre due anni, con conseguenze sulla gestione della malattia e delle sue complicanze. Negli studi clinici di fase 3, l’insulina settimanale ha dimostrato di ridurre efficacemente la glicemia rispetto all’insulina basale giornaliera, migliorando il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo 2. In Italia, circa il 6% della popolazione, quasi 4 milioni di persone, è affetta da diabete. Questo dato è sottostimato, considerando che circa 1,5 milioni di casi non sono diagnosticati. Il ministro e i suoi tecnici credono che un eccesso di prescrizioni contribuisca ad alimentare le liste di attesa.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ADNKRONOS – HIV ELIMINATO DA CELLULE INFETTE CON L’EDITING GENETICO

Un team di scienziati ha annunciato di aver eliminato completamente l’HIV dalle cellule infette utilizzando le “forbici molecolari”, una forma di editing genetico nota come Crispr-Cas. Lo studio, presentato in anteprima al Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive (ECCMID 2024) nei Paesi Bassi, ha suscitato grande interesse e ha aperto la strada a una possibile cura per l’HIV. Le forbici molecolari, una tecnologia che consente alterazioni precise al DNA degli organismi viventi, sono state utilizzate per “tagliare” il DNA dell’HIV dalle cellule infette. Questo approccio ha dimostrato di essere un “passo avanti significativo” nella ricerca di una cura per l’infezione da HIV, secondo gli esperti coinvolti nello studio. I risultati preliminari sono stati descritti come “molto incoraggianti”, ma gli scienziati avvertono che c’è ancora molto lavoro da fare prima che questa tecnologia possa diventare una cura disponibile per tutti gli individui affetti da HIV. Tuttavia, l’efficacia dimostrata delle forbici molecolari nel “tagliare” il DNA dell’HIV offre speranza per lo sviluppo di un trattamento che potrebbe eliminare completamente l’infezione. L’approccio utilizzato nello studio mira a fornire una terapia ad ampio spettro in grado di combattere efficacemente molteplici varianti dell’HIV. Gli scienziati hanno utilizzato la tecnologia Crispr-Cas per individuare e modificare con precisione segmenti specifici del codice genetico dell’HIV, concentrandosi sulle parti del genoma del virus che rimangono le stesse in tutti i ceppi conosciuti.

ADKKRONOS – MILANO: AUMENTANO LE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI (HIV, SIFILIDE) TRA I GIOVANI

A Milano si registra un aumento preoccupante delle malattie sessualmente trasmissibili (Ist) tra i giovani. L’allarme è stato lanciato dall’infettivologo Andrea Gori, presidente dell’associazione Anlaids Lombardia. “Dalla sifilide all’Hiv, stiamo vedendo un aumento di tutte le Ist”, ha affermato Gori. “E’ un fenomeno preoccupante che riguarda non solo Milano, ma anche altre grandi città europee.” Tra le cause principali del boom di Ist c’è il “sesso mordi e fuggi”, con i giovani che spesso non usano il preservativo. “C’è una coscienza zero,” ha detto Gori. “I ragazzi non si rendono conto dei rischi che corrono.” Un altro fattore che contribuisce all’aumento delle Ist è la disinformazione. “I ragazzi non ricevono informazioni corrette sulla sessualità da scuola o famiglia,” ha spiegato Gori. “Spesso si affidano a internet e ai siti pornografici, che forniscono una visione distorta della sessualità.” Per contrastare il fenomeno, Anlaids Lombardia ha lanciato il progetto “Dimmi”. L’obiettivo è di educare i ragazzi alla sessualità responsabile e consapevole. Il progetto “Dimmi” prevede diverse iniziative, tra cui incontri nelle scuole, campagne informative e un sito web. Il 14 febbraio, in occasione di San Valentino, Anlaids Lombardia organizzerà un evento pubblico in piazza San Babila a Milano. L’obiettivo è di sensibilizzare i giovani sui rischi delle Ist e di promuovere una sessualità più responsabile.

CORRIERE – EPIDEMIA DI POLMONITE DI BAMBINI IN CINA

In diverse zone della Cina, compresa Pechino, è scoppiata una misteriosa epidemia di polmonite che colpisce soprattutto i bambini. ProMed, che monitora le epidemie in corso in tutto il mondo, ha emesso in questi giorni un avviso in cui parla di una “polmonite non diagnosticata”. L’agenzia statunitense Bloomberg parla di “polmonite ambulante”, una particolare tipologia di infezione batterica che è lieve e solitamente non richiede il ricovero in ospedale.

