Cos’è la Via della Seta?

La Via della Seta è un sistema di itinerari lungo circa 8.000 km che collegavano l’impero cinese con l’impero romano attraverso l’Asia centrale e il Medio Oriente

Cos'è la Via della Seta?
Cos’è la Via della Seta? La Via della Seta (nota anche come “Râh-e Abrisham” in persiano), è un sistema di itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo circa 8.000 km che collegavano l’impero cinese con l’impero romano attraverso l’Asia centrale e il Medio Oriente.

Le vie carovaniere attraversavano Chang’an (oggi Xi’an) in Cina, arrivando poi fino all’Asia Minore e al Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Oriente, con diramazioni che si estendevano a est fino alla Corea e al Giappone e a sud fino all’India.

Il nome “Via della Seta” apparve per la prima volta nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen pubblicò “Tagebücher aus China“, accennando all’insieme di itinerari che univano l’Estremo Oriente all’Europa.

Dall’antica Cina all’antica Roma

Durante l’antichità, la seta era un bene di grande valore e la sua destinazione finale era Roma, ma non si conosceva la sua origine. Lungo la Via della Seta, si scambiavano anche altre merci preziose, idee e religioni, come il buddhismo, che seguì un percorso dall’India all’Asia Centrale fino alla Cina e al Tibet. Gli scambi commerciali e culturali tra le antiche civiltà dell’Egitto, della Cina, dell’India e di Roma furono determinanti per il loro sviluppo e fioritura e gettarono le basi del mondo medievale e moderno. Questi scambi avvenivano attraverso rotte commerciali molto complesse che attraversavano molte regioni geografiche diverse e portavano alla diffusione di concetti matematici, geometrici, astronomici e religiosi.

I 2 percorsi della via della seta

La via della seta terrestre si divideva in 2 fasci di strade, uno settentrionale e uno meridionale.

Via della seta settentrionale

I rami settentrionali sono una serie di percorsi che partivano da Chang’an (attuale Xi’an) e si dirigevano verso nord-ovest attraversando la provincia cinese del Gansu, fino ad arrivare a Dunhuang, importante centro buddista dove si trovano le celebri grotte di Mogao. Da lì, i percorsi si dividevano in 3 rami: uno aggirava il deserto Taklamakan a sud, il secondo lo aggirava a nord, mentre il terzo raggiungeva Turpan e attraversava i monti Tien Shan in direzione di Alma Ata, nell’odierno Kazakistan. Tutti questi percorsi si riunivano poi nell’antica Sogdiana e da lì proseguivano attraverso gli attuali Uzbekistan, Afghanistan, Turkmenistan e Iran fino a Baghdad, e poi utilizzando in buona parte l’Eufrate, fino al Mediterraneo.

Via della seta meridionale

I rami meridionali delle antiche vie commerciali cinesi del Karakorum erano costituiti da un grande percorso che scendeva a sud attraverso il Karakorum e attraversava il Sichuan per raggiungere il Pakistan e poi l’oceano Indiano. Da qui, molte rotte marittime si innestavano verso l’Occidente, tra cui l’itinerario di Nearco, ammiraglio di Alessandro Magno, nel suo viaggio di ritorno dalle terre dell’Indo. Le merci attraversavano la Persia su varie direttrici per raggiungere Baghdad e così via. Ci sono anche percorsi costieri che portavano le merci verso l’Occidente, attraverso il Mar Rosso tramite Aden e il Golfo Persico attraverso lo Stretto di Hormuz.

Vie di comunicazione

Esistevano 2 importanti vie di comunicazione per il trasporto delle merci lungo la Via della Seta.

La prima via era rappresentata dalla via fluviale dei fiumi Oxus, Iassarte e di un fiume che collegava il lago d’Aral al Mar Caspio. Questa via terminava nella città di Saraj, situata dove oggi sorge Volgograd.

La seconda via era costituita dalla ferrovia, che rappresentava l’ultimo segmento della Via della Seta terrestre. Nel 1992 venne inaugurata la ferrovia internazionale da Almaty (Kazakistan) a Ürümqi (Xinjiang o Turchestan cinese). Da Urumqi si può poi raggiungere in treno qualsiasi zona della Cina, compresa la capitale del Tibet, Lhasa, grazie alla Ferrovia del Tibet, attiva dall’estate del 2006.

