Nel 2025 potrebbe esserci un ulteriore aumento delle pensioni, dopo quello già avvenuto nel 2024. Il governo sta studiando una nuova manovra per cercare di portare le pensioni minime oltre i 621 euro
Nel 2025 potrebbe esserci un ulteriore aumento delle pensioni, dopo quello già avvenuto nel 2024. Il governo sta studiando una nuova manovra per cercare di portare le pensioni minime oltre i 621 euro, grazie all’intervento dei tecnici che lavorano al prossimo bilancio.
Il nuovo aumento: a quanto ammonta Oltre a mantenere l’aumento già stabilito per il 2023-2024, che ha portato le pensioni minime a 614,77 euro, si prevede la possibilità di un ulteriore incremento. Questo si aggiungerebbe alla rivalutazione rispetto all’inflazione, che dovrebbe essere dell’1%.
Le pensioni il cui importo è pari o inferiore al trattamento minimo INPS (598,61 euro) sono state aumentate del 2,7% nel 2024, fino a 614,77 euro. Tuttavia, questa misura è temporanea e andrebbe confermata per evitare un ritorno ai livelli precedenti. In aggiunta, potrebbe essere introdotto un nuovo minibonus per aumentare ulteriormente l’importo.
Opzione Donna, Quota 103 e Ape Sociale: cosa cambia L’aumento delle pensioni minime è stato stabilito con la legge di bilancio del 2023 in modo transitorio, applicabile solo per il 2023 e il 2024. Di conseguenza, si pone il problema di mantenere l’attuale livello delle pensioni anche dal 2025 in poi. Tuttavia, si prevede che tutti gli assegni pensionistici verranno completamente indicizzati in relazione all’inflazione, che sta registrando un forte calo (l’inflazione acquisita a settembre è stata dell’1%). Negli ultimi due anni, le rivalutazioni per gli assegni più elevati sono state ridotte.
Per l’aumento delle pensioni minime nel 2024, la legge di bilancio prevede una spesa di 379 milioni di euro. Nel frattempo, dovrebbero essere riconfermate, con le stesse regole restrittive, le misure relative all’Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi), compreso il ricalcolo contributivo.
La novità sul TFR Un’altra novità in discussione riguarda il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Si sta considerando l’adozione di un nuovo semestre di “silenzio assenso” per il conferimento del TFR alla previdenza integrativa. Questo non riguarderebbe solo i nuovi assunti, ma anche i lavoratori già occupati. Se questi ultimi non hanno ancora conferito il TFR ai fondi di previdenza e non desiderano farlo, dovranno dichiararlo esplicitamente. In assenza di una comunicazione, il TFR verrà automaticamente destinato al fondo di previdenza della categoria.
L’incentivo per restare al lavoro Un’altra misura allo studio riguarda l’incentivo a restare al lavoro, nonostante il raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata. Attualmente, i lavoratori che decidono di continuare a lavorare possono richiedere di ricevere in busta paga la loro quota di contributi, pari al 9,19% della retribuzione (il cosiddetto “Bonus Maroni”). Tuttavia, nel 2024 solo poche centinaia di persone hanno scelto questa opzione, poiché è risultata poco conveniente dal punto di vista fiscale.
Il governo sta valutando modi per rendere questa misura più interessante, ad esempio con l’esenzione fiscale sui contributi o una riduzione della tassazione, come già avvenuto per gli aumenti previsti dai contratti di secondo livello. Si sta anche considerando la possibilità di mantenere la quota piena della pensione per chi decide di continuare a lavorare, mentre i contributi versati in busta paga verrebbero considerati come figurativi. Questa possibilità potrebbe essere estesa non solo a chi ha i requisiti per Quota 103, ma anche a coloro che hanno maturato 42 anni e 10 mesi di contributi.
Il “Bonus Maroni”, introdotto per la prima volta nel 2004 dall’allora ministro del Lavoro Roberto Maroni, consente ai lavoratori di ricevere i contributi in busta paga, rinunciando al loro accredito sul montante pensionistico. Tuttavia, questa opzione è stata poco utilizzata a causa della scarsa convenienza fiscale. Nel 2024, il bonus sarà richiedibile dal 2 agosto, dopo i 7 mesi di finestra mobile per chi esce con Quota 103 (dal 2 ottobre per i lavoratori del settore pubblico).
FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].
Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.