NATURE: FEBBRE DENGUE IN AUMENTO IN EUROPA MERIDIONALE

Un articolo di Nature spiega che la febbre dengue, trasmessa dalle zanzare, tipica delle regioni tropicali, è in aumento in Europa meridionale, Italia inclusa. Causa febbre, mal di testa e affaticamento e uccide fino a 40mila persone ogni anno nel mondo, vedrà sempre più casi perché abbiamo importato zanzare “aliene” adattabili, viaggiamo sempre di più e coi cambiamenti climatici in atto le zanzare le facciamo sia aumentare che vivere più a lungo. Il virus circola nel sangue della persona infetta per 2-7 giorni, e in questo periodo la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri. In Italia zanzare anche sotto l’albero di Natale quest’anno.

COVID

GLOBALVACCINEDATANETWORK – STUDIO MONDIALE SU VACCINI COVID: POSSIBILI COLLEGAMENTI CON RARI PROBLEMI CARDIACI, CEREBRALI E DEL SANGUE

Un nuovo studio, il più grande del suo genere finora condotto, ha analizzato i dati di 99 milioni di persone vaccinate contro il Covid in otto paesi e ha identificato possibili collegamenti tra i vaccini e alcuni rari eventi avversi. Lo studio ha preso in esame i vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna e il vaccino a vettore virale di AstraZeneca. Lo studio fornisce informazioni importanti su possibili rischi rari associati ai vaccini Covid. Tuttavia, è importante sottolineare che i benefici dei vaccini nel prevenire gravi malattie, ricoveri e decessi da Covid-19 superano ampiamente i rischi.

Quali sono i possibili problemi?
Rari casi di miocardite e pericardite: sono stati osservati dopo la somministrazione dei vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna, in particolare dopo la seconda dose.
Aumento del rischio di trombosi venosa cerebrale: associato al vaccino a vettore virale di AstraZeneca.
Sindrome di Guillain-Barré: un rischio leggermente aumentato è stato osservato dopo il vaccino di AstraZeneca.
Mielite trasversa e encefalomielite acuta disseminata: possibili segnali di sicurezza sono stati identificati per questi eventi avversi neurologici dopo i vaccini a mRNA e a vettore virale.

Cosa dicono gli esperti?
Kristýna Faksová, autrice principale dello studio: “La dimensione della popolazione in questo studio ha aumentato la possibilità di identificare rari potenziali segnali di sicurezza del vaccino.”
Jacob Glanville, CEO di Centivaix: “Le probabilità che si verifichino tutti questi eventi avversi sono ancora molto, molto più elevate in caso di infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19), quindi vaccinarsi è ancora di gran lunga la scelta più sicura.”
Dottor Marc Siegel, professore clinico di medicina: “L’ampio studio e la revisione dei dati rivelano alcune rare associazioni tra i vaccini mRNA e la miocardite, soprattutto dopo la seconda iniezione, nonché un’associazione tra i vaccini vettoriali per l’adenovirus Oxford Astra Zeneca e la sindrome di Guillain-Barré.”

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ASTRAZENECA HA INTERROTTO LA PRODUZIONE E LA DISTRIBUZIONE DEL VANCINO ANTI-COVID

