ANSA – NEL 2025 LE FAMIGLIE ITALIANE AVRANNO BISOGNO DI CIRCA 2,3 MILIONI DI COLF E BADANTI

Secondo la stima contenuta nel 3° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, nel 2025, le famiglie italiane avranno bisogno di circa 2 milioni e 288mila lavoratori domestici per soddisfare le loro esigenze di assistenza

NEL 2025 LE FAMIGLIE ITALIANE AVRANNO BISOGNO DI CIRCA 2,3 MILIONI DI COLF E BADANTI

Nel 2025, le famiglie italiane avranno bisogno di circa 2 milioni e 288mila lavoratori domestici per soddisfare le loro esigenze di assistenza. Questa stima è contenuta nel 3° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos. Il fabbisogno include sia le famiglie con lavoratori regolari sia quelle con colf e badanti non contrattualizzati, oltre a coloro che vorrebbero assumere ma non possono farlo per vari motivi, inclusi quelli economici.

Nel dettaglio, si prevede un fabbisogno di circa 1 milione e 25mila badanti, di cui 713mila straniere e 312mila italiane. La Lombardia è la regione con il maggior numero di lavoratori domestici, seguita da Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. In Sardegna, Molise, Calabria e Sicilia, la percentuale di badanti straniere è inferiore al 50%, mentre in Emilia-Romagna e Lombardia supera l’85%.

Per quanto riguarda le colf, nel 2025 si stima che saranno necessarie oltre 1 milione e 262mila unità, di cui 811mila straniere e 452mila italiane. Le regioni con il maggior fabbisogno sono Lombardia, Lazio, Sicilia, Campania e Puglia.

Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, sottolinea l’importanza di fornire al Governo, Parlamento e Regioni un quadro chiaro delle esigenze delle famiglie in termini di assistenza domestica e welfare. Zini richiama l’attenzione sulla necessità di misure universali per sostenere i costi del personale domestico, sia contributivi sia retributivi.

Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, evidenzia come l’aumento della domanda di assistenza domestica sia legato alla crisi demografica e all’invecchiamento della popolazione italiana. Di Sciullo suggerisce che una gestione più razionale delle politiche di ingresso e permanenza degli stranieri in Italia potrebbe migliorare la situazione, facilitando l’inserimento occupazionale degli immigrati.

LE ALTRE NOTIZIE IN EVIDENZA SU “ATTUALITA'”:

FAMIGLIA E NATALITA’:

ANSA – ISTAT: CALANO ANCORA I NATI NEL 2023 IN ITALIA

Le nascite, nel nostro Paese, sono ancora in picchiata. Il dato emerge dagli indicatori demografici riferiti all’anno 2023 pubblicati oggi dall’Istat, che al primo gennaio 2024 registra un rapporto di 6 neonati e 11 decessi ogni 1.000 abitanti. I nuovi nati sono, infatti, appena 379.000. L’Istituto mette nero su bianco che i residenti in Italia sono 58 mln 990.000, 7.000 in meno rispetto all’anno prima (-0,1 X 1.000 abitanti). Si certifica dunque un rallentamento del calo demografico, che dal 2014 al 2021 (-2,8 X 1.000 in media annua) aveva contraddistinto la tendenza. La popolazione risulta in calo al Sud Italia, in aumento al Nord e stabile al Centro. Gli stranieri residenti sono 5 mln e 308.000 (+166.000).

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – ISTAT: NEL 1951 IL RAPPORTO ERA 100 GIOVANI PER 31 ANZIANI. NEL 2024 IL RAPPORTO E’ 100 GIOVANI E 200 ANZIANI

In Italia, la tendenza demografica prosegue sulla traiettoria preoccupante di un Paese sempre più orientato verso una popolazione anziana e un declino costante delle nascite. I dati forniti dal report Istat delineano una situazione allarmante: nel 2050, ci sarà un giovane per ogni tre anziani, con soli 350.000 nuovi nati all’anno. Retrocedendo nel tempo fino al 1950, si evidenzia un drastico cambiamento nella struttura demografica italiana. Mentre nel 1951, ogni 100 giovani erano accompagnati da 31 anziani, nel corso degli anni, questa proporzione si è invertita drasticamente. Al 1° gennaio di quest’anno, per ogni 100 giovani, si contano ben 200 anziani. Ancora più preoccupante è la proiezione per il 2050, dove gli anziani supereranno i 300 per ogni 100 giovani. In parallelo, il numero di nascite, già al minimo storico di 379.000 nel 2023, è destinato a diminuire ulteriormente fino a 350.000 nel 2050. Questi dati allarmanti sono al centro della discussione nella prossima 4ª edizione degli Stati Generali della Natalità, dal tema “Esserci – più giovani più futuro”. L’evento, in programma per il 9 e 10 maggio all’Auditorium della Conciliazione a Roma e promosso dalla Fondazione per la Natalità, vedrà la partecipazione di figure chiave come il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e la ministra per la Famiglia e la Natalità Eugenia Roccella. Tra i temi in agenda, si affronteranno le cause alla base del calo delle nascite in Italia, evidenziando il fatto che solo 11,5 milioni di individui si trovano nella fascia di età fertile (15-49 anni). Questo numero rappresenta un netto calo rispetto ai 14 milioni registrati nel 2011. In particolare, più del due terzi dei giovani tra i 18 e i 34 anni continua a vivere con i genitori, una percentuale significativamente più alta rispetto ad altri paesi europei. A complicare ulteriormente la situazione, l’incapacità di molte coppie di realizzare il desiderio di avere figli: in otto casi su dieci, questo sogno rimane irrealizzato. Secondo l’organizzatore degli Stati Generali e presidente della Fondazione per la Natalità, De Palo, il problema della natalità in Italia non è solo di natura economica o culturale, ma riguarda soprattutto la libertà delle coppie di decidere sulla propria famiglia. In Italia, la nascita di un figlio rappresenta il secondo fattore più rilevante nell’incidenza della povertà. De Palo sottolinea che non bastano incentivi finanziari, ma sono necessarie riforme strutturali per invertire questa tendenza al declino demografico. Senza interventi significativi, la popolazione italiana è destinata non solo ad invecchiare, ma anche a diminuire drasticamente. Le proiezioni indicano un passaggio da 59 milioni di residenti nel 2022 a 58,1 milioni nel 2030 e infine a 54,4 milioni nel 2050. Questo significa una perdita di oltre 4,5 milioni di italiani nel giro di trent’anni, con gravi implicazioni per l’economia e la società nel suo complesso.

AGI – I PAPA’ ITALIANI SONO I PIU’ VECCHI D’EUROPA

I dati più recenti dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) rivelano che gli uomini italiani ritardano sempre di più l’esperienza della paternità, con un’età media del primo figlio che si attesta a 35,8 anni. Questo dato colloca l’Italia in cima alla classifica europea per età media del concepimento del primo bambino, superando paesi come Francia, Germania e Regno Unito. Il fenomeno del ritardo della paternità coinvolge circa il 70% dei nuovi papà italiani, con un terzo di essi che diventa padre oltre i 36 anni d’età. Questo ritardo nella decisione di avere figli non è privo di conseguenze, poiché numerose evidenze scientifiche indicano che le caratteristiche funzionali degli spermatozoi, come motilità, morfologia e integrità del DNA, peggiorano con l’avanzare dell’età maschile. Secondo Alessandro Palmieri, presidente della Società Italiana di Andrologia (Sia) e docente di Urologia all’Università Federico II di Napoli, l’età media in cui gli uomini italiani diventano padri è aumentata di 10 anni rispetto agli anni ’90, passando dai 25 anni a circa 36 anni attuali. Questo ritardo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui motivi culturali, economici e biologici, oltre all’allungamento della vita che non influisce sulla fertilità femminile, rimasta stabile intorno ai 50 anni. Palmieri sottolinea l’importanza di educare le giovani generazioni sull’importanza di una fertilità sana e tempestiva, incoraggiando uno stile di vita salutare e, dove necessario, l’uso di integratori alimentari mirati. A tal proposito, la Sia ha sviluppato un nuovo integratore chiamato Drolessano, contenente sette sostanze naturali, tra cui escina e licopene, che possono favorire la salute maschile e preservare la fertilità. Secondo Tommaso Cai, direttore dell’U.O. di Urologia dell’ospedale di Trento e segretario della Sia, gli uomini che ritardano la paternità, soprattutto dopo i 45 anni, possono mettere a rischio non solo la propria fertilità, ma anche la salute dei loro futuri figli. Studi scientifici hanno dimostrato che ogni anno in più dell’età del padre comporta un aumento delle mutazioni genetiche nei figli, con un maggiore rischio di autismo e schizofrenia.