Via della seta marittima

La Via della Seta marittima, partendo dalla Cina settentrionale, si estendeva fino alla meridionale, toccando i territori dell’attuale Vietnam, delle Filippine, di Brunei, Siam, Malacca, Sri Lanka, India, Iran, Iraq, Egitto, Giordania, Siria e Italia. Nel 2005, l’Antiquity and Monument Office di Hong Kong ha proposto la Via della Seta marittima come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

L’ipotesi di antichi insediamenti che si formarono nelle zone dell’odierna Thailandia peninsulare attivi nel commercio e nella navigazione è supportata dai manufatti venuti alla luce in entrambe le coste dell’istmo di Kra. Queste coste sono lungo le rotte delle prime vie marittime della seta tra la Cina e le civiltà del bacino del Mediterraneo. I siti dove sono stati trovati i reperti furono fondati a causa della scomodità di circumnavigare la penisola malese, rendendo necessari degli scali sulla terraferma per accorciare il viaggio e trasferire le merci via terra tra le due coste dell’istmo. I reperti scoperti provengono dall’antica Roma (tra il III secolo a.C. e il I d.C.), dalla Cina della dinastia Han occidentale (206 a.C.-8 d.C.) e dall’India, con i più antichi risalenti al IV secolo a.C. presso Krabi.

Origini
La via reale persiana

Le origini della Via Reale persiana risalgono ai tempi di Erodoto, intorno al 475 a.C. Questa strada si estendeva per oltre 3.000 chilometri, collegando la città di Ecbatana (oggi Hamadan) a Susa (oggi Shush) e fino al porto di Smirne (oggi Izmir) sull’Egeo. L’Impero achemenide (circa 700 a.C.-330 a.C.) era responsabile della sua manutenzione e protezione, fornendo stazioni di posta e alloggi lungo il percorso a intervalli regolari.

I viaggiatori comuni impiegavano circa 3 mesi per attraversarla, mentre i corrieri imperiali, che avevano sempre a disposizione cavalli freschi, riuscivano a completarla in soli 9 giorni. La Via Reale si collegava ad altre importanti vie commerciali provenienti dall’India e dall’Asia Centrale, sempre sotto la protezione dell’Impero achemenide. Nei testi di Ester si fa riferimento a messaggi inviati da Susa “ai satrapi, ai governatori e ai capi delle centoventisette province, dall’India all’Etiopia” lungo questa strada.

La conquista ellenistica

Un passo significativo verso l’instaurarsi di scambi regolari tra Oriente e Occidente (e viceversa) si compì con l’espansione dell’impero di Alessandro Magno nell’Asia Centrale e nel Medio Oriente, fino alla valle dell’Indo nell’attuale Pakistan e poco oltre, nell’odierno Afghanistan. Nel 329 a.C., all’ingresso occidentale della valle di Fergana, situata nell’attuale Tagikistan, egli fondò la città più distante dalla sua Macedonia originaria e la chiamò Alessandria Eschate, ovvero “ultima Alessandria“.

Fu il suo ammiraglio Nearco a stabilire una rotta che collegava il delta dell’Indo al golfo Persico, mentre i successori di Alessandro, i Tolomei, che si erano impadroniti dell’Egitto, promossero attivamente l’apertura di vie commerciali con la Mesopotamia, l’India e l’Africa orientale attraverso i loro porti sul mar Rosso e mediante percorsi terrestri per le carovane (senza escludere la navigazione sul Nilo).

L’influenza dell’ellenismo si estese ulteriormente verso est, fino alla regione della Sogdiana, governata dal regno greco-battriano di Battria (oggi Balkh in Afghanistan). Secondo Strabone, durante il regno di Eutidemo e suo figlio Demetrio, i greco-battriani avrebbero persino “esteso il loro dominio fino ai Seri e i Frini“.

Questa influenza, almeno nell’ambito delle arti figurative, si diffuse ancora di più, arrivando quasi all’estremo orientale del deserto del Taklamakan, dove sono stati rinvenuti affreschi di chiara ispirazione ellenistico-romana, attribuiti a un pittore di nome “Tita“, probabilmente Titus.

Il regno greco-battriano fu poi rovesciato dai Kushana, un popolo probabilmente di origine indoeuropea (forse Tocari), che si stabilì lì per sfuggire all’invasione proveniente dall’est degli Hsiung Nu, un popolo che avrebbe in seguito dato origine agli Unni, che si diffusero in Europa secoli dopo.

