Cosa rischia Salvini nel processo sulla Open Arms

Matteo Salvini rischia una condanna fino a 15 anni di carcere nel processo legato al caso Open Arms, per il quale è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Oggi i pubblici ministeri presenteranno la loro requisitoria finale

Cosa rischia Salvini nel processo sulla Open Arms

Il processo Open Arms, che coinvolge il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è entrato in una fase cruciale con l’inizio della requisitoria dei pubblici ministeri della Procura di Palermo. Secondo i magistrati, Salvini, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno, avrebbe commesso “un sequestro di persona” quando, nell’estate del 2019, vietò lo sbarco di 147 migranti dalla nave della ONG spagnola Open Arms. Gli inquirenti sostengono che l’ex ministro avrebbe agito “in violazione di convenzioni internazionali e di norme interne in materia di soccorso in mare e di tutela dei diritti umani” e “abusando dei poteri” assegnatigli come autorità di pubblica sicurezza. La requisitoria dei PM si concentrerà proprio su questi punti, e al termine dell’udienza verrà presentata una richiesta di condanna per Salvini, che rischia una pena massima di 15 anni di carcere secondo il Codice penale.

Le dichiarazioni di Salvini

Salvini, che sarà presente in aula, ha più volte difeso le sue azioni dichiarando: “Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia e i suoi confini, salvando vite e facendo rispettare la legge” e aggiungendo: “Non ho nulla da temere. Ho fatto quello che ho fatto e lo rifarei con orgoglio”. Nel frattempo, la Lega ha organizzato una mobilitazione davanti all’aula bunker del carcere di Pagliarelli a Palermo, dove si terrà l’udienza.

Il caso

Il caso Open Arms ebbe inizio il 1° agosto 2019, quando la nave della ONG spagnola soccorse 124 persone al largo della Libia, successivamente chiedendo all’Italia un porto di sbarco. Tuttavia, la nave fu soggetta al decreto sicurezza bis e le venne negato l’ingresso nelle acque italiane. Nei giorni successivi, 32 minori, di cui 28 non accompagnati, rimasero a bordo della nave insieme agli altri migranti, nonostante alcuni trasferimenti per motivi medici. Il 9 agosto, i legali di Open Arms presentarono un ricorso al tribunale per i minori di Palermo per consentire lo sbarco delle persone e il 10 agosto venne effettuato un terzo salvataggio, con altre 39 persone soccorse.

Il 12 agosto 2019, il tribunale dei minori di Palermo avanzò dubbi sul possibile reato di respingimento alla frontiera ed espulsione di minori, chiedendo chiarimenti al governo. Il giorno successivo, i legali di Open Arms ricorsero al Tar del Lazio contro il decreto sicurezza bis, che il 14 agosto venne sospeso, permettendo così alla nave di dirigersi verso l’Italia. Tuttavia, la nave non ricevette immediatamente un porto di sbarco, e la tensione a bordo continuò a crescere, con alcuni migranti che si gettarono in mare per disperazione.

Il 20 agosto, dopo numerosi trasferimenti, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio salì a bordo della nave e ordinò lo sbarco e il sequestro preventivo della nave per sospetti di abuso d’ufficio. Quel giorno la nave attraccò a Lampedusa con 83 persone a bordo. Durante il processo, sono stati ascoltati numerosi testimoni, tra cui ex ministri come Danilo Toninelli, Elisabetta Trenta, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, i quali hanno confermato che la decisione di vietare lo sbarco fu presa da Salvini.

Testimonianze

In momenti successivi del processo, due ex ammiragli, consulenti della difesa, hanno sollevato dubbi sulla condotta della ONG, suggerendo che Open Arms fosse stata avvertita in anticipo sulle coordinate della barca da soccorrere, ipotesi che l’avvocata Giulia Bongiorno, legale di Salvini, ha presentato come “anomalia” nel corso delle udienze.

Nelle fasi precedenti del dibattimento, i pubblici ministeri avevano anche sottolineato come Salvini, già due anni prima del 2019, avesse utilizzato il tema delle ONG per finalità politiche, intrattenendo contatti con ex poliziotti definiti di “dubbia affidabilità” per raccogliere informazioni su organizzazioni come Save the Children e Medici Senza Frontiere. Questi elementi sono stati discussi in relazione a una sentenza di non luogo a procedere in un processo a Trapani su favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Prossimi Passi

Oggi, il procuratore aggiunto Marzia Sabella aprirà la requisitoria, seguita dai PM Calogero Ferrara e Giorgia Righi. La richiesta di condanna dovrebbe arrivare nel pomeriggio, mentre la sentenza finale è prevista prima della fine dell’anno.

