Il delitto del Morrone è un evento di cronaca nera avvenuto il 20 agosto 1997 nel bosco di Mandra Castrata, nei pressi di passo San Leonardo sul monte Morrone, in Abruzzo
Il delitto del Morrone è un tragico evento di cronaca nera avvenuto il 20 agosto 1997 nel bosco di Mandra Castrata, situato nei pressi di passo San Leonardo sul monte Morrone, in Abruzzo. Questo crimine ha suscitato un ampio interesse mediatico a causa della sua brutalità e della sua natura violenta. L’autore del delitto è Halivebi Hasani, un pastore macedone, che ha aggredito tre giovani donne: Diana Olivetti, Silvia Olivetti, l’unica sopravvissuta, e Tamara Gobbo, tutte originarie della provincia di Padova. La violenza dell’episodio è stata paragonata dai giornalisti all’orrendo massacro del Circeo, avvenuto ventidue anni prima.
Le tre ragazze si trovavano in escursione e avevano chiesto indicazioni sul sentiero per raggiungere la cima del monte. Dopo averle accompagnate con atteggiamento cortese all’ingresso del bosco, Hasani ha estratto una pistola e ha aperto il fuoco su Silvia e Tamara. Convinto di averle uccise, si è poi scagliato contro Diana Olivetti nel tentativo di violentarla, sparando infine un colpo mortale al cuore della giovane. Le indagini sono state risolte in poche ore grazie alla testimonianza di Silvia Olivetti, che è riuscita a salvarsi fingendosi morta durante l’attacco.
Halivebi Hasani, conosciuto nella comunità come Alì, non ha cercato di nascondersi né di distruggere le prove del suo crimine. Silvia è riuscita a dare l’allerta alle autorità e ha fornito dettagli precisi sugli eventi accaduti, compilando dieci cartelle di verbale e identificando il colpevole attraverso le foto segnaletiche di altri sette pastori. Hasani ha confessato il crimine circa ventiquattro ore dopo l’accaduto.
Fatti
Il 20 agosto 1997, Diana e Silvia Olivetti insieme all’amica Tamara Gobbo avevano deciso di fare un’escursione alle pendici della Maiella. Dopo circa due ore di cammino, si sono imbattute in un uomo con abiti trasandati che ha indicato loro la strada giusta per proseguire. Dopo averlo seguito per un po’, l’uomo ha estratto una pistola e ha intimato loro di entrare nel bosco. Nonostante le ragazze abbiano implorato per la loro vita offrendo i loro averi, Hasani ha aperto il fuoco.
Dopo aver sparato a Silvia e Tamara, Diana ha chiesto di controllare le condizioni delle sue amiche e Hasani ha acconsentito. Tuttavia, successivamente ha aggredito Diana con intenti sessuali e l’ha uccisa con un altro colpo. Silvia è riuscita a scappare fino a un’abitazione vicina dove ha ricevuto aiuto e dove sono stati allertati i carabinieri.
Indagini e processo
Le indagini hanno portato gli inquirenti a trovare Hasani presso la sua abitazione a Capoposto, dove viveva in condizioni precarie. Gli investigatori hanno rinvenuto gli abiti indossati durante il delitto e le armi utilizzate. Hasani ha confessato i due omicidi e il tentativo di omicidio nei confronti di Silvia, negando però lo stupro.
La Corte d’Assise dell’Aquila ha condannato Halivebi Hasani all’ergastolo per omicidio volontario plurimo e altri reati legati alla violenza perpetrata. Nonostante la condanna, rimangono alcuni punti oscuri sulla dinamica degli eventi e sulla vita dell’assassino prima dei fatti.
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