Una ricerca del Consiglio nazionale dei giovani (Cng) ha rivelato che nelle grandi città italiane quasi 9 Neet su 10 (i giovani che non lavorano, non studiano e non si formano) hanno lavorato o lavorano in nero
Una ricerca del Consiglio nazionale dei giovani (Cng) ha rivelato che nelle grandi città italiane quasi nove Neet su dieci, ovvero i giovani che non lavorano, non studiano e non si formano, hanno lavorato o lavorano in nero, con un dato specifico dell’88,9%. Estendendo l’analisi a tutto il territorio nazionale, si scopre che oltre sette Neet su dieci (74,8%) tra i 15 e i 29 anni non sono inseriti in percorsi scolastici o lavorativi regolari.
Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, in Italia ci sono circa 2,1 milioni di Neet, corrispondenti al 16,1% della popolazione giovanile. Questo dato è superiore alla media europea del 2023, che si attesta all’11,2%. Molti Neet che vivono nelle aree metropolitane affermano di essere economicamente dipendenti e utilizzano i propri guadagni per cercare di emanciparsi dalla famiglia. Questi giovani sono spesso coinvolti nell’economia informale, partecipando ad attività come la compravendita online e lavori non ufficiali.
Un’altra categoria di Neet è quella di coloro che scelgono di prendersi una pausa, soprattutto nei piccoli centri, dove le opportunità di lavoro sono limitate e le reti di supporto sono scarse. L’analisi del Cng evidenzia che molti giovani italiani, in particolare quelli delle aree interne, sono disposti a sacrificare i propri diritti lavorativi pur di trovare un impiego.
In merito alla formazione, la ricerca sottolinea una significativa disparità nell’accesso all’istruzione superiore tra diverse aree del paese. Solo il 9,6% dei Neet nelle zone rurali ha conseguito una laurea o un diploma accademico, rispetto al 65,3% nelle aree urbane. Inoltre, il 42,6% degli intervistati dichiara di aspettare un’opportunità legata al proprio percorso di studi, mentre il 37,8% desidera imparare un mestiere.
LE ALTRE NOTIZIE IN EVIDENZA SU “ECONOMIA”:
DEBITO PUBBLICO
WIRED – L’ITALIA E’ “CAMPIONE D’EUROPA” PER DEBITO PUBBLICO?
L’Italia si conferma “campione d’Europa” per il debito pubblico nel 2024, con una previsione di emissioni di prestiti a lungo termine pari a 390 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da S&P Global. Questo ammontare supera quello degli altri paesi europei avanzati, con il Regno Unito che chiederà 352 miliardi di dollari e la Francia ferma a 311 miliardi di dollari. Tale stima è basata sull’analisi delle previsioni di bilancio di 31 economie avanzate europee. La situazione economica evidenzia la necessità di raccogliere fondi per sostenere il fabbisogno pubblico, tuttavia, l’incremento del debito pubblico comporta costi significativi per i contribuenti a causa degli interessi che dovranno essere pagati in seguito. Nonostante i rendimenti dei bond europei siano diminuiti nell’ultimo anno, il costo totale del servizio del debito pubblico è aumentato, soprattutto a causa della riduzione degli acquisti di titoli di Stato sovrani da parte della Banca centrale europea. La spesa per gli interessi sui bond italiani nel 2024 è stimata intorno al 4,2% del prodotto interno lordo, con un totale di circa 80 miliardi di dollari, un livello simile a quello del 2015. Questo aumento dei costi potrebbe mettere ulteriormente sotto pressione le finanze pubbliche italiane. Nonostante ciò, la domanda di debito pubblico rimane robusta, con un numero crescente di investitori, inclusi risparmiatori privati e istituzioni finanziarie, che cercano rendimenti più interessanti. La recente chiusura della terza tranche del Btp Valore, che ha superato i 18 miliardi di euro, evidenzia l’interesse degli investitori privati nei titoli di Stato italiani. Inoltre, la Banca centrale europea continua a svolgere un ruolo chiave come investitore, reinvestendo i rimborsi dei titoli acquistati nel contesto del programma di acquisto di emergenza legato alla pandemia (Pepp) lanciato nel 2020. Tuttavia, è probabile che la Bce riduca gradualmente la sua partecipazione al programma, il che potrebbe portare a un aumento medio del costo del debito pubblico e a una maggiore pressione per un consolidamento fiscale ulteriore da parte degli Stati membri dell’eurozona.