L’azienda farmaceutica AstraZeneca ha ufficialmente interrotto la produzione e la distribuzione del proprio vaccino anti-COVID, noto come Vaxzevria, in tutto il mondo. Questa decisione è stata annunciata martedì 7 maggio. L’azienda ha motivato questa scelta con il fatto che, dopo l’inizio della pandemia, sono stati sviluppati numerosi altri vaccini più aggiornati e specifici per le nuove varianti del virus, portando così a una diminuzione della domanda per il vaccino AstraZeneca. Questa mossa è arrivata dopo che l’azienda aveva richiesto il ritiro dell’autorizzazione alla commercializzazione del suo vaccino lo scorso 5 marzo. Da allora, AstraZeneca ha avviato il processo di ritiro delle dosi di vaccino in tutto il mondo. Negli ultimi anni, il vaccino AstraZeneca ha suscitato preoccupazioni a causa di effetti collaterali segnalati, tra cui coaguli di sangue e problemi circolatori. Questi casi hanno portato ad azioni legali da parte di diverse persone che hanno riportato reazioni avverse, incluso un numero limitato di decessi. L’Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha riconosciuto la possibile correlazione tra il vaccino AstraZeneca e questi effetti collaterali, sebbene molto rari rispetto al numero complessivo di dosi somministrate. Tuttavia, l’EMA ha sottolineato che i benefici del vaccino continuano a superare i rischi associati alla sua somministrazione, specialmente considerando i rischi significativamente maggiori legati all’infezione da COVID-19. È stato notato che i fattori di rischio sembravano essere più elevati nei soggetti più giovani, portando alcuni paesi a limitare la somministrazione del vaccino alle persone più anziane. Tuttavia, l’EMA ha ribadito la sicurezza ed efficacia complessiva del vaccino AstraZeneca.

SCENARIECONOMICI – PFIZER CONDANNATA NEL REGNO UNITO PER AVER PROMOSSO IL VACCINO ANTI-COVID SENZA AUTORIZZAZIONE E CON DATI FUORVIANTI

Pfizer, una delle principali aziende farmaceutiche al mondo, è stata recentemente condannata nel Regno Unito per aver promosso il suo vaccino anti-COVID sui social media senza autorizzazione e con dati fuorvianti. Questa condanna è il risultato di un post su Twitter pubblicato dal direttore medico di Pfizer UK, Berkeley Phillips, che affermava un’efficacia del vaccino pari al 95%, senza dati certi e senza un’autorizzazione definitiva. L’autorità di vigilanza farmaceutica del Regno Unito, la Prescription Medicines Code of Practice Authority (PMCPA), ha giudicato Pfizer colpevole di cinque violazioni del codice normativo, compresa la promozione di farmaci senza autorizzazione e la formulazione di affermazioni fuorvianti. La sentenza si basa su un reclamo relativo al post di Phillips su Twitter, il quale è stato considerato un uso improprio dei social media per promuovere in modo fuorviante il vaccino COVID di Pfizer. Il PMCPA ha stabilito che il post di Phillips conteneva informazioni limitate sull’efficacia del vaccino, senza alcun riferimento alla sicurezza o agli eventi avversi. Inoltre, ha dichiarato che Pfizer ha diffuso proattivamente un farmaco non autorizzato su Twitter, rivolgendosi sia agli operatori sanitari che al pubblico nel Regno Unito. Questo non è il primo caso in cui Pfizer viene rimproverata per la promozione del vaccino COVID. In passato, l’amministratore delegato di Pfizer è stato giudicato colpevole di dichiarazioni fuorvianti sui vaccini per bambini. Le violazioni del codice normativo da parte di Pfizer hanno portato a costi amministrativi di oltre 34.800 sterline. In risposta alla sentenza, un portavoce di Pfizer UK ha dichiarato che l’azienda riconosce e accetta pienamente le questioni evidenziate dalla PMCPA e che sta prendendo misure per garantire che i dipendenti aderiscano alle politiche aziendali sui social media e al codice di condotta del settore. Tuttavia, c’è chi critica la leggerezza delle sanzioni inflitte a Pfizer, sottolineando che le violazioni del codice normativo nel settore farmaceutico dovrebbero essere affrontate con maggiore severità. Ben Kingsley, responsabile degli affari legali di UsForThem, ha espresso sorpresa per il fatto che le conseguenze per Pfizer e per le persone coinvolte siano così limitate. Il dottor Phillips ha affermato che il post sui social media è stato accidentale e non intenzionale, ma ha comunque accettato la sentenza del caso e ha assicurato che Pfizer sta facendo tutto il possibile per garantire la conformità alle politiche aziendali e al codice di condotta del settore.