REPUBBLICA – IN ITALIA CI SONO 400MILA FIGLI NATI DA “MADRI SEGRETE”

In Italia, si stima che ci siano circa 400mila individui nati da “madri segrete”, donne che scelgono di non essere nominate al momento del parto, lasciando i loro figli senza la possibilità di conoscere le proprie origini. Questi figli, spesso adottati dopo la nascita, devono attendere il compimento dei cento anni per avere accesso al nome delle loro madri biologiche tramite i fascicoli tributari. La situazione attuale mette in luce una lacuna legislativa significativa, poiché né i medici né i tribunali hanno il potere di rivelare ai figli il nome delle madri segrete. Questa normativa, risalente a diversi decenni fa, non tiene conto dei rapidi progressi nella tecnologia del DNA, che oggi consentono alle persone di rintracciare facilmente le loro genealogie e parentele tramite banche dati online. Tuttavia, dopo una sentenza della Corte Costituzionale nel 2013 e vari tentativi legislativi, tra cui una legge approvata alla Camera nel 2015 e un disegno di legge presentato dalla Lega, la questione rimane irrisolta. Il tema è stato riportato all’attenzione pubblica grazie all’impegno del “Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche”, ma finora non ci sono state azioni concrete da parte del legislatore. Luisa Di Fiore, una persona non riconosciuta e adottata, condivide la sua esperienza, sottolineando che molti tribunali hanno accettato di fare un cosiddetto “interpello”, cercando di rintracciare le madri segrete e offrendo loro l’opportunità di incontrare i figli che hanno abbandonato. In molti casi, le madri hanno accettato di incontrare i loro figli, dimostrando un legame emotivo nonostante la separazione. La senatrice Elisa Pirro del Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione parlamentare per affrontare questa questione, bilanciando i diritti dei figli di conoscere le proprie origini con quelli delle madri che hanno partorito in anonimato. Anche la magistratura si è espressa a favore di una soluzione legislativa, sottolineando la necessità di garantire l’eguaglianza tra i cittadini e uniformare le pratiche dei tribunali in tutta Italia.

LEGGO – “PIU’ SI E’ RICCHI E MENO FIGLI SI FANNO”

Il tasso di fertilità globale è in netto declino, e secondo uno studio internazionale condotto da un team di ricerca, entro il 2100 il “ricambio generazionale” sarà compromesso nel 97% dei Paesi del mondo. Questo preoccupante trend non riguarda solo l’Italia, che registra il minimo storico di nascite con meno di 7 neonati ogni 1.000 abitanti nel 2022 secondo i dati dell’Istat. Il declino delle nascite non è solo dovuto alla scelta spontanea o indotta delle coppie di rinunciare ad avere figli, ma è influenzato da molteplici fattori. Dai risultati dello studio emerge che i tassi di fertilità sono in diminuzione in tutto il mondo, con una riduzione del tasso di fertilità globale di oltre la metà dall’immediato dopoguerra a oggi, passando da 4,84 a 2,23 punti. Questo declino ha portato la popolazione mondiale a superare gli 8 miliardi di abitanti lo scorso novembre. Un elemento chiave che sembra influenzare il declino delle nascite è il reddito. Gli esperti prevedono che la maggior parte delle future nascite, circa il 75%, avverrà nei Paesi a basso reddito, soprattutto nell’Africa subsahariana. Ciò significa che il crollo della natalità riguarda soprattutto i Paesi con redditi più alti e medi. In particolare, i ricercatori hanno individuato due fattori principali che influenzano la classe più borghese: la crescente istruzione femminile e l’accesso ai moderni contraccettivi. Si stima che entro il 2095, una donna avrà solo 25 parenti, sottolineando l’impatto significativo di questi cambiamenti sulla struttura familiare e sociale.

ILGIORNALE – SOLO UNA PICCOLA PERCENTUALE DI GENITORI HA SCELTO IL DOPPIO COGNOME PER I FIGLI

La Commissione Giustizia del Senato inizierà a esaminare a gennaio dei disegni di legge per permettere il doppio cognome o il cognome della madre ai neonati, rispecchiando una sentenza della Corte Costituzionale del 2022. Nonostante questo, l’uso del cognome materno resta limitato. La Consulta ha stabilito che il cognome non deriva automaticamente da quello del padre, bensì si decide con un accordo tra genitori. In caso di disaccordo, si opta per il doppio cognome, e se la controversia persiste, il giudice stabilisce l’ordine. Queste sentenze hanno valore di legge da un anno e mezzo, ma la sinistra politica non ha ottenuto grande impatto. Il Ministero dell’Interno ha invitato i sindaci a seguire questa normativa. Fino a novembre, solo 36 neonati a Roma hanno il cognome materno, mentre a Milano solo l’11% lo ha scelto, preferendo spesso il cognome paterno o il doppio cognome. La battaglia per una maggiore equità nei cognomi non ha ancora preso piede.

ISTAT: IN ITALIA UN BIMBO OGNI 5 ANZIANI. MATRIMONI E UNIONI CIVILI IN CRESCITA

Secondo il censimento dell’Istat, l’Italia mostra un profilo demografico in evoluzione: la popolazione diminuisce e invecchia. Al 31 dicembre 2022, il numero degli italiani si attestava a 58.997.201, in calo rispetto agli anni precedenti. Nonostante la presenza degli stranieri, la popolazione complessiva declina. Le donne superano gli uomini del 51,2% e l’età media è di 46,4 anni. La natalità registra un forte declino: nel 2022 sono nati solamente 393.000 bambini, mostrando una diminuzione del 31,8% rispetto al 2008. Questo tende a posizionare gli anziani in rapporto ai bambini con un rapporto di più di 5 a 1. In controtendenza, i matrimoni aumentano. Nel 2022 ne sono stati celebrati 189.140, con un incremento del 4,8% rispetto al 2021, ma dati provvisori indicano un calo nei primi otto mesi del 2023. Si è registrato un significativo incremento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso: nel 2021 ne sono state celebrate 2.813, segnando un aumento del 31% rispetto all’anno precedente e superando addirittura i dati del 2016, anno di entrata in vigore della legge. Il rito civile guadagna terreno: nel 2022 il 56,4% dei matrimoni è stato celebrato senza funzione religiosa, in crescita rispetto al 54,1% del 2021. Questo trend coinvolge sia seconde nozze (95%) sia matrimoni con almeno uno sposo straniero, ma si sta diffondendo anche tra i primi matrimoni, arrivando al 45,1%.

ANSA – ISTAT: POPOLAZIONE ITALIANA SCESA SOTTO I 59 MILIONI

L’Istat ha confermato che al 31 dicembre 2022 la popolazione italiana è scesa a 58.997.201 residenti. Il censimento evidenzia una diminuzione della popolazione, con un’età media sempre più avanzata nonostante il contributo degli stranieri. Le donne costituiscono il 51,2%, mentre il 48,8% sono uomini. Il rapporto generazionale continua a sbilanciarsi: per ogni bambino sotto i 6 anni, si contano oltre 5 anziani, precisamente il 5,6%. L’indice di vecchiaia è notevolmente cambiato: se nel 1971 c’erano 46 anziani ogni 100 giovani, ora ne troviamo 193. La natalità conferma un trend negativo, registrando nel 2022 393.000 nati, circa 7.000 in meno rispetto al 2021 (-1,7%), segnando un nuovo record basso.

ANSA – CENSIS: NEL 2040 SOLO 1 COPPIA SU 4 AVRA’ FIGLI

Il 57esimo rapporto del Censis, presentato oggi, delinea uno scenario preoccupante per l’Italia del futuro. Secondo le previsioni, nel 2040 solo il 25,8% delle famiglie sarà composto da coppie con figli. Questo significa che una coppia su quattro non avrà figli. Nel frattempo, gli italiani sembrano sempre più preoccupati per il futuro del paese. Le principali paure riguardano il cambiamento climatico, le crisi economiche e le guerre. In particolare, l’84% degli italiani teme un cambiamento climatico fuori controllo. Il 73,4% è preoccupato per una possibile crisi economica e sociale, con diffusa povertà e violenza. Il 73% dubita che l’Italia sarà in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone fuggite da guerre o impatti climatici. Nel contesto sociale, emerge un sostegno significativo a tematiche progressiste. Il 74% degli italiani si dichiara favorevole all’eutanasia, il 70% approva l’adozione da parte dei single, e il 54% sostiene l’adozione da parte di coppie omogenitoriali.

GIOVANI:

ADNKRONOS – REPORT UNICEF SU LAVORO MINORILE IN ITALIA: OLTRE 78 MILA UNDER 17ENNE OCCUPATI NEL 2023

In occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, Unicef Italia ha presentato il secondo Rapporto statistico intitolato “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Nel 2023, i lavoratori minorenni tra i 15 e i 17 anni sono stati 78.530, pari al 4,5% della popolazione totale di quella fascia d’età, in aumento rispetto ai 69.601 del 2022 e ai 51.845 del 2021. Se si considera la fascia fino ai 19 anni, nel 2022 i lavoratori erano 376.814, rispetto ai 310.400 del 2021, mostrando un incremento anche rispetto al periodo pre-pandemia del 2019. Il reddito medio settimanale stimato per i lavoratori maschi è passato dai 297 euro del 2018 ai 320 euro del 2022, mentre per le femmine è passato dai 235 euro del 2018 ai 259 euro del 2022, confermando una retribuzione costantemente più alta per i maschi. Tra il 2018 e il 2022, le denunce di infortunio presentate all’Inail per lavoratori sotto i 19 anni sono state 338.323, di cui 211.241 per minori fino a 14 anni e 127.082 per la fascia 15-19 anni. Le denunce di infortunio mortale sono state 83, di cui 9 per la fascia sotto i 14 anni e 74 per la fascia 15-19 anni. Il Rapporto, realizzato dall’Osservatorio Unicef per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile e coordinato da Domenico Della Porta, è stato curato dal “Laboratorio di Sanità Pubblica per l’analisi dei bisogni di Salute delle Comunità” dell’Università degli Studi di Salerno. Carmela Pace, Presidente di Unicef Italia, ha sottolineato l’importanza di monitorare il lavoro minorile come indicatore dello stato di salute della società e del benessere dei giovani. Le regioni con la percentuale più alta di minorenni occupati tra i 15 e i 17 anni sono Trentino-Alto Adige, Valle D’Aosta, Abruzzo e Marche. In Trentino-Alto Adige, il 21,7% dei 34.150 minorenni risulta impiegato. In Valle D’Aosta, il 17,8% dei 3.645 minorenni è occupato. In Abruzzo, il 7,6% dei 34.339 minorenni lavora, mentre nelle Marche la percentuale è del 7,2% su 41.672 minorenni. Queste regioni superano di gran lunga la media nazionale del 4,5%. Le regioni con il maggior numero di giovani lavoratori fino ai 19 anni tra il 2018 e il 2022 sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia. La maggior parte dei lavoratori maschi rispetto alle femmine riflette la tendenza nazionale degli adulti, con un tasso di occupazione femminile molto più basso rispetto a quello maschile (57,3% contro 78,0%), un divario che è aumentato nel 2022. Il divario di genere è particolarmente evidente nelle regioni del Sud Italia, mentre la Valle D’Aosta registra il minore divario. Nel quinquennio 2018-2022, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte hanno registrato il maggior numero di denunce di infortunio tra i lavoratori sotto i 19 anni, con quasi il 60% delle denunce totali in Italia. Delle 83 denunce di infortunio mortale, quasi il 53% è stato registrato in Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ILSOLE24ORE – IN ITALIA IL NUMERO DI GIOVANI E’ DIMINUITO DI 3 MILIONI NEGLI ULTIMI 20 ANNI

Negli ultimi 20 anni, in Italia, il numero dei giovani è diminuito drasticamente di 3 milioni, e sono più a rischio povertà rispetto agli anziani. L’ISTAT, nel suo rapporto annuale, evidenzia come la natalità sia ai minimi storici e il calo demografico sia particolarmente significativo. Nel 2023 si è registrato un ulteriore minimo storico di nascite e una perdita di oltre 3 milioni di individui tra i 18 e i 34 anni dal 2002, con un calo del 32,3% rispetto al baby boom del 1994. La riduzione della popolazione giovane è stata più pronunciata nel Mezzogiorno, con un calo del 28,6%, influenzato dalla bassa natalità e dalla ripresa dei flussi migratori. Nel Centro-Nord, invece, il calo è stato del 19,3%, mitigato da saldi migratori positivi e maggiore fecondità tra i genitori stranieri. Anche nelle aree interne e rurali, la riduzione è stata più ampia rispetto ai centri urbani. La diminuzione delle nascite è legata anche alla riduzione della fecondità: il numero medio di figli per donna è sceso da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, vicino al minimo storico di 1,19 figli del 1995. La fecondità delle italiane è di 1,18 figli per donna, mentre quella delle straniere è di 1,86. I giovani tendono a rimandare sempre più le tappe verso l’età adulta, come dimostra il fatto che nel 2022 il 67,4% dei 18-34enni vive ancora in famiglia, rispetto al 59,7% nel 2002. La povertà è un problema crescente soprattutto per le nuove generazioni. Nel 2023, 1,3 milioni di minorenni sono in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 14%. Anche tra i 18-34enni e i 35-44enni i tassi di povertà sono elevati, rispettivamente all’11,9% e all’11,8%. In confronto, le fasce più anziane presentano tassi di povertà più bassi, con il 5,4% per i 65-74enni e il 7% per gli over 75. Negli ultimi dieci anni, il divario economico tra le generazioni è aumentato, con la grande recessione che ha penalizzato maggiormente i giovani. L’aumento dell’inflazione negli ultimi tre anni ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, aumentando la distanza tra quelle più ricche e quelle più povere. Dal 2014 al 2023, l’incidenza della povertà assoluta è aumentata di 2,9 punti percentuali, colpendo maggiormente le fasce di età in età lavorativa e i loro figli, mentre gli anziani hanno visto un peggioramento più contenuto.

REPUBBLICA – UNO STUDENTE SU 5 E’ COSTRETTO A LAVORARE PER PAGARE L’UNIVERSITA’

Uno studente universitario su cinque in Italia deve lavorare per pagarsi gli studi. Ad esempio, Stella, 25 anni, studentessa di Biologia a Viterbo, lavora come cameriera, lavapiatti e caregiver, guadagnando meno di 5 euro l’ora. La sua famiglia non può sostenerla, quindi deve coprire da sola le spese per cibo, libri e affitto. Le spese universitarie annuali, tra tasse, mensa, materiali, trasporti e alloggio, variano tra 9 mila e 17 mila euro, rendendo necessario il lavoro per molti studenti provenienti da famiglie con difficoltà economiche. Stella racconta di aver lavorato tutti i giorni lo scorso anno senza riuscire a sostenere esami. Ora, lavora 3 o 4 volte a settimana in un ristorante o assistendo una signora in difficoltà. Nonostante il lavoro sia in nero, ha bisogno dei soldi e il suo aiuto è prezioso per la signora. In Italia, circa 365 mila studenti universitari lavorano per sostenere i costi degli studi, una cifra che non si vedeva dal 2008. Molti di loro non lavorano per scelta, ma per necessità economiche e a causa delle carenze nel sistema di diritto allo studio. Solo il 40% degli studenti potrebbe permettersi di frequentare l’università senza lavorare. Le difficoltà economiche influiscono sulla possibilità di frequentare le lezioni e sostenere gli esami. Luca Spanò, 23 anni, studente al quarto anno di Scienze storiche e cooperazione internazionale, ha chiesto la carriera part-time e sostiene gli esami da non frequentante. Nonostante una buona media, procede lentamente negli studi a causa del lavoro durante il weekend, che lo lascia esausto il lunedì. Luca vive con la sua famiglia composta da sette persone in un appartamento dove il salotto funge da camera da letto. Sua madre gli ha detto che se voleva frequentare l’università, doveva pagarsela da solo. Ha lavorato come cameriere, addetto alla sicurezza nei musei, banconista e stagista. Gli stage spesso non rispettano i contratti e le condizioni di lavoro sono difficili. Molti studenti lavoratori hanno contratti a tempo determinato, interinali, a chiamata o part-time involontari. Michelangelo, 21 anni, studente di Scienze politiche a Roma, è dipendente di un’agenzia interinale che fornisce camerieri agli alberghi. Questo è stato il suo primo contratto regolare.

SCENARIECONOMICI – ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA PER L’ISTRUZIONE DEGLI ULTIMI 20 ANNI

Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha attraversato varie fasi in termini di spesa pubblica per l’istruzione, con conseguenze significative sul sistema educativo del paese. L’analisi dei dati mostra un andamento altalenante che riflette le vicissitudini economiche e politiche dell’Italia nel corso degli anni. Dal 2000 al 2008, la spesa pubblica per l’istruzione è cresciuta costantemente, raggiungendo il suo picco nel 2009. Questo periodo di crescita coincide con un periodo di relativa stabilità politica ed economica. Tuttavia, a partire dal 2009, con la grande crisi finanziaria globale, l’Italia ha iniziato a sperimentare una drastica riduzione della spesa in istruzione, con un minimo toccato nel 2014. Questo declino è stato influenzato negativamente dall’instabilità politica e dalle misure di austerità adottate per fronteggiare la crisi economica. La situazione è iniziata a migliorare solo a partire dal 2015, con una leggera ripresa della spesa in istruzione, seppur su livelli ancora inferiori rispetto al periodo precedente alla crisi. Questa tendenza è continuata fino al 2022, con una stabilizzazione della spesa su livelli più bassi rispetto al passato, e solo una lieve crescita nell’ultimo anno. Tuttavia, il declino della spesa pubblica per l’istruzione ha avuto conseguenze negative sulla qualità complessiva del sistema educativo italiano. Le classi sovraffollate, i docenti sottopagati e le infrastrutture obsolete sono solo alcuni dei problemi che il sistema ha dovuto affrontare. Inoltre, l’Italia ha registrato un calo nella classifica internazionale rispetto ad altri paesi dell’OCSE, evidenziando una perdita di competitività nel campo dell’istruzione. Le disuguaglianze educative si sono accentuate, con i giovani provenienti da famiglie più abbienti che hanno accesso a un’istruzione di migliore qualità rispetto ai loro coetanei provenienti da contesti più svantaggiati. La responsabilità di questo declino ricade principalmente sulla classe politica italiana, con particolare riferimento alla sinistra, che ha governato il paese per gran parte del periodo in esame. Le politiche di austerità e i tagli alla spesa pubblica adottati durante la crisi hanno compromesso gli investimenti nel futuro delle nuove generazioni. Per invertire questa tendenza negativa, sono necessarie azioni concrete. È fondamentale aumentare la spesa pubblica per l’istruzione, garantendo risorse adeguate per ogni singolo studente. Inoltre, è importante migliorare la qualità dell’istruzione, differenziando i percorsi educativi in base alle capacità e alle inclinazioni degli studenti. È necessario anche reintrodurre una certa forma di selettività nei percorsi educativi, per garantire un sistema più efficiente e adatto alle esigenze individuali.

