Da qualche settimana il Po (il fiume più importante d’Italia) è in secca. Non accadeva da circa 70 anni
Perché il fiume Po è in secca? Da qualche settimana il Po (il fiume più importante d’Italia) è in secca. Questo vuol dire che in molti tratti è possibile attraversare a piedi il fiume. Non accadeva da circa 70 anni.
Perché il Po è in secca?
La riposta è da ricercare nei cambiamenti climatici che stanno stravolgendo gli equilibri di ogni ecosistema del pianeta. Infatti, nei mesi autunnali e invernali, la mancanza di precipitazioni abbondanti (pioggia a basse altitudini e neve sulle montagne) ha ridotto drasticamente le riserve idriche del fiume. Così, il Po non è stato alimentato a sufficienza dalle fonti sorgive (niente scorte di neve, niente scioglimento, niente acqua durante la stagione calda).
Inoltre, anche l’azione dell’uomo ha concorso ad aggravare la situazione. Infatti, il fiume subisce da anni lo sfruttamento intensivo per l’irrigazione dei terreni e per la produzione di energia da parte degli impianti idroelettrici.
Le cause:
Secondo l’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici del distretto idrografico del Fiume Po, le cause che hanno ridotto di quasi il 70% la sua normale capienza d’acqua del fiume sono:
- Scarse riserve di neve;
- Pochissime piogge;
- Sfruttamento agricolo;
- Sfruttamento degli impianti idroelettrici.
Quali sono le conseguenze della siccità del Po?
L’aridità del Po, oltre a provocare la morte di molti pesci, rischia di essere un danno grave per l’economia e la vita quotidiana dell’Italia.
Il fiume e i suoi affluenti sono, infatti, attraversati 7 regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana) e molti settori economici (tra cui l’agricoltura) dipendono dall’abbondante flusso d’acqua che irriga i campi e consente la navigazione fluviale. In pratica, nel Nord Italia l’acqua per l’agricoltura non arriva più dalle piogge, ma dalle autobotti. Inoltre, la siccità mette in crisi anche le centrali idroelettriche, poiché senza acqua si fermano anche le turbine che producono l’elettricità che alimenta le abitazioni.
Quindi, nei prossimi mesi alcune città e regioni potrebbero essere costrette a razionare il consumo d’acqua (ad esempio, chiudendo i rubinetti dell’acqua potabile durante la notte o in determinate fasce orarie) e a dare fondo alle riserve per scongiurare il collasso. Già in 125 Comuni tra Piemonte e Lombardia è stato predisponendo il razionamento dell’acqua. In 11 comuni tra Torino e Cuneo sono arrivati carichi d’acqua con le autobotti. L’emergenza idrica in corso ha portato alla richiesta, da parte di alcune aziende aderenti a Utilitalia (che gestisce il servizio), di interrompere o limitare l’erogazione di acqua corrente nei territori della valle del Po.
Le criticità, però, non si fermano solo ai bacini del Nord Italia. Infatti, l’emergenza si sta estendendo anche al centro (con un preoccupante calo dei livelli dei fiumi di Toscana, Marche e Lazio).
Inoltre, secondo l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, circa il 70% della superficie della Sicilia presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale. Seguono Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). 6 regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) presentano una percentuale di territorio a rischio desertificazione, compresa fra il 30% e il 50%, mentre altre 7 (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) sono fra il 10% ed il 25%.
I pascoli sono secchi e anche alimentare gli allevamenti diventa complicato in situazioni di questo tipo. Gli animali nelle fattorie, poi, soffrono il caldo, quindi mangiano e bevono molto meno: le mucche ad esempio stanno producendo fino al 10% di latte in mano.
Coldiretti Lombardia: “Nelle stalle sono già scattate le misure anti afa, con gli abbeveratoi che lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale è arrivato a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi meno caldi. Nelle stalle, inoltre, sono in funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per sopportare meglio la calura e i pasti vengono rimodulati per aiutare le mucche a nutrirsi al meglio senza appesantirsi. Al calo delle produzioni di latte si aggiungono dunque i maggiori consumi di energia e acqua che in questo momento sono costosi e carenti“.
Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po, ha chiesto di limitare i prelievi d’acqua per l’irrigazione, con inevitabili danni sui raccolti. Coldiretti ha stimato una perdita di uno-due miliardo di euro.
L’assessore piemontese Matteo Marnati si è detto pronto a chiedere lo stato di calamità, con l’allerta che dovrebbe passare da arancione a rosso. Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ha affermato che lo stato di crisi è inevitabile: “Credo sia inevitabile dichiarare uno stato di crisi rispetto alla siccità. Abbiamo intere aree del paese ed europee che non vedono pioggia da mesi“.
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