Chi è Michael Jordan?

Michael Jordan è un ex cestista statunitense, considerato uno dei più grandi atleti del XX secolo. E’ stato soprannominato Air Jordan e His Airness per le sue abilità tecniche e atletiche

Chi è Michael Jordan?
Michael Jordan è un ex cestista statunitense, noto anche con le sue iniziali MJ. È considerato uno dei più grandi atleti nordamericani del XX secolo ed è stato soprannominato Air Jordan e His Airness per le sue abilità tecniche e atletiche.

Dopo aver giocato all’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, è stato scelto dai Chicago Bulls al Draft NBA 1984 e ha contribuito a diffondere la NBA a livello mondiale negli anni ’80 e ’90.

Ha vinto 6 MVP delle finali, 10 titoli di miglior marcatore (entrambi record), 5 MVP della regular season, 10 selezioni All-NBA First Team e 9 nell’All-Defensive First Team, 14 partecipazioni all’NBA All-Star Game, 3 MVP dell’All-Star Game e un NBA Defensive Player of the Year Award.

Detiene i record NBA per la media punti più alta nella storia della regular season e nella storia dei playoffs.

È stato introdotto 2 volte nella serie Naismith Memorial Basketball Hall of Fame e nel 2016 ha ricevuto la Presidential Medal of Freedom, la più alta onorificenza civile statunitense.

Chi è Michael Jordan?

Michael Jeffrey Jordan è nato il 17 febbraio 1963 a Brooklyn, New York. È il quarto di 5 figli (2 fratelli e 2 sorelle). Poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì a Wilmington, nella Carolina del Nord. La madre di Jordan era protettiva nei suoi confronti, mentre suo padre era più duro con lui, ma questo contribuì alla sua determinazione al miglioramento costante.

Nel 1989, Jordan sposò Juanita Vanoy, con cui ebbe 3 figli: Jeffrey, Marcus e Jasmine. Nel 2006 la coppia divorziò. Nel 2013, Jordan si sposò con la modella cubana Yvette Prieto, con cui ha avuto 2 gemelle nel 2014, di nome Victoria e Ysabel.

Jordan è considerato uno dei migliori giocatori di basket di tutti i tempi e ha giocato per i Chicago Bulls e i Washington Wizards. Ha vinto numerosi titoli NBA, medaglie d’oro olimpiche e altri premi durante la sua carriera. È stato introdotto nella Basketball Hall of Fame nel 2009.

Nel 1993, durante il periodo in cui giocava le finali di conference contro i New York Knicks, Jordan venne visto in un casinò legato alla Cosa Nostra statunitense e dovette coprire una perdita di 57.000 dollari dovuti al gioco d’azzardo. Dopo il suo primo ritiro nel 1993, l’allora commissioner dell’NBA David Stern negò in più occasioni che quella di Jordan fosse una sospensione dovuta alla sua vita extracampo.

Nel maggio del 2010, Jordan venne criticato per essere apparso in uno spot pubblicitario della Hanes mentre portava dei baffi a spazzolino, che vengono spesso identificati con Adolf Hitler. L’amico Charles Barkley dichiarò che si trattava di un’idea brutta e stupida.

Caratteristiche tecniche

Michael Jordan è ha giocato principalmente come guardia tiratrice. Era alto 198 cm e pesava tra i 90 e i 100 kg durante la sua carriera. Jordan era dotato di una tecnica offensiva avanzata, in particolare nell’uso del crossover con entrambe le mani e nel gioco spalle al canestro. Era anche molto abile nel suo primo passo e possedeva doti acrobatiche che gli consentivano di eseguire schiacciate spettacolari.

In seguito alla diminuzione del suo atletismo a causa dell’età e del periodo di lontananza dalla pallacanestro, Jordan ha perfezionato il tiro in allontanamento, diventando un marchio di fabbrica oltre alle sue schiacciate. Era anche un esperto nel tiro dalla media distanza, ma non altrettanto abile nel tiro da 3 punti, con percentuali altalenanti durante gran parte della sua carriera. Tuttavia, durante il periodo 1994-1997, in cui l’arco venne temporaneamente abbassato, migliorò le sue percentuali.