ANSA – CALA L’ETA’ DI CHI BEVE VINO: IL 53,7% E’ SOTTO I 34 ANNI

Secondo uno studio dell’Osservatorio del mondo agricolo Enpaia-Censis presentato a Vinitaly, il consumo di vino in Italia sta diventando più giovane. Nel 2002, il 48,7% dei giovani, il 65,1% degli adulti e il 59,9% degli anziani consumava vino. Nel 2022, questi numeri sono cambiati: il 53,7% dei giovani, il 61,4% degli adulti e il 57,4% degli anziani sono consumatori di vino. L’analisi evidenzia che il vino è considerato un veicolo di relazioni e convivialità, soprattutto tra i giovani. Il 67,7% di loro ama consumarlo in compagnia, il 45,3% nei luoghi pubblici e il 34,4% durante i pasti. Anche per gli adulti e gli anziani, il vino è associato alla socialità e al consumo durante i pasti. La preferenza per il vino nazionale è alta, con il 96,5% degli italiani che lo preferisce. Inoltre, l’83,1% dei consumatori predilige vini Dop e Igp. La maggior parte degli italiani (87,9%) apprezza le variazioni territoriali dei vini italiani e riconosce l’impatto del cambiamento climatico sulla produzione di vino. Tuttavia, c’è fiducia nella capacità delle imprese del settore di affrontare queste sfide, con l’84,4% degli italiani che ritiene che il vino italiano rappresenti la sostenibilità.

WIRED – SOLO 1 SCUOLA SU 5 HA ATTIVATO IL LICEO DEL MADE IN ITALY

Il nuovo liceo del Made in Italy, fortemente voluto dal governo Meloni, ha preso il via in sordina: solo 92 scuole su quasi 900 hanno scelto di attivare il nuovo indirizzo di studi. Le 92 scuole che hanno attivato il liceo del Made in Italy si trovano in 16 regioni italiane: 17 in Sicilia; 12 in Lombardia e Lazio; 9 in Puglia; 8 nelle Marche e Calabria; 6 in Abruzzo; 5 in Toscana; 3 in Liguria, Piemonte e Veneto; 2 in Molise; 1 in Basilicata, Emilia Romagna, Sardegna e Umbria. Altre 22 scuole in Campania hanno presentato domanda, ma la Regione non ha ancora dato l’autorizzazione, mentre ad altre 6 è stato negato l’accesso perché prive dei requisiti necessari. Le iscrizioni al liceo del Made in Italy sono aperte fino al 10 febbraio 2024. I corsi dovrebbero partire a settembre 2024. Bisognerà aspettare l’autunno per capire se il nuovo liceo del Made in Italy avrà successo. Il numero di iscritti e l’effettiva implementazione del programma saranno i primi indicatori del suo futuro.

REPUBBLICA – SEXTORTION: I RICATTI SESSUALI ONLINE DILAGANO TRA I MINORENNI

Il fenomeno della sextortion, il ricatto sessuale online, sta colpendo sempre più i minorenni, con un notevole aumento registrato nel 2023, secondo la Polizia postale. I casi trattati hanno coinvolto principalmente ragazzi tra i 14 e i 17 anni, con 137 segnalazioni nel solo anno scorso. La dirigente Maria Rosaria Romano ha sottolineato che l’accesso alla sessualità online rende i giovani più vulnerabili, soprattutto le ragazze, e la condivisione di materiale intimo può avere conseguenze devastanti. Molti ragazzi, sopraffatti dalla vergogna e dalla paura, non si rivolgono ai genitori e rischiano gravi disturbi emotivi. Le denunce di sextortion rappresentano solo la punta dell’iceberg, con molti casi non segnalati. Tuttavia, quando il ricatto coinvolge coetanei, spesso è più gestibile perché il rapporto è noto e si può intervenire tempestivamente. La situazione diventa più grave quando i minorenni cadono vittime di adulti o organizzazioni criminali, che possono diffondere materiale compromettente sui social o su piattaforme estere difficili da controllare. Si segnalano anche i “predatori sentimentali”, professionisti che sfruttano siti di incontri come Tinder per ingannare ragazze sempre più giovani, manipolando le loro emozioni e ottenendo materiale intimo tramite l’inganno e la coercizione.

ANSA – DROGA: 2 GIOVANI SU 3 IN CURA PER DIPENDENZE DA CANNABIS

Secondo il “Rapporto tossicodipendenze 2022″, elaborato dal Ministero della Salute, nel corso del 2022 i servizi pubblici per le dipendenze hanno offerto supporto a 129.259 individui affetti da dipendenza da sostanze. Tra questi, il 13,5%, pari a 17.497 persone, rappresentano nuovi utenti del servizio. Il rapporto evidenzia un cambiamento nel tipo di sostanze maggiormente responsabili della dipendenza. L’eroina, che era la causa principale della dipendenza per circa il 65% dei pazienti precedenti, cede il passo alla cocaina, che attualmente risulta essere la sostanza primaria d’abuso nel 38,5% dei casi. Tra i giovani, la dipendenza dalla cannabis prevale in due casi su tre. Nel 2022, i nuovi utenti in trattamento sono principalmente legati alla cocaina, coinvolgendo 6.718 persone, seguita dall’eroina (5.652 persone) e dai cannabinoidi (4.336). Tuttavia, le sostanze d’abuso più frequenti variano in base all’età del paziente. Tra i giovani (under 25), la cannabis rappresenta oltre il 70% dei casi di dipendenza trattati. Gli individui oltre i 55 anni, invece, mostrano una prevalenza di dipendenza dagli oppiacei. Nel 2022, si sono verificati 16.779 ricoveri per diagnosi correlate all’uso di sostanze, per un totale di quasi 200.000 giornate di degenza. Gli accessi al Pronto Soccorso sono stati 8.152; in circa il 12,4% dei casi, è stato necessario un ricovero, richiesto principalmente per psicosi indotta da droghe”, coinvolgendo tre pazienti su quattro. Secondo il rapporto, in Italia operano attualmente 573 Servizi Pubblici per le Dipendenze (Ser.D), che impiegano un totale di 6.397 professionisti. Di questi, il 31,5% sono infermieri, il 20,7% medici, il 14,7% psicologi, il 13,5% assistenti sociali, il 10,3% educatori professionali, il 2,1% operatori tecnici dell’assistenza e operatori socio-sanitari.

ILSOLE24ORE – TRA IL 2010 E IL 2022 SONO CRESCIUTI DEL 15,34% I REATI COMMESSI DA MINORI

Il recente rapporto “Criminalità minorile in Italia 2010-2022” del Servizio Analisi Criminale rivela un aumento del 15,34% delle segnalazioni di minori tra i 14 e i 17 anni. Nel 2022, sono state segnalate 32.522 violazioni, simili al picco del 2015 (32.566). Le segnalazioni per minori di 16-17 anni crescono dell’8,99%, raggiungendo il picco nel 2015 con 21.886 segnalazioni. Nel 2022 (20.719), scendono del 5,37%. Le segnalazioni per minori di 14-15 anni aumentano del 28,46%, raggiungendo il picco nel 2022 con 11.812 segnalazioni. Furto diminuisce dell’11,9%, ma le rapine crescono del +65,62%. Lesioni aumentano del 58,4%, mentre minacce e risse registrano significativi incrementi. Le segnalazioni per violenza sessuale hanno un aumento del 6,5% dal 2010 al 2022, raggiungendo 291 nel 2022.

MIGRANTI:

L’INDIPENDENTE – MIGRANTI: NEL MEDITERRANEO MORTE 28 MILA PERSONE NEGLI ULTIMI 10 ANNI

Secondo il rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), più di 63.000 migranti sono morti o dispersi nel mondo nel decennio tra il 2014 e il 2024. Questo dato allarmante emerge dal rapporto “Un Decennio di Documentazione delle Morti dei Migranti” dell’OIM, che ha evidenziato il 2023 come l’anno più mortale con oltre 8.500 decessi registrati, un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Il Mediterraneo è rimasto il teatro più pericoloso per i migranti nel corso degli anni, con un totale di circa 28.000 casi di morte o dispersione. Nel 2023, le vittime nel Mediterraneo sono state 3.129, un numero in linea con il 2017 e inferiore solo rispetto al 2015 e al 2016. La maggior parte delle vittime, circa 2.500 persone su 3.129, sono morte lungo la rotta che va dalla Tunisia, dalla Libia e dall’Algeria fino alle coste italiane. Il rapporto evidenzia che un terzo dei migranti morti stavano fuggendo da conflitti e persecuzioni nei loro paesi d’origine, mentre gli altri due terzi erano migranti economici alla ricerca di migliori opportunità. In Africa, il numero di decessi è aumentato, con oltre 1.800 morti registrati nel 2023, mentre in Asia sono stati documentati oltre 2.100 decessi. Le cause principali di morte sono state annegamento, incidenti legati a trasporti pericolosi e violenza. Metà dei decessi totali sono avvenuti per annegamento, con oltre 2.800 persone dichiarate disperse in mare. L’OIM sottolinea che questi dati potrebbero essere solo una frazione delle vere perdite di vite umane durante le migrazioni, poiché molti altri potrebbero essere dispersi o aver subito violenze e abusi. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni lancia un appello per un’azione urgente basata su dati concreti per affrontare il problema delle morti dei migranti lungo le rotte irregolari. Attraverso il Progetto Migranti Scomparsi, l’OIM cerca di utilizzare dati e analisi migliori per salvare vite umane e facilitare percorsi migratori sicuri e regolari.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – FINO AL 50% DI MANODOPERA STRANIERA DIETRO IL MADE IN ITALY ALIMENTARE