L’esplorazione cinese
Zhang Qian (138 a.C. – 126 a.C.)

Nel II secolo a.C., l’Asia Centrale fu invasa dagli Xiongnu, futuri Unni, che costrinsero gli Yuezhi, noti come gli Sciti, a fuggire verso ovest. Questa invasione preoccupò profondamente anche l’impero cinese, tanto che nell’anno 138 a.C., l’imperatore Wu della dinastia Han mandò l’ambasciatore Zhang Qian verso ovest per cercare gli Yuezhi e stringere un’alleanza difensiva contro gli Xiongnu.

L’ambasciatore intraprese il percorso che sarebbe diventato il ramo settentrionale della Via della Seta cinese, lungo il deserto di Taklamakan, ai piedi delle montagne del Cielo. Attraversando il Pamir, Zhang Qian raggiunse infine gli Yuezhi nella regione della Transoxiana, approssimativamente dove si trovano oggi Bukhara e Samarcanda, oltre il fiume Oxus (Amu Darya) per noi, ma al di qua per lui. Tuttavia, gli Yuezhi stavano preparando un’incursione in Battria, l’attuale nord-ovest dell’Afghanistan. Erano anch’essi in fase di espansione e quindi mostrarono poco interesse per l’alleanza difensiva proposta dai cinesi.

Così, nel 126 a.C., Zhang Qian fece ritorno in Cina, seguendo un percorso diverso lungo il Taklamakan a sud, ai piedi delle montagne di Karakoram e del Tibet. Eran passati tredici anni dalla sua partenza. La relazione sull’Asia Occidentale che presentò all’imperatore lo consacrò come uno dei grandi esploratori del mondo e fornì preziose informazioni per una futura missione: una mascherata ricerca dei famosi “cavalli celesti” nella valle di Ferghana, noti per la loro incredibile velocità (in realtà afflitti da un parassita virulento). Queste informazioni furono utilizzate per altre due spedizioni militari nella valle e diverse ambascerie presso i Parti.

Inoltre, i famosi cavalli di Fergana furono la causa scatenante di una guerra durata dal 104 al 101 a.C. tra la Cina e un regno ellenistico conosciuto come Dayuan. La Cina desiderava acquisire questi cavalli per creare una potente cavalleria per contrastare gli Xiongnu, un popolo che minacciava i suoi confini settentrionali. Dopo il rifiuto del regno greco di vendere i cavalli, i cinesi inviarono due spedizioni militari che costrinsero il regno greco alla resa e alla consegna degli animali.

Fu grazie a queste spedizioni diplomatico-commerciali-militari dei cinesi verso l’Asia Centrale e la Partia nel I secolo a.C. che nacque ciò che sarebbe stata chiamata, quasi 2 millenni dopo, la Via della Seta.

Durante una di queste campagne, precisamente nella battaglia di Sogdiana nel 36 a.C., si ipotizza che si sia verificato il primo incontro tra truppe cinesi e romane. Queste truppe romane potrebbero essere state disperse dopo la sconfitta di Crasso a Carre nel 53 a.C. in Mesopotamia, e successivamente catturate o assunte come mercenari dai Parti e poi dagli Xiongnu. Si dice che queste truppe mercenarie avessero adottato la tipica tattica romana della testuggine, anche se gli storici guardano a questa ipotesi con molta cautela. Inoltre, dopo 17 anni dalla battaglia di Carre, questi mercenari romani avrebbero sicuramente invecchiato. E poi, in che senso si intende “romani“? Provenivano direttamente da Roma o dalle province orientali più remote dello Stato?

È difficile credere che i soldati “romani” catturati dai Parti nello stesso anno, il 36 a.C., durante la disastrosa campagna di Antonio contro di loro, fossero realmente presenti. Antonio, infatti, attraversò l’Armenia anziché la Mesopotamia.

Ban Chao (97 – 102)

Nel 97 d.C., il generale cinese Ban Chao guidò un esercito di 70.000 uomini in un’ulteriore campagna contro gli Xiongnu, arrivando fino all’attuale Ucraina, molto oltre la Partia. Gli Xiongnu furono spinti fino alle porte dell’Europa, anche se non è certo che siano diventati gli Unni che conosciamo. Durante questo periodo, la tecnica avanzata dell’uso dell’arco asiatico fu introdotta anche in Occidente.

