AGI – La Cgia boccia il Superbonus

La Cgia boccia il Superbonus, spesi 123 miliardi per rendere energeticamente efficiente solo il 4% delle case. L’organizzazione ha dichiarato che l’effetto negativo del 110% sui conti pubblici italiani si è quasi esaurito, beneficiando meno di 500 mila degli oltre 12 milioni di immobili presenti nel Paese.

“Grazie alle misure restrittive imposte per legge in questi ultimi due anni, l’effetto negativo del Super Ecobonus 110% sui nostri conti pubblici si è quasi esaurito. Tuttavia, dall’introduzione di questa agevolazione fino al 31 agosto scorso, gli oneri complessivi a carico dello Stato sfiorano i 123 miliardi di euro”. La Cgia di Mestre ha sottolineato che, a oggi, gli immobili che dal luglio 2020 hanno beneficiato di questo provvedimento sono stati poco meno di 500mila. Considerando che in Italia gli edifici residenziali sono circa 12,2 milioni, l’Ufficio studi della Confederazione degli artigiani stima che “il cosiddetto Superbonus abbia interessato solo il 4 per cento del totale degli immobili a uso abitativo presenti nel Paese”.

In un momento delicato, dove con la prossima legge di bilancio verranno chiesti sacrifici a tutti, la Cgia osserva: “Aver speso oltre 6 punti di Pil per efficientare uno sparuto numero di abitazioni fa arrabbiare chiunque abbia un minimo di buon senso”. L’organizzazione evidenzia che lo Stato ha speso una cifra considerevole per migliorare l’efficienza energetica di una quota molto ridotta di edifici. Inoltre, sembra che il provvedimento abbia favorito maggiormente i proprietari di immobili con una buona o elevata capacità di reddito, piuttosto che concentrarsi sulle famiglie meno abbienti, che tendono a risiedere in abitazioni in cattivo stato di conservazione e con un livello di efficienza energetica molto basso.

Risultati ambientali modesti

Non tutti sono concordi nel ritenere che il Super Ecobonus 110% contribuirà in modo significativo a ridurre le emissioni inquinanti. La Cgia prosegue affermando che, sebbene non ci siano valutazioni scientifiche rigorose sotto il profilo ambientale, l’abbattimento della CO2 sarebbe molto contenuto. Secondo la Banca d’Italia, le prime evidenze mostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus compenserebbero i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni. Alcuni esperti internazionali sostengono che la riduzione delle emissioni ottenuta con l’applicazione del Superbonus avrebbe potuto essere maggiore se si fosse incentivata l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento degli ambienti e della produzione di acqua sanitaria. In alternativa al gas metano, sarebbe consigliabile utilizzare vettori elettrici (come le pompe di calore e le piastre a induzione), che risultano significativamente più efficienti delle tecnologie basate su fonti fossili.

Con 123 miliardi avremmo 1,2 milioni alloggi pubblici nuovi

Chi ha voluto e continua a difendere questo provvedimento sostiene che non si debba considerare solo la spesa sostenuta dallo Stato fino ad ora, ma anche gli effetti economici positivi generati. Questi includono un aumento del gettito fiscale (Irpef, Ires, Iva), più occupazione e risparmio energetico. Tuttavia, la Cgia confuta questa tesi affermando che se invece di utilizzare il Superbonus per incentivare principalmente gli interventi nell’edilizia privata si fosse impiegata questa misura per demolire e ricostruire edifici residenziali pubblici, gli effetti positivi sarebbero stati simili. Con 123 miliardi di euro sarebbe stato possibile costruire teoricamente 1,2 milioni di alloggi pubblici, ben 400mila in più rispetto agli attuali alloggi presenti nel Paese. Questo approccio avrebbe anche rappresentato un’azione di giustizia sociale che la misura attualmente in vigore ha disatteso.

In Italia interessato solo il 4,1% degli edifici

Fino al 31 agosto scorso, gli interventi di ristrutturazione ed efficientamento edilizio realizzati grazie al Superbonus hanno raggiunto quasi le 500mila unità (precisamente 496.315). Nonostante gli oneri a carico dello Stato siano pari a 123 miliardi di euro, solo il 4,1% del totale degli edifici residenziali presenti in Italia è stato interessato dall’agevolazione fiscale. A livello regionale, il Veneto ha registrato il maggior numero di richieste per il 110%, con 59.652 asseverazioni depositate e un’incidenza percentuale sul numero degli edifici residenziali esistenti pari al 5,6%. Seguono l’Emilia Romagna con un’incidenza del 5,4%, il Trentino Alto Adige con un tasso del 5,4%, la Lombardia con un’incidenza del 5,2% e la Toscana anch’essa con un’incidenza del 5,2%. Al contrario, le regioni del Mezzogiorno hanno mostrato un ricorso limitato all’incentivo: Molise e Puglia hanno interessato solo il 2,9% dei propri edifici residenziali; la Calabria il 2,6% e la Sicilia solo il 2,2%.

Ogni intervento è costato mediamente 247.800 euro

A livello nazionale, l’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 247.819 euro. Il costo massimo si registra in Valle d’Aosta con 401.040 euro per immobile; seguono la Basilicata con 299.963 euro e la Liguria con 298.314 euro. La Lombardia ha avuto un costo medio per intervento di 296.107 euro e la Campania di 294.679 euro. Le ultime posizioni nella graduatoria sono occupate dal Veneto con un costo medio per intervento di 194.913 euro per edificio, dalla Sardegna con 187.440 euro e infine dalla Toscana con un costo medio di 182.919 euro.