L’inchiesta della procura di Perugia sui presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia ha portato alla luce nuovi sviluppi, con il coinvolgimento di un funzionario dei servizi segreti, oltre a Pasquale Striano, sottufficiale della Guardia di Finanza
L’inchiesta della procura di Perugia sui presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia ha portato alla luce nuovi sviluppi, con il coinvolgimento di un funzionario dei servizi segreti, oltre a Pasquale Striano, sottufficiale della Guardia di Finanza. Il funzionario, appartenente all’AISE, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, è sospettato di aver partecipato a pratiche illecite legate all’accesso e alla diffusione di informazioni riservate. Questa è una delle principali novità emerse da un’indagine avviata a marzo, ma che trova le sue radici in almeno un anno di indagini.
L’inchiesta è partita in seguito a un esposto presentato dal ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo la pubblicazione di un articolo del quotidiano Domani contenente informazioni riservate sul ministro stesso. Le accuse principali contro Striano e Antonio Laudati, ex sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, riguardano l’accesso abusivo a banche dati per ottenere informazioni compromettenti su politici, imprenditori e personaggi pubblici. Secondo le indagini, sono stati effettuati oltre 7.000 accessi illeciti a diverse banche dati, con il download di più di 33.000 file.
Il coinvolgimento del funzionario dell’AISE è stato rivelato solo recentemente. Questo funzionario è stato citato nella richiesta di arresto per Striano, avanzata dalla procura di Perugia lo scorso maggio, ma respinta a luglio dal giudice per le indagini preliminari. Secondo il procuratore Raffaele Cantone e la sostituta procuratrice Laura Reale, il funzionario avrebbe chiesto a Striano informazioni su un sacerdote influente. Striano, a sua volta, avrebbe suggerito di mantenere riservata la vicenda per evitare che venissero tracciate le loro azioni.
Striano lavorava in un ufficio della Guardia di Finanza responsabile delle segnalazioni di operazioni sospette, che le banche sono obbligate a inviare alla Banca d’Italia in caso di movimenti finanziari anomali. Una delle segnalazioni riguardava un assegno da 148.000 euro e notevoli movimenti di contante collegati al sacerdote in questione. Tra i contatti tra Striano e il funzionario dei servizi segreti, vi è stata anche la condivisione di un file contenente informazioni su 500 aziende italiane con legami con la Russia.
Le indagini hanno anche cercato di far luce sui motivi che avrebbero spinto Striano a effettuare questi accessi illeciti. Gran parte delle informazioni raccolte sarebbero state trasmesse ai media, ma la procura non crede che Striano abbia agito soltanto per favorire i giornalisti. Cantone ha dichiarato che sono in corso accertamenti per individuare eventuali mandanti dietro le azioni di Striano. A questo punto, non è chiaro se si possa parlare di “dossieraggio”, una pratica che implica la raccolta di documenti per fini ricattatori, poiché non sono state ancora accertate le motivazioni dietro gli accessi.
All’inizio di settembre, il procuratore Cantone ha dichiarato di voler inviare gli atti dell’inchiesta alla commissione parlamentare Antimafia, che discuterà il caso durante una riunione programmata per l’11 settembre. La decisione di trasmettere i documenti è stata presa dopo la polemica con il giudice per le indagini preliminari, che aveva respinto la richiesta di misure cautelari nei confronti di Striano e Laudati. Secondo la procura, i due avrebbero potuto continuare a commettere reati o a inquinare le prove.
Nel frattempo, fonti governative hanno smentito un collegamento tra il coinvolgimento del funzionario dell’AISE e la selezione della moglie di Crosetto per un ruolo all’interno dell’Agenzia. Le indagini hanno confermato che l’episodio per cui il funzionario è indagato riguarda una richiesta di informazioni su un monsignore del Vaticano e che l’uomo avrebbe agito in autonomia, sfruttando la sua relazione personale con Striano.
Striano è accusato di accesso abusivo a sistemi informatici e di rivelazione di segreti. Secondo i pm, la sua condotta riflette un uso esteso e illegale della sua posizione per ottenere informazioni riservate, molte delle quali sono state passate ai giornalisti. Nella richiesta di arresto, i procuratori hanno messo in dubbio che Striano agisse soltanto per compiacere la stampa, avviando ulteriori accertamenti per capire se ci fossero mandanti dietro le sue azioni.
Un altro elemento di sospetto riguarda la cancellazione di alcune conversazioni sul telefono di Striano. I pm hanno ritenuto strano che, nonostante il numero elevato di file scambiati, non ci fossero tracce di chat con alcune delle sue fonti. Per questo motivo, Cantone ha chiesto di effettuare accertamenti per recuperare eventuali messaggi eliminati, coinvolgendo la società Meta, proprietaria di WhatsApp.
In una dichiarazione, il ministro Crosetto ha espresso preoccupazione per la fuga di informazioni riservate, negando però di avere sfiducia nei confronti dei servizi segreti. Ha spiegato che aveva informato la procura di Perugia su una notizia che riteneva falsa, sottolineando che non poteva provenire se non dall’interno dell’AISE, data la sua natura segreta. La procura, tuttavia, ha confermato che le preoccupazioni di Crosetto riguardano la provenienza di informazioni sensibili da fonti interne agli apparati di sicurezza.
La Commissione antimafia sta esaminando attentamente il caso, in cui si intrecciano possibili abusi di potere, accessi illeciti a banche dati e interazioni sospette tra istituzioni, servizi segreti e personaggi pubblici.
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