L’Impero romano e la seta

Secondo alcune fonti, si dice che sia stato Cesare stesso a portare a Roma delle bandiere di un tessuto sconosciuto, catturate durante le sue campagne in Anatolia: era la seta, che suscitò grande interesse. Altre teorie suggeriscono che queste bandiere arrivarono dopo la sconfitta di Crasso a Carre. Si sapeva che il tessuto proveniva da una terra chiamata Serica, ma l’origine precisa rimaneva sconosciuta. Plinio, probabilmente basandosi sull’errore di Virgilio, affermava che la seta fosse tessuta con un filo sottilissimo ottenuto da una peluria di alberi misteriosi che lui chiamava “lana delle foreste“. Quello che è certo è che la seta non arrivava direttamente dalla Cina a Roma, ma passava prima attraverso gli intermediari dei Sogdiani e dei Parti e successivamente attraverso i commercianti di Palmira e Petra, trasportata via mare dai marinai di Antiochia, Tiro e Sidone.

Il Senato romano emanò diversi editti, senza successo, per vietare alle donne (e anche agli uomini) di indossare la seta. Questo tessuto era considerato decadente e immorale. Tuttavia, il vero motivo di questi editti era il drastico deflusso d’oro che Roma subiva, causando gravi danni al cosiddetto debito estero.

C’è chi sostiene che i Romani abbiano avuto contatti sfumati con i Cinesi già nel I secolo d.C. attraverso i Parti e che Augusto avrebbe persino ricevuto una delegazione, ma gli annali dell’impero registrano che la prima ambasciata (di una serie) arrivò solo nel 166, via mare.

Bisanzio e la seta

Durante il periodo di Giustiniano a Costantinopoli, la città dominava i commerci nel Mediterraneo grazie alla sua posizione geografica privilegiata. I Bizantini avevano scarso interesse nel commerciare con le nazioni europee impoverite dalle invasioni barbariche. Preferivano invece stabilire contatti commerciali con le nazioni dell’Estremo Oriente, in particolare la Cina, nota per la produzione di seta.

Tuttavia, un grande ostacolo nel commercio con l’Estremo Oriente era rappresentato dalla Persia, un nemico giurato dell’Impero Bizantino. Era necessario attraversare il territorio persiano per raggiungere la Cina, e durante i frequenti conflitti con i Sasanidi persiani, il commercio con la Cina e l’India diventava impossibile. Per affrontare questo problema, Giustiniano cercò di aprire un passaggio per la Cina attraverso la Crimea e iniziò relazioni diplomatiche con i Turchi, che erano anch’essi in conflitto commerciale con i Persiani. Sotto il successore di Giustiniano, Giustino II, i Bizantini e i Turchi si allearono contro i Persiani.

Un’altra strategia utilizzata da Giustiniano per commerciare con la Cina senza passare per la Persia fu quella di raggiungere via mare attraverso il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. Durante questo percorso, stabilì relazioni commerciali con gli Etiopi del Regno di Aksum. Tuttavia, entrambe le vie alternative presentavano inconvenienti: l’Oceano Indiano era dominato dai mercanti sasanidi, mentre la via terrestre attraverso l’Asia era difficile e pericolosa.

L’arrivo dei monaci cinesi a Costantinopoli nel 552 risolse il problema della produzione della seta. Essi svelarono all’imperatore il segreto di come produrre la seta e furono incaricati di ottenere clandestinamente le uova dei bachi da seta dalla Cina per portarle a Costantinopoli. Questo permise ai Bizantini di iniziare a produrre la seta internamente anziché importarla dalla Cina. Tuttavia, ci volle del tempo prima che la produzione interna di seta potesse soddisfare la domanda, quindi l’importazione dalla Cina attraverso la Persia continuò per un certo periodo. Nonostante ciò, la produzione della seta nell’Impero Bizantino crebbe notevolmente, diventando uno dei settori più importanti dell’industria bizantina e portando a un considerevole aumento delle entrate. I principali centri di produzione della seta nell’Impero erano Costantinopoli, Antiochia, Tiro, Beirut e Tebe. Inoltre, la città di Catanzaro nel Sud Italia bizantino fu un importante centro di produzione della seta.

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