SCENARIECONOMICI – LA FDA DEVE RIMUOVERE IL POST SUI SOCIAL CHE SCORAGGIAVANO L’USO DELL’IVERMECTINA CONTRO IL COVID-19

La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha accettato di rimuovere i post sui social e le pagine web che scoraggiavano l’uso dell’ivermectina nel trattamento della COVID-19, come parte di un accordo legale stipulato il 21 marzo. Nonostante l’ente affermi di non aver modificato la sua opinione sull’uso dell’ivermectina, questo segna un significativo cambiamento di posizione. La FDA ha già eliminato una pagina che consigliava di non assumere l’ivermectina per prevenire o trattare la COVID-19. Entro 21 giorni, rimuoverà un’altra pagina intitolata “Perché non dovrebbe usare l’ivermectina per trattare o prevenire la COVID-19”. Attualmente, la FDA afferma che non ha autorizzato o approvato l’uso dell’ivermectina per la COVID-19 e che i dati disponibili non dimostrano la sua efficacia contro la malattia, nonostante alcuni studi citati suggeriscano il contrario. L’accordo prevede anche la cancellazione di vari post sui social media che esprimevano forti opinioni contrarie all’uso dell’ivermectina, incluso uno che diceva: “Non sei un cavallo. Non sei una mucca. Davvero, tutti voi. Smettetela”. In cambio di questa modifica, i medici che avevano intentato causa contro l’agenzia ritireranno le loro azioni legali. La dottoressa Mary Talley Bowden, una dei medici querelanti, ha dichiarato che questo accordo rappresenta una vittoria per tutti i medici e i pazienti degli Stati Uniti, limitando l’ingerenza della FDA nella relazione medico-paziente. Anche il dottor Paul Marik, responsabile scientifico della FLCCC Alliance e un altro querelante, ha espresso soddisfazione per l’esito dell’accordo. Un portavoce della FDA ha dichiarato che l’agenzia ha scelto di risolvere questa causa anziché continuare a litigare su dichiarazioni risalenti a diversi anni fa. La FDA non ammette violazioni della legge e sostiene la sua autorità nel comunicare con il pubblico sui prodotti che regolamenta. Non ha cambiato posizione sull’uso dell’ivermectina né ha autorizzato il suo utilizzo per la prevenzione o il trattamento della COVID-19. L’ivermectina è stata approvata dalla FDA nel 1996 per trattare diverse condizioni, ma l’uso off-label da parte di medici per trattare il COVID-19 ha sollevato polemiche. Dopo una causa legale intentata da medici contro la FDA, un accordo legale ha portato alla rimozione dei post e delle pagine contro l’ivermectina.

L’INDIPENDENTE – MUORE PER EMORRAGIA CEREBRALE DOPO IL VACCINO ASTRAZENECA: 8 MEDICI VERSO IL PROCESSO

La Procura di Roma ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio per 8 medici dell’ospedale Sant’Eugenio, a seguito della morte di Stefania Cecca, una donna di 49 anni deceduta per emorragia cerebrale dopo essersi vaccinata contro il Covid. Secondo l’accusa, se i medici avessero diagnosticato correttamente le complicazioni seguenti alla somministrazione del vaccino AstraZeneca, le possibilità di sopravvivenza della donna sarebbero state significativamente aumentate. Stefania Cecca è morta il 9 aprile 2021, un mese dopo essersi vaccinata. Dopo il vaccino, ha iniziato a manifestare sintomi come forti mal di testa, spossatezza e problemi alla vista. Nonostante i suoi malessere, non è stata sottoposta a esami adeguati all’ospedale, e la situazione è precipitata rapidamente con una trombosi venosa cerebrale seguita da una trombosi polmonare, che ha portato al decesso della donna. Il pubblico ministero ha evidenziato che una diagnosi tempestiva avrebbe potuto ritardare l’intervento chirurgico, dando maggiori possibilità di sopravvivenza a Stefania Cecca. Gli indagati sono membri dell’equipe medica che ha assistito la donna durante i suoi sintomi, tra cui l’ex direttore del servizio, un’ematologa e sei medici che l’hanno visitata tra il 16 e il 20 marzo. Gli avvocati dei medici hanno dichiarato che la Procura avrebbe dovuto indagare anche sui protocolli di AstraZeneca nella sperimentazione del vaccino anziché concentrarsi solo sui medici, sottolineando che i casi di morte correlati al vaccino sono emersi solo recentemente. Questa notizia arriva poco dopo un’altra indagine della Procura di Genova, che ha visto cinque professionisti indagati per la morte della giovane studentessa Camilla Canepa, avvenuta dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Anche in quel caso, l’accusa riguardava la mancata esecuzione di accertamenti necessari per trattare le complicanze seguenti alla vaccinazione.