Il rapporto “Made in Immigritaly” della Fai-Cisl ha evidenziato che fino al 50% della manodopera impiegata nel settore agroalimentare italiano è straniera. Anche se i dati ufficiali indicano che gli immigrati occupati nel settore rappresentano circa il 31,7% delle giornate lavorative, il numero reale è presumibilmente molto più alto se si considerano anche le attività sommerse. Questo fenomeno evidenzia la significativa presenza di lavoratori stranieri nel settore agroalimentare, che contribuiscono attivamente alla produzione di prodotti alimentari italiani di eccellenza. Nonostante ciò, molti di questi lavoratori rimangono invisibili agli occhi della società italiana, nonostante il loro contributo essenziale. Il rapporto ha anche evidenziato distorsioni nei dati istituzionali riguardanti il numero di immigrati impiegati nell’agricoltura, considerando anche il lavoro non dichiarato e le registrazioni fittizie. L’agricoltura rimane uno dei settori più a rischio di sfruttamento lavorativo, con quasi la metà dei provvedimenti giudiziari e delle inchieste condotte tra il 2017 e il 2021, con un aumento significativo anche nelle regioni del Centro-Nord. Le principali nazionalità dei lavoratori immigrati nell’agroalimentare provengono principalmente da Romania, Marocco, India, Albania e Senegal. Tuttavia, le nazionalità dei rifugiati non figurano tra le prime posizioni, e l’Africa subsahariana è sottorappresentata in generale. Il Ministro dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, ha sottolineato la necessità di pianificare e gestire le migrazioni in modo adeguato, fornendo opportunità di sviluppo nei territori di origine e puntando sulla formazione professionale dei migranti. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha invitato a smantellare gli stereotipi negativi sulle migrazioni e a spoliticizzare il dibattito. Il rapporto ha anche analizzato nove casi studio territoriali in otto regioni italiane, evidenziando l’importante contributo dei lavoratori stranieri in settori chiave come la frutticoltura, la produzione lattiero-casearia, la viticoltura e la lavorazione delle carni. In particolare, sono emerse criticità legate alle condizioni di lavoro e di vita degli immigrati, con edifici al di sotto degli standard di vivibilità, soprattutto in regioni come la Puglia. Complessivamente, gli imprenditori agricoli stranieri in Italia sono circa 28.029, rappresentando il 3% del totale nazionale, con una significativa presenza femminile pari al 43%.

ANSA – DIMEZZATO IL NUMERO DI MIGRANTI SBARCATI NEL 2024

Gli sbarchi di migranti in Italia nel 2024 sono significativamente diminuiti nei primi tre mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I dati del Viminale mostrano che, dal primo gennaio al 22 marzo, sono giunti sulle coste italiane 9.479 migranti, rispetto ai 20.364 registrati nello stesso arco temporale nel 2023. Inoltre, il numero di minori stranieri non accompagnati è notevolmente diminuito, passando da circa 2.000 nel 2023 a 688 nel 2024.

AGI – NEL 2023 SONO MORTI 8.565 MIGRANTI NEL MONDO

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha reso noto che nel corso del 2023 sono morte almeno 8.565 persone lungo le rotte migratorie in tutto il mondo. Questo dato rappresenta il numero più alto degli ultimi dieci anni, con un netto aumento rispetto al 2022. Nel 2016, il numero di vittime fu di 8.084, rimanendo il più alto fino allo scorso anno. Secondo l’OIM, il bilancio delle vittime nel 2023 è aumentato del 20% rispetto all’anno precedente, sottolineando l’urgente necessità di adottare misure per prevenire ulteriori perdite di vite umane lungo le rotte migratorie.

L’INDIPENDENTE – LE INDAGINI PER MALTRATTAMENTI E SEDAZIONI FORZATE NEL CPR DI POTENZA

Un ispettore di polizia, i rappresentanti legali della cooperativa che gestiva il CPR fino pochi mesi fa, Engel Italia srl, oltre che del medico della struttura, sono stati indagati per maltrattamenti, sedazioni forzate e altri reati. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Potenza, è partita dopo la trasmissione di un video da parte di Striscia la Notizia, in cui si vede un poliziotto costringere un recluso ad assumere psicofarmaci di cui non aveva bisogno contro la sua volontà. Sono stati 35 i casi di maltrattamenti ai danni delle persone ristrette nel CPR potentino accertati nell’ambito dell’inchiesta. L’ispettore della Polizia Rosario Olivieri è accusato di violenza privata pluriaggravata, falso ideologico, calunnia e truffa aggravata ai danni dello Stato. Ai gestori del centro e di un medico (accusato di maltrattamenti, falso ideologico e violenza privata pluriaggravata) è stato invece disposto il divieto per un anno ad esercitare imprese o uffici direttivi operanti in rapporti con la pubblica amministrazione. L’indagine si riferisce a fatti accaduti tra il 2018 e il 2022. Oltre ai maltrattamenti, si indaga anche sulle nomine dei difensori dei trattenuti, che sarebbero state pilotate sempre ai soliti uffici in cambio di favori o regali. «Era un inferno là dentro, e solo chi si trovava a viverlo di persona lo può capire», ha detto un’infermiera in servizio nel CPR. Le accuse sono gravissime e mettono nuovamente in discussione il sistema dei CPR, che sono stati accusati di essere luoghi di detenzione inumane e degradanti. «I CPR – denuncia anche il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito – sono frutto di una politica migratoria che guarda esclusivamente a operazioni di controllo e contenimento e non alla gestione del fenomeno migratorio, ai diritti e alla necessità di guardare alle persone che arrivano come nuovi europei e pezzi già esistenti della nostra società».

ANSA – MIGRANTI: NEL 2023 ARRIVI AUMENTATI DEL 50%

Il flusso migratorio verso le coste italiane nel 2023 registra un aumento significativo del 50% rispetto all’anno precedente, con 155.754 persone giunte nel Paese, di cui oltre 17.000 minori non accompagnati. Le cifre, comunicate dal Viminale, evidenziano un incremento rispetto alle 103.846 arrivate nel 2022, con un picco di 25.673 sbarchi in agosto. La crisi in Tunisia ha accentuato questo fenomeno, diventando la principale rotta di fuga dall’Africa. L’impiego dei mercenari della Wagner per esasperare il flusso migratorio è stato denunciato anche dal governo italiano. Il Patto su migranti in Europa, mirante a una distribuzione equa dei richiedenti asilo, potrebbe mitigare questo impatto nel 2024. Le recenti arrivate includono 244 persone a Bari, provenienti da Eritrea, Sudan, Bangladesh, Pakistan e Siria, con due donne incinte e minori non accompagnati. A Lampedusa, 79 persone sono state salvate da una motovedetta di Frontex, mentre 13 tunisini sono giunti nella Sardegna meridionale. La Open Arms con sessanta migranti è attesa a Genova, mentre la Geo Barents con 336 migranti arriverà a Ravenna.

ANSA – FRONTEX: 331 MILA ARRIVI DI MIGRANTI IN UE

Frontex rivela un aumento del 18% negli attraversamenti irregolari delle frontiere UE nei primi dieci mesi del 2023, raggiungendo il picco di 331.600 arrivi, il più alto dal 2015. L’Africa occidentale segna un notevole incremento, con 27.000 arrivi, quasi il doppio dell’anno precedente. Il Mediterraneo centrale resta la rotta più trafficata, con oltre 143.600 individui rilevati dalle autorità nazionali nel 2023. Questi dati indicano una tendenza in crescita degli arrivi irregolari, mettendo in evidenza le sfide dell’UE nel gestire il flusso migratorio attraverso le sue frontiere esterne.

L’INDIPENDENTE – OIM: NEL 2023 SONO MORTI 2271 PERSONE ATTRAVERSANDO IL MEDITERRANEO

Secondo l’OIM, almeno 2.271 persone sono morte attraversando il Mediterraneo Centrale nel 2023, un aumento del 60% rispetto al 2022. Le cifre sono ancora provvisorie, ma la tendenza è chiara: il numero di morti in mare è in aumento, nonostante le politiche anti-migratorie messe in atto da molti governi europei. Nel corso del 2023, ci sono stati 188.510 tentativi di attraversamento nella rotta centrale del Mediterraneo, di cui il 71% non è riuscito. In Italia, sono arrivate via mare 153.531 persone, il numero più alto degli ultimi nove anni. La maggior parte dei migranti che arrivano in Italia sono siriani, bengalesi, tunisini ed egiziani. Le politiche migratorie messe in atto dal governo italiano, come il decreto in contrasto alle ONG, non hanno avuto l’effetto sperato di ridurre gli arrivi e le partenze. Al contrario, hanno contribuito all’aumento dei morti in mare. L’Unione Europea ha recentemente trovato un nuovo accordo sul Patto Migranti, che obbliga i Paesi membri alla solidarietà verso i luoghi di primo approdo. L’accordo è stato criticato da varie ONG, che ne denunciano il processo di esternalizzazione, volto più che a una reale gestione dei migranti, a una loro “criminalizzazione”.