Jordan era anche molto abile nel rimbalzo e nel tiro libero, aveva una comprensione tattica del gioco e spesso veniva sottovalutato come passatore, anche se questa era una delle sue abilità principali. Inoltre, era considerato uno dei migliori difensori della NBA, formando una delle coppie difensive più forti di sempre con Scottie Pippen. Era solito prendere in consegna il top scorer avversario e lo marcava efficacemente grazie alla sua combinazione di forza fisica, velocità e riflessi.

Oltre alle sue doti tecniche e fisiche, Jordan era noto per la sua mentalità vincente e competitiva, la sua regolare costanza di rendimento stagione dopo stagione e la sua naturale leadership sui compagni di squadra. Era anche abile nel giocare sotto pressione e nell’effettuare le giocate decisive delle partite, come dimostrato dal tiro che decise le NBA Finals del 1998 contro gli Utah Jazz e i due punti con cui sconfisse i Cleveland Cavaliers nei play-off del 1989.

Carriera di Michael Jordan?

Michael Jordan iniziò la sua carriera sportiva durante gli anni del liceo alla Emsley A. Laney High School. Non eccelleva negli studi, ma si dedicò a diversi sport come il baseball, il football americano e la pallacanestro. Tuttavia, a causa della sua fisicità gracile, la sua carriera come lanciatore di baseball terminò prematuramente e si dedicò completamente alla pallacanestro.

Dopo 2 anni tra le giovanili della squadra di basket dei Laney High School Buccaneers, provò a entrare nella prima squadra, ma fu escluso dall’allenatore Clifton “Pop” Herring. Questo episodio spinse Jordan a migliorare le sue abilità. All’inizio del suo quarto anno al liceo, raggiunse l’altezza di 190 cm ed entrò nella prima squadra, indossando per la prima volta il numero 23, come omaggio a suo fratello Larry. Chiuse la stagione con 24,6 punti e 11,8 rimbalzi a partita.

Nel suo quinto e ultimo anno al liceo, aiutò la squadra a migliorare il proprio record, anche se la corsa al titolo si interruppe in semifinale playoffs contro la New Hanover High School. A fine anno, fu convocato al McDonald’s Invitational Tournament e realizzò una buona prestazione, ma non fu nominato MVP della gara.

In estate, annunciò la sua scelta di frequentare l’University of North Carolina guidata da Dean Smith, rifiutando altre importanti offerte.

Durante la sua carriera nel college, Michael Jordan dovette fare i conti con un allenatore dalla forte personalità e con due giocatori più forti di lui nella squadra. Tuttavia, sotto la guida di Dean Smith, Jordan imparò ad adattarsi al sistema di gioco e a convivere con i suoi compagni di squadra, formando un’ottima alchimia collettiva che si rivelò vincente per la stagione dei Tar Heels.

Nel suo primo anno di college, Jordan tenne una media di oltre 15 punti a partita e giocò un ruolo fondamentale nella conquista del titolo NCAA del 1982, segnando il tiro vincente nella finale contro Georgetown. Quel tiro cambiò in meglio la sua carriera, poiché gli conferì uno status di star collegiale e lo rese un giocatore molto celebrato dai tifosi.

Durante l’estate successiva, Jordan si allenò intensamente e migliorò la sua forma fisica e tecnica. La stagione 1982 fu quella della sua definitiva consacrazione cestistica, con una media di quasi 21 punti a partita e 5,8 rimbalzi. Fu in difesa, però, che Jordan stupì gli addetti ai lavori e si convinsero di avere di fronte un giocatore dal grande potenziale. Nonostante le sue prestazioni, Jordan non vinse il trofeo di MVP, assegnato al centro di Virginia Ralph Sampson.

