Secondo la stima contenuta nel 3° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, nel 2025, le famiglie italiane avranno bisogno di circa 2 milioni e 288mila lavoratori domestici per soddisfare le loro esigenze di assistenza
Nel 2025, le famiglie italiane avranno bisogno di circa 2 milioni e 288mila lavoratori domestici per soddisfare le loro esigenze di assistenza. Questa stima è contenuta nel 3° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos. Il fabbisogno include sia le famiglie con lavoratori regolari sia quelle con colf e badanti non contrattualizzati, oltre a coloro che vorrebbero assumere ma non possono farlo per vari motivi, inclusi quelli economici.
Nel dettaglio, si prevede un fabbisogno di circa 1 milione e 25mila badanti, di cui 713mila straniere e 312mila italiane. La Lombardia è la regione con il maggior numero di lavoratori domestici, seguita da Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. In Sardegna, Molise, Calabria e Sicilia, la percentuale di badanti straniere è inferiore al 50%, mentre in Emilia-Romagna e Lombardia supera l’85%.
Per quanto riguarda le colf, nel 2025 si stima che saranno necessarie oltre 1 milione e 262mila unità, di cui 811mila straniere e 452mila italiane. Le regioni con il maggior fabbisogno sono Lombardia, Lazio, Sicilia, Campania e Puglia.
Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, sottolinea l’importanza di fornire al Governo, Parlamento e Regioni un quadro chiaro delle esigenze delle famiglie in termini di assistenza domestica e welfare. Zini richiama l’attenzione sulla necessità di misure universali per sostenere i costi del personale domestico, sia contributivi sia retributivi.
Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, evidenzia come l’aumento della domanda di assistenza domestica sia legato alla crisi demografica e all’invecchiamento della popolazione italiana. Di Sciullo suggerisce che una gestione più razionale delle politiche di ingresso e permanenza degli stranieri in Italia potrebbe migliorare la situazione, facilitando l’inserimento occupazionale degli immigrati.
LE ALTRE NOTIZIE IN EVIDENZA SU “ATTUALITA'”:
FAMIGLIA E NATALITA’:
ANSA – ISTAT: CALANO ANCORA I NATI NEL 2023 IN ITALIA
Le nascite, nel nostro Paese, sono ancora in picchiata. Il dato emerge dagli indicatori demografici riferiti all’anno 2023 pubblicati oggi dall’Istat, che al primo gennaio 2024 registra un rapporto di 6 neonati e 11 decessi ogni 1.000 abitanti. I nuovi nati sono, infatti, appena 379.000. L’Istituto mette nero su bianco che i residenti in Italia sono 58 mln 990.000, 7.000 in meno rispetto all’anno prima (-0,1 X 1.000 abitanti). Si certifica dunque un rallentamento del calo demografico, che dal 2014 al 2021 (-2,8 X 1.000 in media annua) aveva contraddistinto la tendenza. La popolazione risulta in calo al Sud Italia, in aumento al Nord e stabile al Centro. Gli stranieri residenti sono 5 mln e 308.000 (+166.000).
Altre notizie:
GIOVANI:
ADNKRONOS – REPORT UNICEF SU LAVORO MINORILE IN ITALIA: OLTRE 78 MILA UNDER 17ENNE OCCUPATI NEL 2023
In occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, Unicef Italia ha presentato il secondo Rapporto statistico intitolato “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Nel 2023, i lavoratori minorenni tra i 15 e i 17 anni sono stati 78.530, pari al 4,5% della popolazione totale di quella fascia d’età, in aumento rispetto ai 69.601 del 2022 e ai 51.845 del 2021. Se si considera la fascia fino ai 19 anni, nel 2022 i lavoratori erano 376.814, rispetto ai 310.400 del 2021, mostrando un incremento anche rispetto al periodo pre-pandemia del 2019. Il reddito medio settimanale stimato per i lavoratori maschi è passato dai 297 euro del 2018 ai 320 euro del 2022, mentre per le femmine è passato dai 235 euro del 2018 ai 259 euro del 2022, confermando una retribuzione costantemente più alta per i maschi. Tra il 2018 e il 2022, le denunce di infortunio presentate all’Inail per lavoratori sotto i 19 anni sono state 338.323, di cui 211.241 per minori fino a 14 anni e 127.082 per la fascia 15-19 anni. Le denunce di infortunio mortale sono state 83, di cui 9 per la fascia sotto i 14 anni e 74 per la fascia 15-19 anni. Il Rapporto, realizzato dall’Osservatorio Unicef per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile e coordinato da Domenico Della Porta, è stato curato dal “Laboratorio di Sanità Pubblica per l’analisi dei bisogni di Salute delle Comunità” dell’Università degli Studi di Salerno. Carmela Pace, Presidente di Unicef Italia, ha sottolineato l’importanza di monitorare il lavoro minorile come indicatore dello stato di salute della società e del benessere dei giovani. Le regioni con la percentuale più alta di minorenni occupati tra i 15 e i 17 anni sono Trentino-Alto Adige, Valle D’Aosta, Abruzzo e Marche. In Trentino-Alto Adige, il 21,7% dei 34.150 minorenni risulta impiegato. In Valle D’Aosta, il 17,8% dei 3.645 minorenni è occupato. In Abruzzo, il 7,6% dei 34.339 minorenni lavora, mentre nelle Marche la percentuale è del 7,2% su 41.672 minorenni. Queste regioni superano di gran lunga la media nazionale del 4,5%. Le regioni con il maggior numero di giovani lavoratori fino ai 19 anni tra il 2018 e il 2022 sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia. La maggior parte dei lavoratori maschi rispetto alle femmine riflette la tendenza nazionale degli adulti, con un tasso di occupazione femminile molto più basso rispetto a quello maschile (57,3% contro 78,0%), un divario che è aumentato nel 2022. Il divario di genere è particolarmente evidente nelle regioni del Sud Italia, mentre la Valle D’Aosta registra il minore divario. Nel quinquennio 2018-2022, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte hanno registrato il maggior numero di denunce di infortunio tra i lavoratori sotto i 19 anni, con quasi il 60% delle denunce totali in Italia. Delle 83 denunce di infortunio mortale, quasi il 53% è stato registrato in Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte.
