Chi genera stress, ansia e timore negli altri commette reato e può essere denunciato. Questo non si riferisce agli scherzi occasionali, ma a situazioni in cui una persona, con comportamenti ripetuti, provoca ansia, stress o timore nella vittima. Questi comportamenti possono rientrare nel reato di “stalking” o “atti persecutori”
Incutere paura a una persona è reato? In Italia, fare paura a qualcuno può costituire un reato. Questo non si riferisce agli scherzi occasionali, come spaventare qualcuno saltando fuori da una porta o fare una telefonata di cattivo gusto, ma riguarda situazioni in cui una persona, con comportamenti ripetuti, provoca ansia, stress o timore nella vittima. Questi comportamenti possono rientrare nel reato di “stalking” o “atti persecutori”.
Lo stalking
Lo stalking si verifica quando una persona mette in atto una serie di azioni ripetute nel tempo, causando nella vittima uno stato grave e prolungato di ansia, paura o un cambiamento significativo delle sue abitudini di vita. La legge italiana, precisamente l’articolo 612-bis del codice penale, non specifica quali azioni siano necessarie per configurare il reato. Stabilisce però che le azioni devono essere reiterate e che devono produrre almeno uno dei seguenti effetti:
- Un grave e continuo stato di ansia o paura nella vittima.
- Un timore fondato per la propria incolumità o per quella di una persona cara, come un familiare o un convivente.
- Una modifica forzata delle proprie abitudini quotidiane.
Esempi di comportamenti che costituiscono stalking
Alcuni esempi pratici di stalking includono:
- Pedinare una persona o chiamarla ripetutamente, anche solo due o tre volte in un breve periodo.
- Minacciare più volte la vittima.
- Costringere la vittima a cambiare strada o a farsi accompagnare a casa per paura.
- Avvicinarsi ai figli della vittima per intimorirla indirettamente.
- Inviare continuamente messaggi, email o lettere, ignorando la richiesta della vittima di smettere.
- Lasciare messaggi offensivi o minacciosi sulla segreteria telefonica della vittima.
- Forzare la vittima a staccare il telefono fisso, cambiare numero o sospendere un account social.
- Creare profili falsi sui social media per contattare la vittima o diffondere informazioni false su di lei.
- Contattare amici o parenti della vittima per trasmettere messaggi indiretti.
- Seguire la vittima a piedi, in auto o con altri mezzi, anche pubblici.
- Aspettare la vittima fuori dal lavoro, da scuola o da casa.
- Frequentare i luoghi abituali della vittima, come la palestra o il posto di lavoro.
- Entrare più volte nel condominio della vittima.
- Danneggiare beni della vittima, come l’auto o la casa.
- Inviare regali indesiderati alla vittima.
La valutazione delle prove
In un processo penale, la testimonianza della vittima ha un valore probatorio importante. Il giudice deve valutare attentamente che le dichiarazioni siano coerenti e supportate da prove esterne, come messaggi, registrazioni o testimonianze di terzi. Inoltre, la valutazione deve basarsi su quello che una persona comune potrebbe provare in una situazione simile, non su una reazione eccessiva o personale della vittima.
Un aspetto fondamentale dello stalking è la ripetitività delle azioni: per configurare il reato, devono verificarsi più episodi, il che rende possibile raccogliere tracce e prove concrete. Ad esempio, messaggi registrati, immagini, video o testimonianze possono rafforzare la denuncia della vittima.
Un caso particolare
In un caso giudiziario molto discusso, un imputato di femminicidio era stato anche accusato di stalking. Tuttavia, l’accusa di stalking è caduta perché i giudici hanno ritenuto che la vittima non mostrasse paura nei confronti dell’uomo, dato che accettava di incontrarlo e nei messaggi utilizzava un tono disinvolto. Questo esempio dimostra che, per stabilire il reato di stalking, è necessario che il giudice valuti con attenzione la situazione complessiva e le circostanze specifiche.
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