Esponenti del governo Meloni sostengono che il debito pubblico italiano stia tornando in mano ai cittadini del paese. Tuttavia, analizzando i dati, emerge una realtà diversa
Recentemente, esponenti del governo Meloni hanno sostenuto che il debito pubblico italiano stia tornando in mano ai cittadini del paese. Giorgia Meloni, il 28 aprile, durante la sua candidatura alle elezioni europee a Pescara, ha dichiarato che “Il debito sta tornando nelle mani degli italiani grazie al successo dei Btp Valore”. Allo stesso modo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’8 maggio, ha sottolineato che “I titoli di Stato sono sempre di più nelle mani degli italiani: guardate il successo dei bond destinati alle famiglie italiane”.
Queste affermazioni implicano che in passato il debito pubblico italiano fosse principalmente detenuto da banche o cittadini stranieri e che solo ora, con il governo Meloni, la quota detenuta dalle famiglie italiane stia crescendo. Tuttavia, analizzando i dati, emerge una realtà diversa. Numeri alla mano, infatti, si può notare una discrepanza con questa narrazione, che contraddice anche altre dichiarazioni di Meloni, che in precedenza ha celebrato “il record di titoli di Stato richiesti sui mercati esteri”, suggerendo un interesse da parte di investitori stranieri.
Chi possiede il debito pubblico italiano?
Secondo i dati più recenti della Banca d’Italia, a febbraio 2024 il “debito delle amministrazioni pubbliche”, comunemente noto come “debito pubblico”, era di circa 2.872 miliardi di euro, superiore di oltre 100 miliardi rispetto a ottobre 2022, quando è iniziato il mandato del governo Meloni. Tuttavia, in economia, si valuta solitamente il rapporto tra il debito e il PIL per determinare la sostenibilità del debito di uno Stato, anziché il valore assoluto del debito stesso.
I dati della Banca d’Italia permettono di analizzare dettagliatamente la composizione del debito pubblico italiano e i suoi possessori. A gennaio 2024, il 27,9% del debito pubblico era detenuto da “non residenti”, ovvero investitori e istituti finanziari stranieri. Questa percentuale è in costante aumento dal marzo 2023, quando ha toccato il minimo degli ultimi anni (26,1%), ma rimane al di sotto del picco del 41,3% registrato nell’ottobre 2009.
Questi dati confutano le affermazioni recenti degli esponenti del governo Meloni, che sostenevano una diminuzione del debito pubblico in mano straniera. In realtà, la quota detenuta da investitori stranieri sta leggermente aumentando.
Tuttavia, non è corretto dedurre che il 72% del debito pubblico italiano sia detenuto dalle famiglie e dai cittadini italiani, poiché quasi il 28% è in mano a investitori stranieri. Secondo i dati più recenti, il 24,2% del debito pubblico italiano è detenuto dalla Banca d’Italia, il 24% da altre banche centrali o istituzioni bancarie e il 12,2% da altre istituzioni finanziarie, come la Cassa depositi e prestiti. Solo il restante 13,5% è detenuto da “altri residenti”, che principalmente includono famiglie e investitori italiani.
Questa percentuale è in aumento da ottobre 2022, quando è iniziato il governo Meloni. Tuttavia, è difficile attribuire questo aumento specificamente all’operato del nuovo governo.
Il Btp Valore
La quota del debito pubblico in possesso degli “altri residenti” ha cominciato a crescere a gennaio 2022, durante il governo Draghi. All’epoca, questa quota era del 7,9%, la stessa registrata un anno prima, a gennaio 2021. In secondo luogo, non tutto il debito pubblico è rappresentato dai titoli di Stato. Secondo i dati più recenti, poco più dell’84% del debito è costituito da titoli, mentre il resto è composto da prestiti e altre passività.
Il governo Meloni ha introdotto una novità riguardante i titoli di Stato. A giugno 2023 è stata, infatti, effettuata la prima emissione dei “Btp Valore”. Questi titoli di Stato poliennali sono destinati principalmente a famiglie e piccole imprese, differenziandosi dai grandi investitori istituzionali come banche e altre società finanziarie. Vengono chiamati “Valore” poiché offrono rendimenti più elevati rispetto alla media. Sebbene i Btp Valore siano aperti anche agli investitori stranieri, non sono una novità assoluta: già negli anni precedenti al governo Meloni sono stati emessi i “Btp Italia”, titoli riservati a piccoli investitori e indicizzati all’inflazione.