Altre notizie:
MONDO
SCENARIECONOMICI – L’INDIA STA PER SUPERARE IL GIAPPONE E RAGGIUNGERE IL QUARTO POSTO PER PRODOTTO INTERNO LORDO (DOPO USA, CINA E GERMANIA)
Secondo una recente stima del Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’India è in procinto di sorpassare il Giappone per quanto riguarda il Prodotto Interno Lordo (PIL), aprendo le porte a una nuova epoca economica in Asia. Questo spostamento di posizione collocherebbe l’India al quarto posto mondiale per PIL, dietro solo agli Stati Uniti, alla Cina e alla Germania. Tuttavia, anche Berlino dovrà fare i conti con le conseguenze di questo cambiamento. Secondo le proiezioni del FMI, il PIL nominale dell’India dovrebbe raggiungere circa 4,3398 trilioni di dollari nel 2025, superando così il PIL giapponese stimato a 4,3103 trilioni di dollari nello stesso anno. Tale superamento avverrebbe con un anno di anticipo rispetto alle previsioni precedenti del FMI, che indicavano il 2026 come il momento del sorpasso. L’attuale deprezzamento dello yen giapponese sembra essere uno dei fattori che accelerano questo cambiamento, riducendo l’economia del Giappone in termini di dollari. Questo deprezzamento ha contribuito a eclissare il PIL giapponese rispetto a quello della Germania nel 2023, collocando il Giappone al quinto posto tra le economie mondiali. La rupia indiana, dal canto suo, è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al dollaro sin dall’inizio del 2023, mantenendo un tasso di cambio di circa 83 rupie per dollaro. Tuttavia, ci sono segnali che suggeriscono un intervento significativo della Reserve Bank of India nel mercato valutario, come osservato nel rapporto del FMI del dicembre 2023. La banca centrale indiana ha respinto le critiche del FMI riguardo a un possibile intervento eccessivo nel mercato valutario, sostenendo che le analisi si basavano su tendenze a breve termine e non riflettevano pienamente la situazione economica complessiva. L’ascesa economica dell’India è stata notevole negli ultimi anni, nonostante le sfide della pandemia COVID-19. Il Paese ha visto una crescita significativa, trainata in parte dall’espansione della sua popolazione. Le previsioni della Reserve Bank of India indicano una crescita reale del PIL del 7% nell’anno fiscale 2024. Nonostante questi successi, il PIL nominale pro capite dell’India si attesta ancora a circa 2.000 dollari, una frazione rispetto alla Cina e vicino al Bangladesh. Tuttavia, la classe media indiana è in espansione, e si prevede che l’India supererà la Germania per diventare la terza economia mondiale entro il 2027.
Altre notizie:
MERCATO TUTELATO E LIBERO
LEGGO – CRC: CHI PASSA AL MERCATO LIBERO SI RITROVERA’ A PAGARE 1.776 EURO ANNUI IN PIU’
Secondo quanto riportato dal Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc), chi attiverà oggi un servizio di fornitura sul mercato libero dell’energia elettrica potrebbe vedersi infliggere un aumento fino a 1.776 euro all’anno rispetto alla bolletta media del Servizio a Tutele Graduali, che entrerà in vigore il 1 luglio. Il confronto delle offerte dei 7 gestori vincitori delle aste dell’Acquirente Unico per il Servizio a Tutele Graduali, rappresentanti il 70,49% del mercato, ha rivelato che le tariffe del mercato libero sono significativamente più elevate. I clienti che non scelgono un operatore del mercato libero passeranno automaticamente dal Maggiore Tutela al Servizio a Tutele Graduali, godendo di un risparmio stimato di circa 131 euro all’anno a utenza rispetto alle attuali tariffe del mercato tutelato. Tuttavia, per coloro che optano per il mercato libero, le differenze di prezzo sono evidenti. Chi sceglie un’offerta a prezzo variabile può aspettarsi un aumento annuo che va da un minimo di 162 euro a un massimo di 573 euro rispetto alle tutele graduali. Nel caso di un contratto a prezzo fisso, le tariffe sono ancora più alte, con un aumento annuo che varia da un minimo di 204 euro a un massimo di 1.776 euro rispetto alla bolletta media del Servizio a Tutele Graduali. Secondo il presidente del comitato scientifico del Crc e presidente onorario di Assoutenti, Furio Truzzi, questa situazione rappresenta un “doppio assurdo paradosso”, con i clienti del mercato libero che pagheranno tariffe più elevate rispetto alle tutele graduali, anche scegliendo lo stesso gestore. Inoltre, gli utenti vulnerabili che rimangono nel mercato tutelato subiranno un aumento medio di 131 euro all’anno rispetto al Servizio a Tutele Graduali. Truzzi ha anche sottolineato che coloro che sono passati al mercato libero e desiderano beneficiare delle tutele graduali a partire dal 1 luglio dovranno rientrare nella Maggior Tutela entro il 30 giugno, poiché non è previsto un passaggio diretto dal libero al Servizio a Tutele Graduali.