RAINEWS – L’ITALIA NON ADERIRA’ AL GREEN PASS GLOBALE DELL’OMS

Orazio Schillaci, Ministro della Salute, ha annunciato che l’Italia non aderirà al Green Pass Globale proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questa decisione è stata confermata dopo l’approvazione del decreto-legge del 26 febbraio in Consiglio dei Ministri. Il Green Pass Globale, nato da un accordo tra l’OMS e l’Unione Europea nel giugno scorso, è un documento progettato per consentire la condivisione dei dati sulla certificazione vaccinale a livello internazionale. Tuttavia, l’adesione a questo sistema è volontaria per gli Stati membri. Schillaci ha chiarito che durante il processo di conversione del decreto-legge verrà presentato un emendamento per riformulare il testo, mantenendo l’attenzione sugli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) relativi alla salute. Questo emendamento mira a garantire la piena operatività del fascicolo sanitario elettronico. Il Green Pass Globale, in sostanza, funge da libretto sanitario elettronico verificabile e accettato a livello mondiale. Si tratta di un’estensione e digitalizzazione della Carta Gialla, un documento utilizzato per verificare la vaccinazione contro alcune malattie richieste per l’ingresso in determinati paesi. L’OMS ha assicurato che questo strumento non comprometterà la privacy e i dati sanitari personali. Fa parte della strategia digitale dell’OMS presentata nel 2020, che mira a garantire migliori trattamenti sanitari globali attraverso nuove tecniche di telemedicina. Lo scambio e la circolazione delle informazioni tramite il Green Pass Globale consentiranno la creazione di una banca dati globale per la ricerca scientifica, integrando altri sistemi e registri per lo sviluppo di nuove cure e politiche sanitarie basate sulle esigenze delle persone.

L’INDIPENDENTE – COLLETORTO (CAMPOBASSO): 72ENNE MUORE IN SEGUITO ALLA SOMMINISTRAZIONE DEL VACCINO ANTI COVID

A Colletorto, nella provincia di Campobasso, è stato stabilito che la morte di un uomo di 72 anni è correlata alla somministrazione del vaccino anti-Covid. Dopo aver ricevuto il vaccino nel 2021, l’uomo, che era in buone condizioni di salute come attestato da esami clinici precedenti all’inoculazione, ha cominciato ad avvertire frequenti malori. Nonostante il ricovero presso l’ospedale San Timoteo di Termoli, è deceduto 20 giorni dopo il suo ingresso. L’autopsia ha confermato che la causa del decesso è stata la vaccinazione contro il Covid. Di conseguenza, la famiglia del defunto riceverà un risarcimento di 77.000 euro dalla Regione Molise, che ha stanziato un fondo da 150 milioni di euro per coloro che hanno subito danni da vaccino Covid. Dopo la morte dell’uomo, i suoi parenti si sono rivolti agli avvocati Giuseppe Fazio e Quirino Mescia per intentare una causa legale allo scopo di chiarire le circostanze della sua morte. Anche la direzione sanitaria del San Timoteo ha deciso di eseguire un’autopsia sul cadavere, riconoscendo il nesso causale tra la vaccinazione contro il Covid e il decesso dell’anziano. La Commissione Medico Ospedaliera, che agisce come organo del Ministero della Salute nel processo di concessione dell’indennizzo, ha rilevato un quadro clinico di “scompenso multiorgano” e “coagulopatia da consumo”, confermando la diretta correlazione tra la vaccinazione e il decesso. La Commissione ha citato numerose fonti mediche nel suo verbale, tra cui l’AIFA, The New England Journal of Medicine, British Medical Journal, Journal of Cellular and Molecular Medicine e The Lancet Haematology. Gli avvocati dei familiari del defunto hanno sottolineato che, secondo la Corte costituzionale, lo Stato è responsabile dei danni alla salute causati dalla vaccinazione e dovrebbe quindi fornire un adeguato risarcimento. Auspicano inoltre che le aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini contribuiscano al risarcimento dei danneggiati, considerando i profitti ottenuti dalla produzione dei vaccini anti-Covid.

