L’Italia è uno dei nove paesi che ha deciso di non firmare la dichiarazione dell’Unione Europea contro l’omofobia, promossa dalla presidenza belga in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, la Transfobia e la Bifobia. Questa dichiarazione mira a promuovere politiche europee a favore delle comunità LGBTQIA+ attraverso una serie di impegni volti a difendere i diritti di queste comunità.
La dichiarazione include impegni per promuovere l’uguaglianza e combattere la discriminazione basata su identità di genere, espressione di genere, sesso e orientamento sessuale. Inoltre, mira a incrementare la protezione legale e il riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone LGBTQIA+, contrastare la disinformazione e sostenere l’accettazione sociale di queste persone. Un altro punto importante è garantire l’uguaglianza delle persone LGBTQIA+ all’interno degli Stati membri e sostenere la nomina di un Commissario per l’uguaglianza nella nuova Commissione Europea.
Tuttavia, l’Italia, insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, ha deciso di non firmare questa dichiarazione. Secondo fonti del Ministero della Famiglia italiano, la decisione è stata presa perché la dichiarazione era considerata “sbilanciata sull’identità di genere”, in linea con i contenuti della legge Zan, che non è stata approvata in Italia. Per questo motivo, il governo italiano ha ritenuto opportuno non aderire.
La ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, ha spiegato che il governo è contrario a qualsiasi discriminazione, ma non vuole sostenere documenti che neghino l’identità maschile e femminile, considerata fondamentale. Ha anche affermato che il governo italiano ha firmato un’altra dichiarazione contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, focalizzata sulla non discriminazione rispetto all’orientamento sessuale.
La mancata firma della dichiarazione UE ha suscitato critiche dalle opposizioni, in particolare dalla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha espresso indignazione per la decisione del governo, definendola inaccettabile e una vergogna.