Giada Zanola, una donna di 33 anni, è stata uccisa a Vigonza, nel Padovano. La donna è precipitaTA dal cavalcavia della A4. Andrea Favero, il fidanzato, avrebbe parzialmente ammesso la sua responsabilità
Giada Zanola, una donna di 33 anni, è stata uccisa dal suo compagno, Andrea Favero, il 29 maggio 2024, a Vigonza, nel Padovano. La donna è stata buttata dal cavalcavia della A4, precipitando da una quindicina di metri. Il corpo di Giada è stato poi straziato da un tir in transito sulla corsia in direzione Milano.
Favero, un camionista di 38 anni, è stato fermato per omicidio volontario. Secondo le indagini, la coppia aveva una storia di violenze e recriminazioni, con litigi frequenti e violenti. Giada aveva confidato alle amiche di avere paura di Favero, che era geloso della sua relazione con un altro uomo e aveva picchiato la donna in diverse occasioni. Nonostante ciò, Giada non aveva mai sporto denuncia contro il compagno.
Le telecamere sul cavalcavia e le testimonianze raccolte subito dopo il ritrovamento del corpo di Giada hanno convinto gli inquirenti della necessità di fermare Favero. Il sostituto procuratore Giorgio Falcone ha dichiarato che la telefonata fatta dalla vittima e i messaggi inviati subito dopo il delitto rappresentano una messa in scena.
La famiglia e gli amici di Giada hanno descritto la donna come una persona serena e attenta al bambino di tre anni che aveva con Favero. Giada aveva lavorato in una profumeria a Vigonovo e era considerata una persona splendida dalle sue colleghe. La sua morte è stata definita una tragedia immane dal governatore del Veneto, Luca Zaia.
Favero ha detto di non ricordare cosa sia successo a Giada, affermando di avere un vuoto e di non riuscire a mentalizzare la scena. Tuttavia, le indagini hanno rivelato che Favero aveva ammesso i fatti davanti al pm e che le telecamere sul cavalcavia hanno fornito prove decisive contro di lui.
Il matrimonio annullato
Emergono nuovi dettagli sulla relazione tra Giada e Andrea: la coppia aveva programmato di sposarsi a settembre, ma Giada aveva poi deciso di annullare tutto. Secondo un amico di Andrea intervistato a “La vita in diretta” su Rai1, Giada aveva preso questa decisione perché non si sentiva più pronta. L’amico di Andrea ha descritto quest’ultimo come una persona gelosa e possessiva, mentre Giada era una ragazza solare desiderosa di vivere.
Secondo gli amici, la donna di 34 anni non aveva mai manifestato intenzioni suicide, poiché era molto legata al suo bambino e si considerava una madre devota. Tuttavia, aveva già comunicato al compagno il suo desiderio di porre fine alla loro relazione.
Il pm, nel decreto di fermo, ha indicato una serie di fattori che hanno contribuito a far perdere completamente la testa ad Andrea Favero, portandolo ad uccidere Giada Zanola. Tra questi fattori vi sono l’annullamento del matrimonio già programmato per il 21 settembre 2024, con abiti, anelli e partecipazioni già pronti, come confermato dalla madre dell’indagato. Altri fattori includono problemi economici, la convivenza separata, la relazione extraconiugale di Giada con un altro uomo, il cambiamento di lavoro che avrebbe comportato un contatto quotidiano con quest’ultimo, e il timore di perdere il figlio a causa della fine della relazione. Il pm ha inoltre menzionato il gesto di Giada di distruggere fotografie durante un litigio avvenuto il 27 maggio 2024, che simboleggiava la separazione tra lei e Andrea e tra lui e il figlio, oltre alle minacce ripetute di non farlo più vedere al padre, compiute anche poco prima dell’omicidio.
Il profilo della coppia in crisi
Giada Zanola, una donna di 34 anni nata a Brescia ma con un forte attaccamento alla regione veneta, come indicato dagli hashtag sul suo profilo Instagram. Il suo compagno, attualmente in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato, è Andrea Favero, un camionista di 39 anni.
Giada si apprestava a iniziare un nuovo lavoro presso un impianto di distribuzione di carburanti. Le indagini sull’omicidio hanno riscontrato numerose contraddizioni nella versione dei fatti fornita dal 39enne durante l’interrogatorio presso la Polizia stradale di Padova, incluso un disallineamento nei resoconti degli orari. Inoltre, le immagini delle telecamere di sorveglianza lungo la A4 in direzione Milano e del sovrappasso autostradale di Vigonza hanno fornito ulteriori elementi agli investigatori.