AGI – ISTITUITA UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SULLA GESTIONE DELLA PANDEMIA DA CORONAVIRUS

Mercoledì 14 febbraio 2024 è stata approvata in via definitiva l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta bicamerale sulla gestione della pandemia da coronavirus durante il secondo governo Conte. Il disegno di legge che istituisce la commissione è stato approvato dalla Camera dei deputati con 132 voti a favore (tutta la maggioranza di centrodestra più Italia Viva) e 86 contrari (il resto dei partiti di opposizione). Un deputato si è astenuto. Il testo prevede che la commissione sia composta da 30 membri: 15 senatori e 15 deputati, nominati in proporzione al numero dei componenti di tutti i gruppi parlamentari. Compiti della commissione: Valutare l’efficacia e la prontezza delle misure adottate dal governo Conte II durante l’emergenza pandemica. Accertare i motivi del mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale. Accertare i motivi della mancata attivazione del piano pandemico redatto nel 2006. La commissione avrà 18 mesi per concludere i suoi lavori e presentare una relazione finale al Parlamento. L’istituzione della commissione d’inchiesta è stata accolta con favore dalla maggioranza, che la considera un passo necessario per fare chiarezza sulla gestione della pandemia. L’opposizione, invece, ha criticato la commissione, definendola un “ennesimo carrozzone” e una “strumentalizzazione politica”.

ANSA – RINVIATO DI 6 MESI IL TERMINE DI PAGAMENTO DELLE MULTE PER I NON VACCINATI AL COVID

Il termine per il pagamento delle multe per chi ha violato l’obbligo di vaccinazione anti-Covid è stato esteso fino al 31 dicembre. L’emendamento al decreto Milleproroghe, proposto da Alberto Bagnai (Lega) e approvato dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera con otto voti favorevoli, ha generato accese discussioni in aula. La seduta è stata sospesa a causa delle tensioni mentre si esaminava l’emendamento. Il deputato di Iv Luigi Marattin ha criticato il provvedimento su X, definendolo un rinvio ingiustificato delle multe per coloro che non si sono vaccinati. Le opposizioni hanno richiesto una votazione nominale, ma il presidente della commissione Bilancio, Giuseppe Mangialavori (FI), ha interrotto la seduta a causa del clima teso. Le multe coinvolgono circa 1,7 milioni di italiani inadempienti all’obbligo vaccinale, e questa è la terza proroga. I nuovi termini dovrebbero entrare in vigore dal 1 gennaio 2025.

SCENARIECONOMICI – CDC AMERICANO AVEVA REDATTO UN ALLERTA SU MIOCARDITI ASSOCIATA A VACCINI PFIZER E MODERNA NEL 2021

Nel 2021, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno redatto un’allerta riguardante l’infiammazione cardiaca associata ai vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna. Documenti interni confermano la preparazione dell’allarme, destinato alla rete Health Alert System (HAN) del CDC, ma non è mai stato inviato. Secondo una email esclusiva di The Epoch Times, il dottor Sara Oliver, funzionario del CDC, ha indicato che alcuni colleghi erano contrari alla divulgazione dell’allarme per non sembrare “allarmisti”. Il Dr. Oliver era in contatto con un dipendente di Pfizer o Moderna, ma non ha risposto a richieste di commento. Il CDC non ha fornito una risposta diretta sulla decisione di non inviare l’allarme, sollevando preoccupazioni sulla priorità della percezione pubblica rispetto alla salute dei cittadini. Il senatore Ron Johnson ha condannato tale comportamento come “negligenza”. Esperti come Kim Witczak e il Dr. Tom Frieden hanno criticato il CDC, affermando che era necessario indagare sui casi emergenti invece di interrompere le comunicazioni.

LAVOCEDELTRENTINO – DONNA 36ENNE DANNEGGIATA DA VACCINO ANTI-COVID SARÀ RISARCITA A VITA DALLO STATO

Una donna palermitana di 36 anni, dopo aver ricevuto tre dosi di vaccino anti-Covid, ha sviluppato una miocardite, danneggiando la parete inferiore del ventricolo sinistro. La Commissione medica ospedaliera di Messina ha confermato la correlazione tra la miocardite e la vaccinazione, stabilendo un risarcimento a vita per la donna, la cui cifra sarà determinata in seguito. Il caso evidenzia la tutela legislativa per coloro che subiscono effetti avversi da vaccino, come previsto dalla legge n.210 del 1992 e successivamente confermato dalla Corte Costituzionale nel 2020. Inoltre, nel gennaio 2022 è stato istituito un fondo di 150 milioni di euro per i risarcimenti dovuti agli effetti avversi. Tuttavia, molti danneggiati non ottengono riconoscimenti, poiché la correlazione tra la patologia e la vaccinazione non viene sempre accettata, creando un clima di paura e intimidazione sulla questione vaccinale. I medici evitano spesso di segnalare gli effetti avversi per timore di conseguenze, mentre l’AIFA non fornisce aggiornamenti sui monitoraggi, bloccati al dicembre 2022.