Altre notizie:
SUPERBONUS
SKYTG24 – APPROVATO IN VIA DEFINITIVA IL DECRETO SUL SUPERBONUS: NIENTE SGRAVIO E RATE IN 10 ANNI
La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il decreto legge sul Superbonus, trasformandolo in legge. Con 150 voti favorevoli e 109 contrari, il governo ha ottenuto la fiducia necessaria per procedere con le modifiche. Il Superbonus, come voluto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è stato modificato principalmente per quanto riguarda la dilazione delle rate, che ora saranno spalmate su dieci anni invece di quattro, per tutte le spese sostenute a partire da gennaio 2024. Questa modifica, con effetto retroattivo, è stata oggetto di accese discussioni. Inoltre, a partire da gennaio 2025, sarà vietata la compensazione per banche e assicurazioni dei crediti da bonus edilizi con i contributi Inps e Inail. Virginio Merola del Partito Democratico ha criticato duramente il decreto, definendolo dannoso per famiglie e imprese, e accusando il governo di incompetenza e di favorire l’evasione fiscale con scelte inadeguate. Luigi Marattin di Italia Viva ha espresso la sua contrarietà, evidenziando come la stretta sul Superbonus danneggi cittadini, imprese e banche per un beneficio finanziario minimo. Ha inoltre criticato la gestione del governo riguardo alle previsioni di spesa del Superbonus per il 2023, definendole erronee di 40 miliardi di euro. Tommaso Foti di Fratelli d’Italia ha dichiarato che con l’approvazione del decreto si chiude la stagione dei bonus edilizi, che secondo lui hanno danneggiato i conti dello Stato togliendo risorse a settori cruciali come scuola, sanità e pensioni. Foti ha sostenuto che la misura consentirà di dare respiro alla finanza pubblica, arginando frodi e speculazioni. Laura Cavandoli della Lega ha affermato che il decreto ha messo fine a una misura fuori controllo e che ha costato molto in termini di deficit. Ha sottolineato che il bonus ha riguardato solo il 4% del patrimonio edilizio e generato appena l’1% del Pil, criticando la sua promozione da parte del Movimento 5 Stelle. Cavandoli ha inoltre espresso la sua opposizione alla direttiva europea sulle case green, considerandola insostenibile sia economicamente che ambientalmente.
Altre notizie:
LAVORO
ANSA – IN 10 ANNI IL NUMERO DI ARTIGIANI E’ DIMINUITO DEL 17,94% (-318 MILA)
Secondo l’Osservatorio Inps sui lavoratori autonomi, il numero di artigiani in Italia è diminuito drasticamente negli ultimi anni. Nel 2023, gli artigiani iscritti erano 1.456.918, con un calo di 73.357 unità rispetto all’anno precedente (-4,8%) e una riduzione di oltre 318mila unità rispetto al 2014 (-17,94%). Anche il numero di commercianti iscritti alla gestione speciale dell’Inps è diminuito, seppur in misura minore rispetto agli artigiani. Nel 2023, i commercianti erano 2.051.022, con un calo dello 0,5% sul 2022. Nel 2014, i commercianti erano 2.228.678, quindi il calo nel decennio è stato di 177.656 unità (-7,97%).
Altre notizie:
TASSE
ILSOLE24ORE – GLI INCASSI DELLE MULTE STRADALI SONO AUMENTATI DEL 6,9% NEL 2023
Nel 2023, gli incassi derivanti dalle multe stradali nei principali Comuni italiani sono aumentati del 7%, raggiungendo un totale di 584,7 milioni di euro nelle 20 città più grandi del Paese. Roma ha registrato il maggior incremento, con oltre 172 milioni di euro, un aumento del 29,7% rispetto al 2022. Al secondo posto c’è Milano, con 147 milioni di euro, anche se in calo del 3% rispetto all’anno precedente. Firenze e Bologna seguono rispettivamente con 45 e 43 milioni di euro. L’analisi delle multe elevate tramite autovelox mostra che Firenze ha incassato di più con 18,7 milioni di euro, seguita da Milano (8,5 milioni), Roma (7,5 milioni) e Genova (5 milioni). In termini di multe pro capite, Potenza e Firenze registrano i valori più alti, con oltre 123 euro per residente, mentre Napoli si trova in fondo alla classifica con soli 8,2 euro pro capite. Potenza ha visto la crescita più significativa nei proventi da sanzioni stradali, con un incremento del 110% in un anno, passando da 3,7 milioni di euro nel 2022 a 7,9 milioni di euro nel 2023. Altri aumenti significativi sono stati registrati a Catanzaro (+41,8%), Venezia (+39,5%) e Pescara (+32,8%). Tuttavia, nove delle venti città principali hanno registrato un calo nei proventi, con Trieste che ha visto una diminuzione del 33%, seguita da Napoli (-15,5%) e Palermo (-10%). Nonostante l’incremento delle multe, sorgono domande sulla destinazione di questi fondi e sull’efficacia delle misure per la sicurezza stradale. Il Codacons sottolinea che l’Osservatorio sulle multe stradali, introdotto dal decreto legge P.a. bis del 2023, non è ancora operativo. Questo Osservatorio dovrebbe monitorare gli incidenti stradali, l’utilizzo dei proventi delle multe e l’uso dei dispositivi elettronici di controllo della velocità. Il mancato funzionamento dell’Osservatorio solleva dubbi sull’uso trasparente ed efficace dei fondi raccolti tramite le multe stradali.