Altre notizie:
MIGRANTI:
L’INDIPENDENTE – MIGRANTI: NEL MEDITERRANEO MORTE 28 MILA PERSONE NEGLI ULTIMI 10 ANNI
Secondo il rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), più di 63.000 migranti sono morti o dispersi nel mondo nel decennio tra il 2014 e il 2024. Questo dato allarmante emerge dal rapporto “Un Decennio di Documentazione delle Morti dei Migranti” dell’OIM, che ha evidenziato il 2023 come l’anno più mortale con oltre 8.500 decessi registrati, un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Il Mediterraneo è rimasto il teatro più pericoloso per i migranti nel corso degli anni, con un totale di circa 28.000 casi di morte o dispersione. Nel 2023, le vittime nel Mediterraneo sono state 3.129, un numero in linea con il 2017 e inferiore solo rispetto al 2015 e al 2016. La maggior parte delle vittime, circa 2.500 persone su 3.129, sono morte lungo la rotta che va dalla Tunisia, dalla Libia e dall’Algeria fino alle coste italiane. Il rapporto evidenzia che un terzo dei migranti morti stavano fuggendo da conflitti e persecuzioni nei loro paesi d’origine, mentre gli altri due terzi erano migranti economici alla ricerca di migliori opportunità. In Africa, il numero di decessi è aumentato, con oltre 1.800 morti registrati nel 2023, mentre in Asia sono stati documentati oltre 2.100 decessi. Le cause principali di morte sono state annegamento, incidenti legati a trasporti pericolosi e violenza. Metà dei decessi totali sono avvenuti per annegamento, con oltre 2.800 persone dichiarate disperse in mare. L’OIM sottolinea che questi dati potrebbero essere solo una frazione delle vere perdite di vite umane durante le migrazioni, poiché molti altri potrebbero essere dispersi o aver subito violenze e abusi. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni lancia un appello per un’azione urgente basata su dati concreti per affrontare il problema delle morti dei migranti lungo le rotte irregolari. Attraverso il Progetto Migranti Scomparsi, l’OIM cerca di utilizzare dati e analisi migliori per salvare vite umane e facilitare percorsi migratori sicuri e regolari.
Altre notizie:
ILLEGALITA’:
ANSA – DATI ISTAT SU CORRUZIONE IN ITALIA: CALO DI RICHIESTE DI DENARO IN CAMBIO DI FAVORI
Secondo il report dell’Istat sulla corruzione in Italia (anno 2022-2023), si registra un calo delle richieste alle famiglie di denaro o altro in cambio di agevolazioni, beni o servizi. Negli ultimi tre anni, le richieste ricevute dalle famiglie sono diminuite dal 2,7% al 1,3% rispetto al triennio precedente. La corruzione è in calo anche in altri settori come il lavoro, gli uffici pubblici, la sanità e la giustizia. Tuttavia, rimane stabile al 1,4% nel settore assistenziale. Si sono osservati notevoli cali nelle richieste in ambito sanitario e giuridico. Inoltre, il report indica che oltre un milione 166mila cittadini (il 2,7% della popolazione tra i 18 e gli 80 anni) sono stati offerti denaro, favori o regali in cambio del loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee. Tuttavia, questa percentuale è in diminuzione rispetto al 3,7% del 2015-2016. Il rapporto sottolinea anche che la corruzione sembra essere più accettata se serve a garantire lavoro a un figlio, con il 20,1% dei cittadini di età compresa tra i 18 e gli 80 anni che lo ritiene accettabile. Questo è seguito dall’idea di farsi raccomandare da familiari o amici per essere assunti, ritenuta accettabile dal 15,9% dei cittadini. Solo il 4,5% considera accettabile ottenere regali, favori o denaro in cambio del proprio voto alle elezioni.
Altre notizie:
DATI E STUDI:
ANSA – ISTAT: L’81% DELLE PERSONE MOLESTATE SUL LAVORO E’ DONNA
Secondo il report dell’Istat “Le molestie: vittime e contesto”, relativo agli anni 2022-2023, sono circa 2 milioni e 322mila le persone tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una forma di molestia sul lavoro nel corso della vita. Di questi, l’81,6% sono donne (pari a circa 1 milione 895mila, il 13,5% del totale delle donne tra i 15 e i 70 anni). A queste si aggiungono le donne che hanno subito ricatti sessuali sul lavoro, pari a 298mila. Le donne tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una qualche forma di molestia o un ricatto per ottenere un lavoro o avere un avanzamento di carriera costituiscono circa il 15% del totale delle donne tra i 15 e i 70 anni (circa 2 milioni 68mila donne), mentre gli uomini che hanno subito molestie sessuali nel mondo del lavoro (ad eccezione dei ricatti) sono il 2,4% (circa 427mila). Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più giovani di 15-24 anni, 21,2%) e il 2,4% degli uomini di 15-70 anni. In particolare si tratta di sguardi offensivi, offese, proposte indecenti, fino ad atti più gravi come la molestia fisica. Limitatamente agli ultimi tre anni precedenti la rilevazione del 2022-2023, le quote si fermano al 4,2% per le donne e l’1% per gli uomini. Negli ultimi dodici mesi i tassi sono pari rispettivamente a 2,1% e 0,5%.
Altre notizie:
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