Nel terzo anno, i Tar Heels erano la squadra da battere, ma Jordan giocò una stagione sottotono, limitando la sua individualità per adattarsi al sistema di gioco. Ciò nonostante, Jordan maturò come cestista e arrivò agli ottavi del torneo NCAA, dove incontrò gli Indiana Hoosiers di Bobby Knight. Anche se il suo rendimento non fu al massimo, Jordan si adattò al gioco della squadra, dimostrando di essere un giocatore versatile e in grado di sacrificarsi per il bene della squadra.

Il primo oro olimpico e i primi anni nell’NBA

L’estate del 1984 fu un momento fondamentale nella carriera di Michael Jordan, quando venne convocato nella nazionale statunitense per partecipare ai Giochi della XXIII Olimpiade a Los Angeles. La squadra americana era composta solo da giocatori universitari, ma nonostante ciò riuscì a dominare il torneo vincendo tutte e 8 le partite con un margine di scarto medio di 32 punti.

Jordan, pur avendo avuto qualche difficoltà ad adattarsi agli schemi rigidi del coach Bob Knight, fu il miglior realizzatore della squadra con una media di 17,1 punti a partita. Durante le amichevoli di preparazione al torneo, Jordan dimostrò il suo talento contro selezioni di giocatori NBA, attirando l’attenzione di diversi addetti ai lavori, tra cui l’allenatore dei Lakers Pat Riley.

La vittoria dell’oro olimpico rappresentò una grande soddisfazione per Jordan e per gli Stati Uniti, soprattutto dopo il boicottaggio sovietico che aveva tolto all’America l’avversario più temibile. Jordan si mostrò sicuro di sé anche al di là dei campi da gioco, rispondendo a un giornalista estero che gli chiese se fosse il più forte giocatore del mondo: “Finora non ho ancora incontrato qualcuno che mi abbia impedito di fare quello che voglio fare“.

Nel 1984, i Chicago Bulls annunciarono l’acquisto di Michael Jordan. Jordan firmò un contratto di 7 anni per 6 milioni di dollari, il terzo più alto nella storia della NBA, dopo quello dei due centri di Houston Hakeem Olajuwon e Ralph Sampson.

La Nike, intanto, stava cercando nuovi canali di espansione e, grazie al suo lungimirante agente Sonny Vaccaro, stava espandendo la propria sfera d’influenza nel mondo del basket. Fu Vaccaro a intuire l’enorme potenziale di Jordan e a convincere Nike a scommettere ingenti risorse sul giovane talento, prima di altre aziende concorrenti. Nacque così la linea Air Jordan, da un’idea di Peter Moore, designer creativo della Nike, e il logo è uno stemma con ali che cinge un pallone da basket. Jordan, soprannominato con l’appellativo Air, firmò un contratto di 2 milioni di dollari in 5 anni, oltre a una percentuale su ogni scarpa, un investimento senza precedenti per un atleta non professionista.

Quando Jordan firmò per Chicago, i Bulls erano reduci da una stagione con 27 vittorie e 55 sconfitte, le cui partite casalinghe venivano giocate al vecchio Chicago Stadium, un palazzetto fatiscente situato in una zona poco raccomandabile della città, con una media di 7.000 spettatori, la più bassa della lega.

Jordan fece il suo esordio il 26 ottobre 1984 contro i Washington Bullets, segnando 16 punti con 5 su 16 dal campo, 7 assist e 6 rimbalzi. Due sere dopo, segnò 37 punti contro i Milwaukee Bucks, vincendo il duello con la stella avversaria Sidney Moncrief, mostrando la sua leadership offensiva in poco tempo grazie anche al gioco di squadra focalizzato su di lui. Alla nona partita contro San Antonio segnò 45 punti, altrettanti poche settimane dopo contro il Cleveland Cavaliers; poi ne segnò 42 contro New York e altri 45 contro Atlanta.

