SIR – Entra in vigore l’identità digitale europea

Il 20 maggio è entrato in vigore Eidas 2.0, il regolamento dell’Unione Europea su “identificazione elettronica e servizi fiduciari”. La principale innovazione introdotta è il portafoglio digitale, che stabilisce un quadro normativo per le transazioni elettroniche tra imprese, cittadini e autorità pubbliche.

Secondo il Consiglio dell’Unione Europea, gli Stati membri forniranno ai cittadini e alle imprese portafogli digitali in grado di collegare le loro identità digitali nazionali. In questo modo, i cittadini potranno dimostrare la propria identità e condividere documenti elettronici in modo semplice, utilizzando il loro cellulare.

L’identità digitale servirà a vari scopi: aprire un conto corrente, eseguire operazioni bancarie, interagire con i servizi pubblici nei settori dei trasporti, energia, sanità e servizi postali. I progetti pilota prevedono la digitalizzazione della patente di guida, l’attivazione di credenziali bancarie e di una SIM telefonica, la gestione di prescrizioni elettroniche e l’apposizione di firme qualificate.

L’Italia ha anticipato l’entrata in vigore di Eidas 2.0 con l’annuncio di IT-Wallet, un programma per memorizzare e gestire in modo centralizzato le informazioni personali dei cittadini italiani. Inizialmente previsto per i primi mesi del 2024, il lancio del primo prototipo di IT-Wallet è stato rinviato a settembre dello stesso anno, con l’obiettivo di renderlo pienamente operativo dal 2025.

Nonostante l’euro digitale sia ancora in fase di sperimentazione, l’obiettivo finale del sistema Eidas 2.0 è di integrare la moneta digitale nel portafoglio digitale. L’Italia sta abbracciando pienamente gli obiettivi di transizione digitale, destinando il 27% dei fondi del PNRR ai fini promossi da Eidas 2.0.

Manca ancora una discussione approfondita a livello istituzionale sui benefici e rischi di questo sistema, inclusi i potenziali impatti sulla privacy e sul controllo dei dati. Rimane da chiarire chi gestirà la grande quantità di dati prevista: solo l’Unione Europea o anche soggetti privati, che già monetizzano le informazioni personali online?