ILPOST – IL CORONAVIRUS FU SEQUENZIATO 2 SETTIMANE PRIMA CHE LA CINA NE DESSE NOTIZIA

Una ricercatrice cinese ha pubblicato informazioni sul coronavirus due settimane prima che queste fossero ufficialmente diffuse dal governo della Cina, secondo alcuni documenti diffusi da una commissione del Congresso degli Stati Uniti. Il 28 dicembre 2019, la virologa Lili Ren dell’Accademia delle Scienze mediche cinese ha inviato un sequenziamento del SARS-CoV-2, il virus responsabile della COVID-19, a GenBank, una banca dati internazionale di sequenze di materiale genetico. Il lavoro di Ren è stato rimosso da GenBank il 16 gennaio 2020, dopo che è stato segnalato come incompleto. Non è chiaro perché Ren abbia inviato le informazioni a GenBank e perché non abbia risposto alle sollecitazioni di chiarimenti. È possibile che i dati forniti da Ren siano passati inosservati o che non siano stati collegati alle prime notizie sulla nuova malattia che stava emergendo a Wuhan, in Cina. La commissione che ha diffuso i documenti si sta occupando di indagare le origini del SARS-CoV-2. I membri della commissione e alcuni osservatori ritengono che il mancato riconoscimento dell’importanza della segnalazione di Ren e il ritardo con cui il governo cinese informò la comunità internazionale abbiano fatto perdere tempo prezioso nel contenere la diffusione del virus. Le notizie sul lavoro di Ren potrebbero inoltre dimostrare che alla fine del 2019 diversi gruppi di ricerca in Cina fossero già impegnati a sequenziare il coronavirus e che avessero provato a condividere le loro scoperte. Il fatto che il sequenziamento fosse disponibile su una banca dati internazionale, e accessibile liberamente, pone inoltre alcune domande sull’efficacia dei sistemi per la rapida identificazione di nuovi patogeni.

ILSOLE24ORE – PFIZER ACQUISTA SEAGEN PER 43 MILIARDI

Il colosso farmaceutico Pfizer ha ufficializzato un accordo da 43 miliardi di dollari per l’acquisizione di Seagen Inc., focalizzata nella ricerca di cure contro il cancro. Questa mossa strategica segue la flessione delle vendite legate ai farmaci anti-COVID, incluso il declino nelle entrate che ha portato Pfizer a un’imponente perdita in borsa. Il Ceo, Albert Bourla, ha definito l’investimento come “storico”, sottolineando la volontà di entrare in un mercato oncologico in espansione. Pfizer mira a ridefinire il suo modello di business, creando una nuova “divisione oncologica” che unisca le operazioni di ricerca e sviluppo delle due società, sotto la guida dell’oncologo Chris Boshoff. “Puntiamo sul cancro”, ha affermato Bourla, sottolineando l’intento di trasformare radicalmente il trattamento della malattia. Utilizzando la tecnologia Antibody-Drug Conjugate (ADC) di Seagen, Pfizer si prepara a innovare il panorama delle terapie antitumorali. In uno sforzo filantropico e per soddisfare le preoccupazioni della Federal Trade Commission, Pfizer si è impegnata a donare i proventi delle royalties delle vendite del Bavencio, un farmaco utilizzato per il trattamento del carcinoma uroteliale, all’American Association for Cancer Research. Tuttavia, questa donazione riguarderà solo gli introiti negli Stati Uniti, lasciando intatti i guadagni derivanti dalle vendite internazionali. La scelta di Pfizer non è un caso isolato, poiché numerose società farmaceutiche riorientano i loro investimenti verso la ricerca oncologica, con stime che indicano un aumento della spesa globale fino a 375 miliardi di dollari entro il 2027. In Italia, le diagnosi di tumore sono cresciute di oltre 18mila in tre anni, passando da circa 376mila nel 2020 a 395mila nel 2023, mentre sono diminuiti gli screening. Questo incremento potrebbe essere correlato alla sospensione delle cure e delle diagnosi nel 2020 e negli anni successivi, causata dall’attenzione predominante rivolta al COVID-19. Tuttavia, rimane scarsa l’attenzione sugli effetti a lungo termine dei vaccini sperimentali anti-COVID a tecnologia mRNA, tema ancora avvolto da incertezze e silenzi pesanti.