La prima tripla doppia (35 punti, 15 assist e 14 rimbalzi) arrivò contro Denver, dopodiché, poco prima della pausa per l’All Star Game, Jordan realizzò 41 punti contro i campioni in carica dei Boston Celtics. Nominato dai tifosi per il quintetto base della squadra dell’Est nell’NBA All-Star Game del febbraio 1985, durante la competizione diversi compagni di squadra, tra cui Isiah Thomas, si rifiutarono di passargli la palla, infastiditi dalle troppe attenzioni su Jordan, dando così vita al boicottaggio meglio conosciuto come freeze-out.

Primo three-peat e secondo oro olimpico con il Dream Team

La stagione successiva alla vittoria del primo three-peat, i Chicago Bulls, con il roster sostanzialmente invariato, si presentarono al via della stagione 1991-92. Grazie ad un gioco completo e senza punti deboli, armonizzando la presenza di una superstar con le dinamiche di squadra, i Bulls superarono nuovamente in scioltezza i primi due turni di playoffs per ritrovarsi per il terzo anno consecutivo nelle Finals dell’Est, sempre contro i Detroit Pistons, dove vinsero con un netto 4-0. In finale affrontarono i Los Angeles Lakers di Magic Johnson, ma persero la gara-1 per 93-91, con Jordan che sbagliò il tiro del pareggio a pochi secondi dal termine. Tuttavia, nei giochi successivi i Lakers non riuscirono più a tenere il passo dei Bulls, che si imposero per 4-1, vincendo il loro secondo titolo.

Nell’estate del 1992, Michael Jordan partecipò ai Giochi olimpici di Barcellona con il Dream Team, la prima compagine di giocatori professionisti della NBA ad essere ammessa ai Giochi. Jordan venne nominato capitano della squadra insieme a Magic Johnson e Larry Bird, e contribuì attivamente al successo della squadra statunitense, risultando essere il secondo miglior marcatore della squadra con una media di 14,9 punti.

Nella stagione successiva, Jordan raggiunse una media di 32,6 punti e arrivò secondo nelle votazioni come Difensore dell’anno. I Bulls raggiunsero la finale dei playoffs e si trovarono di fronte ai Phoenix Suns, autori del miglior record stagionale, trascinati da Charles Barkley. Con i Bulls in vantaggio 3-2, si ritornò in Arizona per le sfide decisive. In gara-6, che fu molto combattuta, si arrivò all’ultimo possesso con i Bulls palla in mano e sotto di 2 punti. Jordan fu l’autore di tutti i 9 punti effettuati fino a quel momento dai Bulls nell’ultimo quarto ma, invece di tirare, scelse di passare la palla a Scottie Pippen, che vide sotto canestro smarcato Horace Grant, il quale optò per il passaggio a John Paxson, che segnò il tiro da tre punti decisivo per la vittoria dei Bulls e il loro terzo titolo consecutivo, il primo three-peat della storia della NBA.

La morte del padre e il primo ritiro

Jordan ha subito una delle esperienze più dolorose della sua vita quando il padre James è stato assassinato il 22 agosto 1993. Dopo aver partecipato al funerale di un amico, James si fermò per riposarsi sul bordo di un’autostrada interstatale nella Carolina del Nord, ma mentre dormiva, due criminali locali lo uccisero e rubarono la sua Lexus che gli era stata regalata proprio da Michael. I colpevoli furono presto rintracciati grazie alle chiamate effettuate con il telefono cellulare della vittima.

Questa tragedia colpì duramente Jordan e lo portò a prendere una decisione drastica: il 6 ottobre 1993, durante una conferenza stampa, annunciò il suo ritiro dal basket, non avendo più nulla da dimostrare, essendo già raggiunto l’apice della sua carriera e a seguito della morte improvvisa del padre.