Fino ad oggi, sono state effettuate 4 emissioni di Btp Valore: la prima (giugno 2023) ha raccolto 18,2 miliardi di euro, la seconda (settembre 2023) 17,2 miliardi, la terza (febbraio 2024) 18,3 miliardi e la quarta (maggio 2024) 11,2 miliardi. Complessivamente, nell’arco di un anno, sono stati raccolti circa 65 miliardi di euro tramite i Btp Valore, pari al 2% del totale del debito pubblico italiano. Per dare un’idea, nel 2023 lo Stato italiano ha speso 79 miliardi di euro solo per pagare gli interessi sul debito.
A gennaio 2024, circa 2.372 miliardi di euro del debito pubblico erano costituiti da titoli di Stato. Di questi, 656 miliardi erano detenuti da investitori stranieri, corrispondenti al 27,6% del totale. La quota dei titoli di Stato in possesso degli “altri residenti” era del 13,7%, equivalente a oltre 326 miliardi. A maggio 2023, prima della prima emissione dei Btp Valore, questa quota era del 10,8% (253 miliardi su quasi 2.344 miliardi), quindi si è verificato un aumento.
Questa crescita è stata confermata anche dalla Banca d’Italia. “Nella seconda metà del 2023, la quota dei titoli di Stato detenuti dalle famiglie italiane è aumentata significativamente a causa dell’aumento dei rendimenti, superando il 10%. Sono diminuite ulteriormente le quote della Banca d’Italia e dell’Eurosistema, in linea con la normalizzazione della politica monetaria, così come quelle delle banche e delle assicurazioni”, ha dichiarato la Banca d’Italia nel suo “Rapporto sulla stabilità finanziaria”, pubblicato il 30 aprile. Secondo la banca centrale italiana, “alla fine di febbraio sono stati raccolti 18,3 miliardi mediante la terza edizione del Btp Valore, un primato per un’emissione di questo tipo”.
Pro e Contro
L’aumento della quota di debito pubblico detenuta dalle famiglie italiane è una buona notizia?
Il fatto che una parte significativa del nostro debito pubblico sia in mano a banche, istituzioni e famiglie italiane ha un vantaggio: riduce notevolmente il rischio di dipendenza dai capitali esteri. Un investitore straniero che acquista titoli di Stato italiani ha principalmente interesse a ottenere il rimborso del suo investimento nei tempi e nei modi stabiliti. Non gli importa particolarmente della stabilità macroeconomica o del benessere dei cittadini italiani; al contrario, forti fluttuazioni nei prezzi dei titoli, legate all’incertezza economica o a una crisi, potrebbero rappresentare un’opportunità per ottenere maggiori guadagni.
D’altra parte, dipendere dagli investimenti stranieri, come avviene soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, comporta essere esposti a eventi politici o economici esterni. Ad esempio, durante una recessione globale o una guerra, i Paesi stranieri potrebbero ritirare gli investimenti all’estero e l’Italia potrebbe non riuscire a trovare fonti di finanziamento.
Un debito principalmente detenuto dagli italiani offre maggiore stabilità: gli investitori non hanno interesse a provocare forti oscillazioni nei prezzi dei titoli, poiché eventuali crisi potrebbero destabilizzare l’intero sistema finanziario e l’economia reale. La crisi che ha colpito l’Italia dal 2011 in poi, durante la quale si è parlato molto dello spread, è un esempio: in quel periodo gli investitori hanno esercitato pressioni sul nostro Paese perché il livello di debito pubblico era considerato insostenibile, richiedendo tassi di interesse più alti. Ciò ha contribuito a una grave crisi che ha avuto ripercussioni sull’economia reale e ha causato un lungo periodo di stagnazione.
Un cittadino italiano ha più da perdere rispetto a uno straniero se decide di speculare, ossia sfruttare situazioni di instabilità per ottenere un profitto finanziario, poiché questa instabilità potrebbe avere un impatto negativo sul suo benessere e sull’economia nel complesso.
Tuttavia, se la stabilità viene meno, il ruolo di “guardiano” della stabilità svolto dagli investitori italiani comporta un rischio maggiore. Se un investitore straniero subisce perdite finanziarie, le conseguenze sull’economia italiana sono minime. D’altra parte, se il debito è detenuto da individui e istituzioni italiane, la loro perdita di potere d’acquisto a causa di una crisi finanziaria si rifletterebbe anche in minori consumi nell’economia reale, peggiorando ulteriormente la crisi.
Le banche, che detengono una parte significativa del debito pubblico italiano, vedrebbero anche il valore dei loro asset diminuire durante una crisi economica, dal momento che una parte consistente di questi asset è rappresentata da titoli di Stato. Ciò potrebbe spingerle a ridurre i prestiti in circolazione e a rendere meno stabile la loro situazione finanziaria, come accaduto durante la crisi dei debiti sovrani tra il 2011 e il 2013.
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