Altre notizie:
SOLDI
AGI – L’ITALIA HA GIA’ SPESO 51,4 MILIARDI DEI FONDI PNRR
Finora, l’Italia ha speso 51,4 miliardi dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), quasi 10 miliardi in più rispetto alla fine del 2023. Questo importo rappresenta circa la metà delle risorse totali, pari a 102,5 miliardi, finora erogate. Al 30 giugno 2024, gli interventi attivati ammontano a circa 165 miliardi di euro, corrispondenti all’85% della dotazione complessiva del Piano. I progetti non ancora avviati riguardano le misure introdotte con la revisione del Pnrr approvata l’8 dicembre 2023, per le quali è in fase di conclusione la selezione dei progetti. Durante la Cabina di regia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sottolineato che l’Italia è al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario del Pnrr, affermando che l’Italia ha ricevuto finora 113,5 miliardi di euro, pari al 58,4% delle risorse totali previste dal Piano. La richiesta di pagamento della sesta rata, presentata il 28 giugno scorso, ha confermato il raggiungimento di traguardi a cui è legato il 63% delle risorse del piano. La quinta relazione semestrale sull’andamento del Pnrr è stata approvata e sarà inviata al Parlamento nei prossimi giorni. Con il pagamento della quinta rata, approvato dalla Commissione europea il 2 luglio 2024 e dal Comitato economico e finanziario il 18 luglio 2024, l’Italia ha ricevuto 102,5 miliardi di euro, cifra che salirà a 113,5 miliardi con il pagamento della quinta rata. Nei prossimi mesi, il governo si concentrerà sulla settima rata nella seconda metà del 2024, mentre nel 2025 l’attenzione sarà sull’ottava e la nona rata, per poi passare all’analisi della decima nei primi sei mesi del 2026. Tra gli investimenti più rilevanti della sesta rata c’è il potenziamento della linea Adriatica per il trasporto del gas e la costruzione di collegamenti ferroviari ad alta velocità sulle linee Orte-Falconara e Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia. Il ministro per gli Affari Ue, Raffaele Fitto, ha spiegato che la differenza tra la spesa rilevata nella quarta relazione (45,6 miliardi) e l’avanzamento attuale è dovuta alla rimodulazione di alcune misure, riducendo ufficialmente la spesa di 4 miliardi. Fitto ha invitato a considerare il quadro positivo dell’avanzamento della spesa. Quanto alla possibilità di una proroga della scadenza del piano, Fitto ha dichiarato che la questione sarà eventualmente discussa in Consiglio europeo e dalla Commissione. Ha escluso categoricamente che possano esserci problemi tra il governo italiano e le istituzioni europee riguardo l’attuazione del Pnrr, nonostante il mancato sostegno del partito della premier alla rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue.
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POVERTA’
ILSOLE24ORE – NEL 2023 IL RISCHIO POVERTA’ IN ITALIA E’ SCESO AL 18,9%
Nel 2023, il rischio di povertà in Italia è sceso al 18,9%, il valore più basso dal 2010, anche se il paese rimane al di sopra della media dell’Unione Europea, che è del 16,2%. Questo calo rappresenta una diminuzione di 1,2 punti percentuali rispetto al 2022, con 11,12 milioni di persone a rischio povertà, ovvero 676.000 in meno rispetto all’anno precedente. Tuttavia, quando si considera la povertà e l’esclusione sociale, la situazione è più complessa. La percentuale di popolazione in questa condizione è del 22,8%, in calo di due punti rispetto al 2022, ma ancora superiore alla media Ue del 21,4%. In totale, ci sono circa 13,39 milioni di persone che vivono in condizioni di disagio economico, con una riduzione di circa 900.000 rispetto all’anno scorso. Il rischio di povertà è particolarmente elevato per i minori. Nel 2023, il 27,1% dei minori si trovava in una situazione di disagio economico, un dato in flessione rispetto al 28,5% del 2022, ma comunque superiore alla media Ue del 24,8%. Ci sono quindi 2.471.000 under 18 in difficoltà economica. Tra i fattori di deprivazione materiale, si segnala che l’8,4% degli italiani non può permettersi un pasto adeguato con carne o pesce ogni due giorni, un valore che sale al 19,2% per chi ha un reddito inferiore al 60% di quello mediano.
Altre notizie:
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