Cosa è successo?
Nel corso della notte, Andrea Favero avrebbe parzialmente ammesso di fronte al pubblico ministero e agli investigatori la sua responsabilità, notando lividi ed escoriazioni sul suo corpo, forse causati dai precedenti episodi violenti o dal tentativo di Giada di difendersi e sfuggire. Il 39enne avrebbe rivelato al magistrato di Padova il suo stato d’animo per la crisi della relazione e la preoccupazione per il futuro rapporto con il figlio di tre anni avuto con la compagna.
La lite tra i due sarebbe iniziata all’interno della loro abitazione e poi sarebbe proseguita all’esterno fino al cavalcavia dell’Autostrada A4, situato a breve distanza dalla loro casa, dove si è verificato il tragico episodio: Giada è stata fatta precipitare sulla carreggiata autostradale e successivamente travolta da un camion.
Questa tragedia non è stata classificata come un suicidio, come inizialmente ipotizzato al momento del ritrovamento del corpo. La svolta si è verificata quando Favero ha fatto delle ammissioni al pubblico ministero durante la notte. Il ritrovamento del corpo di Giada, dilaniato da un camion in transito, è avvenuto all’alba del 30 maggio.
La deputata della Lega, Laura Ravetto, ha commentato il femminicidio sottolineando la necessità di impegnarsi a livello politico e sociale per proteggere le donne dalla violenza.
La coppia, genitori di un bambino di tre anni, era in crisi da tempo. Secondo la ricostruzione della polizia, l’omicidio è avvenuto durante una lite sul ponte sopra l’autostrada a Vigonza, poco distante dalla loro abitazione. Qui, Favero avrebbe fatto precipitare Giada nel vuoto. Sebbene alcuni veicoli abbiano evitato il suo corpo cadendo sulla carreggiata, si ritiene che inizialmente potesse essere ancora viva, ma è stata poi mortalmente investita da un camion. Entrambi, vittima e indagato, sono italiani.
Gli investigatori hanno raccolto elementi nelle ore precedenti all’omicidio che li hanno portati a ipotizzare l’omicidio. Il pubblico ministero ha quindi interrogato il 39enne negli uffici di polizia e, al termine dell’interrogatorio, ha emesso un mandato di fermo per omicidio volontario, eseguito dalla polizia. Favero è stato portato nel carcere di Padova.
Cosa non torna?
Giada Zanola potrebbe essere stata priva di sensi o già deceduta quando il compagno l’ha gettata dal cavalcavia sull’A4. Tuttavia, l’autopsia eseguita finora non ha fornito risultati definitivi. Il corpo della donna è stato trovato in condizioni gravi, rendendo difficile stabilire l’orario preciso del decesso. Per avere ulteriori dettagli, sarà necessario attendere l’esito dell’esame tossicologico, previsto entro circa un mese.
Dopo aver fornito diverse versioni dei fatti, spesso contrastanti, Andrea Favero ha scelto di non rispondere durante l’interrogatorio in carcere. Nonostante il fermo non sia stato convalidato a causa della mancanza di pericolo di fuga, il giudice ha emesso un’altra ordinanza di custodia cautelare, basandosi sui gravi indizi a suo carico. Tali indizi sono stati rafforzati dalle parole della vittima, che aveva manifestato a più persone di temere per la propria vita e di sospettare che il compagno potesse drogarla, anche se non sono state trovate sostanze stupefacenti o farmaci particolari nella loro abitazione.
Inoltre, Giada Zanola aveva espresso chiaramente l’intenzione di porre fine alla relazione con il compagno, vivendo praticamente “separati in casa”. Aveva anche confidato a un’amica e al nuovo compagno di essere preoccupata che lui avesse registrato video intimi per ricattarla. La polizia postale è stata incaricata di verificare la presenza di tali file nei dispositivi della vittima, ma il cellulare di Giada non è stato trovato né sul luogo del decesso né in casa.
Le varie versioni fornite da Favero aprono diverse ipotesi, tra cui quella della premeditazione. Gli ultimi giorni di vita di Zanola sono stati turbolenti: una lite violenta si è verificata solo due giorni prima della sua morte, impedendole di iniziare il suo nuovo lavoro presso un distributore di carburante a Vigonovo, dove lavorava anche l’uomo con cui aveva una relazione, ormai nota al compagno.
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