La decisione di Jordan di lasciare il basket scosse il mondo dello sport e dei tifosi di tutto il mondo, poiché Jordan era il primo “atleta globale” capace di canalizzare l’attenzione di tutti. Un anno dopo il suo ritiro, Jordan giocò un’ultima volta al Chicago Stadium, in una partita di beneficenza organizzata da Scottie Pippen, segnando 52 punti.

In seguito, venne organizzata una cerimonia d’addio ufficiale per Jordan nel nuovo impianto, lo United Center, con il ritiro della sua canotta numero 23. Davanti al nuovo stadio venne eretta una grande statua di Jordan impegnato in una schiacciata con una targa con le parole: “The best there ever was, the best there ever will be“, ovvero “Il migliore che ci sia mai stato, il migliore che mai ci sarà“.

Carriera nel baseball

Dopo il ritiro dal basket, Michael Jordan decise di tentare una carriera nel baseball professionistico. Nel febbraio del 1994, firmò un contratto come free agent con i Chicago White Sox e venne assegnato ai Birmingham Barons, una squadra della Doppia-A della Minor League.

Anche se le aspettative del pubblico erano molto alte, Jordan ottenne risultati modesti, tenendo una media battuta di 202 con 3 home run, 51 punti battuti a casa, 30 basi rubate e 11 errori in 127 partite giocate con i Barons. Queste prestazioni non soddisfecero i tifosi e i giornalisti, che iniziarono a criticare l’ex-campione della NBA. Alla fine della stagione, nel novembre del 1994, giocò 35 partite con gli Scottsdale Scorpions nella Arizona Fall League, lega affiliata alla Major League, chiudendo con una media battuta di 252.

Non soddisfatto dei risultati ottenuti, Jordan continuò ad allenarsi con i White Sox fino al 2 marzo 1995, quando annunciò di aver concluso la sua carriera di giocatore di baseball.

Primo ritorno nell’NBA e secondo three-peat

Nel 1995, circolava la voce che Michael Jordan avesse intenzione di tornare a giocare per i Chicago Bulls. La notizia fu diffusa dalla ESPN, che interruppe tutti i programmi per darne l’annuncio. La Nike, sponsor di Jordan, inviò 40 paia di scarpe Air Jordan ai Bulls in segno di supporto. Il 18 marzo 1995, fu ufficialmente annunciato che Jordan sarebbe tornato a giocare domenica successiva contro gli Indiana Pacers.

Jordan tornò a giocare sotto la guida del coach Phil Jackson, ma ebbe difficoltà sia fisiche che tecniche a causa del lungo periodo di inattività. Tuttavia, riuscì a mostrare ancora sprazzi del suo talento, come nel match contro i New York Knicks al Madison Square Garden in cui segnò 55 punti. Jordan ammise in seguito che, nonostante la sua buona preparazione fisica grazie al baseball professionistico, la pallacanestro richiedeva un diverso regime di allenamento.

Nonostante la sua media realizzativa di 26,9 punti in 17 partite ai play-off, i Bulls vennero eliminati dalla competizione da Orlando Magic. Durante una di queste partite, Jordan commise alcuni errori decisivi, tra cui una palla persa nell’ultimo minuto di gioco che portò alla sconfitta. Nick Anderson, un giocatore dei Magic, dichiarò che il numero 45 di Jordan era forte, ma non quanto il 23.

Stuzzicato dal rivale e dal coach Phil Jackson, Jordan decise di tornare a indossare il numero 23 a partire dalla partita successiva, pagando una multa per ogni partita di playoff giocata con quel numero, visto il divieto della Lega di cambiare la numerazione della propria canotta a stagione in corso.

Dopo essere tornato in forma, nella stagione 1995-1996, Jordan e la sua squadra stabilirono un record assoluto nella NBA, vincendo ben 72 partite su 82 nella regular season. Con una formazione composta da Jordan, Ron Harper, Scottie Pippen, Dennis Rodman e Luc Longley, i Bulls migliorarono nettamente rispetto alla stagione precedente. Jordan vinse il suo ottavo titolo di marcatore, Rodman il suo quinto consecutivo da rimbalzista e Kerr guidò la Lega nel tiro da tre punti.