QUOTIDIANO SANITA’ – PROROGATO L’OBBLIGO DI MASCHERINA IN OSPEDALE FINO A GIUGNO 2024

Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha prorogato fino al 30 giugno 2024 l’obbligo di utilizzare le mascherine all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi nelle strutture sanitarie. Questa proroga estende l’obbligo anche ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice e altre strutture simili. Le direzioni sanitarie delle strutture identificano specificamente i reparti ad alta intensità di cura dove è obbligatorio l’utilizzo delle mascherine. Nei restanti reparti e nelle sale di attesa, la decisione sull’uso delle mascherine rimane a discrezione delle direzioni sanitarie, che possono richiederne l’utilizzo per chi presenta sintomi respiratori. La proroga dell’ordinanza mira a garantire una protezione extra nelle strutture sensibili, ma non include obblighi per gli spazi ospedalieri al di fuori dei reparti di degenza. L’ordinanza stabilisce alcune eccezioni: i bambini sotto i sei anni, persone con patologie o disabilità incompatibili con l’uso delle mascherine e coloro che devono comunicare con persone disabili in modo che non possano indossare il dispositivo. L’ordinanza, in scadenza il 31 dicembre, verrà ufficializzata con la pubblicazione in Gazzetta.

SKYTG24 – BUTTATI ALMENO 215 MILIONI DI VACCINI ANTI COVID

Un’inchiesta del quotidiano Politico ha rivelato che dall’inizio della pandemia a oggi, nei paesi dell’Unione Europea sono stati distrutti almeno 215 milioni di dosi di vaccini contro il COVID-19. Il valore stimato della perdita è di circa 4 miliardi di euro. Secondo l’analisi di Politico, il maggior numero di dosi buttate è stato in Germania, con 83 milioni, seguita dall’Italia, con 49 milioni. Il paese che ne ha buttati di più in rapporto alla popolazione è stato l’Estonia. I vaccini hanno una data di scadenza, che varia a seconda della tipologia e del produttore. Inoltre, le frequenti mutazioni del virus SARS-CoV-2, che causa il COVID-19, possono rendere obsoleti interi lotti di vaccini. L’Unione Europea ha acquistato un totale di 1,5 miliardi di dosi di vaccino, di cui circa 1,1 miliardi da Pfizer e BioNTech. Il numero di dosi acquistate è stato giudicato eccessivo, in particolare alla luce della fine dell’emergenza pandemica.

ANSA – LA NUOVA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUL COVID

Il Ministero della Salute ha pubblicato una nuova circolare che prevede l’obbligo di sottoporre a test diagnostici per Covid-19, influenza e altri virus respiratori le persone che si presentano negli ospedali e nelle Rsa con sintomi compatibili con il Covid. La circolare, firmata dal direttore generale della Prevenzione del Ministero, Francesco Vaia, è stata adottata in considerazione della “intensa circolazione” del virus Sars-CoV-2, che ha portato a un incremento del 10 per cento dei pazienti Covid negli ospedali. La circolare prevede che i test siano effettuati con un unico tampone nasofaringeo, chiamato “pannello dei virus”, che consente di rilevare la presenza di diversi agenti patogeni. “Tornare a fare test per i virus respiratori in ospedale a chi ha i sintomi è una cosa intelligente”, ha commentato il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “Si può fare un unico tampone nasofaringeo, e ci dice che tipo di infezione respiratoria è in atto. Inoltre, avendo uno screening in entrata dell’ospedale possiamo agire su due fronti, dare subito la terapia e avere poi un quadro dei virus che circolano molto più attendibile”. La circolare del Ministero della Salute arriva in vista delle festività natalizie, quando si prevede un aumento dei contagi. Il Ministero ha invitato gli over 65 a vaccinarsi con il richiamo per rafforzare la protezione contro il Covid.

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