Chi guarda le partite con il “pezzotto” rischia il carcere?

Il decreto Omnibus introduce nuove misure contro l’uso delle IPTV illegali, in particolare per quanto riguarda la visione di partite di calcio tramite questi sistemi illeciti

Chi guarda le partite con il pezzotto rischia il carcere

Il decreto Omnibus introduce nuove misure contro l’uso delle IPTV illegali, in particolare per quanto riguarda la visione di partite di calcio tramite questi sistemi illeciti. Tra le novità più rilevanti, vi è il rischio di sanzioni severe per chi gestisce o utilizza tali servizi, con pene che includono anche il carcere per i fornitori di contenuti pirata.

Quando rischia il carcere chi guarda le partite con le IPTV

Molti utenti si sono allarmati all’idea di rischiare il carcere per aver utilizzato il cosiddetto “pezzotto”, termine che indica l’accesso illegale a servizi televisivi tramite IPTV, ormai entrato nel vocabolario Treccani. Tuttavia, il decreto Omnibus non prevede pene detentive per chi semplicemente guarda contenuti illegali. Il reato, infatti, riguarda solo i gestori dei servizi pirata, ai quali viene imposto di segnalare tempestivamente alle autorità la presenza di contenuti illegali o sospetti sui loro canali. Se non lo fanno, rischiano una pena fino a 1 anno di reclusione.

Un altro obbligo riguarda i fornitori di servizi situati fuori dall’Unione europea, che dovranno avere un rappresentante legale in Italia. Inoltre, i provider di Vpn e Dns dovranno bloccare l’accesso ai contenuti illegali entro 30 minuti dalla segnalazione delle autorità. I siti web che trasmettono contenuti pirata saranno bloccati per un minimo di 6 mesi e, al termine di questo periodo, potranno essere riabilitati solo se non riprenderanno le attività illecite.

Anche se gli utenti finali non rischiano il carcere, sono comunque previste sanzioni economiche per chi usufruisce di streaming illegale. Il decreto prevede multe automatiche che vanno da 150 a 5.000 euro. Inoltre, la diffusione di contenuti protetti da copyright senza licenza e per fini di lucro rimane un reato punibile con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e una multa da 2.582 a 15.493 euro.

Carcere per il pezzotto: è eccessivo?

Per garantire l’applicazione di queste sanzioni, è stato firmato un protocollo d’intesa tra Agcom, la Guardia di Finanza e la Procura di Roma, che consente di risalire all’identità degli utenti che utilizzano le IPTV illegali. Questo protocollo mira anche a rafforzare il controllo su internet provider, motori di ricerca, fornitori di reti di distribuzione di contenuti e servizi Vpn e Dns, per contrastare i reati di accesso abusivo a sistemi informatici e la frode informatica.

Nonostante le nuove regole siano pensate per combattere la pirateria, sono emerse alcune perplessità. Alcuni operatori del settore delle telecomunicazioni hanno espresso preoccupazioni, sottolineando che il decreto attribuisce troppo potere ai privati, in particolare alle piattaforme di trasmissione. Temono che l’obbligo di bloccare contenuti in streaming possa comportare un aumento dei costi per i fornitori di servizi internet. Inoltre, vi è il rischio che i gestori dei servizi possano essere ritenuti responsabili per ritardi nella segnalazione di contenuti illegali, anche se causati da fattori esterni. Il decreto non specifica chiaramente cosa si intenda per “sospetto di reato”, e questo crea ulteriori incertezze.

Secondo Assotelecomunicazioni, queste responsabilità “non sono coerenti con la natura di fornitori di servizi di accesso alla rete e con i principi generali dell’ordinamento delle comunicazioni stabiliti a livello comunitario”. Nonostante queste preoccupazioni, lo streaming illegale continua a causare danni significativi all’economia italiana, rendendo necessarie misure di controllo più severe. Tuttavia, sembra necessario un chiarimento sulle responsabilità degli operatori, soprattutto per evitare un sovraccarico di segnalazioni e controlli che potrebbero rallentare il sistema.

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