Cosa rischia

Matteo Salvini rischia una condanna fino a 15 anni di carcere nel processo legato al caso Open Arms, per il quale è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Il processo si svolge nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo e riguarda il divieto imposto nel 2019 all’ingresso in acque italiane della nave della ong spagnola Open Arms, che aveva soccorso 124 migranti. Oggi, sabato 15 settembre, i pubblici ministeri Marzia Sabella, Calogero Ferrara e Giorgia Righi presenteranno la loro requisitoria finale, in cui chiederanno una pena per Salvini.

La vicenda Open Arms ebbe inizio il 1° agosto 2019, quando la nave della ong spagnola soccorse in mare 124 persone. Il giorno successivo, chiese all’Italia un porto di sbarco, ma il ministero dell’Interno, all’epoca guidato da Salvini, negò l’ingresso nelle acque italiane, applicando il decreto sicurezza bis. Durante i giorni successivi, a bordo della nave rimasero bloccati 147 migranti, tra cui 32 minori, nonostante alcuni trasferimenti per motivi medici. Il blocco continuò per 19 giorni, durante i quali Open Arms presentò esposti e ricorsi legali. Anche se il Tar sospese il divieto, Salvini non concesse comunque un porto di sbarco alla nave. La tensione crebbe e alcuni migranti si gettarono in mare per la disperazione. Solo il 20 agosto, a seguito dell’intervento della procura di Agrigento, la nave fu autorizzata ad attraccare a Lampedusa.

L’accusa sostiene che Salvini avrebbe agito autonomamente, violando convenzioni internazionali sul soccorso in mare e agendo in contrasto con l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il leader della Lega si difende affermando: “Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia e i suoi confini. Ho fatto quello che ho fatto e lo rifarò con orgoglio”. La Lega ha organizzato mobilitazioni a sostegno di Salvini, con gazebo in diverse città italiane previsti per i weekend del 21-22 e 28-29 settembre, e il raduno di Pontida del 6 ottobre sarà un evento centrale di questa mobilitazione.

Secondo il Codice penale italiano, il sequestro di persona aggravato, soprattutto se commesso da un pubblico ufficiale, prevede pene fino a 15 anni di reclusione. L’accusa, durante la requisitoria, sottolineerà anche che la ong Open Arms avrebbe saputo in anticipo le coordinate della barca da soccorrere, insinuando un possibile collegamento con gli scafisti. La difesa di Salvini, rappresentata dall’avvocata Giulia Bongiorno, sostiene che l’Italia non avesse alcun obbligo di intervento, poiché le operazioni di soccorso erano avvenute al di fuori delle aree di competenza italiane. Bongiorno ha dichiarato che, inizialmente, Open Arms aveva contattato e informato la Spagna, paese di bandiera della nave, e Malta, in quanto zona più vicina ai salvataggi.

I pubblici ministeri hanno respinto le argomentazioni della difesa, richiamando i contatti che Salvini avrebbe avuto con tre ex poliziotti, definiti dal giudice di Trapani di “dubbia affidabilità”, che avrebbero agito come infiltrati per conto della Lega. Questi contatti, secondo l’accusa, sarebbero stati utilizzati da Salvini per ottenere informazioni riservate sulle ong, con lo scopo di strumentalizzare la questione migratoria a fini elettorali. Il procuratore aggiunto Marzia Sabella ha affermato che la decisione di non permettere lo sbarco dei migranti non era dettata da motivi tecnico-giuridici, ma da una strategia elettorale. Queste conclusioni sono state sostenute dalle testimonianze dell’ex premier Conte e degli ex ministri del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, che all’epoca erano alleati di governo di Salvini.

Nelle prossime fasi processuali, dopo la requisitoria dell’accusa, prenderanno la parola le parti civili, e successivamente la difesa di Salvini esporrà le sue argomentazioni, operazione che potrebbe richiedere una o più udienze. Una volta terminate le discussioni, i giudici si riuniranno in camera di consiglio per valutare le prove e emettere una sentenza, attesa entro la fine di ottobre. In caso di condanna, Salvini avrà la possibilità di ricorrere in appello e, successivamente, in Cassazione. Se dovesse essere assolto, la procura potrà comunque impugnare la sentenza e portare il caso davanti alla Corte d’appello.

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