ILLEGALITA’:

ANSA – DATI ISTAT SU CORRUZIONE IN ITALIA: CALO DI RICHIESTE DI DENARO IN CAMBIO DI FAVORI

Secondo il report dell’Istat sulla corruzione in Italia (anno 2022-2023), si registra un calo delle richieste alle famiglie di denaro o altro in cambio di agevolazioni, beni o servizi. Negli ultimi tre anni, le richieste ricevute dalle famiglie sono diminuite dal 2,7% al 1,3% rispetto al triennio precedente. La corruzione è in calo anche in altri settori come il lavoro, gli uffici pubblici, la sanità e la giustizia. Tuttavia, rimane stabile al 1,4% nel settore assistenziale. Si sono osservati notevoli cali nelle richieste in ambito sanitario e giuridico. Inoltre, il report indica che oltre un milione 166mila cittadini (il 2,7% della popolazione tra i 18 e gli 80 anni) sono stati offerti denaro, favori o regali in cambio del loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee. Tuttavia, questa percentuale è in diminuzione rispetto al 3,7% del 2015-2016. Il rapporto sottolinea anche che la corruzione sembra essere più accettata se serve a garantire lavoro a un figlio, con il 20,1% dei cittadini di età compresa tra i 18 e gli 80 anni che lo ritiene accettabile. Questo è seguito dall’idea di farsi raccomandare da familiari o amici per essere assunti, ritenuta accettabile dal 15,9% dei cittadini. Solo il 4,5% considera accettabile ottenere regali, favori o denaro in cambio del proprio voto alle elezioni.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – FURTI DI VEICOLI IN ITALIA CRESCIUTI DEL 7% NEL 2023

Il 2023 ha registrato una nuova crescita dei furti di veicoli in Italia: +7%, 131mila in totale. Dal 2013 sono 1 milione e mezzo: di quasi 940mila si sono perse le tracce, instradati su mercati esteri o utilizzati per pezzi di ricambio. In tutti gli altri Stati Ue si rubano meno di 40mila veicoli l’anno. Aumentano i furti di tutte le categorie, anche le moto, ma il boom più significativo riguarda gli autoveicoli (+11%), ritornati vicini alle 100mila “sottrazioni” annue. 5 regioni da bollino rosso: Campania, Lazio, Puglia, Sicilia e Lombardia. 1 autoveicolo rubato su 10 è una Fiat Panda.

REPUBBLICA – ITALIA CROCEVIA DEL TRAFFICO DI DROGHE SINTETICHE DALLA SIRIA ALL’EUROPA

Il dipartimento al Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato sanzioni contro 11 individui e entità legate al regime del presidente siriano Bashar Al-Assad, accusati di facilitare trasferimenti finanziari illeciti e il traffico di droghe illegali, in particolare Captagon. Questa sostanza, nota per essere utilizzata anche dai terroristi di Hamas, è diventata una delle principali fonti di reddito per il regime siriano, le sue forze armate e paramilitari. Il principale produttore ed esportatore di Captagon è la Siria, con il traffico che coinvolge anche l’Europa attraverso l’Italia e la Grecia. Taher al-Kayali, cittadino siriano, è stato individuato come figura chiave di questo traffico, gestendo la Neptunus Llc in Siria per l’acquisto di navi utilizzate per contrabbandare Captagon e hashish, entrambi utilizzati come fonti di finanziamento per il regime di Assad. La nave mercantile Noka, acquistata da al-Kayali tramite Neptunus, è stata intercettata nel 2018 dalle autorità greche mentre trasportava droghe per un valore superiore a 100 milioni di dollari. Le azioni di al-Kayali non si limitano al traffico di droghe, ma includono anche il supporto ai trafficanti di Captagon nel tentativo di distribuire la droga in Europa, con la Grecia e l’Italia come punti cruciali di transito. In risposta a queste attività illegali, Washington ha imposto sanzioni contro al-Kayali e le sue società, insieme a Mahmoud Abulilah Al-Dj, sospettato di gestire un canale di traffico che attraversa il Nordafrica.

ANSA – 95 EPISODI INTIMIDATORI NEI CONFRONTI DEI GIORNALISTI

Nel 2023 sono stati censiti 98 episodi intimidatori nei confronti di giornalisti (con un calo dell’11,7% rispetto ai 111 segnalati nel 2022). 40 dei casi sono riconducibili a contesti politico/sociali (il 40,8% del totale), 12 alla criminalità organizzata (12,2%). I numeri emergono dal report del Servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza presentato presso la Scuola superiore di Polizia nel corso del meeting dei Focal Points nazionali nell’ambito del Progetto Osce sulla sicurezza dei giornalisti. Gli episodi consumati tramite i canali web sono stati 30 (corrispondenti al 30,6% del totale degli eventi), pari al numero di quelli registrati nel 2022; i mezzi più utilizzati sono risultati Facebook (con 13 episodi) e le e-mail (con 8). Ci sono poi state 19 aggressioni fisiche, 17 minacce verbali, 12 danneggiamenti, 9 scritte ingiuriose/minacciose, 7 lettere, 4 invii di oggetti/proiettili/parti di animali. La regione in testa per numero di casi è il Lazio (21), seguita da Lombardia (16), Campania (11), Calabria e Sicilia (10). Quanto alle aree metropolitane, il maggior numero di episodi è stato segnalato a Roma (17), seguita da Milano (15), Reggio Calabria (8) e Napoli (6). Per alcuni atti intimidatori non risulta che la vittima abbia presentato denuncia-querela. Nel complesso, negli eventi rilevati nel 2023 appaiono coinvolti, in qualità di vittime, 92 professionisti dell’informazione, tra i quali 21 donne (22,8%) e 71 uomini (77,2%). L’8% delle segnalazioni totali è relativo ad intimidazioni perpetrati nei confronti di sedi giornalistiche o di troupe non meglio specificate.

CORRIERE – NEGLI ULTIMI 10 ANNI 3 VITTIME DI INCIDENTI PROVOCATI DA GUIDA SENZA PATENTE O REVOCATA

In dieci anni, quasi 3000 vittime per incidenti provocati da chi guida senza patente o con essa revocata, una cifra equivalente all’intera popolazione di un piccolo comune italiano. Oltre 53.000 feriti, equiparabile al totale dei residenti di Siena o Agrigento. Non avere la patente e causare gravi incidenti è un’aggravante dal 2016, ma le sanzioni sembrano non bastare. Nel 2020, 342 morti e 7.568 feriti, un aumento significativo rispetto al 2019, riflettendo un fenomeno in crescita nonostante le pene più severe. Una ricerca rivela che il 10% dei guidatori filma con il cellulare mentre guida, con trasgressori principalmente tra i 24 e i 44 anni, senza distinzione di genere.

DATI E STUDI:

ANSA – ISTAT: L’81% DELLE PERSONE MOLESTATE SUL LAVORO E’ DONNA

Secondo il report dell’Istat “Le molestie: vittime e contesto”, relativo agli anni 2022-2023, sono circa 2 milioni e 322mila le persone tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una forma di molestia sul lavoro nel corso della vita. Di questi, l’81,6% sono donne (pari a circa 1 milione 895mila, il 13,5% del totale delle donne tra i 15 e i 70 anni). A queste si aggiungono le donne che hanno subito ricatti sessuali sul lavoro, pari a 298mila. Le donne tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una qualche forma di molestia o un ricatto per ottenere un lavoro o avere un avanzamento di carriera costituiscono circa il 15% del totale delle donne tra i 15 e i 70 anni (circa 2 milioni 68mila donne), mentre gli uomini che hanno subito molestie sessuali nel mondo del lavoro (ad eccezione dei ricatti) sono il 2,4% (circa 427mila). Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più giovani di 15-24 anni, 21,2%) e il 2,4% degli uomini di 15-70 anni. In particolare si tratta di sguardi offensivi, offese, proposte indecenti, fino ad atti più gravi come la molestia fisica. Limitatamente agli ultimi tre anni precedenti la rilevazione del 2022-2023, le quote si fermano al 4,2% per le donne e l’1% per gli uomini. Negli ultimi dodici mesi i tassi sono pari rispettivamente a 2,1% e 0,5%.

Altre notizie:

APRI/CHIUDI
ANSA – IN UN ANNO CI SONO STATE 113 AGGRESSIONI AGLI INSEGNANTI (70 COMMESSE DA STUDENTI)

Nel periodo dall’1 gennaio 2023 al febbraio 2024, sono stati segnalati 133 casi di aggressioni fisiche all’interno delle scuole medie superiori, con insegnanti che hanno dovuto recarsi in ospedale per visite mediche. Secondo il capo della polizia, Vittorio Pisani, durante l’evento conclusivo dell’iniziativa “Nei panni di Caino per capire e difendere le ragioni di Abele” presso la scuola superiore di polizia a Roma, ben 70 di questi casi sono stati commessi da studenti, mentre un numero significativo è stato attribuito a genitori. Pisani ha sottolineato la gravità della situazione, suggerendo che il numero di casi denunciati potrebbe non riflettere completamente l’entità del problema, considerando le possibili aggressioni non segnalate dai docenti o quelle che non hanno richiesto cure ospedaliere.

ANSA – OMICIDI VOLONTARI IN ITALIA AUMNETATI DEL 15%

Gli omicidi volontari in Italia, nel quadriennio 2020-2023, sono aumentati del 15% (da 287 a 329). Le vittime femminili nel 2023 sono state 119 (numero stabile rispetto a 4 anni prima). Per quanto riguarda la violenza di genere (violenza fisica, sessuale, psicologica o economica contro una donna in quanto tale), si evidenzia nel quadriennio 2020-2023 un leggero decremento per le violenze sessuali e i maltrattamenti contro familiari e conviventi. In calo anche gli atti persecutori.