Jordan ottenne la prestigiosa Triple Crown, vincendo i tre premi come MVP dell’All Star Game, della stagione regolare e delle finali, che vinse contro i Seattle SuperSonics. La squadra trionfò, vincendo il quarto titolo in 6 gare contro Gary Payton, Shawn Kemp e i loro Seattle SuperSonics. Jordan e Pippen furono nominati nell’All-NBA First Team, insieme a Rodman nell’All-Defensive First Team. Jerry Krause fu nominato “dirigente dell’anno” e Jackson vinse il suo primo premio come allenatore dell’anno, mentre Kukoč fu il sesto uomo dell’anno.

Nella stagione 1996-1997, i Chicago Bulls di Michael Jordan ottennero un record di vittorie-sconfitte di 69-13. Durante l’All-Star Game, Jordan realizzò una tripla doppia con 14 punti, 11 assist e 11 rimbalzi, diventando il primo giocatore a riuscirci nella manifestazione. Ai playoffs, i Bulls arrivarono alle finali e vinsero il loro quinto titolo battendo gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton. Nel corso della gara-5 delle finali, Jordan giocò il famoso “flu game” segnando 38 punti, inclusa la tripla decisiva a 25 secondi dalla fine, nonostante fosse stato vittima di un’intossicazione alimentare il giorno prima.

Nella stagione 1997-1998, Jordan guidò nuovamente i Chicago Bulls e vinse il suo ultimo premio di MVP della regular season. Nonostante una regular season meno brillante delle precedenti, i Bulls arrivarono alle finali, dove sconfissero nuovamente gli Utah Jazz, vincendo il loro sesto titolo e il secondo three-peat di Jordan. Il tiro decisivo di Jordan nella sesta gara delle finali, con una palla rubata dalle mani di Karl Malone e il canestro a 5,2 secondi dalla fine della partita, è entrato nella storia della pallacanestro come “The Shot“.

Il 14 gennaio 1999, al termine del lockout che posticipò l’inizio della stagione 1998-1999 in gennaio, Jordan annunciò per la seconda volta il suo ritiro. Si dedicò al golf, il suo secondo sport preferito, e alla gestione dei Washington Wizards. Sebbene non escludesse del tutto un suo ritorno sui campi da basket, affermò che le probabilità erano molto basse e che era ritirato al 99,9%.

Il secondo ritorno con i Washington Wizards

Michael Jordan decise di tornare a giocare a basket il 25 settembre 2001, ma questa volta non tornò a giocare per una sua squadra storica. Infatti, decise di diventare il proprietario e un giocatore dei Washington Wizards. Il suo ritorno suscitò un grande interesse mediatico, e i Wizards divennero subito una delle squadre più seguite dell’NBA.

Nonostante l’età e un infortunio che lo tenne fuori per parte della stagione 2001-2002, Jordan partecipò al suo 14º All-Star Game a Filadelfia, e terminò la sua prima stagione come Wizard con una media di 22,9 punti a partita. Inoltre, durante le due stagioni con la nuova squadra, devolse tutto il suo compenso di un milione di dollari in beneficenza alle famiglie delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001.

Nella stagione 2002-2003, Jordan ottenne una media di 20 punti a partita e partecipò ancora una volta all’All-Star Game ad Atlanta, dove l’intera manifestazione venne organizzata per essere un omaggio a lui. Durante l’intervallo del gioco, si realizzò un tributo al giocatore sulle note di “Hero” di Mariah Carey, che indossava un abito che rappresentava sia la canotta nº 23 dei Washington Wizards che quella dei Chicago Bulls.

