Un recente studio pubblicato su Lancet mette in luce l’impatto crescente dell’antibiotico-resistenza, un fenomeno che rischia di causare 39 milioni di morti nei prossimi 25 anni. Secondo i ricercatori del Global Research on Antimicrobial Resistance (Gram), una collaborazione scientifica tra l’Università di Oxford e l’Università di Washington, l’antibiotico-resistenza rappresenta un problema globale che potrebbe peggiorare in maniera significativa. Già oggi, i batteri resistenti agli antibiotici uccidono più di un milione di persone ogni anno, superando persino malattie letali come l’HIV e la malaria.
Lo studio, che segue una precedente ricerca del 2022, analizza l’impatto delle infezioni resistenti agli antibiotici dal 1990 al 2021 e proietta le sue stime fino al 2050. I dati mostrano che se non si prenderanno provvedimenti significativi per limitare la diffusione delle infezioni e sviluppare nuovi antibiotici, entro il 2050 i decessi causati da batteri resistenti potrebbero raggiungere quasi due milioni l’anno. Inoltre, altre 8 milioni di morti potrebbero avere tra le loro cause principali l’antibiotico-resistenza.
I ricercatori hanno osservato che, tra il 1990 e il 2021, i decessi causati direttamente da infezioni resistenti agli antibiotici sono stati in media oltre un milione all’anno. Nel 1990, i morti erano circa 1,06 milioni, saliti a 1,27 milioni nel 2019. Tuttavia, nel 2021, a causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia, l’incidenza di queste infezioni è calata, portando il numero di decessi a 1,14 milioni.
Un cambiamento significativo è stato notato nella distribuzione delle morti per fascia di età. Tra i bambini sotto i cinque anni, la mortalità causata da infezioni resistenti è diminuita del 50% in trent’anni, passando da 488mila decessi nel 1990 a 190mila nel 2021. Questo successo è attribuito a miglioramenti nelle campagne vaccinali e nelle strategie di prevenzione delle infezioni nei più piccoli. Tuttavia, tra gli anziani, la situazione è peggiorata: nel 2021, le infezioni resistenti hanno causato direttamente 519mila morti e contribuito ad altri 2,16 milioni di decessi, con un aumento dell’80% rispetto agli anni precedenti.
Kevin Ikuta, professore all’Università di Washington e all’Università della California di Los Angeles, uno degli autori dello studio, ha commentato: “La riduzione dei decessi per sepsi e infezioni resistenti agli antibiotici nei bambini piccoli è un risultato incredibile. Tuttavia, il pericolo rappresentato dai batteri resistenti per gli anziani continuerà a crescere, aggravato dall’invecchiamento della popolazione”.
Le previsioni per il futuro sono preoccupanti. Se non si agirà prontamente, entro il 2050 si potrebbe raggiungere un picco di 1,91 milioni di decessi l’anno, con un aumento del 67,5% rispetto al 2021. In totale, si stima che tra il 2025 e il 2050 potrebbero verificarsi 39 milioni di morti a causa della resistenza agli antibiotici, con altri 169 milioni di decessi in cui questi batteri resistenti rappresenteranno una concausa.
Le regioni più colpite saranno l’Asia meridionale, in particolare India, Bangladesh e Pakistan, e alcune aree dell’Africa subsahariana. Tuttavia, si prevede che la mortalità infantile continuerà a diminuire, riducendosi ulteriormente entro il 2025. Questo calo sarà compensato da un aumento dei decessi nella popolazione adulta, soprattutto tra gli anziani, per i quali l’incremento raggiungerà il 146%.
Secondo i ricercatori, è possibile evitare una parte significativa di queste morti. Migliorare la cura delle infezioni e l’accesso agli antibiotici nelle aree più svantaggiate potrebbe prevenire quasi 92 milioni di decessi entro il 2050. Inoltre, lo sviluppo di nuovi antibiotici, in particolare contro i batteri gram-negativi, potrebbe salvare altre 11 milioni di vite.
Stein Emil Vollset, esperto di statistica medica affiliato all’Università di Washington e autore dello studio, ha concluso: “Entro il 2050, le infezioni resistenti potrebbero essere coinvolte in circa 8 milioni di decessi ogni anno, sia come causa diretta che come fattore contribuente. Per evitare questa tragica realtà, sono necessarie nuove strategie per ridurre il rischio di infezioni gravi, attraverso vaccinazioni, lo sviluppo di nuovi farmaci, una migliore assistenza sanitaria e un accesso più ampio e razionale agli antibiotici esistenti”.