ANSA – APPROVATO IL DECRETO LEGGE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO NELL’AREA DEI CAMPI FLEGREI

Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per la prevenzione del rischio sismico nell’area dei Campi Flegrei e per interventi di protezione civile. Il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, ha annunciato che il decreto prevede circa 440 milioni di euro per interventi pubblici e 20 milioni per privati, oltre all’istituzione di un commissario. È prevista anche un’attenzione particolare per gli edifici compromessi e per evitare abusi. Musumeci ha sottolineato che il governo non intende finanziare case abusive o seconde case, e che le persone costrette a lasciare le loro abitazioni riceveranno un contributo mensile variabile tra 400 e 900 euro. Ha ribadito che non ci saranno interventi per le proprietà private abusive e ha annunciato il divieto di costruzione di nuove abitazioni civili nell’area. Il ministro ha evidenziato le responsabilità della Regione Campania e dei comuni di Napoli, Pozzuoli e Bacoli per la gestione urbanistica disordinata e l’abusivismo edilizio, accusando gli enti territoriali di negligenza nella vigilanza e nella prevenzione dei rischi. La gestione degli interventi sarà affidata a un commissario straordinario, che sarà nominato entro 15 giorni. Il decreto rappresenta un passo significativo per affrontare le problematiche legate al fenomeno bradisismico nei Campi Flegrei e per garantire la sicurezza dei cittadini.

CORRIERE – UN SUICIDIO OGNI 6 GIORNI NELLE FORZE DELL’ORDINE

Un’Osservatorio permanente interforze sui suicidi, istituito nel 2019 dal prefetto Franco Gabrielli, ha rivelato che negli ultimi 5 anni si sono verificati 207 suicidi tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e agenti penitenziari, salendo a 275 considerando anche la polizia locale e le Forze Armate. Questi dati indicano una media di un suicidio ogni sei giorni, sollevando gravi preoccupazioni sul benessere mentale dei membri delle forze di polizia e di difesa. In particolare, i carabinieri registrano la situazione più grave, con 78 suicidi dal gennaio 2019 a dicembre 2023, mentre altri corpi come l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica riportano numeri più bassi ma comunque significativi. La Polizia di Stato ha segnalato 75 suicidi negli ultimi cinque anni, con un aumento significativo nel 2023, mentre la Polizia Penitenziaria e le Fiamme Gialle hanno registrato rispettivamente 26 e 28 casi. Anche i vigili urbani, pur non facendo parte dell’Osservatorio, hanno segnalato 25 suicidi in cinque anni. Uno studio condotto da esperti ha identificato problemi personali e familiari come principali fattori scatenanti dei suicidi, insieme all’insorgenza di disturbi fisici o psichici. Tuttavia, l’ambiente lavorativo stressante e la totale disponibilità delle armi possono aggravare la situazione, portando a una sindrome da burnout e al distacco emotivo dagli altri. Per affrontare questo problema, le forze di polizia stanno implementando misure di prevenzione e sostegno, tra cui l’assunzione di psicologi aggiuntivi e progetti per il sostegno psicologico del personale. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per eliminare lo stigma associato al chiedere aiuto e per garantire un ambiente di lavoro più sano e inclusivo per i membri delle forze dell’ordine e della difesa.

L’INDIPENDENTE – ISTAT: IL SUD ITALIA HA PERSO CIRCA 550 MILA RESIDENTI IN 10 ANNI

Il Sud Italia continua a perdere residenti: in dieci anni, dal 2014 al 2023, ha visto un calo di circa 550 mila persone rispetto al Nord Italia. Durante questo periodo, ci sono stati circa 1,15 milioni di spostamenti verso le regioni del Centro-Nord e circa 600 mila nella direzione opposta. Inoltre, si sono registrati 1,8 milioni di espatri e 515 mila rimpatri. Anche gli stranieri trovano il Nord Italia attraente, con un aumento del 5,2 per mille dei residenti esteri. Secondo un nuovo rapporto dell’Istat, nel biennio 2022-23 sono stati particolarmente significativi gli arrivi di cittadini stranieri in Italia, con un totale di 697 mila immigrati. Il numero degli espatri è cresciuto del 10% rispetto al 2021, raggiungendo 207 mila unità. Anche la mobilità interna è aumentata leggermente, con una media annua di circa 1,45 milioni di trasferimenti, segnando un incremento del 2,4%. Nel 2023, i trasferimenti di residenza tra Comuni hanno coinvolto 1 milione e 444 mila cittadini, con un leggero calo dell’1,8% rispetto al 2022. La maggior parte di questi trasferimenti riguarda cittadini italiani, ma la propensione a spostarsi degli stranieri è più del doppio rispetto a quella degli italiani. Nel decennio scorso, il tasso medio di mobilità interna degli italiani è stato del 20,7 per mille, contro il 49,0 per mille degli stranieri. Un dato rilevante è che un trasferimento di residenza su tre avviene dal Mezzogiorno al Centro-Nord. Nel biennio 2022-23, si sono registrati 253 mila trasferimenti dal Sud al Centro-Nord, con una media annua di 127 mila movimenti, in aumento del 13,3% rispetto al 2021. Nello stesso periodo, i trasferimenti in senso opposto sono stati 124 mila. Tre partenze dal Mezzogiorno su dieci sono dirette in Lombardia, la meta preferita dai residenti del Sud. La Campania è la regione con il maggior numero di partenze verso il Centro-Nord, seguita da Sicilia e Puglia. Il Nord-Est continua a essere la zona più attrattiva della Penisola, con un tasso migratorio medio annuo di +2,4 per mille nel periodo 2022-2023. L’Emilia-Romagna primeggia in quest’area con un tasso migratorio interno netto di +3,6 per mille. Il Nord-Ovest registra un tasso migratorio interno inferiore (+1,8 per mille), con la Lombardia che da sola contribuisce con un +2 per mille. Il Centro ha un tasso migratorio positivo ma basso (+0,6 per mille), mentre il Sud e le Isole riportano tassi negativi, rispettivamente -3,5 e -2,7 per mille. Le regioni con le performance più negative sono Basilicata (-5,7 per mille), Calabria (-5,3 per mille), Molise (-4,4 per mille) e Campania (-4 per mille). La provincia con il più alto tasso di migrazione interna è Pavia (+5,1 per mille), seguita da Bologna (+4,4 per mille) e Ferrara (+4,3 per mille). Le province meno attrattive sono Caltanissetta (-7,1 per mille), Reggio di Calabria (-6,7 per mille) e Crotone (-6,3 per mille).

PAGELLAPOLITICA – GLI ITALIANI CON LA LICENZA PER IL PORTO D’ARMI SONO IL 2,5% DELLA POPOLAZIONE

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato in televisione che solo lo 0,02% della popolazione adulta in Italia possiede un’arma. Tuttavia, questo dato non è corretto. Attualmente non esiste un modo preciso per determinare il numero esatto di armi detenute legalmente e illegalmente nel paese. I dati relativi al numero effettivo di armi registrate e in circolazione o presenti nelle case degli italiani non sono disponibili. Possiamo, tuttavia, fare riferimento alle licenze per il porto d’armi, che autorizzano i cittadini a possedere e trasportare armi al di fuori delle proprie abitazioni. Nel 2022, il numero di licenze valide per il porto d’armi era di circa 1,2 milioni. Questo rappresenta circa il 2,5% della popolazione adulta, non lo “0,02%” indicato dal ministro Piantedosi. Le licenze per il porto d’armi possono essere concesse per vari motivi, tra cui la caccia, lo sport e la difesa personale. La maggioranza delle licenze è per la caccia e lo sport, mentre solo una piccola percentuale è per la difesa personale. Inoltre, oltre alle licenze per il porto d’armi, esiste anche il “nulla-osta”, che consente l’acquisto e il trasporto di armi al domicilio. Tuttavia, non sono disponibili dati pubblici sul numero di licenze approvate ogni anno. Infine, una singola licenza per il porto d’armi può consentire l’acquisto di più armi. Questo fattore aggiunge ulteriore incertezza nel determinare il numero totale di armi detenute legalmente. Alcune stime suggeriscono che il numero reale di armi in Italia, incluse quelle detenute illegalmente, potrebbe essere superiore a 1,2 milioni. Queste includono armi non registrate, armi con licenza scaduta e armi coinvolte nel traffico illegale gestito dalle organizzazioni criminali.