Verso la fine della stagione 2002-03, Jordan venne addirittura isolato da alcuni compagni i quali cominciarono a trovare opprimenti i suoi metodi di allenamento e gestione della squadra. Queste stesse motivazioni furono alla base del suo licenziamento in qualità di presidente da parte del proprietario Abe Pollin. Nonostante i suoi sforzi, però, Jordan non riuscì a coinvolgere fino in fondo i compagni e a formare un gruppo valido, né nella stagione 2001-02 né in quella seguente, non riuscendo a portare i Washington Wizards ai play-off.

Le ultime partite di Jordan in giro per le arene della NBA diventarono momenti per i fan avversari di dare un ultimo saluto al cestista, prima passando dalla sua Chicago, per l’ultima partita nel “suo” United Center, per arrivare a Filadelfia, da Allen Iverson, alla 82ª partita di stagione regolare, che fu la sua ultima ed ebbe luogo l’ultimo tiro della sua carriera: un tiro libero che gli fece raggiungere quota 20 punti di media in stagione.

Uscendo dalla partita a poco più di un minuto dal termine, Jordan si prese una standing ovation da parte di tutti i presenti, costringendo una sospensione temporanea della partita, mentre dal pubblico avversario si alzò il coro “We Want Mike!“. Fu l’ultima apparizione su un parquet di Michael Jordan che, visibilmente emozionato, dopo aver salutato i giocatori avversari e gli amici presenti, si avviò verso gli spogliatoi.

Al termine della stagione 2002-2003, Jordan si ritirò per la terza e ultima volta.

Dopo il ritiro

Dopo il ritiro, Michael Jordan ha intrapreso diverse attività in diversi campi. Nel 2004 ha fondato il Michael Jordan Motorsports, un team di corse motociclistiche del campionato American Motorcyclist Association (AMA) che ha gareggiato con motociclette giapponesi, in particolare le Suzuki GSX-R. Nel 2013, l’attività della squadra è stata sospesa per valutare la possibilità di gareggiare in MotoGP.

Inoltre, nel 2006 è stato nominato general manager degli Charlotte Bobcats (che in seguito sono diventati Charlotte Hornets), una squadra di basket della Carolina del Nord. Quattro anni più tardi, nel 2010, Jordan è diventato l’unico proprietario della squadra. Nel 2019, ha venduto una parte minoritaria della squadra ma è rimasto il proprietario maggioritario.

Nel 2004, Giorgio Armani ha anche tentato di convincere Jordan a giocare per l’Olimpia Milano, sponsorizzata dallo stilista, ma Jordan ha rifiutato l’offerta. In generale, Jordan ha continuato a essere una figura influente nel mondo dello sport, del business e della moda, lanciando diverse linee di abbigliamento e collaborando con molte aziende famose.

Numeri di maglia

Durante la sua carriera, Michael Jordan ha indossato cinque numeri diversi. Il più famoso di questi numeri è il 23, che ha indossato per gran parte della sua carriera con i Chicago Bulls. Jordan ha anche indossato il numero 45 al suo ritorno dal primo ritiro e ha scelto il numero 9 quando ha rappresentato gli Stati Uniti alle Olimpiadi del 1984 e del 1992. Inoltre, ha indossato il numero 5 con la nazionale ai Giochi Panamericani di Caracas e il numero 12 in una partita in cui la sua canotta è stata rubata e dove ha segnato 49 punti.

La canotta numero 23 di Jordan è stata ritirata sia dai Chicago Bulls che dai Miami Heat, anche se Michael non ha mai giocato per quest’ultima. Il desiderio del coach degli Heat, Pat Riley, era di fare un tributo a Jordan nella sua ultima gara a Miami nella stagione 2002-2003, innalzando al soffitto un banner raffigurante per una metà la canotta dei Bulls e per l’altra quella dei Wizards.

Jordan ha scelto il numero 23 poiché ammirava molto il fratello maggiore Larry, che giocava alla Laney High School e indossava il numero 45. Voleva essere forte la metà di quanto lo fosse lui e 23 è la metà di 45 arrotondata per eccesso, da cui la scelta del numero.

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