ANSA – LA RETE IDRICA ITALIANA DISPERDE UNA QUANTITA’ D’ACQUA TALE DA SODDISFARE LE ESIGENZE DI 43,4 MILIONI DI PERSONE

Il più recente rapporto dell’ISTAT sulla rete idrica italiana ha rivelato che nel 2022 è stata dispersa una quantità d’acqua tale da soddisfare le esigenze di 43,4 milioni di persone per un intero anno. Questi dati, resi pubblici dall’Istituto Nazionale di Statistica, riflettono le sfide significative che il sistema idrico italiano deve affrontare, come evidenziato anche nel Libro Bianco Valore Acqua 2024, redatto da The European House – Ambrosetti (TEHA). Secondo TEHA, nell’anno precedente all’analisi ISTAT, l’infrastruttura idrica italiana, descritta come “inefficiente ed obsoleta”, avrebbe disperso il 41% dell’acqua prelevata durante la distribuzione, pari a 8308m3/km, posizionando l’Italia all’ultimo posto in Europa per perdite idriche. Il rapporto di ISTAT è stato pubblicato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e celebrata ogni anno il 22 marzo. Secondo l’ISTAT, nel 2022, sono stati prelevati 9,14 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile in Italia, corrispondenti a 25 milioni di metri cubi al giorno, pari a 424 litri per abitante. Tuttavia, solo 214 litri di acqua sono stati effettivamente erogati. L’Italia si classifica come il terzo paese dell’Unione Europea per il prelievo di acqua potabile pro capite. Questo approvvigionamento non riguarda solo la popolazione, ma anche istituzioni pubbliche, piccole imprese, alberghi, servizi, attività commerciali, produttive, agricole e industriali collegate direttamente alla rete urbana. La fornitura è stata resa possibile grazie a oltre 37.000 fonti di approvvigionamento d’acqua attive, con una media di 12 fonti ogni 100 km2. Nel 2022, si è confermato un leggero calo nel prelievo d’acqua per uso potabile, accompagnato da un aumento della dispersione delle risorse idriche al 42,4%. Secondo l’ISTAT, nel 2021, il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente è stato destinato ai servizi di gestione delle acque reflue, con una quantità di acqua trattata negli impianti di depurazione di tipo avanzato pari a 4,7 miliardi di metri cubi. La gestione delle acque reflue potrebbe rappresentare una importante fonte di approvvigionamento d’acqua “non convenzionale”, utile per integrare i volumi utilizzati per diverse finalità, escluso l’uso potabile, come ad esempio l’irrigazione dei campi. Il Libro Blu sottolinea l’importanza di investire in tecnologie avanzate per migliorare il processo di depurazione delle acque reflue, stimando una spesa complessiva di circa 5-6 miliardi di euro per l’implementazione di tali miglioramenti. Il miglioramento della gestione delle acque reflue potrebbe contribuire a limitare gli sprechi e a rendere più efficiente il sistema idrico italiano. Tuttavia, sono necessari cambiamenti più ampi nel modello di sfruttamento e consumo della risorsa idrica, che attualmente è strutturalmente poco sostenibile in Italia. L’Italia risulta al primo posto in Europa per consumo di acqua minerale in bottiglia, con 249 litri pro capite al giorno, e al terzo posto per consumo domestico pro capite. Inoltre, il paese investe solo 59 euro pro capite nel settore idrico, ben al di sotto della media di 82 euro pro capite nell’area UE-UK.

ANSA – L’ITALIA E’ PRIMA AL MONDO PER PRODUZIONE DI PASTA

L’Italia rimane in vetta alla produzione mondiale di pasta, con una produzione di 3,6 milioni di tonnellate e un fatturato che si avvicina ai 7 miliardi di euro. Questo dato conferma il ruolo preminente del paese nel settore alimentare. Gli italiani mantengono anche il primato nel consumo di pasta, con una media di circa 23 chili pro-capite all’anno e un consumo totale di 1,3 milioni di tonnellate. Tuttavia, è il settore dell’export a evidenziare la forza del Made in Italy nel mondo: oltre il 61% della produzione nazionale di pasta viene esportata all’estero. I dati raccolti da Unione Italiana Food su base Istat per il periodo gennaio-dicembre 2023 mostrano un’export di oltre 2,2 milioni di tonnellate di pasta, con un leggero calo dei volumi (-3,7% rispetto al 2022), ma un aumento del valore del 3% rispetto all’anno precedente, arrivando a 3,8 miliardi di euro. Le destinazioni principali dell’export italiano di pasta includono i paesi dell’Unione Europea, con circa 1,5 milioni di tonnellate, e i paesi terzi, con quasi 780.000 tonnellate. La domanda di pasta Made in Italy è in crescita in molte parti del mondo, con aumenti significativi in paesi come Brasile, Israele, Finlandia, e numerosi altri. Anche in alcuni paesi africani, come Camerun, Ruanda, Mozambico e Nigeria, si registra un aumento dei consumi, possibilmente favorito da un incremento del turismo in queste regioni.

ANSA – AUMENTANO LE DENUNCIE DI SCOMPARSI IN ITALIA: 29 MILA NEL 2023

Nel corso del 2023, le denunce di scomparsa hanno registrato un aumento significativo, arrivando a un totale di 29.315 segnalazioni, rispetto alle 24.369 dell’anno precedente. Quasi il 75% delle denunce riguardava minori, con 21.951 segnalazioni complessive. Di queste, 4.416 coinvolgevano minori italiani e 17.535 minori stranieri. Questi dati evidenziano un incremento soprattutto nelle segnalazioni riguardanti i minori stranieri rispetto all’anno precedente. Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha sottolineato l’impegno del Viminale nel fronteggiare questo fenomeno complesso, che coinvolge migliaia di persone ogni anno, soprattutto minori e soggetti vulnerabili, con ripercussioni significative sulle famiglie coinvolte. Piantedosi ha ringraziato il Commissario straordinario, le Prefetture e tutte le altre agenzie coinvolte, inclusi le Forze di Polizia, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile, per il loro contributo nel sistema di ricerca delle persone scomparse e ha ribadito l’impegno del governo nel potenziare e migliorare continuamente gli strumenti di intervento per affrontare questo problema.

AGERSIR – NEL 2023 IN ITALIA SONO MORTE 415 PERSONE SEWNZA FISSA DIMORA

Un rapporto pubblicato dalla fio.PSD ha rivelato che nel 2023 sono decedute 415 persone senza fissa dimora in Italia. La tragedia colpisce in particolare durante i mesi invernali, con oltre 130 decessi registrati. Tuttavia, la Federazione ha sottolineato che questa “strage di invisibili” si verifica tutto l’anno, coinvolgendo 215 comuni italiani. La Lombardia e il Lazio hanno registrato il maggior numero di morti, rispettivamente il 21% e il 18%, seguite dall’Emilia Romagna, Campania e Veneto. Le città più colpite includono Roma, Milano, e Bergamo. Le vittime sono principalmente uomini (93%) di nazionalità straniera (58%), con un’età media di 47.3 anni. Le cause dei decessi sono varie: il 40% per problemi fisici e ipotermia, il 42% per eventi traumatici come aggressioni e cadute. I corpi vengono trovati per strada (33% dei casi), lungo corsi d’acqua, negli ospedali e nelle carceri. La presidente della Federazione, Cristina Avonto, ha sottolineato la necessità di un cambiamento politico e culturale. Le risorse disponibili devono essere utilizzate per implementare politiche abitative che forniscono una base stabile e sicura per chi è senza casa.

ILFATTOQUOTIDIANO – AUTO E SUV SEMPRE PIU’ GRANDI: SI ALLARGANO DI 1 CM OGNI 2 ANNI

Le nuove auto immatricolate in Europa sono sempre più grandi. Secondo uno studio realizzato dall’organizzazione Transport & Environment, si allargano mediamente di 1 centimetro ogni due anni. La tendenza è destinata a continuare, anche per l’aumento delle vendite di SUV, che rappresentano il 54% delle automobili acquistate in Italia. Il risultato è che, già ora, “circa la metà delle auto nuove vendute sono troppo larghe per lo spazio minimo di parcheggio su strada”, ha affermato il direttore di Transport & Environment, Julia Poliscanova. Secondo l’analisi, la larghezza media delle auto nuove è aumentata a 180,3 cm nella prima metà del 2023, in confronto ai 177,8 cm del 2018. Questa tendenza ha diversi risvolti negativi, tra cui: Difficoltà di parcheggio: le auto più grandi occupano più spazio, rendendo più difficile parcheggiare nelle strade strette e nei parcheggi sotterranei. Inquinamento: le auto più grandi consumano più carburante e quindi producono più emissioni di gas serra. Sicurezza stradale: le auto più grandi sono più difficili da controllare e quindi aumentano il rischio di incidenti. Transport & Environment ha invitato i governi europei a prendere provvedimenti per ridurre le dimensioni delle auto nuove, ad esempio attraverso misure fiscali o regolamentari.

TGCOM24 – IN ITALIA OLTRE 3,1 MILIONI DI PERSONE CHIEDE AIUTO PER MANGIARE

In Italia, la richiesta di sostegno alimentare è esplosa, superando i 3,1 milioni di individui che si affidano a mense per i bisognosi o a pacchi di viveri. Secondo le stime della Coldiretti, questa allarmante cifra è stata rilevata attraverso i dati del Fondo per l’Aiuto Europeo agli Indigenti (Fead), in concomitanza con la Giornata Mondiale dei Poveri promossa dal Papa. La situazione, basata su dati ufficiali, sottolinea una crisi crescente che impatta pesantemente sulla sicurezza alimentare di un numero sempre maggiore di cittadini italiani.

L'informazione è di parte! Ci sono giornali progressisti e giornali conservatori. La stessa notizia ti viene raccontata in modo diverso. Se cerchi un sito che ti spieghi le cose con semplicità, e soprattutto con imparzialità, allora questo è il posto giusto per te. Cerchiamo notizie e fatti social del momento e li rimettiamo in circolo, senza giri di parole e senza influenzarti con le nostre opinioni.

FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].

Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.
Potrebbero interessarti anche questi articoli: